Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25381 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25381 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18315/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
-controricorrente – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Milano n. 1787/2022,
pubblicata in data 24 maggio 2022 e notificata il 25 maggio 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 maggio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’inadempimento della convenuta al contratto di spedizione concluso in data 18 novembre 2016.
Deduceva, in particolare, che la convenuta non si era attenuta alle istruzioni ricevute per la esecuzione del trasporto, dalla Repubblica di San Marino alla Francia, di un pallet contenente cento postazioni per il trucco, vendute alla società RAGIONE_SOCIALE e per lo svolgimento delle operazioni doganali accessorie, avendo presentato una dichiarazione ‘IMA’ anziché una dichiarazione ‘CO A ‘, tanto che la merce era stata sottoposta a sequestro, e, a seguito del dissequestro, per non avere dato esecuzione al rientro della merce, condizionandolo al pagamento di somme non dovute.
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 3826/2021, rigettava le domande.
Siffatta sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano che, basandosi sul principio della ‘ragione più liquida’, ha rigettato il gravame, accertando che il sequestro delle merci non era stato determinato da errori nella gestione delle operazioni doganali, ma era da ricollegare all’accertamento, da parte dell’autorità doganale francese, della non conformità della merce ai requisiti di sicurezza imposti dalla normativa comunitaria.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza d’appello, sulla base di tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denuncia , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ‹‹ omesso esame di uno o più fatti decisivi oggetto di discussione ›› , per avere la Corte milanese trascurato di prendere in considerazione il doc. n. 10, da essa prodotto, ossia la comunicazione inviata alla odierna controricorrente in data 20 dicembre 2016, con allegati documenti di conformità CE e test IMPQ, comprovante la presenza di ‘ marcatura/conformità CE ‘ sulla merce oggetto di spedizione. Sostiene che il provvedimento di sequestro, prodotto da RAGIONE_SOCIALE, diversamente da quanto ritenuto dal giudice d’appello, si basava sulla presunta infrazione di norme nazionali francesi non applicabili al caso di specie e dava atto della presenza di tutta la documentazione giustificativa della conformità della merce ai requisiti prescritti dalla normativa comunitaria, come emergeva dalla relazione tecnica redatta dal proprio consulente di parte, acquisita agli atti del giudizio di primo grado ; la Corte d’appello aveva pure pretermesso l’esame della normativa doganale che prevedeva una diversa attività di verifica e/o di controllo in relazione alle norme comunitarie o interne a seconda del tipo di dichiarazione doganale presentata. Assume, quindi, che la decisione impugnata non aveva tenuto conto che i documenti richiamati dimostravano che la merce era già comunitaria e poteva liberamente circolare nel mercato comune. A tanto aggiunge che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva riconosciuto di non avere adempiuto al contratto di spedizione e che in ogni caso i giudici di merito avevano omesso di valutare i numerosi fatti illeciti compiuti dalla controricorrente, documentalmente provati.
Con il secondo motivo, deducendo, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., l a ricorrente lamenta che la Corte d’appello non avrebbe fatto corretta applicazione del principio della ‘ragione più liquida’, dal momento che risultava documentato che la merce era conforme ai requisiti previsti dalla normativa comunitaria e che l’unica difformità rilevata dagli esami di laboratorio francesi ( rapport d’es sai ) consisteva nel fatto che ‘l’etichetta prevede(va) il campo, che non è (era) stato completato ‘, ma tale irregolarità non poteva far ritenere la merce ‘non conforme’ .
Con il terzo motivo, denunziando, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., per omessa o insufficiente motivazione in punto di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale della DSV s.p.a., la ricorrente contesta alla Corte di merito di avere reso una motivazione che si estrinseca in argomentazioni inidonee a rivelare le ragioni della decisione.
Il terzo motivo, che deve essere preliminarmente scrutinato, è infondato.
É noto che la motivazione meramente apparente -che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante -sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico-giuridico alla base del decisum (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054). É stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni
obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232; Cass., sez. U, 05/04/2016, n. 16599), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., sez. 6 -5, 07/04/2017, n. 9105).
Il vizio radicale di motivazione sopra illustrato nelle sue caratteristiche essenziali non si riscontra nella motivazione della sentenza impugnata, che, in realtà, reca argomentazioni da sole idonee a far conoscere il percorso argomentativo seguito dal giudice per addivenire al rigetto dell’appello, di guisa che risultano assolti i doveri motivazionali.
Il primo motivo è inammissibile.
5.1. La sentenza impugnata è confermativa della pronuncia di primo grado, sicché, vertendosi in ipotesi di cd. ‘doppia conforme’ di merito prevista dall’art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ. -nel dedurre la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. -la ricorrente avrebbe dovuto indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro divergenti (Cass., n. 5528/2014; Cass., n. 26774/2016; Cass., n. 5947/2023), onere che, invece, non è stato assolto.
5.2. È poi noto che l’art. 360 , primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis , così come riformulato dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione,
relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
5.3. Peraltro, l’interpretazione di questa Corte ha chiarito come l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053); costituisce un “fatto”, agli effetti dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass., sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass., sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass., sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass., sez. U, 23/03/2015, n. 5745; Cass., sez. 1, 05/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass., sez. 5, 08/10/2014, n. 21152); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il “vario insieme dei materiali di causa” (Cass., sez. L, 21/10/2015, n. 21439).
È, quindi, inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. per sostenere il mancato esame di deduzioni istruttorie, di documenti, di semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico o, comunque, per lamentarsi di una “motivazione non corretta”.
Con la doglianza proposta, in realtà, si invoca una revisione del giudizio di fatto operato dalla Corte distrettuale, estranea alla natura e alla finalità del giudizio di legittimità (Cass., sez. U, 25/10/2013, n. 24148) ed un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, senza confrontarsi con il consolidato principio secondo cui l’esame dei documenti esibiti, nonché la valutazione dei documenti, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass., sez. 3, 24/05/2006, n. 12362; Cass., sez. 1, 23/05/2014, n. 11511; Cass., sez. L, 13/06/2014, n. 13485; Cass., sez. 2, 20/06/2024, n. 17005; Cass., sez. 6 -2, 09/03/2022, n. 7724).
6. Il secondo motivo è infondato.
S econdo l’insegnamento di questa Corte, l’ordine di trattazione delle questioni, stabilito dall’art. 276, secondo comma, cod. proc. civ., mentre impone al giudice del merito di esaminare per prime le questioni pregiudiziali di rito rispetto a quelle di merito (cfr., sul punto, Cass., sez. U, n. 11799 del 12/05/2017), consente tuttavia di scegliere, tra varie questioni di merito, quella che il giudice di merito stesso ritenga “più liquida” (Cass. Sez. U, n. 9936 del 08/05/2014; Cass. Sez. 6 – 3, n. 30745 del 26/11/2019; Cass. Sez. 5, n. 363 del 09/01/2019; Cass., sez. 6 – L, n. 12002 del 28/05/2014).
Anche di recente si è precisato che il principio in questione è stato
comunque enunciato con riferimento a scenari nei quali la ‘ragione più liquida’, pur essendo logicamente subordinata ad altri profili di merito, presenti, nondimeno, rispetto a questi ultimi eguale capacità ‘di assicurare la definizione del giudizio’ (Cass. , sez. U, n. 9936 del 08/05/2014), e cioè si caratterizzi per un eguale ‘impatto operativo’ (cfr. Cass., sez. 5, 09/01/2019, n. 363; Cass., sez. 5, 11/05/2018, n. 11458; Cass., sez. 6 – L, 28/05/2014, n. 12002), in tal modo consentendo una più celere definizione del giudizio e non di uno solo dei profili che da quest’ultimo possono essere toccati. L’applicazione del principio, quindi, postula che ci si trovi di fronte ad un coacervo di profili di merito che – seppure posti in un rapporto di subordinazione logica -risultino nondimeno ciascuno idoneo a condurre autonomamente alla definizione del giudizio, ben potendosi, a questo punto, optare per quella -tra le ragioni dotate di eguale potenzialità di definizione -che presenti aspetti di maggiore evidenza e/o linearità (Cass., sez. 2, 09/01/2024, n. 693).
Tale situazione è proprio quella che si è verificata nel caso di specie, in cui la Corte d’appello, facendo buon governo del principio richiamato, ha ben evidenziato che la rilevata assenza di marcatura CE della merce costituisce questione assorbente e dirimente e travolge tutti gli altri profili di doglianza fatti valere dalla parte appellante con i motivi di gravame, poiché conduce al rigetto di tutte le censure formulate ed all’immediata definiz ione del giudizio.
7. Il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in
euro 6.250,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile, il 19 maggio 2025
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME