Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16262 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16262 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19372/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente successivo-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché
sul controricorso incidentale proposto da
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 61/2022 depositata il 21/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza pubblicata il 21-72022 la corte d’appello di Napoli ha accolto il reclamo ex art. 18 legge fall. proposto dalla RAGIONE_SOCIALE ( hinc solo ICI) nei riguardi della sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, su ricorso di RAGIONE_SOCIALE, ne aveva dichiarato il fallimento dopo l’omologazione di un concordato preventivo non risolto.
Ha revocato la sentenza dichiarativa e ha posto le spese di lite in capo alla RAGIONE_SOCIALE, alla quale ha ritenuto imputabile la menzionata sentenza; di conseguenza ha ritenuto esistenti in capo a questa anche i presupposti del raddoppio del contributo unificato.
L a corte d’appello ha spiegato che l’istanza di fallimento era quella originariamente depositata dalla società RAGIONE_SOCIALE in data 12-7-2017, e che su codesta non era intervenuta alcuna pronuncia, stante prima la pendenza della procedura concordataria e, successivamente, l’avvenuta omologa del relativo piano. Ha infatti rilevato che il riferimento da parte del tribunale alle richieste contenute nel successivo ricorso depositato dalla società il 22-3-2021, volto a ottenere la risoluzione del concordato, non poteva dirsi diretto a sostenere che tale istanza contenesse anche una domanda, eventualmente formulata in via subordinata, di fallimento; cosa evidente visto che la stessa creditrice aveva poi depositato un autonomo ricorso in data 225-2022 per la declaratoria di fallimento, in base all’orientamento delineatosi presso le Sezioni Unite di questa Corte in ordine alla ammissibilità del fallimento cd. omisso medio (Cass. Sez. U n. 4696-22).
C iò posto, ‘ sulla scia della più volte citata sentenza della Suprema Corte ‘, la corte d’appello ha soggiunto che nella declaratoria di fallimento omisso medio l’omologazione del concordato preventivo rende comunque improcedibili le istanze di fallimento originariamente presentate, e che invece ‘l’impossibilità di esecuzione del concordato ‘ può qualificarsi ‘come una seconda insolvenza’ . Ne ha desunto che l ‘ originaria istanza di fallimento proposta dalla RAGIONE_SOCIALE prima della proposizione della domanda di concordato preventivo non poteva sorreggere la declaratoria di fallimento in mancanza di una nuova istanza in tal senso, che fosse basata , all’esito del rigetto della pronuncia risolutoria, su ‘una nuova situazione di insolvenza maturata a seguito dell’inadempimento (non di scarsa importanza) da parte del debitore alle obbligazioni concordatarie’. Pertanto, la dichiarazione di fallimento, basata sulla detta originaria istanza della RAGIONE_SOCIALE, era stata ‘in definitiva pronunciata illegittimamente di ufficio’, in dipendenza di un’istanza ‘ divenuta automaticamente improcedibile a seguito dell’omologazione del concordato e, quindi, prima della riattivazione del relativo procedimento prefallimentare, in precedenza sospeso a seguito della presentazione della relativa domanda’ .
Dopodiché la corte napoletana ha precisato ‘per completezza di ragionamento’ e quale asserita ‘controprova dell’errore’ del primo giudice che il fallimento della ICI era stato altresì dichiarato senza le cautele e le garanzie previste dall’art. 15 legge fall., perché l’istanza del 22 -3-2021 era risultata rivolta alla mera risoluzione del concordato, con eventuale declaratoria di fallimento quale effetto di quest’ultima ; e nel provvedimento di fissazione dell’udienza non era stato assolto l’obbligo ex ar t. 15, quarto comma, legge fall. quanto all’avvertimento del debitore che il procedimento era volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento . Né un riferimento al relativo tema era risultato contenuto nei successivi provvedimenti del tribunale, ovvero nei successivi atti di parte. Cosicché infine pure il concreto sviluppo processuale della procedura tesa a ottenere la risoluzione del concordato era tale da indurre alla conclusione prima esposta: vale a dire che ‘in alcun modo poteva ritenersi proposta con l’istanza del 22.3.2021 un’autonoma richiesta di declaratoria di fallimento, fondata su presupposti diversi da quelli originariamente dedotti con il ricorso del 12.7.2017, nonché indipendenti dalla risoluzione del concordato omologato ‘ .
Contro la sentenza della corte d’appello è stato proposto ricorso per cassazione dalla società RAGIONE_SOCIALE con tre motivi.
La curatela del fallimento ha proposto un ricorso successivo in due motivi, che poi ha riproposto nel controricorso in forma di ricorso incidentale.
La ICI ha replicato a entrambi i ricorsi con distinti controricorsi.
Tutte le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. – Il ricorso principale è interamente dedicato alla statuizione sulle spese processuali e sul raddoppio del contributo unificato.
La società RAGIONE_SOCIALE denunzia:
(i) la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. e l’omessa motivazione della sentenza per esser stato applicato il principio di soccombenza senza base causale, nonostante si fosse dato atto che la proposizione del reclamo era stata provocata in via esclusiva dalla circostanza che il tribunale aveva dichiarato d’ufficio il fallimento della ICI ;
(ii) la violazione o falsa applicazione degli artt. 13, comma 1-quater, e 147 del d.P.R. n. 115 del 2002, per avere la corte d’appello dichiarato ‘ imputabile alla società ricorrente la dichiarazione di fallimento di ICI ‘ ai fini dell’applicazione dell e ‘sanzion i ‘ di cui al t.u. sulle spese di giustizia (artt. 13, comma 1-quater, e 147), pur dinanzi alla ‘non imputab ilità alla società ricorrente del giudizio di reclamo’ ;
(iii) la violazione o falsa applicazione degli artt. 13, comma 1-quater, e 147 del d.P.R. n. 115 del 2002 e l’omessa o comunque solo apparente motivazione della sentenza, avendo la corte d’appello mancato di specificare le ragioni per le quali fosse da considerare ravvisabile il requisito della colpa, presupposto per l’applicazione delle ‘sanzioni’ sopra menzionate.
II. – Nel ricorso incidentale della curatela del fallimento sono dedotti i seguenti due motivi:
(i) violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 6 legge fall. per avere la sentenza dapprima richiamato il principio di diritto dettato dalle Sezioni Unite di questa Corte e poi contraddittoriamente affermato che il fallimento della società RAGIONE_SOCIALE era stato dichiarato d’ufficio, a seguito di una risalente istanza di RAGIONE_SOCIALE resa improcedibile dal passaggio in giudicato del provvedimento di omologazione del concordato preventivo; quando invece dal testo della sentenza dichiarativa era da evincere che il tribunale aveva pronunciato il fallimento ‘anche alla luce dell’espressa richiesta di RAGIONE_SOCIALE (..) nel ricorso per la risoluzione del concordato ‘ ; donde non d’ufficio;
(ii) violazione o falsa applicazione dell’art. 15 legge fall. , in combinato disposto con l’art. 24 cost., in relazione all’ipotizzata violazione del diritto di difesa del debitore rispetto alla domanda di fallimento avanzata nei suoi confronti, in quanto l’apertura del fallimento della ICI aveva costituito epilogo di una lunga procedura di concordato, alla quale la ICI aveva partecipato pienamente anche in relazione al ricorso della RAGIONE_SOCIALE in data 22-3-2021; sicché era stata posta in grado di conoscere il contenuto di tale ricorso e quindi della esistenza in esso di una richiesta di fallimento, con conseguente ampia possibilità di difesa anche in sede di reclamo.
III. -In ordine logico v a anteposto l’esame del ricorso incidentale , che attinge la statuizione di revoca del fallimento.
Ove tale statuizione fosse cassata verrebbe meno il presupposto della condanna alle spese della società istante.
IV. – Il primo motivo di tale ricorso è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Nella sentenza si dice, di rimando al tribunale, che la RAGIONE_SOCIALE, anteriormente alla domanda di concordato, aveva depositato un’ istanza di fallimento, ma che il procedimento , pendendo ricorso per l’omologa del concordato preventivo, non era stato definito.
Si dice inoltre che il tribunale ‘ non potendo ritenere, in assenza di una formale desistenza, come rinunciata ‘ l’istanza de qua , si era pronunciato sulla stessa ‘ anche alla luce della espressa richiesta di COGNOME, per la dichiarazione di fallimento della proponente, nel ricorso per la risoluzione del concordato preventivo ‘.
È vero che così premettendo diviene inconsistente (quando non totalmente contraddittoria) l’affermazione per cui la pronuncia di fallimento si sarebbe dovuta considerare emessa d’ufficio.
Ma è anche vero che il rilievo sulla declaratoria d’ufficio, nel quale il ricorso particolarmente insiste, non ha la portata sostenuta dalla curatela.
Per quanto in modo non felice , il rilievo assume nell’economia della sentenza funzione di paradosso esplicativo: è servito a dire che la declaratoria di fallimento era stata adottata nonostante l’improcedibilità dell a richiesta del creditore istante.
Ciò emerge dalla consecuzione con la frase a tal fine utilizzata dalla corte territoriale per dar corpo al ragionamento: ‘ in buona sostanza il tribunale ha in definitiva proceduto sulla base di una istanza di fallimento divenuta automaticamente improcedibile a seguito dell’omologazione del concordato e, quindi, prima della riattivazione del relativo procedimento prefallimentare, in precedenza sospeso a seguito della presentazione della relativa domanda’.
Questa è la ratio decidendi della sentenza, ed è integrata dall’affermazione che, sebbene tenendo conto della sentenza n. 4696-22 delle
Sezioni Unite, il fallimento non si poteva dichiarare a fronte d i un’istanza improcedibile come conseguenza dell’avvenuta omologazione del concordato preventivo.
Si tratta di affermazione che da sola sorregge la decisione e che -giusta o sbagliata che sia -non appare specificamente censurata.
V. – Il secondo motivo è inammissibile in conseguenza del consolidamento della sentenza di revoca del fallimento incentrata sulla citata ratio (v. Cass. Sez. U n. 16602-05, Cass. Sez. U n. 10374-07).
Pertanto, il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile come conseguenza dell’inammissibilità di tutti i motivi.
VI. – Va ora esaminato il ricorso principale.
Come detto, questo ricorso è interamente dedicato alla statuizione sulle spese processuali e sul raddoppio del contributo unificato.
VII. – Il primo motivo è infondato, perché anche ai fini del principio di soccombenza (e di causalità) la frase della sentenza riferita al fallimento dichiarato d’ufficio è parimenti sopravvalutata.
Si tratta, come s’è visto, di frase indubbiamente infelice ma da considerare alla stregua di una esemplificazione – non rilevante (e non conferente) – di ben altra ratio .
Ciò che ha condotto la corte d’appello a revocare il fallimento è che esso era stato dichiarato in accoglimento di un’istanza di RAGIONE_SOCIALE da considerare improcedibile.
In ragione della posizione dichiaratamente antagonista assunta dalla società istante anche nel giudizio di reclamo, con richiesta di rigetto d ell’avversa impugnazione, non può sostenersi che non vi sia stata soccombenza ai fini dell’art. 91 cod. proc. civ.
VII. – Il secondo motivo è inammissibile.
Si censura la sentenza per aver dichiarato imputabile alla società medesima la dichiarazione di fallimento, con conseguente applicazione nei suoi confronti dell’art. 147 del d.P.R. n. 115 del 2002.
Ma la censura è generica.
È affidata al telegrafico (testuale) rilievo che ‘la non imputabilità’ si sarebbe dovuta considerare quanto al ‘giudizio di reclamo’, al fine di escludere la possibilità di accertare la responsabilità della dichiarazione di fallimento.
Di tale rilievo non è dato comprendere la pertinenza, neppure in termini di linearità logica.
È decisivo che la corte territoriale ha mostrato di considerare imputabile alla creditrice la dichiarazione di fallimento, in ragione dell’avere essa insistito nell’originaria istanza nonostante la previa proposizione da parte della debitrice ICI della domanda di concordato.
Nella esposizione del motivo di ricorso manca il nesso logico tra la affermata ‘non imputabilità’ del reclamo e la ritenuta (dal giudice del merito) ‘ imputabilità ‘ della dichiarazione di fallimento.
VIII. -Il terzo motivo è invece da accogliere, ancorché per una ragione diversa da quella spesa dalla ricorrente.
Si sostiene che l’istituto di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 sia da annoverare tra le ‘ sanzioni ‘ aventi come presupposto la colpa della parte soccombente.
In tale specifico senso l’assunto è infondato, perché il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non ha natura sanzionatoria, ma di tributo giudiziario, assolvendo alla sola ulteriore funzione della fiscalità di disincentivare una superflua richiesta di prestazioni giudiziarie (v. Cass. Sez. U n. 20621-23).
Nondimeno, la formulazione stessa del motivo consente alla Corte di pronunciare sul capo della sentenza relativo alla sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo.
In linea generale nel ricorso per cassazione, in base al principio iura novit curia , la Corte può individuare d’ufficio i profili di diritto rilevanti per decidere le questioni sottoposte con i motivi di impugnazione, purché la decisione impugnata non sia coperta sul punto da giudicato interno (v. Cass. Sez. 6-1 n. 4272-21, cui adde , per varie applicazioni, Cass. Sez. L n. 14421-99, Cass. Sez. L n. 28565-22).
La questione oggetto della verifica devoluta alla Corte di legittimità è sempre identificabile, dinanzi a una delineata prospettazione in iure , con la statuizione sottratta al giudicato interno perché comunque investita dall’impugnazione.
Ora la statuizione sull’esistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo in capo a una delle parti ha carattere sostanzialmente amministrativo (cfr. Cass. Sez. 5 n. 27131-20, Cass. Sez. L n. 29424-19; più di recente Cass. Sez. 5 n. 25612-23), e quindi non attiene alla sfera della decisione sul ius litigatoris .
Riguardando il rapporto del contribuente con l’Erario relativamente alle condizioni per l’accesso alla giustizia, ciò comporta che la Corte di cassazione è tenuta comunque a rilevare – anche d’ufficio – l’erroneità della suddetta statuizione.
Nel concreto la statuizione è errata, perché il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per l’impugnante , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, non è collegato alla condanna alle spese (come invece ha ritenuto la corte d’appello di Napoli) , ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione negativa in rito di un gravame (v. Cass. Sez. 3 n. 26981-23, nel solco di Cass. Sez. U n. 4315-20).
Ed è risolutivo che il gravame, costituito dal reclamo ex art. 18 legge fall., dalla ICI, sia stato accolto.
L’impugnata sentenza va quindi cassata senza rinvio quanto al capo d) . In aggiunta devesi dichiarare che non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato quanto alla fase di reclamo.
IX. – Le spese processuali possono essere compensate nel rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e la ICI, essendone valido motivo il fatto di avere la prima società proposto ricorso anche e specificamente per un suo interesse, non contrastato.
Quelle sostenute dalla ICI invece debbono esser poste a carico della curatela, in quanto soccombente.
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il secondo, accoglie il terzo nei sensi di cui in motivazione; cassa senza rinvio il capo d) della sentenza impugnata e dichiara che non sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2012 quanto al giudizio di reclamo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di cassazione nel rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE; condanna la curatela alle spese processuali sostenute dalla ICI, liquidandole in 7.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al suddetto ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì