Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12140 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12140 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13824/2020 R.G. proposto da : CONSORZIO CONCE DEL COGNOME, in persona del legale rapp. p.t, elettivamente domiciliato in FABRIANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende, come da procura speciale in atti. -ricorrentecontro
COGNOME
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 1364/2019 depositata il 11/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Il Tribunale di Ancona, sezione staccata di Fabriano, aveva respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto con cui le era stato ingiunto il pagamento di euro 32.498,83, oltre accessori e spese, in favore del Consorzio RAGIONE_SOCIALE a titolo di quota di accollo delle spese di ristrutturazione dell’immobile sito in Fabriano INDIRIZZO, opposizione con cui COGNOME aveva denunciato l’assenza di prova scritta del presunto debito, l’eccessività della somma pretesa e l’erronea quantificazione della quota a suo carico, con richiesta di ristoro dei danni patiti per l’erronea a gestione della pratica contributiva.
La Corte di appello di Ancona, con la sentenza n.1364/19 ha parzialmente accolto l’appello proposto da COGNOME e rideterminato l’importo da questa dovuto in euro 10.022,724, oltre interessi dalla domanda al soddisfo.
Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso con due mezzi, chiedendo la cassazione dell’impugnata sentenza. COGNOME è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE:
2.- Il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art.4, comma 5, del d.l. n.6/1998 conv. in legge n. 61/1998, l’erronea applicazione dell’art.1117 c.c. ed invoca l’applicazione del principio della prevalenza della legge speciale sulla legge generale.
Il ricorrente deduce l’erroneità della decisione, laddove la Corte di merito sembra aver ignorato che per quanto riguarda l’accollo delle quote di ciascun consorziato non si possono applicare i sistemi di calcolo secondo i millesimi utilizzati in materia di condominio, ma è necessario applicare la norma speciale prevista dall’art.4 della legge 61/98, come fatto dal giudice di primo grado. Ciò perché la determinazione del quantum delle quote di accollo non deriva dall’ampiezza della superficie dell’immobile in proprietà del consorziato, ma dalla titolarità dei requisiti economici per
l’ottenimento dei contributi previsti dalla legge 61/98. Ricorda che la controparte aveva aderito al consorzio ‘obbligatorio’ e sottoscritto lo Statuto, come era previsto per legge con le modalità e procedure regolamentate nel Bollettino ufficiale Regione Marche n.7 del settembre 2018 e, pertanto, non poteva essere esonerata dall’applicazione delle norme previste dalla legge 61/98. Deduce anche la mancanza di motivazione sul punto.
3.- Il secondo motivo denuncia la mancanza di motivazione, la motivazione apparente e la motivazione obiettivamente incomprensibile nonché l’omessa applicazione dell’art.115 c.p.c. in ordine alla mancata contestazione della quota di accollo. Il ricorrente sostiene che non si evince dalla sentenza la ragione per cui la Corte di merito: i) abbia ritenuto che si dovesse applicare il criterio millesimale, piuttosto che il criterio previsto dalla legge speciale 61/98 ; ii) abbia dapprima riconosciuto valenza probatoria alla dichiarazione della direzione dei lavori che indicava la quota di accollo della controparte in euro 32.498,83 e poi abbia concluso ignorandola totalmente e attribuendo valore solo al calcolo unilaterale privo di documentazione indicato da COGNOME in euro 10.022,72.
Viene rimarcato, quindi, che COGNOME non aveva contestato la sussistenza del titolo, ma solo la modalità di quantificazione della quota di accollo.
4.- I motivi, da trattare congiuntamente, sono fondati e vanno accolti.
Con il d.l. 30 gennaio 1998 n.6, conv. con mod. in legge 30 marzo 1998 n.61, sono stati stabiliti ulteriori interventi urgenti in favore delle zone terremotate delle regioni Marche e Umbria e di altre zone colpite da eventi calamitosi; in particolare, per la ricostruzione post terremoto degli edifici privati danneggiati è stata prevista la costituzione di Consorzi obbligatori tra privati per poter accedere ai contributi pubblici per la progettazione e la riparazione dei danni.
La legge speciale disciplina l’erogazione dei contributi per la ristrutturazione post sisma. Nel caso in cui gli interventi di riparazione dei danni di ripristino per gli immobili privati di cui all’art 4, comma 3, del d.l. cit. siano superiori ai limiti massimi stabiliti nel medesimo comma 3, il Consorzio deve porre sui singoli proprietari consorziati quote di accollo per ripartire le somme eccedenti il contributo statale, che vanno determinate sempre secondo i criteri di calcolo desunti dall’art.4, comma 5, del d.l. n.6/98, per differenza tra la spesa sostenuta per la riparazione della specifica unità immobiliare e il contributo individualmente spettante.
Secondo l’art. 4, comma 5, del d.l. 30 gennaio 1998 n.6, conv. con mod. in legge 30 marzo 1998 n.61 «5. Ai proprietari, o usufruttuari qualora i proprietari per qualsiasi motivo non esercitino tale diritto, delle unità immobiliari di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e destinate ad abitazione principale alla data in cui si è verificato il danno, per effetto della crisi sismica iniziata il 26 settembre 1997, è concesso un contributo pari all’80 per cento del costo delle rifiniture e degli impianti interni, calcolato sulla base dei parametri di cui all’articolo 2, comma 3, qualora il reddito complessivo del nucleo familiare del proprietario, detratto il reddito derivante dall’immobile distrutto o inagibile risultante dalla dichiarazione dei redditi per l’anno 1996, calcolati ai sensi delle leggi regionali emanate in attuazione della delibera Cipe del 13 marzo 1995, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 122 del 27 maggio 1995, non superi l’importo di lire 21 milioni. Tale contributo è fissato al 60 per cento del costo suddetto per redditi superiori a 21 milioni e fino a 30 milioni e al 40 per cento per i redditi superiori a 30 milioni e fino a 50 milioni. Qualora il reddito derivi esclusivamente da lavoro dipendente o da pensione e sia inferiore all’importo di due pensioni minime Inps, il contributo è elevato al 90 per cento del costo delle rifiniture interne e degli impianti. (…)» .
La disposizione in esame, nel disciplinare l’erogazione dei contributi per la ristrutturazione post sisma stabilisce, invero, i criteri attributivi del diritto in favore del proprietario o usufruttuario dell’immobile adibito a abitazione principale, prevedendo che il contributo sia determinato in misura percentuale variabile rispetto al ‘costo delle rifiniture e degli impianti interni’ in quanto collegato al reddito complessivo del nucleo familiare, senza che alcun riferimento vi sia al criterio di riparto delle spese comuni su base millesimale ex art. 1123 c.c.
La Corte di merito, sul punto, dimostra di condividere quanto ritenuto dal Tribunale e cioè che la quota di accollo del contributo ex lege n. 61/1998 a carico di proprietari o usufruttuari dovesse essere rapportata al costo delle finiture e degli impianti interni, ossia al costo effettivo delle opere eseguite nelle proprietà individuali.
Tuttavia, la Corte anconetana trascura di considerare che l’importo del contributo spettante, anche nella sua parte negativa come nel caso di cui si discute, vertente sulla quota di accollo – deve essere anche commisurato e proporzionato alle capacità reddituali del nucleo familiare beneficiario: la decisione non risulta avere dato retta applicazione alla disciplina in esame, laddove ha ritenuto di determinare la quota di accollo – sia pure per differenza rispetto al contributo spettante – non già secondo i criteri dettati dall’art.4, comma 5, della legge n.61/1998, ma su base millesimale e la motivazione risulta apparente.
L’art.1123, commi primo e secondo, c.c., che disciplina le ripartizioni delle spese condominiali relative alle parti comuni stabilisce « 1. Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. 2. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa,
le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne ».
Si tratta di disposizione che riguarda, per l’appunto le parti comuni dell’edificio, e non è congruente al caso di specie, che è riferito al ‘costo effettivo delle rifiniture e degli impianti interni’ e non alle ‘parti comuni’ e che non concerne i rapporti tra i condomini, ma i rapporti tra il singolo proprietario per le parti dell’immobile di sua esclusiva proprietà ed il Consorzio.
Ne consegue che la decisione è errata e va cassata nella parte in cui ha dato preminenza ad un prospetto di ripartizione della somma generale della spesa non coperta dal contributo su base millesimale, perché anche ove tale scelta fosse stata assentita e condivisa da tutti i condomini, la stessa non avrebbe potuto spiegare efficacia verso il terzo, nel caso di specie il Consorzio, rispetto al quale il calcolo doveva essere svolto e la quota di accollo quantificata alla stregua della specifica previsione di cui all’art.4, comma 5, cit.
5.- In conclusione, il ricorso va accolto e la decisione impugnata va cassata; la Corte di appello di Ancona in diversa composizione, in sede di rinvio dovrà procedere al riesame alla luce dei principi indicati ed alla liquidazione delle spese anche del presente grado.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima