Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31293 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31293 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10625-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 618/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/02/2022 R.G.N. 1182/2019;
Oggetto
ENPALS
Quota B
R.G.N. 1625/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 18/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 618/2022, la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame dell’INPS avverso la pronuncia del Tribunale di Viterbo che aveva accolto il ricorso di NOME COGNOME volto alla liquidazione del trattamento pensionistico ex Enpals e del relativo supplemento senza l’applicazione alla c .d. quota B del massimale di cui all’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420/1971.
L’INPS contesta la pronuncia della Corte d’appello di Roma sulla base di due motivi, illustrati da memoria.
Resiste NOME COGNOME con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’avversa impugnazione per intervenuto giudicato.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 18 ottobre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso è denunciata la v iolazione dell’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, come novellato dall’art. 38, comma 1, lettera d), numero 1, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte ritenuto inapplicabile la decadenza di cui all’art. 38 del d.l. n. 98/2011.
Con il secondo motivo si deduce poi la v iolazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 31 dicembre 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182 del 30 aprile 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte ritenuto che il massimale pensionabile di cui all’art. 12 del d. P.R. n. 1420/1971 non operi nel calcolo della quota B del trattamento dei lavoratori dello spettacolo.
Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso formulata da parte controricorrente che non è fondata (come già argomentato, ex multis , in Cass. n. 870/2023).
Secondo la Corte d’appello di Roma, l’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182/1997 non rimanda al comma 2 dell’art. 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, che fa salvi i limiti massimi alla retribuzione pensionabile previsti nei singoli ordinamenti, essendo il richiamo circoscritto al comma 1 del citato art. 12, che determina le aliquote di rendimento.
Poiché contro tale affermazione, che rappresenterebbe una ratio decidendi di per sé idonea a sorreggere la pronuncia, il ricorrente non avrebbe formulato censure di sorta, ne conseguirebbe la definitività della decisione impugnata, che renderebbe inammissibile o improcedibile il ricorso per cassazione.
L’eccezione non è fondata.
Con un’esposizione intelligibile ed esaustiva dei fatti di causa e dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza, il ricorso contesta in radice le argomentazioni della Corte d’appello in ordine all’abrogazione del “massimale pensionabile” per la “quota B”, avendo l’INPS espressamente impugnato l’affermazione della pronuncia secondo cui il massimale pensionabile di cui all’art. 12 del d.P.R. n. 1420/1971 non
opererebbe per la quota B della pensione dei lavoratori dello spettacolo.
Ne consegue che la perdurante vigenza, anche per tale quota, del limite previsto dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420/1971 rappresenta un tema ancora controverso e che nessun “giudicato interno” può precluderne l’esame.
Il giudicato non si forma, difatti, sulle singole affermazioni in diritto della pronuncia gravata, ma sull’unità minima di decisione, che ricollega a un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto, di tal ché l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo degli elementi della sequenza vale a riaprire la cognizione sull’intera statuizione, sebbene ciascuno di essi possa essere oggetto di singolo motivo di gravame (così, tra le più recenti, Cass. n. 24783/2018, n. 10769/2019, n. 28565/2022, n. 30728/2022).
Ciò posto, in ordine al primo motivo – rispetto al quale non si ravvisano i profili di inammissibilità di cui al controricorso, posto che INPS ha compiutamente censurato la lettura che la Corte d’appello romana, confermando la pronuncia del primo giudice, ha dato dell’art. 47 d.P.R. 639/1970 ( pt.1 sentenza) – va richiamato l’orientamento di legittimità consolidato in forza del quale anche alle fattispecie di ricalcolo del trattamento pensionistico già riconosciuto alla data di entrata in vigore dell’art . 38, comma 1, lett. d), n. 1), del d.l. n. 98/2011, convertito in legge n. 111/2011, va applicato il termine decadenziale introdotto da tale disposizione con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, ma tale applicazione avviene solo a decorrere dall’entrata in vigore della
medesima disposizione (Cass. n. 123/2022, n.17430/2021, n. 28416/2020, n. 29754/2019, n. 3580/2019 ex multis ), con ciò ribadendo i principi le ragioni enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 15352/2015 (in relazione ai termini introdotti dall’art. 1, comma 9, della legge n. 238/1997 per la domanda volta al conseguimento dell’indennizzo da vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali e pensioni da HIV).
Quanto alla possibilità, in caso di richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, che la decadenza investa, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio ovvero, in generale, ogni differenza comunque dovuta per il titolo in relazione al quale è richiesto l’adeguamento o il ricalcolo, questa Corte si è già espressa affermando che «l’interpretazione che limita ai ratei l’applicazione dei termini di prescrizione e decadenza anche nel caso di riliquidazioni è in linea con i principi affermati in materia dalla Corte Costituzionale, che ha sempre ritenuto il diritto a pensione come diritto fondamentale, irrinunciabile, imprescrittibile e non sottoponibile a decadenza, in conformità di principio costituzionalmente garantito che non può comportare deroghe legislative (tra le altre, Corte Costituzionale 26 febbraio 2010, n. 71; Corte Costituzionale 22 luglio 1999, n. 345; Corte Costituzionale 15 luglio 85, n. 203). Una diversa interpretazione (che applicasse la decadenza all’intera pretesa di rideterminazione travolgendo i ratei futuri ed infratriennali) sarebbe del resto incompatibile con la Costituzione tutte le volte in cui la misura della prestazione riconosciuta o pagata non salvaguardi il nucleo essenziale della prestazione, come nel caso che solo una parte esigua della prestazione sia riconosciuta e pagata dall’ente previdenziale. Per tali casi, ritenere il diritto alle
differenze pensionistiche perduto per decadenza comporterebbe di fatto la vanificazione del diritto alla pensione, in netto contrasto con l’art. 38 Cost. Sarebbe peraltro non agevole individuare (per ciascuna prestazione periodica), in difetto di criteri legali o costituzionali espliciti, quale sia il nucleo essenziale della prestazione pensionistica non comprimibile.
L’applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all’intera pretesa del privato attua del resto un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l’obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell’integrazione dei ratei ultratriennali rispetto alla domanda giudiziale» (Cass. n. 123/2022, idem n. 11943/2024, n. 13441/2024 ex multis ).
Pertanto, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguarda solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale.
Quindi, alla luce di tale interpretazione, il motivo, nei limiti indicati in motivazione, va accolto.
Anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
La questione giuridica dedotta riguarda la determinazione della c.d. quota B dei trattamenti pensionistici dei lavoratori dello spettacolo, oggi corrisposti dalla Gestione speciale del Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo istituita presso l’Inps (subentrato all’Enpals): la ‘quota A’ corrisponde «all’importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolate con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento
per la determinazione della retribuzione pensionabile» (art. 13, lettera a, del d.lgs. n.503/1992), e la ‘quota B’ «all’importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993» (art. 13, lettera b, del citato d.lgs. n. 503/1992). Relativamente alla ‘quota B’ vi è controversia sul permanere o meno del limite alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui all’art. 12, comma 7, del d.P.R. n.1420/1971.
Si registra sul punto un ormai consolidato orientamento di legittimità, in forza del quale è stato chiarito che nella determinazione della ‘quota B’ della pensione non deve essere presa in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, la parte eccedente delle retribuzioni giornaliere che risulti superiore al limite fissato dall’art. 12, comma 7°, del d.P.R. n. 1420/1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182/1997, poiché tale limite non è stato abrogato espressamente dai successivi interventi legislativi, né appare incompatibile con l’art. 4, comma 8, del d.lgs. n. 182/1997, dovendo piuttosto ritenersi che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, collocandosi in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS (così, ex multis , Cass. n. 36056/2022, n.36641/2022, n.36444/2022, n.37043/2022, n.38016/2022, n.870/2023, n.1775/2023, n.18169/2023, n.21010/2023, n.24526/2023, n.24555/2023, n.27494/2023, n.27503/2023). Tale principio di diritto va qui ribadito, non essendovi ragioni per discostarsi dall’orientamento consolidato.
Pertanto, precisato, quanto al primo motivo, che la decadenza ex art.47 d.P.R. n.639/70 non può operare per le differenze relative a tutti i ratei dell’intero periodo in cui è dovuto il trattamento pensionistico, ma per le sole differenze relative ai ratei antecedenti di oltre tre anni la data della domanda giudiziale, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che si