Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17033 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 17033 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18755/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti- avverso la ORDINANZA di TRIBUNALE FORLI’ n. 4949/2016 depositata il 12/06/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale che ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Uditi gli avv.ti COGNOME per il ricorrente e l’avv. COGNOME COGNOME per i controricorrenti.
FATTI DI CAUSA
L’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione contro l’ordinanza del Tribunale di Forlì, con la quale è stata rigettata la domanda tesa a ottenere maggiori compensi in relazione a una controversia nella quale l’avv. COGNOME aveva assunto la difesa di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nella causa svoltasi in primo grado dinanzi al Tribunale di Forlì e in grado d’appello dinanzi alla Corte d’appello di Bologna e infine conclusasi con un accordo bonario. Per l’attività svolta il legale precisava di avere ricevuto il pagamento della somma di € 3.500,00, a seguito di fattura n. 24 del 2009. Quindi ha giustificato la pretesa alla corresponsione di una maggiore somma sulla base di una scrittura del 2008, con la quale era stato pattuito che il compenso per l’attività svolta sarebbe stato pagato solo dopo l’esito favorevole dell’iniziativa intrapresa ex lege Pinto per l’eccessiva durata del processo a cui si riferiva la richiesta dei compensi oggetto della presente lite. In relazione alla suddetta scrittura del 2008, i convenuti avevano sollevato una pluralità di eccezioni, che il Tribunale ha ritenuto di non dovere esaminare in applicazione del principio della ragione più liquida. In particolare, il Tribunale ha rilevato che, in epoca successiva a tale scrittura, era stata rilasciata, con la fattura n. 24 del 2009 di cui sopra, quietanza a saldo del dovuto; esso ha aggiunto che il riconoscimento dell’integrale pagamento, ravvisabile nel rilascio della fattura, non
era in contraddizione con il pagamento successivo operato dai clienti. Il Tribunale allude del pagamento della somma di € 3.512,56. È vero -ha chiarito in proposito il Tribunale – che il professionista ha considerato tale pagamento quale acconto sul maggior dovuto per la pregressa attività difensiva, tuttavia ciò non superava l’espressa imputazione operata dai clienti, che avevano riferito il pagamento al compenso dovuto per la causa ex lege Pinto.
Il Tribunale ha inoltre rigettato la domanda del professionista di risarcimento del danno, preteso dal medesimo in considerazione del fatto che i convenuti, con riferimento alla scrittura del 2008, avevano, fra l’altro, eccepito di aver firmato i fogli in bianco, così incolpandolo, secondo la tesi del legale, di avere commesso un reato.
Per la cassazione della decisione, l’avv. COGNOME ha proposto ricorso sulla base di tredici motivi.
Gli intimati hanno resistito con controricorso, con il quale hanno eccepito l’improcedibilità e l’inammissibilità del ricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-L’eccezione di improcedibilità del ricorso, motivata dai controricorrenti sul rilievo che non è stata prodotta la copia del provvedimento impugnato con l’attestazione dell’avvenuta notificazione a mezzo pec, è superata dal fatto che il ricorso per cassazione risulta comunque tempestivo in rapporto alla data di pubblicazione della ordinanza: questa, infatti, è stata pubblicata il 12 giugno 2020, mentre il ricorso è stato notificato il 20 giugno 2020, ampiamente entro i sessanta giorni dalla pubblicazione. In questo caso «pur in difetto della produzione di copia autentica della
sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, prescritta dall’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza indicata nel ricorso e quella della notificazione del ricorso, emergente dalla relata di notificazione dello stesso, assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, comma 2, c.p.c.» (Cass. n. 11386/2019; n. 28781/2024).
Quanto all’eccezione di inammissibilità, il ricorso non brilla per sintesi e chiarezza e molti dei motivi non sono coordinati con la ratio decidendi , che si esaurisce nel riconoscimento del valore confessorio attribuito alla dichiarazione che accompagnava la fattura n. 24 del 24 gennaio 2009, nella quale l’importo di € 3 .500,00 era stato considerato il ‘saldo’ dell’attività difensiva espletata per entrambi i gradi di giudizio’. Nondimeno l’esposizione in esso contenuta non solo consente di avere una chiara cognizione della vicenda, ma uno dei motivi, come si vedrà, censura esattamente tale ratio .
2.- In rapporto al contenuto della decisione del Tribunale si impone in via prioritaria l’esame del settimo motivo, con il quale si censura la decisione per violazione dell’art. 1199 c.c., in relazione all’art. 2735 c.c.
La decisione è oggetto di censura perché il Tribunale ha ritenuto che la quietanza riferita al pagamento della somma di € 3.500,00,
in quanto rilasciata con l’indicazione ‘a saldo’, impedisse professionista di accampare ulteriori pretese con riferimento a quei giudizi svoltisi dinanzi al Tribunale di Forlì e alla Corte d’appello di Bologna. Si sostiene che il Tribunale ha esaminato la quietanza omettendo di valutarne il significato in connessione con l’accordo del 2008.
Il motivo è fondato. La quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa deve essere intesa, di regola, come semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell’interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti, e pertanto alla stregua di una dichiarazione di scienza priva di efficacia negoziale, salvo che nella stessa non siano ravvisabili gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto, ove, per il concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili aliunde , risulti che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti (Cass. n. 18094/2015; n. 21400/2023). In altre parole, l’espressa dichiarazione del creditore di ricevere la prestazione a saldo di quanto dovutogli, non ha valore probatorio, perché non ha ad oggetto l’accadimento di un fatto. Essa non vale neppure come rinunzia ad eventuali crediti o all’eventuale differenza della prestazione, perché un tale significato negoziale non si desume con certezza da un atto di contenuto meramente dichiarativo. Affinché possa riconoscersi ad una quietanza a saldo, contenente la dichiarazione di non aver null’altro a pretendere, la funzione di porre termine a tutti i rapporti intercorrenti fra il dichiarante ed il destinatario (nella specie a seguito di contratto d’opera professionale) e, quindi, di esonerare il secondo da ogni ulteriore pagamento, occorre riscontrare la sussistenza di elementi,
intrinseci ed estrinseci alla quietanza medesima, idonei ad evidenziarne inequivocamente la portata liberatoria ed abdicativa, e cioè la volontà dell’autore di rinunciare ad ogni ulteriore pretesa (Cass. n. 3351/1975).
3. – In contrasto con tali principi, il Tribunale ha riconosciuto che la dichiarazione del creditore, di ricevere la prestazione a saldo di quanto dovutogli, ossia ad integrale soddisfacimento di quanto spettantegli, implicasse, di per sé, la preclusione ad accampare pretese per il pagamento della differenza della prestazione. In considerazione di tale supposta efficacia della quietanza, il Tribunale ha ritenuto a priori irrilevante ogni questione sulla scrittura del 2008. Tale valutazione però, come sopra chiarito, riflette un’erronea applicazione dei principi relativi alla quietanza ‘a saldo’ sopra richiamati,
4. L’accoglimento del settimo motivo comporta l’assorbimento del primo motivo (riguardante la esistenza della supposta ragione più liquida), del sesto motivo (che censura la decisione per non avere il tribunale considerato gli atti e i contratti collegati) e dell’ottavo motivo e del nono motivo (riguardanti il significato da attribuire all’ulteriore pagamento della somma di € 3.512,56). Sono inammissibili il quarto e il quinto motivo (riguardanti la validità della scrittura in rapporto al divieto del patto di quota lite), trattandosi, appunto, di aspetti non esaminati dal Tribunale, in applicazione del principio della ragione più liquida.
Sono ancora inammissibili il secondo e il decimo motivo, che censurano la decisione nella parte in cui è stata rigettata la domanda di risarcimento del danno, i quali contengono una critica che si esaurisce nell’espressione di un puro dissenso rispetto alla decisione impugnata, per di più espresso sulla base di argomenti
che non si confrontano con la ratio decidendi , compendiata dalle seguenti affermazioni che si leggono nella decisione impugnata: non è stata svolta alcuna attività istruttoria o verifica nel giudizio in ordine all’eccezione di abusivo riempimento del foglio firmato in bianco, proposta dai convenuti in relazione alla scrittura del 2008; i convenuti si sono limitati a non riconoscere il testo, esercitando il diritto di difesa e non incolpando nessuno.
È ancora inammissibile l’undicesimo, che non contiene alcuna censura, ma indica la decisione che il Tribunale avrebbe dovuto assumere in conseguenza del riconoscimento del danno da reato. Stessa sorte spetta al dodicesimo motivo, che censura la decisione per non avere riconosciuto che il fatto del disconoscimento integrava un comportamento contrario ai doveri di lealtà e probità, ex art. 92, comma 1, c.p.c.
È inammissibile anche il terzo motivo, con il quale si censura la decisione per non avere tenuto che la prescrizione presuntiva, eccepita dalle controparti, era incompatibile con le altre difese. Infatti, la censura è priva di significato, nell’ambito di una decisione che ha rigettato la domanda del creditore non già in accoglimento di una tale eccezione, ma riconoscendo l’avvenuto integrale pagamento.
È infine assorbito il tredicesimo motivo, riguardante la regolamentazione delle spese di lite.
L’ordinanza va dunque cassata in relazione al settimo motivo, con rinvio al Tribunale di Forlì in diversa composizione per nuovo esame della domanda di pagamento dei compensi del professionista.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M
accoglie il settimo motivo; dichiara assorbiti il primo, il sesto, l’ottavo, il nono motivo e il tredicesimo motivo; dichiara inammissibili i restanti motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa al Tribunale di Forlì in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda