Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27893 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Data pubblicazione: 20/10/2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27893 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME
Consigliere NOME.
NOME COGNOME
Consigliere
SOCIETA’ DI
CAPITALI
CC 01/10/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3140 R.G. anno 2024 proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
6 RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 8299/2023 emessa dalla Corte di appello di Roma il 21 dicembre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1 ottobre 2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ 6 RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa (a
Numero registro generale NUMERO_DOCUMENTO
Numero sezionale 3275/2025
Numero di raccolta generale 27893/2025
Data pubblicazione 20/10/2025
seguito di scioglimento della stessa disposto con decreto del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 27 ottobre 2017, n. 218), in persona del commissario liquidatore, NOME COGNOME, ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Roma NOME COGNOME, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi in complessivi euro 1.939.236,97, in euro 424.816,00, o nella diversa misura ritenuta di giustizia. In particolare, la società attrice ha esposto che: in data 24 dicembre 2017, contestualmente alla presentazione della prima relazione semestrale, il commissario liquidatore aveva richiesto al RAGIONE_SOCIALE di valutare la sussistenza dei presupposti cui all’art. 2545terdecies c.c., disponendo la liquidazione coatta amministrativa di RAGIONE_SOCIALE e, in subordine, di essere autorizzato a procedere alla presentazione del ricorso al Tribunale di Roma per l’accertamento RAGIONE_SOCIALE stato di insolvenza, ai sensi dell’art. 202 l. fall.; in data 8 febbraio 2018 il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato l’avvio del procedimento per l’ adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ex art. 2545terdecies c.c.; nelle more di tale procedimento erano emerse gravi condotte tenute dal legale rappresentante della società, NOME COGNOME, in violazione degli obblighi di legge. In particolare la predetta risultava avere: ostacolato l’attività ispettiva e di revisione da parte del RAGIONE_SOCIALE; omesso il deposito dei bilanci degli esercizi dal 2013 al 2016 (seppure dalla documentazione acquisita dal commissario liquidatore risultasse che la società avesse continuato a operare almeno fino al 2015); omesso la consegna, nonostante l’apposita convocazione da parte del Commissario liquidatore, della documentazione societaria, contabile o amministrativa (non consentendo di fatto la ricostruzione degli affari, con particolare riferimento agli eventuali attivi da realizzare e alla conoscenza della destinazione degli asset risultanti dall’ultima documentazione contabile disponibile, di fatto coincidente con il bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2012, documentazione dalla quale
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risultavano crediti verso clienti per euro 419.332,00, crediti per fatture da emettere per euro 47.300,00 e disponibilità liquide per euro 70.445,00); omesso la consegna del motoveicolo Piaggio Liberty, targato TARGA_VEICOLO, immatricolato l’11 gennaio 2006, acquistato in data 25 settembre 2013, intestato a NOME; prestato in data 21 febbraio 2017 il consenso alla transazione della controversia pendente con il RAGIONE_SOCIALE, accettando a totale definizione la somma omnicomprensiva di euro 7.000,00, peraltro corrisposta mediante assegno bancario intestato direttamente ad NOME COGNOME, con rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa (sebbene 6 NOME vantasse un credito di euro 71.964,00, rendendo quindi impossibile il recupero della residua somma di euro 64.964,00); omesso la presentazione di dichiarazioni fiscali, maturando così un’esposizione debitoria d i NOME RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’Erario e degli istituti previdenziali nella misura di euro 1.867.658,97, di cui euro 1.514.806,65 per sorte capitale e il residuo per sanzioni, interessi, diritti di notifica e spese; omesso di rilevare l’intervenuta causa di scioglimento della società, proseguendo l’attività di impresa nonostante l’azzeramento del capitale e aggravando così le perdite, da quantificarsi in un importo quantomeno pari all’esposizione debitoria nei confronti dell’Erario e degli istituti previdenziali tra il 2012 ed il 2015, per oltre euro 1.600.000,00.
La società attrice ha rilevato, poi: di avere proposto ricorso al Tribunale di Roma per la propria dichiarazione di insolvenza e che, anteriormente all’introduzione del giudizio di primo grado, era stato proposto ricorso per sequestro conservativo ante causam , che era stato accolto; di avere, quindi, dato attuazione a tale provvedimento mediante richiesta di sequestro RAGIONE_SOCIALE quote di proprietà della convenuta, aventi ad oggetto la partecipazione alle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE, peraltro tutte amministrate da NOME COGNOME.
Parte attrice ha dedotto che il danno occorso era pari almeno
Sez. I -RG 3140/2024
camera di consiglio 1.10.2025
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all’esposizione debitoria maturata verso l’Erario e gli enti previdenziali, quantificata in euro 1.867.658,97, cui andava aggiunto l’importo di euro 71.964,00, oggetto di transazione.
La convenuta non si è costituita.
Il Tribunale ha condannato l’evocata in giudizio al risarcimento del danno quantificato in euro 424.816,32, oltre rivalutazione e interessi.
2 . ─ NOME COGNOME COGNOME proposto appello, che la Corte di Roma ha respinto con sentenza del 21 dicembre 2023. In grande sintesi, il Giudice distrettuale ha a ccertato che l’istaurazione del contraddittorio nei confronti della convenuta nel giudizio di primo grado era rituale.
– La medesima COGNOME ha quindi proposto ricorso per cassazione facendo valere un solo motivo di impugnazione: al ricorso ha resistito RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa.
E’ stata formulata , da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-La ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 143 c.p.c.. Deduce che l’attestazione dell’ ufficiale giudiziario non darebbe contezza alcuna RAGIONE_SOCIALE ricerche effettuate in ordine al nuovo domicilio di essa istante, « la quale è rimasta ignara dell’intero procedimento di primo grado, vedendo violato il proprio diritto di difesa».
– La proposta ha il tenore che segue.
« 1. L’unico formulato motivo di ricorso si rivela inammissibile per palese novità della questione ivi prospettata.
«1.1. Invero, secondo la pressoché costante giurisprudenza di legittimità (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 2607, 5038 e 6127 del 2024; Cass. nn. 5131 e 9434 del 2023;
Cass. n. 25909 del 2021), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. n. 32804 del 2019; Cass. n. 2038 del 2019; Cass. nn. 20694 e 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013).
«1.2. In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere -nella specie rimasto assolutamente inadempiuto (risultando anzi il contrario dal tenore letterale della sentenza impugnata laddove si è puntualizzato che, in primo grado, dichiarata la nullità della notificazione della citazione eseguita, nei confronti della COGNOME, tramite EMAIL ne era stata disposta la rinnovazione, poi effettuata ai sensi dell’art. 143 c.p.c., e che ‘ parte appellante non svolge alcuna censura con riguardo a tale notificazione, ma esclusivamente con riguardo a quella a mezzo PEC ritenuta nulla dal giudice istruttore e rinnovata ‘ ) -di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 19164 del 2007; Cass. n. 17041 del 2013; Cass. n. 25319 del 2017; Cass. n. 20712 del 2018).
«1.3. Tanto esime, dunque, dal rimarcare che, nella specie, per come riferito nello stesso ricorso, l’ufficiale giudiziario aveva dato conto, nel luogo di ultima residenza nota della COGNOME, dell’esito RAGIONE_SOCIALE compiute,
effettive ricerche di quest’ultima, ivi non rinvenuta ».
─ Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni.
Nella memoria la ricorrente contesta assuma rilievo, ai fini RAGIONE_SOCIALE scrutinio del motivo, la circostanza per cui in appello non si fece questione dell ‘ammissibilità della notifica ex art. 143 c.p.c.: si deduce che quando si denuncia un error in procedendo , la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale e può direttamente esaminare gli atti ritualmente prodotti. Va tuttavia osservato che le nullità della sentenza si convertono in mezzi di gravame , giusta l’art. 161 c.p.c., onde il vizio denunciato andava censurato con l’appello : in mancanza, sul punto della validità del l’atto processuale consistente nella notifica ex art. 143 c.p.c., di cui qui si discorre, è evidentemente caduto il giudicato interno.
Il ricorso è dunque da dichiarare inammissibile.
4 . ─ Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Tr ovano applicazione le statuizioni di cui all’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c. , giusta l’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE ulteriori somme di euro 7.500,00 nei confronti della parte controricorrente e di euro 2.500,00 nei confronti della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, facente capo a parte ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Numero registro generale NUMERO_DOCUMENTO
Numero sezionale 3275/2025
Numero di raccolta generale 27893/2025
Data pubblicazione 20/10/2025
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile, in data 1 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME