Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5999 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5999 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33898/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che li rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) per procura speciale in calce al controricorso -controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) per procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 2449/2018 depositata il 17/04/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 1951/2016, pubblicata in data 1-2-2016, il Tribunale di Roma, per quanto ora di interesse, dichiarava la carenza di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE e respingeva la domanda avanzata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE, costituita dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE e dalle mandanti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e dal RAGIONE_SOCIALE, costituito dalle predette imprese riunite nell’ATI e dalla RAGIONE_SOCIALE.
2.Con sentenza n. 5814/2018, pubblicata in data 04.10.2016, la Corte di Appello di Roma, per quanto ora di interesse, rigettava l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e dal RAGIONE_SOCIALE avverso la citata sentenza del Tribunale. In particolare, la Corte di merito, dopo aver esaminato e rigettato il secondo motivo dell’appello principale, concernente il difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE, affermava l’infondatezza del primo motivo di appello principale, con cui le odierne ricorrenti lamentavano omessa pronuncia in ordine alle domande del RAGIONE_SOCIALE, relative al pagamento di crediti afferenti il contratto di
appalto per lavori del lotto C7A ( €1.381.784,55 corrispettivo di cui alle fatture n.1 del 9 marzo 2012, n.5 del 31 marzo 2012 e n.9 del 24 luglio 2012 €19.495,07 per lavori contabilizzati e non ancora fatturati per esecuzione di opere ‘di contorno’), e dell’RAGIONE_SOCIALE, relative al pagamento di crediti afferenti il contratto di appalto per lavori del lotto C7B ( €510.489,66 di cui alle fatture COGNOME del 9 -3-2012 e del 31-3-2012, di cui alle fatture COGNOME del 9-3-2012 e del 31-3-2012 e di cui alle fatture RAGIONE_SOCIALE del 9-3-2012 e del 313-2012- cfr. pag. 6 e 7 della sentenza impugnata), nonché in ordine alle domande dell’ATI di condanna al pagamento di crediti afferenti il contratto di appalto per i lavori di cui al lotto C6. La Corte di merito rilevava che la documentazione a cui faceva riferimento l’appello, costituita da fatture emesse dalle appaltatrici, non era idonea a suffragare l’esistenza dei correlati crediti in quanto: a) si trattava di documenti unilateralmente emessi dalle appellanti principali; b) in base all’art.7 dei contratti il pagamento dei corrispettivi in acconto e a saldo sarebbe potuto avvenire all’esito di una rigorosa procedura di contabilizzazione in contraddittorio, il cui esaurimento non era stato documentato e neppure allegato dalle attrici; c) inoltre i pagamenti dei compensi erano condizionati alla presentazione di liste mensili dei macchinari, delle attrezzature e impianti presenti in cantiere e del personale impiegato, nonché condizionati alla presentazione di docu mentazione attestante l’adempimento degli obblighi retributivi, contributivi e previdenziali, mentre non era stata documentata l’esistenza degli azionati crediti liquidi ed esigibili; d) il C.T.U. non aveva fatto menzione nella relazione delle fatture in questione e della contabilizzazione degli importi con le stesse fatturati; e) era insuperabile ostacolo alla pronuncia di condanna al pagamento delle somme in questione la mancata allegazione e prova della presentazione dei documenti di cui all’art.7.5 dei contratti (cfr. pag. 6 e 7 della sentenza impugnata); f) con riferimento alle lamentate condotte abusive della RAGIONE_SOCIALE e alle correlate pretese
risarcitorie, per avere la committente indotto le appaltatrici a stipulare le transazioni del 24-11-2010 e del 9 marzo 2012 occultando, tra l’altro, poste attive e l’accordo bonario intervenuto tra RAGIONE_SOCIALE e il contraente generale, rigettava, per quanto ora di interesse, anche il terzo motivo di appello principale.
3 . L’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, affidato a tre motivi, resistito con controricorso da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo i ricorrenti denunciano l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, l’ omessa valutazione della esistenza di una transazione costituente titolo fondante delle ragioni di credito azionate, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ… Deducono i ricorrenti che era stato loro riconosciuto, in forza della transazione del 9-32012, il credito di complessivi euro 2.100.000 (€1.000.000 in favore del RAGIONE_SOCIALE per il cantiere C7A e €1.100.000 in favore di RAGIONE_SOCIALE per il cantiere C7B), ma le committenti erano rimaste inadempienti, non avendo corrisposto alcunché in relazione al saldo attivo riconosciuto negli atti transattivi, né in riferimento ai crediti ancora residui per le lavorazioni effettuate, ed evidenziano di aver chiesto il pagamento di detti crediti rientranti nella domanda indicata sub 2 dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado in forza delle due intese transattive raggiunte con COGNOME in data 9-32012 e ritualmente prodotte (doc. 13 e 18 allegati alla citazione) al pari delle fatture emesse in forza di esse e pure prodotte ritualmente (fatture n.1 del RAGIONE_SOCIALE, la n.29 dell’impresa RAGIONE_SOCIALE, la n.26 di RAGIONE_SOCIALE e la n.20 di RAGIONE_SOCIALE, tutte di data 9-3-
2012). Deducono di aver denunciato in appello il vizio di omessa pronuncia in ordine a tali pretese ed espongono che il vizio di omessa pronuncia era stato implicitamente ritenuto sussistente dalla Corte d’appello, che si era infatti pronunciata sul primo motivo d’appello, ritenendo, tuttavia, erroneamente la documentazione inidonea a suffragare l’esistenza del credito. Ad avviso de i ricorrenti, in base a quanto previsto nelle transazioni del 9-3-2012, che riportano nella parte di interesse (pag. 9 e 10 ricorso), il pagamento della prima rata, pari al 50% dell’importo complessivo di €2.100.000 riconosciuto dall’RAGIONE_SOCIALE come saldo attivo, avrebbe dovuto essere immediatamente saldato già al momento della presentazione delle relative fatture, nella cui intestazione era riportato che le medesime erano state emesse, dal RAGIONE_SOCIALE e dalle singole imprese aderenti all’RAGIONE_SOCIALE, per l’intero importo loro riconosciuto in forza delle citate transazioni.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. , per avere la Corte d’appello erroneamente valutato le fonti di prova e, in particolare, per non avere la Corte di merito considerato che il titolo dei crediti era costituito dalle citate transazioni, non avendo mai la RAGIONE_SOCIALE messo in dubbio l’accettazi one, la validità, l’esistenza e l’efficacia di queste ultime.
Con il terzo motivo denunciano la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e 2710 cod. civ ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la Corte territoriale considerato che l’esistenza del credito non era stata contestata da RAGIONE_SOCIALE e che le scritture contabili, ai sensi del citato art.2710 cod. civ., fanno prova anche a favore dell’imprenditore nei rapporti tra imprenditori, come da giurisprudenza di questa Corte che richiama.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili, non solo perché meritali e carenti di autosufficienza, ma anche per la novità della questione posta a
fondamento di tutte le censure (fonte dei crediti azionati, asseritamente originati dalle transazioni del 9 marzo 2012, peraltro neppure trascritte nei punti essenziali).
4.1 Dall’esame delle conclusioni di primo grado e dell’atto di appello, si evince che la domanda dell’ATI e del RAGIONE_SOCIALE (odierni ricorrenti) era stata di risarcimento danni per presunti illeciti delle società committenti dei lavori e per compensi contrattuali, senza riferimento alcuno alle transazioni, che erano state invece invocate dalla committente RAGIONE_SOCIALE a fondamento della domanda riconvenzionale accolta dal Tribunale – di inadempimento dell’ATI e del RAGIONE_SOCIALE appaltatori al contratto di appalto ed alle predette transazioni.
4.2. Secondo costante orientamento di questa Corte a cui il Collegio intende dare continuità, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici o delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito (tra le tante Cass.29404/2017; Cass. Sez. U., 34476/2019; Cass., 5987/2021). Inoltre, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U., 20867/2020; Cass.2676/2018; Cass.4699/2018). Si è ulteriormente precisato che, in tema di ricorso per cassazione, può essere dedotta la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. qualora il
giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti e, cioè, sia quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio, sia quando da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo (ipotesi diversa dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimità – che attiene alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto), a condizione che il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una decisione diversa, non già in termini di mera probabilità, bensì di assoluta certezza (Cass.12971/2022).
4.3. Nella specie tali presupposti per l’invocabilità della norma non sussistono, poiché i ricorrenti denunciano la mancata contestazione con riferimento a profili (accettazione della transazione e della scansione dei pagamenti da effettuarsi in base alla stessa), di cui non v’è menzione nella sentenza impugnata, ed inoltre lamentano l’errore di valutazione di una ‘fonte di prova’. La Corte d’appello ha esaminato la domanda relativa ai crediti (pag.6 e pag.7 della sentenza) di cui alle fatture in dettaglio indicate, nonché ha dato conto del valore probatorio dei documenti in base a più rationes decidendi autonome, e soprattutto in base alla regolamentazione contrattuale, senza effettuare il benché minimo riferimento alle previsioni delle citate transazioni, che la Corte di merito ha invece scrutinato con riferimento alle pretese risarcitorie per le lamentate condotte abusive di RAGIONE_SOCIALE.
Va ribadito , sotto quest’ultimo profilo, che il ricorso che prospetti questioni che non risultano in alcun modo trattate dalla pronuncia impugnata debba allegare l’avvenuta deduzione della questione
innanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, riproducendone, altresì, il contenuto essenziale, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare « ex actis » la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass.25546/2006; Cass. 8206/2016). Per contro i ricorrenti nulla deducono nel senso appena precisato, il che determina, anche sotto tale profilo, l’inammissibilità delle censure, tutte basate , si ripete, sull’assunto secondo cui le transazioni del 9-3-2012 costituissero il titolo fondante dei crediti azionati.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna controricorrente, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto (Cass. S.U. n.5314/2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti alla rifusione in favore della RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in € 12.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori, come per legge; condanna i ricorrenti alla rifusione in favore della RAGIONE_SOCIALE delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in € 12.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori, come per legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/11/2023.