Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5619 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 5619  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34765/2018 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in RomaINDIRIZZO; -controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2613/18, depositata il 25 maggio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, in qualità di proprietario dell’autoveicolo Renault Kangoo tg. TARGA_VEICOLO, propose opposizione avverso il verbale n. NUMERO_DOCUMENTO, emesso l’11 luglio 2014 dal RAGIONE_SOCIALE di Morbegno, con cui gli era stata contestata la violazione dell’art. 158, comma primo, lett. h) , del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per aver effettuato la sosta del veicolo sul marciapiede.
A sostegno della domanda, affermò che la violazione avrebbe dovuto essere contestata immediatamente al conducente, il quale, contrariamente a quanto dichiarato nel verbale, non risultava assente, ma si trovava nei pressi del veicolo, come emergeva da una fotografia ripresa dallo stesso agente accertatore.
1.1. Nel corso del giudizio, avendo l’attore proposto querela di falso avverso il verbale di constatazione, il Giudice di pace di Sondrio dispose la sospensione del giudizio, rimettendo le parti dinanzi al Tribunale di Sondrio.
A seguito della riassunzione del giudizio, si costituì il RAGIONE_SOCIALE, e resistette alla domanda, chiedendone il rigetto.
1.2. Con sentenza del 26 aprile 2017, il Tribunale di accolse la domanda, dichiarando la falsità del verbale, nella parte in cui riferiva che l’infrazione non aveva potuto essere contestata direttamente, non essendo stato reperito il conducente nei pressi del veicolo.
L’impugnazione proposta dal RAGIONE_SOCIALE è stata accolta dalla Corte d’appello di Milano, che con sentenza del 25 maggio 2018 ha rigettato la querela di falso.
Premesso che risultavano incontestate sia la presenza del veicolo in sosta vietata che l’assenza di persone a bordo al momento del passaggio dell’agente accertatore, la Corte ha ritenuto che la presenza della persona indicata nei pressi del veicolo in sosta non consentisse di ritenere che la stessa ne fosse anche il conducente, osservando che tale identificazione avrebbe potuto costituire oggetto soltanto di una deduzione personale dell’accertatore, non suscettibile di annotazione nel verbale né di contestazione mediante la querela di falso.
Ha escluso inoltre la sussistenza dell’interesse ad agire, per irrilevanza
della dedotta falsità, osservando che, anche a voler ritenere puramente ipoteca o poco verosimile la ricostruzione dei fatti compiuta dal RAGIONE_SOCIALE, la mancata contestazione immediata era stata sufficientemente giustificata dall’agente accertatore con l’indisponibilità della documentazione necessaria, con la conseguenza che la dichiarazione di parziale falsità del verbale non avrebbe prodotto alcun effetto utile per l’attore.
Avverso la predetta sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi. Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 100 e 313 cod. proc. civ. e dell’art. 7 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto insussistente l’interesse ad agire, senza considerare che l’apprezzamento della rilevanza della falsità spettava esclusivamente al Giudice di pace, il quale vi aveva provveduto nella fase preliminare di valutazione dell’ammissibilità della querela, proposta in via incidentale. Aggiunge che nella querela di falso l’interesse ad agire ha ad oggetto il conseguimento di una certezza in ordine alla falsità o genuinità del documento impugnato nei confronti di chiunque abbia dimostrato di volersene concretamente avvalere.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver escluso che la persona presente nei pressi del veicolo in sosta ne fosse il conducente, senza tenere conto della deposizione resa dalla stessa, da cui emergeva che essa si era espressamente qualificata come conducente, della qualità di proprietario di esso ricorrente, risultante dalla carta di circolazione del veicolo, e dalla conoscenza personale di esso ricorrente e del conducente del veicolo da parte dell’agente accertatore.
Il ricorso è inammissibile.
Ai fini del rigetto della querela di falso, la Corte territoriale ha fatto ricorso a due diversi ordini di considerazioni, configurabili come distinte rationes decidendi , in quanto autonomamente idonee a sorreggere la decisione adottata, e  costituite  rispettivamente  dall’esclusione  della  necessità  della  querela  di
falso ai fini dell’accertamento della qualità di conducente della persona ritratta nei pressi del veicolo in sosta vietata, in quanto oggetto di una mera deduzione dell’agente accertatore, non assistita da fede privilegiata ai sensi dello art. 2700 cod. civ., e dal difetto d’interesse dell’attore all’accertamento della falsità della predetta identificazione, in quanto non configurabile come unica ragione della mancata contestazione immediata della violazione, motivata anche dall’indisponibilità della documentazione a tal fine necessaria.
Nel censurare le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata, il ricorrente non si cura di contestare la prima affermazione, ma si limita a criticare la seconda, insistendo, con il primo motivo, sulla sussistenza dell’interesse ad agire, e lamentando, con il secondo, l’omessa valutazione di elementi a suo avviso idonei a dimostrare la qualità di conducente della persona ritratta nella fotografia ripresa dall’agente accertatore. Quest’ultima censura non attinge tuttavia nessuna delle argomentazioni su cui si fonda la sentenza impugnata, la quale non si è pronunciata in alcun modo sull’identificazione della predetta persona, ma si è limitata ad affermare che la stessa non poteva considerarsi assistita da fede privilegiata, in quanto non costituente oggetto di dichiarazioni rese all’agente accertatore o di attività da lui compiute, ma di una mera deduzione, ed escludendo pertanto che la relativa contestazione richiedesse la proposizione della querela di falso. La prima censura, invece, pur risultando pertinente, non può trovare ingresso in questa sede, non potendo in alcun caso condurre all’annullamento della decisione adottata, idonea a reggersi, anche in caso di accoglimento della stessa, sulla base delle argomentazioni rimaste incensurate: qualora infatti, come nella specie, la sentenza impugnata sia fondata su due diverse rationes decidendi , ciascuna delle quali risulti idonea a giustificare autonomamente la decisione adottata, la mancata impugnazione di una delle stesse rende inammissibili, per difetto d’interesse, le censure mosse alle altre ragioni che hanno costituito specificamente oggetto di doglianza, giacché l’accoglimento di queste ultime non potrebbe in alcun caso condurre alla cassazione della sentenza impugnata, stante l’intervenuta definitività delle altre (cfr. Cass., Sez. III, 6/07/2020, n. 13880; Cass., Sez. V, 11/05/2018, n. 11493; Cass., Sez. I, 27/07/2017, n. 18641).
3. Le spese del giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 10/11/2023