Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6505 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6505 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
composta dai signori magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
dott. NOME COGNOME
Consigliera
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
dott. NOME COGNOME
Consigliera
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 16888 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto da
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del l’ amministratore unico, legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (C.F. NUMERO_DOCUMENTO), in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ Avvocatura Generale dello Stato (C.F. NUMERO_DOCUMENTO)
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Milano n. 1529/2022, pubblicata in data 9 maggio 2022;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 27 gennaio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE ha agito in giudizio nei confronti d ell’Agenzia delle Entrate, proponendo querela di falso, in via principale, in relazione ad un modello F24 presentato presso uno sportello bancario, contenente la dichiarazione di compensazione fra debiti
Oggetto:
QUERELA DI FALSO
Ad. 27/01/2025 C.C.
R.G. n. 16888/2022
Rep.
erariali della società ed un credito di imposta risultato inesistente all’esito delle verifiche .
La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Milano.
La Corte d’a ppello di Milano ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate .
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia « ai sensi dell’ art. 360 n. 4 c.p.c., nullità del procedimento e della sentenza di primo grado , rilevabile d’ufficio ai sensi degli artt. 70, 71 e 221 c.p.c.: in particolare, il Giudice di primo grado ha omesso di avvisare il P.M. dell’esistenza del procedimento di querela di falso di primo grado e quest’ultimo, conseguentemente, non ha assolutamente partecipato al relativo giudizio poiché mai avvisato. Il Giudice del gravame riteneva tuttavia, a pag. 7 della sentenza impugnata, che il predetto avviso al PM fosse stato effettuato in data 31.12.2019 inserendo, nella medesima pagina della decisione, un’immagine del fascicolo telematico del giudizio di primo grado da cui risulterebbe detto incombente processuale. Tale fatto processuale non risulta invece dal fascicolo telematico di primo grado delle parti. Il Procuratore Generale, parte del giudizio di appello, richiedeva anch’esso la nullità del procedimento di primo grado e della relativa sentenza per la medesima motivazione ».
Il motivo è inammissibile.
La corte d’appello ha espressamente dato atto che dal fascicolo digitale emergeva inequivocabilmente la circostanza di fatto che il pubblico ministero, con riguardo al procedimento di primo grado, aveva « apposto il suo visto in data 31.12.2019, non ritenendo di assumere alcuna specifica determinazione sulla questione » e che tale visto era, altresì, materialmente riscontrabile sulla copia dell’atto di citazione contenuta nel fascicolo telematico, addirittura inserendo nella motivazione della sentenza le relative immagini (sia con riguardo agli eventi del processo risultanti dal fascicolo digitale che con riguardo alla copia dell’atto di citazione con il predetto visto del pubblico ministero), che non lasciano adito a dubbi.
La società ricorrente sostiene che « tale fatto processuale non risulta invece dal fascicolo telematico di primo grado delle parti » e contesta, quindi, la ‘ correttezza ‘ di tale accertamento di fatto.
Ma la eventuale circostanza che l’apposizione del visto da parte del pubblico ministero -che deve ritenersi certamente avvenuta, in base all’incontestabile riscontro in fatto operato dalla stessa corte d’appello non risultasse visibile nel fascicolo telematico consultabile dalle parti, sarebbe del tutto irrilevante, essendo decisivo esclusivamente il fatto processuale oggettivo dell’avvenuta presa visione del procedimento e dell’assunzione delle relative determinazioni da parte del pubblico ministero.
D’altra parte, è, in proposito, decisiva la considerazione che anche un eventuale errore percettivo della corte d’appello in ordine all’avvenuta apposizione del visto del pubblico ministero (errore che, in verità, parrebbe difficile ammettere, per quanto fin qui osservato) non costituirebbe oggetto di censura ammissibile nella presente sede, potendo e dovendo, al più, essere fatta valere mediante il rimedio della revocazione di cui all’art. 395 n. 4 c.p.c..
2. Con il secondo motivo si denunzia « ai sensi dell’ art. 360 n. 3 violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 132 e 221 c.p.c. e ai sensi dell’ art. 365 c.p.c. n. 4 e 5 per errata valutazione di risultanze probatorie documentali cd. prove legali (atti di natura penale non contestati e idonei a provare la falsità del documento impugnato) e per motivazione apparente e/o illogica e/o contradditoria circa fatti e documenti decisivi del giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti: in particolare si osserva che, fin dal primo grado, non è stata contestata tra le parti la falsità del Mod. F 24 in questione, riconosciuta anche dalla controparte, oltre che provata da documenti prodotti e non contestati. Tuttavia, il Giudice di secondo grado ha confermato la decisione impugnata (che aveva rigettato la querela di falso) fondando il proprio convincimento non sulla falsità del medesimo modello F24, bensì erroneamente sul fatto che l’esponente avrebbe fatto propria la compensazione fiscale in esso contenuta non avvedendosi della stessa e avvantaggiandosi dei suoi effetti con il decorso del tempo, oltretutto ritenendo sul punto ininfluenti i documenti nuovi di natura penale ed comunque non contestati (sopra e di seguito esaminati) che, invece, confermavano proprio la falsità materiale del mod. F24 in questione ».
Anche questo motivo è inammissibile.
La corte d’appello ha ritenuto inammissibile il gravame proposto dalla società ricorrente, con riguardo alla decisione di primo grado sul merito della querela di falso proposta, come chiaramente emerge dalla relativa motivazione e, precisamente, dai seguen ti passaggi della stessa: «… parte appellante censura la sentenza in relazione alla motivazione espressa da pag. 8 a pag. 10 della stessa, senza titolare le sue censure e sostanzialmente dolendosi dell’assunta decisione reiettiva, asseritamente in contrasto con le emergenze istruttorie acquisite e da acquisire (pure dolendosi della mancata ammissione delle istanze
istruttorie formalizzate e qui reiterate). Il tutto procedendo ad un esame delle singole frasi contenute nell’impugnata sentenza e senza -in realtà -censurare la ratio decidendi espressa dal Tribunale (così rendendo inammissibile l’appello per come proposto) ».
Con il motivo di ricorso in esame vengono ribadite le contestazioni in relazione al merito della decisione in ordine alla querela di falso, ma non è, in tal modo, colto e adeguatamente censurato il rilievo di inammissibilità del relativo motivo di appello che, in proposito, costituisce l’effettiva ratio decidendi della pronuncia impugnata nella presente sede.
Il motivo di ricorso in esame, per ciò solo, è da ritenersi inammissibile.
In ogni caso, le stesse censure di merito con esso formulate (e ciò vale anche per ogni altro profilo della decisione impugnata che possa eventualmente ritenersi non coperto dal rilievo di inammissibilità del gravame) finiscono per risolversi, in sostanza, nella contestazione di accertamenti di fatto fondati sulla prudente valutazione di tutti gli elementi istruttori disponibili operata nel giudizio di merito, accertamenti di fatto sostenuti da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
La decisione di primo grado che risulta confermata all’esito del giudizio di appello era fondata sul rilievo di elementi di prova sufficienti per ritenere che la presentazione del modello F24 con la compensazione tra debiti erariali e crediti di imposta della società ricorrente (certamente avvenuta e, del resto, risultante dal cassetto fiscale della medesima società) era alla stessa riconducibile, a prescindere dal soggetto che l’aveva materialmente effettuata, e ciò anche in considerazione del fatto che la
stessa società ricorrente se ne era, di fatto, avvalsa; e tanto è stato, del tutto correttamente, considerato sufficiente per escludere la sussistenza della dedotta falsità materiale.
La contestazione dei suddetti accertamenti di fatto, come anticipato, non potrebbe certamente ritenersi ammissibile nella presente sede.
D’altra parte , la censura di omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non è ammissibile, in caso di doppia decisione conforme di merito (certamente ravvisabile, nella specie), ai sensi dell’art. 348 ter , ultimo comma, c.p.c. (disposizione abrogata, ma applicabile alla fattispecie, ratione temporis e, comunque), sostanzialmente trasfusa nel comma 4 dell’art. 360 c.p.c..
È appena il caso di osservare, infine, che nessuna ‘prova legale’ può ritenersi essere stata prodotta a confutazione dei suddetti accertamenti, che risultano operati in sede di merito tenendo nel debito conto tutti gli elementi istruttori, anche documentali, regolarmente acquisiti al giudizio e sulla base di una prudente e corretta valutazione degli stessi, conformemente a quanto previsto dagli artt. 115 e 116 c.p.c..
Le ragioni fin qui esposte, di inammissibilità delle censure formulate con il motivo di ricorso in esame, rendono, altresì, conto dell’irrilevanza, ai fini della presente decisione, della sentenza penale prodotta dalla società ricorrente in allegato alla memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c. in vista della data dell’adunanza camerale, produzione peraltro di per sé anch’essa inammissibile, in quanto effettuata in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 372 c.p.c. (non trattandosi di documento relativo all’ammissibilità del ricorso o alla nullità della sentenza impugnata e non essendo, comunque, la produzione intervenuta almeno 15 giorni prima della data dell’adunanza
camerale, pur essendo ciò possibile, in relazione alla data di formazione dell’atto).
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dell’ente controricorrente, liquidandole in complessivi € 7.000,00, oltre eventuali spese prenotate a debito, nonché accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-