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Querela di falso: quando è inammissibile? La Cassazione

Un avvocato ha proposto una querela di falso contro alcuni atti del Pubblico Ministero in un procedimento penale a suo carico. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando l’inammissibilità dell’azione. La Corte ha chiarito che la querela di falso non può essere utilizzata per contestare la veridicità del contenuto di un’imputazione o di altri atti d’indagine, la cui valutazione spetta esclusivamente al giudice penale nel corso del relativo processo. Lo strumento serve solo a privare un documento della sua efficacia probatoria formale, non a dibattere nel merito delle accuse.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Querela di falso: quando è inammissibile? La Cassazione chiarisce i limiti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui limiti di applicazione della querela di falso, uno strumento processuale tanto specifico quanto, a volte, impropriamente utilizzato. La pronuncia chiarisce in modo definitivo che tale azione non può essere impiegata per contestare la veridicità del contenuto di atti d’indagine o di imputazione del Pubblico Ministero, la cui valutazione è di competenza esclusiva del giudice penale. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un esposto presentato da un avvocato nei confronti di tre magistrati amministrativi. A seguito di tale esposto, la Procura della Repubblica iscriveva nel registro degli indagati non solo i magistrati denunciati, ma anche l’avvocato stesso per il reato di calunnia.

Ritenendo illegittimi gli atti del Pubblico Ministero, l’avvocato decideva di avviare un’autonoma azione civile, proponendo una querela di falso contro tre specifici atti:

1. L’iscrizione nel registro degli indagati, sostenendo che fosse stata falsamente retrodatata.
2. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari, asserendo che fosse falso nella parte in cui attestava il compimento di indagini, a suo dire mai avvenute.
3. La richiesta di rinvio a giudizio e la successiva imputazione, in quanto basate su una ricostruzione dei fatti contraria alla realtà.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello dichiaravano inammissibile la querela, spingendo il legale a ricorrere in Cassazione.

L’Uso Corretto della Querela di Falso secondo la Cassazione

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire la funzione e i confini della querela di falso. Questo strumento processuale ha uno scopo ben preciso: accertare la falsità materiale o ideologica di un atto pubblico o di una scrittura privata per privarlo della sua ‘fede privilegiata’, ovvero della sua particolare efficacia probatoria.

In altre parole, la querela serve a contestare il documento come ‘contenitore’ (ad esempio, sostenendo che la firma è falsa o che il pubblico ufficiale non ha realmente compiuto le azioni che attesta di aver compiuto), ma non può essere usata per mettere in discussione la veridicità del ‘contenuto’ narrativo o valutativo dell’atto stesso.

La distinzione cruciale

Applicando questo principio al caso di specie, la Corte ha spiegato che la veridicità delle circostanze descritte in un capo di imputazione non può essere oggetto di querela di falso. L’accertamento della fondatezza o meno di un’accusa penale costituisce l’oggetto stesso del processo penale e deve essere svolto in quella sede, attraverso i mezzi di prova e le garanzie difensive tipiche di quel rito.

Utilizzare la querela civile per contestare l’imputazione equivarrebbe a duplicare i giudizi e a svuotare di significato il processo penale, che è la sede naturale per la difesa nel merito.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione sulla base di un principio consolidato: la querela di falso non è ammissibile se non ha lo scopo di eliminare l’efficacia probatoria di un documento destinato a far fede su determinati rapporti. Gli atti del Pubblico Ministero, come la richiesta di rinvio a giudizio, non hanno questa funzione di ‘prova legale’, ma rappresentano l’esercizio dell’azione penale, il cui fondamento sarà poi vagliato dal giudice del dibattimento. Tentare di ‘smontare’ l’accusa tramite un procedimento civile separato è, pertanto, una strada non percorribile.

Inoltre, la Corte ha respinto anche le doglianze relative alla condanna alle spese legali. Ha confermato che il valore di una causa di falso è da considerarsi ‘indeterminabile’, con conseguente applicazione delle relative tariffe professionali. Ha altresì ribadito il principio della soccombenza globale: la parte che perde la causa alla fine del percorso giudiziario deve farsi carico di tutte le spese, anche quelle dei gradi o delle fasi in cui aveva ottenuto una decisione temporaneamente favorevole (come in questo caso, in cui la sentenza di primo grado era stata annullata per un vizio procedurale).

Le Conclusioni

La decisione in commento offre un importante monito sull’uso corretto degli strumenti processuali. La querela di falso è un’azione potente ma circoscritta, destinata a colpire la ‘fede’ di un documento e non a trasformarsi in un’arena alternativa per dibattere questioni di merito che appartengono ad altri giudizi. La Cassazione riafferma la netta separazione tra il giudizio sulla genuinità formale di un atto e quello sulla fondatezza sostanziale delle affermazioni in esso contenute, specialmente quando queste costituiscono il cuore di un’imputazione penale. La difesa dell’imputato deve essere esercitata pienamente all’interno del processo penale, senza scorciatoie o indebite invasioni di campo procedurali.

È possibile utilizzare la querela di falso per contestare la veridicità delle accuse contenute in un atto di imputazione penale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la veridicità delle circostanze di fatto descritte in un capo di imputazione deve essere verificata all’interno del processo penale e non tramite una querela di falso in sede civile.

Qual è lo scopo principale della querela di falso nel processo civile?
Lo scopo è quello di accertare la falsità di un atto pubblico o di una scrittura privata riconosciuta al fine di privare il documento della sua specifica efficacia probatoria (la cosiddetta ‘fede privilegiata’), annullando la possibilità che il giudice possa fondare la propria decisione su di esso.

Chi paga le spese legali se una sentenza di primo grado viene annullata in appello, ma la decisione finale della lite è comunque sfavorevole alla stessa parte?
La parte che risulta soccombente all’esito finale del giudizio deve pagare tutte le spese legali, comprese quelle relative a gradi o fasi precedenti in cui aveva ottenuto una decisione favorevole. La soccombenza non si fraziona ma si valuta sulla base dell’esito complessivo della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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