Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12499 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12499 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19699/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in TARANTO INDIRIZZO COGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOMENOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO n. 270/2023 depositata il 21/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1. NOME COGNOME propone ricorso, con quattro motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Lecce ha rigettato l’appello proposto da lei avverso la sentenza del Tribunale di Taranto con cui era stata dichiarata inammissibile la querela di falso diretta a far dichiarare la falsità delle sottoscrizioni a nome di NOME COGNOME apposte alla procura speciale in calce al ricorso introduttivo del giudizio definito dal medesimo Tribunale con la sentenza n. 560/2013, all’atto di donazione ai rogiti del notaio NOME COGNOME di Taranto del 25.6.2004 rep. 68407 racc. 17791 e alla scheda testamentaria datata 2.3.2007, pubblicata con atto ai rogiti del notaio NOME COGNOME del 3.5.2017 rep. 39626 -racc. 8436. L’attrice aveva dichiarato di avere interesse alla dichiarazione di falsità delle firme apposte dalla sig.ra COGNOME al fine di impugnare per revocazione, ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 2, le sentenze n. 560/2013 e n. 3541/2016, passate in giudicato. Con la prima sentenza era stata accolta l’opposizione della COGNOME, proprietaria per successione di un compendio immobiliare, avverso il decreto di usucapione speciale emesso in favore della COGNOME. Con la seconda sentenza, NOME COGNOME e la COGNOME, in qualità, rispettivamente di nudo proprietario in forza di donazione e di usufruttuaria dello stesso compendio, avevano ottenuto la condanna della COGNOME all’immediato rilascio del compendio. La seconda sentenza era stata messa in esecuzione dal COGNOME divenuto erede testamentario della COGNOME. La ricorrente aveva dedotto di aver appreso in forza di consulenza grafologica sul testamento che le sottoscrizioni del
medesimo testamento, dell’atto di donazione e della procura erano false.
La Corte di Appello ha affermato, in linea con il giudice di primo grado, che la querela di falso della donazione e la querela di falso della procura erano inammissibili per non avere la ricorrente indicato elementi né fornito prove della falsità; che, in particolare, la COGNOME aveva solo dedotto che la sottoscrizione era avvenuta ‘per mano altrui’ ma aveva omesso di dedurre anche che il notaio e l’avvocato non avevano correttamente identificato o avevano falsamente attestato l’identità del sottoscrittore ; che non poteva costituire elemento di prova la consulenza prodotta dalla COGNOME, trattandosi di consulenza di parte ‘peraltro’ basata sulla ‘comparazione dei documenti impugnati con scritture in copia’ ; che ‘ictu oculi ed ex actis’ non appariva la ‘non appartenenza delle sottoscrizioni alla COGNOME‘ ; che l ‘ inesistenza della procura per falsità della sottoscrizione non rientra tra i motivi di revocazione straordinaria, potendo al più costituire motivo di impugnazione della sentenza; che la querela rispetto al testamento olografo era inammissibile in quanto per contestare la falsità del testamento sarebbe stato necessario proporre una azione di accertamento negativo; che la querela del testamento, quand’anche ritenuta proponibile, sarebbe stata comunque, nel caso specifico, inammissibile avendo la COGNOME mancato di indicare prove della falsità ed essendosi limitata a fare riferimento alla consulenza di parte. La Corte di Appello ha aggiunto che la richiesta di CTU non era ammissibile in quanto esplorativa.
NOME COGNOME ha depositato controricorso.
La ricorrente ha deposito memoria.
Considerato che:
con il primo motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 221 c.p.c., per avere i giudici di merito ritenuto
inammissibile la querela di falso in mancanza della prova della condotta dell’avvocato, in relazione alla procura speciale alle liti, e del notaio, in relazione all’atto di donazione, consistita nel non avere correttamente identificato il sottoscrittore e/o di aver falsamente attestato la sua identità e per aver ritenuto meramente esplorativa la richiesta della ctu grafologica. La ricorrente evidenzia che i giudici di merito non si sarebbero conformati al dictum della giurisprudenza di questa Corte di legittimità nella parte in cui sostiene che, ai fini dell’ammissibilità della querela di falso, la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio con l’indicazione delle scritture di comparazione, come nel caso di specie, possa ritenersi valida indicazione di prove della falsità, tutte le volte che il querelante, estraneo al documento e alle persone coinvolte nel falso, non sia in condizione di offrire altre prove specifiche precostituite;
2. con il secondo motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione artt. 161 e 395, comma 1, n. 2), c.p.c. per avere i giudici di merito ritenuto erroneamente che la nullità o inesistenza della procura alle liti per falsità della sottoscrizione non rientrerebbe tra i motivi di revocazione della sentenza, potendo al più costituire motivo di impugnazione per la conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione. Nel caso di specie, la procura speciale impugnata era stata apposta in calce al ricorso introduttivo del giudizio, definito dal Tribunale di Taranto con la sentenza n. 560/2013 del 18 marzo 2013, con il quale era stata proposta, in apparenza dalla COGNOME, opposizione al decreto del medesimo Tribunale che aveva accertato, in favore della attuale ricorrente, l’avvenuta usucapione speciale dei beni oggetto di controversia tra le parti; 3. con il terzo motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt.100 e 221 c.p.c., per avere i giudici di merito ritenuto inammissibile la
querela di falso proposta nei confronti del testamento olografo di NOME COGNOME ritenendo che la scheda testamentaria fosse impugnabile solo con azione di accertamento negativo e solo dagli eredi legittimi. Il ricorrente sostiene che la proposizione della querela di falso, pur non essendo necessaria, a fronte della più agevole azione di accertamento negativo, per contestare l’autenticità del testamento olografo, sarebbe tuttavia possibile ove l’interessato volesse perseguire il risultato, più ampio e definitivo, della completa rimozione del valore del documento con effetti erga omnes ;
con il quarto motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per avere i giudici di merito affermato che non era rilevabile ictu oculi ed ex actis la non appartenenza delle sottoscrizioni de quibus alla mano di NOME COGNOME senza procedere ad alcun accertamento e senza in alcun modo confutare i rilievi della consulenza tecnica di parte sul punto;
va esaminato per primo il secondo motivo di ricorso.
Il motivo è inammissibile.
La giurisprudenza di legittimità è nel senso che la falsità di un atto del processo che faccia apparire come esistente un elemento in realtà mancante può configurare dolo revocatorio della sentenza, ai sensi dell’art. 395 comma 1, n. 1 cod. proc. civ., se si inserisce in una macchinazione fraudolenta che abbia concretamente inciso sul principio del contraddittorio e sul diritto di difesa o, comunque, sull’accertamento della verità (v. Cass. n.3684 del 14/04/1999; Cass. 1957/1983). La falsità di un atto del processo non è sussumibile nella previsione del comma 1, n. 2 dell’art. 395 c.p.c., perché non riguarda un documento considerato come mezzo di controllo dei fatti posti a fondamento delle contrapposte pretese. Nel caso di specie, non è neppure prospettato che la dedotta falsità della sottoscrizione, in apparenza della COGNOME, apposta alla
ricordata procura, sia stata parte di una macchinazione che abbia concretamente inciso sul contraddittorio e sul diritto di difesa della attuale ricorrente;
6. per effetto dell’inammissibilità del secondo motivo di ricorso gli altri perdono di interesse e sono da dichiararsi inammissibili ai sensi dell’art. 100 c.p.c. posto che non sono in grado di incidere sulla inattaccabilità della successiva decisione n.3541/2016, favorevole alla COGNOME e all’attuale controricorrente, passata in giudicato;
il ricorso deve essere rigettato;
le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 4. 300,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 17 aprile 2025.