Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25713 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25713 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20828/2024 R.G. proposto da :
SCOPECE NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in FOGGIA INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in FOGGIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
PUBBLICO MINISTERO PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, SCOPECE COGNOME -intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 267/2024 depositata il 22/02/2024. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione con cui il Tribunale di Foggia aveva respinto per infondatezza la querela di falso promossa in via incidentale da NOME NOME COGNOME nel giudizio di opposizione all’esecuzione azionata nei suoi confronti da NOME COGNOME in ragione del decreto di trasferimento -e dei relativi verbali del rilascio – del bene immobile di cui questi era risultato aggiudicatario nella procedura esecutiva di espropriazione immobiliare che vedeva quale debitore esecutato il sig. COGNOME
In particolare:
(i) al punto e) della querela di falso, il sig. COGNOME denunciava che fosse falso quanto riportato nel decreto di trasferimento a proposito del fatto che aggiudicatario definitivo del Lotto B fosse risultato il signor NOME COGNOME poiché a suo dire detto Lotto B non era stato aggiudicato, come risultava dal verbale delle operazioni di vendita del 20.02.2013, ove il professionista delegato, notaio NOME COGNOME ha dichiarato che ‘il signor COGNOME NOME è l’aggiudicatario del Lotto A’;
(ii) al punto f) della querela di falso denunciava che era falso anche quanto riportato nel decreto di trasferimento circa il fatto che il prezzo del lotto aggiudicato fosse stato per intero versato dall’aggiudicatario nel rispetto dei termini e che detto lotto fosse stato trasferito in piena ed esclusiva proprietà al signor NOME COGNOME coniugato in regime di comunione legale dei beni con la
signora COGNOME NOME (…), il quale ha dichiarato, unitamente al proprio coniuge, giusta dichiarazione al presente allegata sotto la lettera ‘A’, di acquistare, quale bene personale ai sensi dell’art.179 lettera f) c.c .’ (dichiarazione sostitutiva di atto notorio di esclusione dalla comunione legale dei beni, resa il 29.04.2013, dai coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME, poiché detti fatti riferiti nel contestato decreto sarebbero stati smentiti dalla esistenza di un atto di mutuo ipotecario stipulato l’8.11.2013 e iscritto l’11.11.2013 – del quale il suddetto decreto di trasferimento era, peraltro, privo del riferimento obbligatorio ex art.585, co.3, c.p.c. -nel quale atto di mutuo si leggeva quale parte mutuataria e datrice d’ipoteca ‘ COGNOME NOME, coniugato in comunione legale dei beni ‘ oltre che COGNOME NOME;
(iii) infine, con il punto g) della querela di falso denunciava che fosse falso quanto riportato nei verbali di rilascio del bene del 17.03.2014 e 08.05.2014 per gli stessi elementi e prove di cui ai punti e) e f).
2.- Il Tribunale respingeva la querela di falso e condannava il querelante odierno ricorrente al rimborso, in favore dell’opposto NOME COGNOME delle spese di lite e, ai sensi dell’art. 96, co.3º, c.p.c., al versamento della somma di € 1.525,00.
3.La Corte d’appello di Bari, respinta l’istanza di sospensiva, confermava la sentenza impugnata, condannando l’appellante sig. COGNOME a rifondere a controparte le spese di lite e a corrispondere al medesimo, ex art. 96 comma 3°c.p.c. una somma pari alla metà delle spese di lite liquidate oltre al raddoppio del C.U.
4.- Avverso detta sentenza NOME NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a sei motivi, corredato di memoria; ha resistito NOME COGNOME che ha chiesto la condanna del ricorrente anche al pagamento in suo favore di una somma ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo di ricorso denuncia ex art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 189, 190, 132 e 161 c.p.c., art. 111 Costituzione. Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello di Bari, nel decidere il primo motivo di appello avverso la sentenza di primo grado (con il quale aveva dedotto l’erroneità della decisione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che il P.M. aveva rassegnato le proprie conclusioni, perché il P.M., a suo dire, si era espresso solo il 28.02.2022, ovvero dopo la pubblicazione della sentenza in data 25.05.2022) si era basata sulla lettura del verbale di trattazione scritta dell’udienza del 5.11.2021, nel quale in alto a sinistra si leggeva: ‘ visto, il P.M. NOME COGNOME esprime parere favorevole – In data: 9/11/2021 ‘: secondo il ricorrente, il P.M. si era così espresso solo in merito all’udienza di precisazione delle conclusioni del 5.11.2021 nella quale il G.I. di primo grado aveva disposto trasmettersi gli atti al P.M.
Pertanto, tanto la sentenza appellata quanto quella qui impugnata sarebbero inficiate dalla violazione ed errata/falsa applicazione degli artt. 189, 190, 132 e 161 c.p.c. nonché dell’art. 111 Costituzione
1.1- Il motivo è inammissibile per contrasto con il disposto dell’art. 366 comma primo, n. 4, c.p.c.
Costituisce principio di legittimità consolidato quello per cui nel ricorso per cassazione il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, chiarendo le ragioni del contrasto, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio
compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (v. Cass. n. 20870/2024, conforme a Cass. nn. 16132/2005, 21245 del 2006, 14752 del 2007, 3010 del 2012, 16038 del 2013; 19959 del 2014; 11603 del 2018; 17224 del 2020); in altri termini laddove si invoca il vizio di cui all’art. 360, n.3, c.p.c., non è il punto d’arrivo della decisione in fatto che ne determina l’esistenza ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle.
Nella specie la doglianza, lungi dal far emergere una erronea qualificazione giuridica della fattispecie concreta così come accertata in sentenza ( il P.M si era espresso in sede conclusionale), riguarda la ricognizione della stessa (ovvero il contenuto e la data del parere espresso del P.M.), ricognizione sindacabile solo sul piano della motivazione, nei limiti del vizio rilevante ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. (nella specie inammissibile, peraltro ex art. 360 comma 4 c.p.c. trattandosi di decisione c.d. doppia conforme). Né il ricorrente illustra il contrasto tra la parte della decisione impugnata e le norme di diritto che egli assume essere state violate, sollecitando di fatto una mera nuova valutazione di merito dei medesimi argomenti ed elementi di fatto già dedotti nei giudizi di merito, compiutamente esaminati dai giudici a quibus .
Sul punto giova osservare che la Corte d’appello ha dato atto che il P.M., parte del giudizio fin dal suo principio, aveva ricevuto il verbale d’udienza di p.c. ed apposto il proprio visto favorevole (come attestato anche dall’esame storico degli adempimenti di cancellerai) e che, perciò, non si era espresso ‘solo successivamente alla pubblicazione della decisione’ come asserito dall’appellante, giacchè in data 28/02/2022 dopo, cioè la decisione, aveva apposto sulla sentenza un (diverso) ‘ Visto, nulla si oppone –
In data: 28/02/2022 -PM NOME COGNOME ‘) chiaramente finalizzato solo ad attestare la condivisione, da parte dell’organo pubblico requirente, della decisione adottata dal Tribunale di Foggia. Sicché neppure si comprende il senso impugnatorio dell’affermazione in ricorso per cui ‘ il PM NOME COGNOME non avrebbe temporalmente mai potuto esprimersi prima come invece, assurdamente, ha inteso la Corte d’Appello di Bari (…). Ben diversa, invece, risulta la situazione proposta dall’appellante -querelante, odierno ricorrente, all’esame della suddetta Corte territoriale barese’ .
2.Il secondo motivo -che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 591 bis, co.4, c.p.c., art.2697 c.c., art.226 c.p.c., art. 111 Costituzione ex art. 360 n.3 c.p.c. -riguarda la parte della sentenza con cui la Corte d’Appello di Bari ha reputato infondato il secondo motivo di impugnazione, laddove il ricorrente aveva lamentato:
(i) la violazione dell’art. 112 c.p.c. per non aver il Tribunale pronunciato in corrispondenza a quanto chiesto (visto che il querelante aveva impugnato di falso il decreto di trasferimento di immobile, e non il verbale delle operazioni di vendita del 20.02.2013 sul quale invece si era – a suo dire- pronunciato il Tribunale, ritenendo che in quest’ultimo fosse contenuto un mero errore materiale, afferente all’aggiudicazione del lotto A (in luogo del lotto B) a NOME COGNOME,) e per aver, quindi, il Tribunale deciso ultra petita (pronunciandosi al di là della domanda del querelante) laddove aveva attribuito al querelato COGNOME un bene (il Lotto B) che, invece, dal verbale delle operazioni di vendita del 20.02.2013, non risultava aggiudicato, con un percorso logicogiuridico che violava anche l’art.2697 c.c. poiché il giudice di prime cure non aveva indicato da dove avesse attinto la prova di tale aggiudicazione;
(ii) che il Tribunale avesse fatto uso improprio dell’art.226 c.p.c., giacché, avendo dichiarato che la querela di falso era inammissibile, non solo non poteva e non doveva entrare nel merito del punto predetto della querela di falso, ma non poteva e non doveva disporre ai sensi dell’art.226 c.p.c. l’annotazione della sentenza n.559/2022 a margine del decreto di trasferimento di immobile nonché dei verbali di rilascio del 17.03.2014 e 08.05.2014, e prevedere una pena pecuniaria in capo al querelante, e ciò poiché il vizio di inammissibilità impedisce al giudice di esaminare la richiesta avanzata da una parte del processo.
2.1La Corte d’Appello di Bari ha ritenuto infondato detto secondo motivo di impugnazione sulla base delle stesse considerazioni del giudice di prime cure (osservando, cioè, che nel verbale delle operazioni di vendita del 20.02.2013, non impugnato di falso, vi era stato un mero errore materiale del notaio delegato circa l’indicazione del lotto ‘A’ (anziché ‘B’) come aggiudicato a NOME COGNOME onde era senz’altro da escludere che detto verbale potesse dimostrare la falsità ideologica del decreto di trasferimento di immobile n. 501/2004 poi emesso il 04.07.2013 in favore di NOME COGNOME con riguardo al lotto ‘B’, ovvero che il pubblico ufficiale -il G.E. -avesse attestato (aggiudicazione del lotto B al sig. COGNOME) un fatto difforme da ciò che era realmente avvenuto (ovvero nessuna aggiudicazione del lotto B).
2.2Secondo l’odierno ricorrente la Corte d’Appello di Bari avrebbe trascurato -come già il giudice di prime cure – la circostanza che l’oggetto della propria indagine era il decreto di trasferimento di immobile impugnato di falso con i relativi verbali di rilascio, e non il verbale delle operazioni di vendita del 20.02.2013.
2.3- Il motivo è chiaramente inammissibile poiché attraverso la deduzione della violazione di norme tende in realtà a censurare il merito della decisione gravata.
La Corte distrettuale, dopo aver esattamente inquadrato il thema decidendum (ovvero il punto e) della querela di falso, con cui il querelante aveva asserito che era falso quanto riportato nel decreto di trasferimento di immobile, indicando quale prova dell’asserita falsità il verbale delle operazioni di vendita del 20.02.2013), ha ritenuto infondato il motivo di appello osservando che « la motivazione della sentenza di primo grado andava (e va) chiaramente intesa non nel senso sostenuto dall’appellante , bensì nel senso che il Tribunale di Foggia giudicò infondato il motivo di cui al punto e) della querela di falso (concernente la pretesa falsità della suddetta parte della pag. 1 del decreto di trasferimento) semplicemente in ragione del fatto che il documento che avrebbe dovuto dimostrare, nelle intenzioni del querelante, la falsità del decreto di trasferimento (per l’appunto il verbale delle operazioni di vendita del 20/02/2013) era privo della valenza probatoria che ad esso il querelante aveva inteso attribuire, essendo tale documento palesemente affetto da un errore materiale (evidenziato puntualmente dal Tribunale di Foggia nella motivazione della sentenza n. 559/2022) il cui rilievo, escludendo ex se la prova della falsità del decreto di trasferimento immobiliare, imponeva il rigetto del punto e) della querela di falso (con conseguente esclusione di qualsivoglia violazione ed errata/falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.)».
Risulta evidente che la Corte di merito, non ha affatto trascurato o frainteso l’oggetto della impugnazione di falso, bensì ha ritenuto che il giudice di prime cure correttamente avesse ritenuto non idonea la prova addotta a fondamento della dedotta falsità
(l’avvenuta aggiudicazione del lotto ‘B’ al sig. COGNOME), poiché l’indicazione del lotto ‘A’ in luogo del lotto ‘B’ nel verbale delle operazioni di vendita era con tutta evidenza frutto di mero errore materiale che non lasciva alcun dubbio sull’effettivo esito di dette operazioni di vendita. Così si esprime sul punto la Corte di Bari dopo aver analiticamente dato conto delle risultanze dei documenti agli atti: « Orbene, alla luce del contenuto del verbale delle operazioni di vendita del 20/02/2013, non è revocabile in dubbio che il notaio delegato, nel dichiarare COGNOME NOME aggiudicatario del lotto A anziché del lotto B, avesse commesso un semplice errore materiale, considerato che dal medesimo verbale si evinceva (e si evince) chiaramente che le due gare (gara per il lotto A e gara per il lotto B) si erano svolte separatamente, che COGNOME NOME aveva partecipato solo alla gara per il lotto B e non anche alla gara per il lotto A (e dunque era impossibile che COGNOME NOME potesse essere realmente dichiarato aggiudicatario del lotto A), che COGNOME Michele aveva partecipato solo alla gara per il lotto A (del quale COGNOME Michele era stato dichiarato aggiudicatario) e non anche alla gara per il lotto B, che la gara per il lotto B si era tenuta dopo la gara per il lotto A ( sicché, al momento della celebrazione della gara per il lotto B, la gara per il lotto A si era già conclusa, come detto, con l’aggiudicazione in favore di COGNOME Michele, oltretutto per un diverso prezzo, sicché era impossibile che il medesimo lotto A potesse successivamente essere aggiudicato separatamente -anche -a COGNOME NOME ) che i dati catastali del bene aggiudicato in favore di COGNOME NOME corrispondevano al lotto B ( e non al lotto A)».
Nessuna censura il ricorrente propone avverso le ragioni per cui la Corte di Bari (così come il Tribunale di Foggia), ha ritenuto affetto da mero errore materiale il verbale delle operazioni di vendita del 20.02.2013 e conseguentemente inidoneo il medesimo
a dimostrare la «falsità ideologica » del decreto di trasferimento; perciò laddove il ricorrente lamenta la violazione dell’art.112 c.p.c. si duole, in effetti, delle motivate conclusioni del giudice di merito all’esito della ricognizione del materiale probatorio. Ne consegue l’infondatezza della doglianza relativa alla violazione delle altre norme invocate e dell’art. 226 c.p.c. giacché la Corte di merito ha sul punto osservato che il Tribunale si era limitato a precisare i presupposti di ammissibilità della querela di falso relativamente ad un documento destinato a offrire prova legale all’interno di un procedimento (qual era il decreto di trasferimento) per poi entrare nella valutazione del merito del motivo di falsità dedotto, escludendone la fondatezza per le ragioni dette.
3.- Il terzo motivo denuncia ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt.585 c.p.c., art.179 lettera f) c.c., art.112 c.p.c., art.2697 c.c., art.226 c.p.c., art.111 Costituzione, con riguardo alla parte della decisione gravata che ha reputato infondato il terzo motivo d’appello riguardante il punto f) della querela di falso confermando il ragionamento decisorio del Tribunale di Foggia.
3.1Il ricorrente, dopo una ricognizione dell’istituto del mutuo ipotecario nelle vendite giudiziali, sostiene che il prefinanziamento sotto forma di apertura di credito in c/c di euro 300.000 (a cui erano collegati gli assegni circolari emessi il 19.04.2013 dalla Banca Apulia s.p.a. per il saldo delle aggiudicazioni ed intestati al notaio rogante, professionista delegato) e il susseguente mutuo ipotecario stipulato l’08.11.2013, furono due momenti di una stessa operazione economica (mutuo condizionato) che si era perfezionata solo l’8.11.2013, e conclude: a) che fino a detta data di erogazione del mutuo da parte della banca, la somma oggetto del finanziamento non sarebbe entrata nella materiale disponibilità del mutuatario, in quanto la stessa era stata consegnata al notaio roganteprofessionista delegato; b) che la data dell’effettivo
pagamento a saldo delle aggiudicazioni non poteva essere considerata il 19.04.2013 -come ritenuto dal Tribunale ed anche dalla Corte di merito -bensì l’ 08.11.2013; c) che in violazione dell’art.585 c.p.c., nel decreto di trasferimento di immobile non risultava alcuna menzione del detto mutuo dell’ 08.11.2013, trascritto il 11.11.2013, il che costituirebbe ulteriore prova della falsità del predetto decreto laddove attestava l’aggiudicazione del bene oggetto del lotto ‘B’, denunciata con la querela di falso; d) che non corrispondeva al vero l’attestato trasferimento di «piena ed esclusiva » proprietà del bene Lotto B al querelato NOME COGNOME NOMECOGNOME stante la (presunta) tardività della dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa il 29.04.2013 dai coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME ed allegata al predetto decreto di trasferimento di immobile finalizzata all’esclusione dalla comunione legale dei beni del fondo oggetto di aggiudicazione ed all’acquisto da parte dello COGNOME quale bene personale ai sensi dell’art.179 lettera f) c.c., giacché, come risultava dal verbale delle operazioni di vendita, in data 20.2.2013 NOME COGNOME aveva reso noto il vincolo di comunione legale dei beni e prima del 20.04.2013 non vi era stata alcuna dichiarazione di esclusione; la suddetta dichiarazione di esclusione, inoltre, sarebbe smentita dal suddetto atto di mutuo ipotecario stipulato l’08.11.2013 a saldo delle aggiudicazioni, nel quale risultava parte mutuataria e datrice d’ipoteca ‘ COGNOME NOME, coniugato in comunione legale dei beni ‘.
3.2- Si tratta delle stesse doglianze proposte avverso la sentenza di primo grado, tant’è che il ricorrente non individua e illustra alcuna violazione o falsa applicazione delle norme indicate idonea a ripercuotersi sulla legittimità della decisione impugnata, ma semplicemente censura la ricognizione delle risultanze probatorie, mirando ad un riesame del merito della questione, inammissibile in questa sede. Se ciò basta senz’altro a respingere il motivo, giova
ad evidenziarne la conclamata inammissibilità dare conto delle argomentazioni con cui la Corte territoriale ha considerato infondate dette doglianze, osservando:
che il querelante, ai fini dell’accertamento della falsità del decreto di trasferimento immobiliare (nonché dei verbali di rilascio di immobile) aveva contestato l’effettività e la regolarità del pagamento del prezzo da parte di NOME COGNOME nonché la validità e l’idoneità alla trascrizione del decreto di trasferimento emesso dal G.E., riproponendo nel procedimento incidentale n. 6904-1/2013 R.G. (avente per oggetto la querela di falso) le medesime argomentazioni già enunciate nel procedimento principale n. 6904/2013 R.G. (avente per oggetto l’opposizione all’esecuzione proposta da NOME COGNOME con riferimento al decreto di trasferimento immobiliare in questione e il pedissequo atto di precetto per rilascio);
b) che COGNOME NOME, in qualità di aggiudicatario del lotto ‘B’ per il prezzo di € 242.000,00, aveva correttamente adempiuto all’obbligo di versare il saldo del prezzo (pari ad € 218.350,00 tenuto conto della prestata cauzione di € 23.650,00) a mezzo di assegni circolari in un’unica soluzione, nel termine di 60 giorni decorrenti dal giorno successivo alla vendita: in particolare dal ‘ verbale deposito differenza prezzo di aggiudicazione e spese in data 19/04/2013’ (non impugnato di falso), emerge che in detta data il sig. COGNOME era comparso presso la sede dell’ associazione notarile ove, in qualità di aggiudicatario alla vendita senza incanto in data 20/02/2013 dell’immobile costituente il loto ‘B’ di cui alla procedura esecutiva n. 501/2004 R.G.Es. ed aveva depositato due assegni circolari emessi da RAGIONE_SOCIALE.a. il 19.04.2013, entrambi intestati al notaio delegato NOME COGNOME;
che non era neppure allegato (tantomeno provato) che gli assegni circolari depositati da COGNOME NOME in data 19.04.2013 non fossero stati regolarmente incassati prima del
decreto di trasferimento del 4.07.2013 per una asserita indisponibilità giuridica della provvista ottenuta in forza del prefinanziamento di 300.000,00 euro ottenuto dai sig. COGNOME NOME e COGNOME NOME (aggiudicatari dei due lotti in vendita);
d) la circostanza secondo cui gli assegni circolari del 19.04.2013, intestati al notaio delegato NOME COGNOME, potessero essere stati emessi dalla Banca in forza di un prefinanziamento concesso agli COGNOME sotto forma di apertura di credito in conto corrente nell’ambito di una più complessa operazione economica, perfezionatasi con il contratto di mutuo in data 8.11.2013, non comportava affatto che detto contratto dovesse essere menzionato nel decreto di trasferimento: (i) in primo luogo, perché ciò che il G.E. era tenuto a verificare prima dell’emissione del decreto di trasferimento era che il prezzo fosse stato depositato dall’aggiudicatario nel termine stabilito (il che era avvenuto, indipendentemente dalla natura e/o dalle modalità di ottenimento della relativa provvista, la cui asserita ‘indisponibilità’ non era stata dimostrata dal querelante; ed, anzi, risultava smentita dall’Istituto di Credito nella comparsa -prodotta dallo stesso querelante nel giudizio di falsodepositata nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. instaurato da debitori esecutati nel procedimento esecutivo n. 501/2004 R.G. Es., ove era stato evidenziato che l’importo del finanziamento non era stato erogato direttamente in favore della procedura esecutiva, ma era stato corrisposto in favore degli COGNOME ed erogato con un prefinanziamento sotto forma di apertura di credito in conto corrente; sicché il contratto di mutuo ipotecario stipulato l’8.11.2013 era del tutto svincolato dalla procedura esecutiva, come comprovato anche dal fatto che l’importo del finanziamento era ampiamente inferiore al prezzo di acquisto dei lotti A e B (pari a complessivi € 466.500,00); onde non trovava applicazione la
disposizione di cui all’art. 585, comma 3°, c.p.c.; (ii) in secondo luogo perché, nel provvedimento giudiziario pronunciato il 4.7.2013 non poteva certo darsi atto di un evento (del contratto di mutuo dell’8.11.2013) che non si era verificato e che sarebbe intervenuto oltre quattro mesi dopo;
che non era dato comprendere perché la dichiarazione sostitutiva di atto notorio dei coniugi COGNOME NOME e COGNOME NOME in data 29.04.2013, allegata al decreto di trasferimento immobiliare de quo sotto la lettera ‘A’ fosse tardiva, dal momento che: NOME COGNOME già nella domanda del 18.02.2013, volta alla partecipazione alle operazioni di vendita, aveva precisato che si sarebbe trattato di acquisto escluso dalla comunione legale, e che, dopo l’aggiudicazione provvisoria del 20.02.2013, del tutto priva di effetti reali, i coniugi avevano depositato la dichiarazione sostitutiva di atto notorio (avente ad oggetto la congiunta dichiarazione di esclusione dell’acquisto dalla comunione legale) in data 29.04.2013, ampiamente prima dell’emissione, in data 4.07.2013, del decreto di trasferimento, unico atto idoneo, nella procedura esecutiva, a trasferire la proprietà del bene all’aggiudicatario;
che, comunque, quand’anche la dichiarazione de qua fosse stata tardiva, l’unico effetto di tale tardività sarebbe stato l’inclusione nella comunione legale del bene oggetto del decreto di trasferimento, ma non certo l’inefficacia dell’aggiudicazione e la conseguente pretesa falsità del decreto di trasferimento.
Come è chiaro la Corte territoriale ha ritenuto -in sintesi – che la stipula del mutuo ipotecario (sui beni oggetto del decreto di trasferimento di immobile de quo ) non rilevava ai fini della dimostrazione della falsità del decreto di trasferimento immobiliare, sia perché la stipula del mutuo ipotecario (08.11.2013) era successiva tanto all’aggiudicazione (20.02.2013) quanto al decreto di trasferimento immobiliare (04.07.2013), sia perché la stipula del
suddetto mutuo non aveva inciso sul versamento del saldo del prezzo (effettuato da COGNOME NOME in data 19.04.2013, dunque anteriormente alla data di erogazione del mutuo).
Le predette argomentazioni non sono state censurate specificamente alla luce della pretesa violazione o falsa applicazione delle norme invocate, bensì contrastate sulla base degli stessi argomenti già sottoposti alla Corte d’Appello di Bari, con la conseguenza -come detto – che la doglianza consiste in effetti nella proposizione di una censura di merito alle conclusioni (conformi) raggiunte nei due gradi di merito, inammissibile in questa sede.
4.- Il quarto motivo, che denuncia ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione di norme di diritto (le medesime di cui ai sopra riportati primo, secondo e terzo motivo di ricorso), si riferisce al rigetto da parte della Corte d’Appello del quarto motivo di gravame (violazione degli artt.112 c.p.c., art.591 bis, co.4, c.p.c., art.2697 c.c., art.226 c.p.c., art.111 Costituzione) relativo al punto g) della querela di falso nel quale il querelante aveva asserito che quanto riportato nei verbali di rilascio del 17.03.2014 e 08.05.2014 era falso per gli stessi elementi e prove di cui ai precedenti punti e) ed f) della querela.
La Corte avrebbe erroneamente fatto proprio il ragionamento decisorio del Tribunale laddove aveva osservato che, avendo l’appellante richiamato a sostegno del quarto motivo di impugnazione le medesime ragioni già esposte a sostegno del secondo e del terzo motivo di impugnazione, all’acclarata infondatezza di questi ultimi non poteva che conseguire, per le medesime argomentazioni già esposte, l’infondatezza del quarto motivo di impugnazione.
L’errore compiuto consisterebbe nel fatto che, invece, il punto g) della querela di falso andava accolto vista la fondatezza dei punti e)
ed f) della stessa, che il ricorrente ribadisce e integralmente richiama
4.1L’inammissibilità delle precedenti censure di cui ai motivi secondo e terzo comporta l’inammissibilità anche del quarto motivo.
5.- Con il quinto motivo di ricorso -che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Costituzione e art. 342 c.p.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c. -il ricorrente sostiene che dall’impianto motivazionale che sorregge il rigetto del quinto motivo d’appello risulterebbe evidente che il giudice del gravame, nel far proprio l’iter logico -giuridico del Tribunale di Foggia, era palesemente incorso nella violazione e falsa applicazione degli artt. 24 (diritto di difesa) e 111 Costituzione (il giusto processo) nei confronti dell’appellante, odierno ricorrente, ‘ nonché dell’art. 342 c.p.c. (forma dell’appello) ratione temporis, trascurando in tal modo la fondamentale circostanza di essere incorsa in una palese indebita compressione dell’esercizio del diritto di difesa tale da impedire il raggiungimento dello scopo. Da qui la necessità di cassare la sentenza n. 267/2024 della Corte d’Appello di Bari anche per questo motivo di ricorso ‘.
5.1- Il motivo è inammissibile poiché non si comprende -non avendolo il ricorrente illustrata -la ragione delle violazioni predette.
La Corte di merito nel respingere il quinto motivo d’appello ha osservato -del tutto correttamente che con esso l’appellante non aveva mosso autonome e specifiche censure alla sentenza di primo grado, ma si era limitato ad invocare (ribadendo, peraltro, quanto già esposto nei precedenti motivi) una riforma delle parti della decisione di cui ai capi b), c), e), f) del dispositivo della sentenza relativi alla condanna del querelante alla refusione delle spese di lite, al versamento di una somma ex art. 96, comma 3, c.p.c., in favore del querelato, e all’adozione dei provvedimenti ex art. 226
comma 1 c.p.c. -quale diretta conseguenza dell’invocata riforma della parte di cui al capo a) del dispositivo della sentenza di rigetto della querela di falso; ed ha concluso che, non dovendosi riformare detto capo a) della sentenza di primo grado, evidentemente non dovevano essere riformati neppure i predetti ulteriori dipendenti capi (che, peraltro, in caso di accoglimento della querela di falso avrebbe riformato anche in assenza del quinto motivo di impugnazione trattandosi di effetto espressamente previsto dall’art. 336, comma 1, c.p.c.): impianto motivazionale cui il ricorrente non muove alcuna specifica censura di legittimità.
6.- Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c., 96, comma 3, c.p.c.; 24 e 111 Costituzione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto la condanna alle spese e al pagamento di ulteriore somma ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. disposta nella sentenza impugnata a carico dell’appellante ed a favore dell’appellato nonché al versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato, sarebbe ingiustificata poiché l’appello andava accolto e non rigettato.
6.1 – Palese è la inammissibilità anche di questo motivo di ricorso atteso che non censura le ragioni per cui sono stati adottati i provvedimenti di condanna alle spese (soccombenza – art. 91 c.p.c.) e al risarcimento per responsabilità processuale (abuso del processo – art. 96, comma 3°, c.p.c.), nonché al versamento di un ulteriore contributo unificato (rigetto dell’appello), né individua (così incorrendo in carenza del requisito di specificità) alcuna violazione delle norme citate la cui applicazione è legittima conseguenza della soccombenza nella impugnazione.
Nel controricorso (v. pag. 21 punto 7) il resistente deduce l’inammissibilità della querela incidentale di falso giacché il sig. COGNOME aveva proposto l’opposizione avverso l’esecuzione per rilascio dei fondi rustici oggetto del decreto di trasferimento costituente il titolo esecutivo, in qualità di affittuario dei detti fondi,
dunque quale estraneo al procedimento di espropriazione immobiliare nell’ambito del quale è stato emesso il decreto di trasferimento in questione, per cui la querela di falso proposta « era ed è inammissibile anche soggettivamente (oltre che oggettivamente, come ritenuto dal Tribunale di Foggia con la sentenza di primo grado passata in giudicato sul punto) », essendo palese il difetto di interesse del ricorrente dato che l’assunta non corretta compilazione del decreto di trasferimento non aveva, comunque, inciso sui suoi diritti.
7.1 -Premesso che il controcorrente non ha dedotto di voler proporre ricorso incidentale tardivo, anche a voler considerare detta deduzione una censura incidentale di legittimità (tardiva) avverso la sentenza gravata, se ne deve dichiarare la evidente inammissibilità ex art.366 comma 1 n. 4 e 6 c.p.c. poiché la censura non contiene le norme violate né l’illustrazione dei motivi della violazione, né l’indicazione dei documenti su cui si fonderebbe, a tacer del fatto che si tratta di questione del tutto nuova mai discussa nei precedenti gradi di giudizio.
8.- In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140.
8.1- Sussistono, altresì, i presupposti per la condanna ad una somma equitativamente determinata a favore della controparte prevista dell’art. 96, terzo comma, c.p.c.
La Corte costituzionale ha sottolineato -sia pure in altro contesto ma con affermazione di principio di natura generale – come il legislatore abbia avvertito che « la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misura di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera» (cfr Corte cost. 19 Aprile 2018 n. 77), avendo, peraltro, già chiarito, con riferimento alle disposizioni in esame, che la condanna di cui all’articolo 96, terzo comma c.p.c. ha natura sanzionatoria dell’abuso del processo commesso dalla
parte soccombente, non disgiunta da una funzione indennitaria a favore della parte vittoriosa (cfr Corte cost. 6 giugno 2019 n. 139 che richiama Corte cost. 23 giugno 2016 n. 152). In particolare è stato chiarito da tali pronunce che detta condanna partecipa di una concorrente finalità sanzionatoria ponendosi come rimedio avente scopo di deterrenza contro l’abuso del processo cui si aggiunge la finalità indennitaria, essendo la somma di cui alla condanna destinata alla controparte (cfr. Corte cost. n. 139 del 2019, cit.).
Nella fattispecie in esame ricorrono le condizioni di utilizzo abusivo del processo essendo ravvisabili quelle condotte tipizzate dalla giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 29812/2019 richiamata da Cass. n.34429/2024) che qui si individuano nell’insistito esercizio dell’azione – già sanzionato con art. 96 comma 3 c.p.c. in entrambi i gradi del giudizio di merito – nel corso del giudizio di legittimità senza porre temi di natura giuridica o nomofilattica ma riproponendo le medesime doglianze già ritenute infondate con ampia motivazione dai giudici di merito con motivazioni conformi.
Sussistono, infine, i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente, liquidate nell’importo di euro 5.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge, nonché al pagamento in favore del controricorrente dell’importo di euro 2. 500,00 equitativamente determinato nella metà dell’importo delle spese liquidate per compensi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile dell’11.9.2025.
Il Presidente NOME COGNOME