Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11870 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11870 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3954/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende, domiciliata digitalmente per legge
– controricorrente –
nonché contro
COMUNE DI BRINDISI, in persona del sindaco in carica, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME
(CODICE_FISCALE), domiciliato digitalmente per legge
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, domiciliata digitalmente per legge
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 10/02/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, nato nel 1944 e di professione avvocato, affermò che non gli erano stati ritualmente notificati due avvisi di accertamento, in quanto la firma sugli avvisi di ricevimento delle raccomandate di Poste Italiane S.p.a., relative alla notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., non era la sua ma di altra persona , l’omonimo nipote, NOME COGNOME, nato nel 1972 pure residente in Brindisi alla INDIRIZZO ma presso altro numero civico, con conseguente inesistenza della notificazione.
L’Attolini convenne, pertanto, in giudizio l’Agenzia delle Entrate al fine di fare accertare, con la querela di falso, la falsità della sottoscrizione degli avvisi di ricevimento.
L’Agenzia delle Entrate si costituì in giudizio e chiese di essere manlevata da RAGIONE_SOCIALE o dal Comune di Brindisi.
Il Tribunale autorizzò la chiamata in causa e autorizzò la ulteriore chiamata in giudizio, da parte del Comune di Brindisi, di NOME COGNOME nato nel 1972.
All’esito dell’istruttoria documentale, il Tribunale, in composizione collegiale, nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, il Comune di Brindisi, Poste Italiane S.p.a. e NOME COGNOME dichiarava inammissibile la querela di falso, condannava il Comune al pagamento delle spese processuali nei confronti del terzo chiamato NOME COGNOME e le compensava tra le altre parti.
NOME COGNOME, originario attore, impugnò la sentenza del primo giudice.
La Corte d’appello di Lecce, nel ricostituito contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, Poste Italiane S.p.a. e il Comune di Brindisi e nella contumacia dell’Agenzia delle Entrate e di NOME COGNOME, nato nel 1972, ha, con sentenza n. 1045 del 23/09/2021, rigettato
l’impugnazione, gravando l’appellante delle spese di lite nei confronti delle tre parti costituite.
NOME COGNOME impugna per cassazione la sentenza della Corte territoriale, con quattro motivi di ricorso.
Resistono, con separati controricorsi, l’Agenzia delle Entrate, la RAGIONE_SOCIALE Italiane e il Comune di Brindisi.
Il Procuratore generale non ha presentato conclusioni.
Il ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 10/02/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto in decisione e il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
Primo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 70, n. 5 e 221 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c. per omessa comunicazione degli atti processuali, concernenti la querela di falso, al Pubblico Ministero. Il ricorrente afferma che trattandosi di domanda di querela di falso gli atti processuali, ai sensi dell’art. 221, terzo comma, c.p.c., dovevano essere necessariamente trasmessi al Pubblico Ministero, affinché l’Ufficio di Procura rendesse le proprie determinazioni.
Secondo motivo: violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 140 c.p.c. per non avere i giudici di merito, di primo e di secondo grado, rilevato l’inesistenza della notificazione in quanto la stessa era stata eseguita non alla INDIRIZZO ossia presso la residenza di NOME COGNOME, indirizzo risultante dalle certificazioni anagrafiche e in possesso dell’Agenzia delle Entrate ma alla INDIRIZZO ove risiedeva NOME COGNOME, nato a Brindisi il 7/09/1972.
Terzo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 221 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c. per avere la Corte d’appello confermato l’inammissibilità della
querela di falso rispetto alla appartenenza delle sottoscrizioni degli avvisi di ricevimento in oggetto.
Quarto motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c. per avere la Corte d’appello erroneamente assunto la novità della domanda proposta dal ricorrente e diretta all’accertamento della falsità dell’attestazione di notificazione degli atti.
Il primo motivo è infondato, la comunicazione degli atti non era necessaria, poiché la questione relativa alla querela di falso si era arrestata alla fase preliminare in primo grado, cosicché non era necessaria la comunicazione degli atti al Pubblico Ministero, come esattamente affermato dalla Corte territoriale, che ha richiamato coerente e oramai costante giurisprudenza di legittimità, laddove questa Corte afferma che nel giudizio di falso l’intervento del Pubblico Ministero è necessario nella fase relativa all’accertamento del falso e non anche nella fase preliminare in cui si decide dell’ammissibilità dell’azione e della rilevanza del documento, poiché soltanto con l’effettiva promozione di accertamenti della falsificazione denunciata si coinvolge il generale interesse all’intangibilità della pubblica fede dell’atto, che l’organo requirente è chiamato a tutelare (Cass. n. 12444 del 20/09/2000 Rv. 540315 -01; Cass. n. 3705 del 29/03/1995 Rv. 491483 -01 e per la fase d’impugnazione di merito , nello stesso senso, si veda, più di recente, Cass. n. 22979 del 02/10/2017 Rv. 645572 – 01).
Per mera completezza della motivazione il Collegio ritiene che d alla sentenza d’appello risulta, alla pag. 3, nell’ultima parte dedicata allo svolgimento del processo , che in fase d’impugnazione il Procuratore generale aveva concluso per la conferma della sentenza del Tribunale di Brindisi, cosicché è accertato che l’intervento è stato esplicato almeno in fase d’appello, con riferimento, verosimilmente, alla querela di falso, posto che non si ravvisa di alcuna delle altre ipotesi nelle quali è previsto l’in tervento del Pubblico Ministero.
Il secondo motivo è inammissibile: la questione dell’inesistenza della notificazione era devoluta alla giurisdizione tributaria. La sentenza della Corte territoriale, peraltro, afferma che l’avvocato NOME COGNOME avrebbe dovuto chiedere di dimostrare che NOME COGNOME, nato nel 1972, ossia colui che aveva materialmente sottoscritto gli avvisi di ricevimento e ricevuto la consegna degli atti, era persona del tutto estranea al proprio nucleo familiare -e per vero lo stesso ricorrente riconosce che si tratta di un familiare -e, inoltre, dal controricorso dell’Agenzia delle Entrate risulta, senza che vi sia stata alcuna idonea smentita sul punto, che quella di INDIRIZZO, all’epoca in cui venne effettuata la notifica, era effettivamente la residenza dell’ avvocato NOME COGNOME e tale era rimasta fino al 5/10/2012, e dal giorno successivo la residenza era stata trasferita al n. INDIRIZZO della stessa INDIRIZZO mentre, invece, gli atti risultano notificati, per come affermato alla pag. 3 del ricorso, in data 18/07/2012, ossia prima che il detto mutamento di residenza acquisisse efficacia.
I due ultimi motivi, ossia il terzo e il quarto, possono essere congiuntamente esaminati, in quanto strettamente connessi, poiché vertenti sulla parte della sentenza d’appello che ha dichiarato inammissibile la querela di falso e nuova la prospettazione in fase d’impugnazione .
I due detti motivi, congiuntamente scrutinati, sono inammissibili. La Corte d’appello ha correttamente, con logica, chiara e coerente motivazione, affermato, alla pag. 4, che in primo grado l’avvocato NOME COGNOME aveva chiesto accertarsi la falsità della firma apposta sugli avvisi di ricevimento delle raccomandate Poste Italiane s.p.a. relative alla notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e invece, in appello, aveva chiesto di «accertare la falsità dell’attestazione di notificazione degli atti di che trattasi» ossia dichiararsi falsa l’attestazione di notificazione degli atti suddetti, con
un evidente mutamento del tema decisorio, precluso dall’art. 345 c.p.c. (Cass. n. 978 del 28/01/2000 Rv. 533259 – 01).
Il ricorrente, peraltro, non riporta, in spregio al disposto dell’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c. il tenore testuale dell’atto di citazione in primo grado relativo all’asserita domanda di dichiarazione di falsità dell’ attestazione di notificazione degli atti tributari.
Il ricorso è, in conclusione, infondato e inammissibile.
Il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e, tenuto conto dell’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate, in favore di ciascuna delle tre parti controricorrenti, come da dispositivo.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge per le parti private e oltre alle spese prenotate a debito per l’Agenzia delle Entrate .
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del compente Ufficio di merito , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di