LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Querela di falso: quando è ammissibile contestarla?

Una società ha contestato un contratto di comodato per un immobile, sostenendo fosse un falso. Nonostante una precedente sentenza avesse già dichiarato il contratto “inesistente”, la società ha proseguito con una querela di falso. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di questa azione, chiarendo che la querela di falso è uno strumento più potente, con effetti erga omnes, necessario per rimuovere completamente il valore probatorio di un documento alterato nel suo contenuto, anche se la firma è autentica. La Corte ha stabilito che l’interesse ad agire sussiste finché la falsità non è accertata con sentenza passata in giudicato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Querela di falso: quando è l’unica via per contestare un documento?

La querela di falso è uno strumento processuale cruciale quando si intende privare un documento della sua efficacia probatoria. Ma quali sono i presupposti per utilizzarla? È ammissibile anche quando un’altra sentenza ha già dichiarato “inesistente” il documento? E cosa succede se la firma è autentica ma il contenuto è stato alterato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questi interrogativi, offrendo chiarimenti fondamentali sull’interesse ad agire e sulla portata di questo importante istituto.

I fatti del caso: Un contratto di comodato contestato

La vicenda trae origine da una controversia immobiliare. Una società, dopo essersi aggiudicata un immobile in una procedura esecutiva, intimava all’occupante di rilasciarlo. Quest’ultimo si opponeva, esibendo un contratto di comodato d’uso gratuito che, a suo dire, gli consentiva di rimanere nell’abitazione per un lungo periodo.
La società ha fin da subito contestato la veridicità del contratto, sostenendo che fosse stato falsificato. In un primo giudizio, il Tribunale aveva dichiarato il contratto “inesistente”, accogliendo l’opposizione della società. Nonostante questo risultato favorevole, la società decideva di avviare un nuovo e autonomo procedimento, questa volta proponendo una querela di falso contro lo stesso contratto. Il Tribunale, basandosi su consulenze tecniche che avevano accertato la sostituzione della prima pagina e la manipolazione della data di scadenza, dichiarava la falsità del documento. La decisione veniva confermata in Appello, spingendo l’occupante a ricorrere in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la correttezza delle decisioni dei giudici di merito. Analizziamo i punti chiave affrontati dalla Corte.

L’interesse ad agire e la querela di falso

Il ricorrente sosteneva che la società non avesse più interesse a proporre la querela di falso, dato che il contratto era già stato dichiarato “inesistente” in un altro giudizio. La Cassazione ha respinto questa tesi, spiegando che l’interesse ad agire per la querela di falso sussiste finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. Poiché il giudizio sulla “inesistenza” era ancora sub iudice (ovvero, pendente in appello), la società aveva pieno diritto a utilizzare uno strumento più incisivo e definitivo come la querela. L’obiettivo era ottenere una rimozione completa e con effetti erga omnes (validi per tutti) del valore probatorio del documento, un risultato più ampio e definitivo rispetto alla mera declaratoria di inesistenza.

Firma autentica non esclude la falsità del contenuto

Un altro punto sollevato dal ricorrente riguardava il fatto che le perizie avevano confermato l’autenticità della firma del rappresentante legale della società sul contratto. Secondo il ricorrente, una volta accertata la firma, l’intero documento avrebbe dovuto fare piena prova, precludendo la querela di falso. La Corte ha chiarito che questo argomento è infondato. L’accertamento dell’autenticità della sottoscrizione prova solo la provenienza della firma da quella persona, ma non impedisce di contestare la genuinità del contenuto del documento. In questo caso, la falsità non riguardava la firma in sé, ma la composizione materiale del documento (sostituzione di pagine) e il suo contenuto (l’alterazione della data di scadenza).

Nessuna ultrapetizione da parte dei giudici

Infine, il ricorrente lamentava che i giudici avessero dichiarato la falsità dell’intero contratto, mentre la società si era lamentata solo della data di scadenza. La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile, evidenziando come la domanda della società avesse fin dall’inizio investito l’intero documento, rivelatosi contraffatto sia nella sua materialità (sostituzione della prima pagina e uso di diverse stampanti) sia nel suo contenuto.

Le motivazioni

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: chi intende contestare globalmente una scrittura privata che gli viene attribuita, e non solo la firma, deve necessariamente utilizzare lo strumento della querela di falso. Il semplice disconoscimento non è sufficiente se si vuole impedire che il documento, una volta verificata la firma, faccia piena prova delle dichiarazioni in esso contenute. La querela di falso è l’unico rimedio per dimostrare la falsità materiale o ideologica di un documento che, altrimenti, avrebbe piena efficacia probatoria. La Corte ha sottolineato la disomogeneità strutturale e funzionale tra il giudizio di verificazione della scrittura e quello di falso: il primo si limita all’autenticità della sottoscrizione, mentre il secondo può investire l’intero documento, compresa la genuinità delle dichiarazioni.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma che la querela di falso è uno strumento potente e necessario per chi vuole ottenere una dichiarazione definitiva e con effetti erga omnes sulla falsità di un documento. L’interesse ad agire per la querela non viene meno solo perché un’altra sentenza, non ancora definitiva, ha già valutato il documento. Inoltre, l’autenticità della firma non è uno scudo contro la contestazione del contenuto del documento, che può essere stato alterato o manipolato. La decisione offre un’importante guida pratica sulla scelta dello strumento processuale più adeguato per tutelare i propri diritti di fronte a documenti contraffatti.

È possibile presentare una querela di falso per un documento già dichiarato ‘inesistente’ in un altro processo?
Sì, è possibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’interesse a proporre querela di falso sussiste finché la questione non è decisa con sentenza passata in giudicato. La querela di falso mira a un risultato più ampio e definitivo (la rimozione del valore probatorio del documento con effetti erga omnes), che è diverso dalla semplice declaratoria di inesistenza in un giudizio tra le parti.

Se la firma su un documento è autentica, si può comunque contestarne il contenuto con una querela di falso?
Sì. L’autenticità della sottoscrizione dimostra solo la provenienza della firma, ma non garantisce la veridicità o l’integrità del contenuto del documento. La querela di falso può essere utilizzata proprio per contestare la falsità materiale (es. alterazioni, sostituzione di pagine) o ideologica (es. dichiarazioni non veritiere) del documento, anche se la firma è genuina.

Perché la Corte ha ritenuto che la società avesse un concreto interesse a promuovere la querela di falso?
La Corte ha ritenuto che la società avesse un interesse specifico e concreto perché il giudizio precedente, che aveva dichiarato il contratto ‘inesistente’, era ancora sub iudice (soggetto ad appello) e non definitivo. Pertanto, la società aveva il diritto di utilizzare lo strumento della querela di falso per ottenere un accertamento della falsità del documento con effetti erga omnes, cioè validi nei confronti di tutti, e non solo tra le parti in causa, rimuovendo così in modo completo e definitivo ogni efficacia probatoria del documento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati