Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24837 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24837 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25732/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 3944/2022 depositata il 23/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
FATTI DI CAUSA
A seguito di trasferimento dall’RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME veniva assunto presso l’RAGIONE_SOCIALE a partire dal 26 ottobre 2004, come sancito dal Decreto Rettorale 535 del 30 ottobre 2004. Nel predetto Decreto Rettorale 535 si attestava l’opzione per l’impegno a tempo definito operata dal COGNOME al momento della domanda di trasferimento, con conseguente vincolo biennale a tale regime, fino a ottobre 2006, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. n. 382/198 0.
In data 12 gennaio 2005, COGNOME otteneva l’idoneità a AVV_NOTAIOessore Straordinario presso l’RAGIONE_SOCIALE e con il Decreto Rettorale n. 13 del 12 gennaio 2005 veniva inquadrato in tale ruolo.
Tale decreto 13 del 12/1/2005 conteneva la seguente affermazione: ‘ considerato che il prof. NOME COGNOME ha comunicato di voler optare per il regime d’impegno a tempo pi e no’ .
Secondo il ricorrente, il Decreto Rettorale n. 13 all’art. 2 lo assegnava al regime a tempo pieno, nonostante il COGNOME non avesse mai presentato istanza per il mutamento del proprio status di professore a tempo definito, dando atto della circostanza inveritiera relativa ad una presunta comunicazione con cui il professore avrebbe optato per il
tempo pieno. sebbene tale comunicazione non fosse mai stata effettuata.
Successivamente, decorsi tre anni dalla nomina a professore straordinario avvenuta nel 2005, il COGNOME veniva sottoposto a verifica dell’attività didattica e scientifica svolta e, assunto il parere favorevole della RAGIONE_SOCIALE scientifica dell’Ateneo, veniva nominato con decreto rettorale nr. 348 del 23/6/2008 professore ordinario per il settore scientifico disciplinare presso la facoltà di economia con regime a tempo pieno e decorrenza RAGIONE_SOCIALE effetti giuridici dal 12/1/2008 ed effetti economici dal 13/1/2008.
Nel successivo decreto rettorale nr. 66 del 31/1/2011 infine si dava atto che il prof. COGNOME aveva optato per il tempo definito con atto presentato il 5/11/2008, e successivamente lo stesso veniva inquadrato nel regime a tempo definito con decorrenza d all’1/11/2011 ( ben tre anni dopo), data coincidente con l’inizio del nuovo anno accademico.
Per tali ragioni, con atto di citazione per querela di falso notificato il 15 aprile 2015, il AVV_NOTAIO. NOME COGNOME conveniva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE di dichiarare la falsità dei Decreti Rettorali n. 13 del 12 gennaio 2005 e n. 348 del 12 gennaio 2008, riguardanti la sua presunta opzione per il regime d’impegno a tempo pieno, con vittoria di spese e compensi professionali.
RAGIONE_SOCIALE, insieme al Pubblico Ministero, si costituivano in giudizio richiedendo il rigetto della domanda del AVV_NOTAIO COGNOME.
Con sentenza 43/2018 di rigetto della querela di falso, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE affermava che non potesse ritenersi dimostrata la falsità dei decreti poiché: 1)La comunicazione e l’opzione per il regime a tempo
pieno successive al decreto 13 del 12 gennaio 2005 confermavano una precedente opzione orale per il tempo pieno (comunicazione sottoscritta il 13 gennaio); 3) Il documento n. 4 prodotto dal AVV_NOTAIO. COGNOME con cui esercitava opzione per il tempo definito era privo di data e riferimenti temporali; 4) Il decreto n. 66 del 31.1.2011 che attesta che in data 5 novembre 2008 il prof. COGNOME esercitava nuova opzione per il tempo definito non era rilevante perché successivo ai due decreti impugnati per falsità.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello l’odierno ricorrente per la riforma della stessa davanti alla Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE la quale, con sentenza n. 3944/2022 pubblicata il 23/09/2022, non notificata, resa all’esito del giudizio di appel lo Rg 3333/2018, rigettava l’impugnazione.
La ratio della decisione impugnata è che dall’esame RAGIONE_SOCIALE atti documentali nonché dalle stesse dichiarazioni del ricorrente non risulta fornita la prova gravante sul ricorrente della non conformità al vero del contenuto dei due documenti impugnati.
Avverso la sentenza n. 3944/2022 della Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE propone ricorso davanti a questa Corte NOME AVV_NOTAIO con tre motivi e memoria. L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta OMESSO ESAME CIRCA UN FATTO DECISIVO PER IL GIUDIZIO AI SENSI DELL’ART 360 N. 5 C.P.C, VIZIO DI MOTIVAZIONE, VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO AI SENSI DELL’ART 360 N. 3 C.P.C., VIOLAZ IONE DELL’ART 2700 CC, 116 CPC OMESSA VALUTAZIONE DELLA PROVA CERTA, VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI LEGGE SUL PRUDENTE APPREZZAMENTO
DELLA PROVA. La sentenza n. 3944/2022 della Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE erra in modo evidente, secondo il ricorrente, nella parte in cui afferma da un lato che il Decreto Rettorale numero 13 del 12 gennaio 2005 dà veridicamente atto di una comunicazione asseritamente intervenuta tra il 26 ottobre 2004 e il 12 gennaio 2005 mentre d’altro canto afferma che l’unico modulo a firma del COGNOME in cui espressamente si opta per il regime a tempo pieno è quello allegato dall’RAGIONE_SOCIALE durante il giudizio al doc. n 5, recante data successiva all’emanazione del decreto Rettorale n. 13 del 12.1.2005. Delle due l’una: se l’unica opzione per il tempo pieno è successiva al 12 gennaio 2005 il decreto 13 del 2005 non dà veridicamente atto di una comunicazione asseritamente intervenuta tra il 26 ottobre 2004 e il 12 gennaio 2005, perché l’unica comunicazione in tal senso è invece successiva.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta OMESSO ESAME CIRCA UN FATTO DECISIVO PER IL GIUDIZIO AI SENSI DELL’ART 360 N. 5 C.P.C, VIZIO DI MOTIVAZIONE, VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO AI SENSI DELL’ART 360 N. 3 C.P.C., OMISS IONE. MANCATA APPLICAZIONE RAGIONE_SOCIALE ARTT. DELL’ART. 11 DEL D.P.R. N. 382/1980, ‘CHE RICONOSCE LA VINCOLATIVITÀ DELL’OPZIONE ESERCITATA PER ALMENO UN BIENNIO’ perch é l a Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, incomprensibilmente, pur avendo accertato la sussistenza per att o pubblico di un’opzione per il tempo definito, emergente dal dato testuale del Decreto Rettoriale 535 del 30 ottobre 2004 ed in assenza di alcuna prova in ordine all’intervento di un’opzione per il tempo pieno intercorsa in data compresa tra il 30 ottobre 2004 ed 12 gennaio 2005 ( data di emissione del Decreto Rettorale 13 del 12 gennaio 2005), ritiene
irragionevolmente non rilevante tale dato al fine di fondare l’assunto della falsità dei decreti impugnati.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO AI SENSI DELL’ART 360 N. 3 C.P.C, VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 2909 C.C., VIOLAZIONE DEL GIUDICATO DI CUI ALLA SENTENZA 65/2017 DELLA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE. Giova rammentare, infatti, che il Giudizio innanzi alla Corte dei Conti (avente ad oggetto la verifica del presunto illecito erariale di cui all’art 53 D.lgs. 165/2001), si è concluso in grado di appello con la sentenza 65/2017 con cui la Corte dei Conti sezione giurisdizionale centrale ha riformato la pronunzia di primo grado (305 del 2015) con piena assoluzione del AVV_NOTAIO. COGNOME. La Corte dei conti accertava, in tale sede, l’esistenza di un’opzione per il t empo definito emergente dal decreto rettorale 535/2004. Secondo la Corte dei Conti la vincolatività dell’opzione manifestata per il tempo definito espressa in data 30 ottobre 2004, con conseguente legittimazione a svolgere l’attività professionale di dotto re commercialista, fa venire meno l’elemento soggettivo dell’illecito erariale contestato a COGNOME. Al contrario la sentenza di appello impugnata, come anche quella di primo grado, affermano invece che nessuna opzione risulta essere stata manifestata e che ‘il Decreto Rettorale n. 535 del 2004 anche se risulta essere confermativo di una preferenza già manifestata per il tempo definito, si limita a registrare il trasferimento del docente, senza recare un’espressa opzione per il tempo definito’ponendosi così in evidente contrasto con il giudicato già maturato in sede contabile.
Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI DIRITTO AI SENSI DELL’ART 360 N. 3 C.P.C., VIOLAZIONE DELL’ART 116 CPC, VIOLAZIONE DELLE NORME SULLA
VALUTAZIONE DELLA PROVA. In base a quanto riferito dal Decreto Rettorale 66 del 31 Gennaio 2011, in data 5 novembre 2008 il prof. COGNOME esercitava nuova opzione per il tempo definito ma l’RAGIONE_SOCIALE dava corso al procedimento avviato con la predetta dichiarazione solo in data 5 novembre 2010 e dava efficacia solo a partire dal 01 Novembre 2011 all’opzione (ben 3 anni dopo!). La sentenza impugnata, inspiegabilmente, non dà alcun rilievo a tale fatto.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Va premesso il dato testuale dell’art. 11 del D.P.R. N. 382/1980 che espressamente stabilisce ‘Ciascun professore puo’ optare tra il regime a tempo pieno ed il regime a tempo definito. La scelta va esercitata con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell’inizio di ogni anno accademico. Essa obbliga al rispetto dell’impegno assunto per almeno un biennio.’
La sentenza impugnata ritiene non censurabili di falsità decreti rettorali 13 del 2005 e 348 del 2008 quanto alle dichiarazioni ivi contenute.In essi è affermato che il Rettore avrebbe ricevuto una comunicazione (orale) relativa alla scelta di COGNOME di optare per il tempo pieno.
Il ricorrente afferma che tale comunicazione orale non esisterebbe e mai sarebbe stata effettuata e per questo il prof. COGNOME, che non ha mai comunicato né per scritto né oralmente tale volontà, impugna con querela di falso il Decreto Rettorale 13 del 12 Gennaio 2005 e Decreto Rettorale nr. 348 del 12 gennaio 2008.
La sentenza impugnata esclude, tuttavia che il ricorrente abbia raggiunto la prova di tale falsità e precisa al riguardo che dall’esame RAGIONE_SOCIALE atti documentali nonché dalle stesse dichiarazioni del ricorrente non risulta fornita la prova della non conformità al vero del contenuto dei due documenti impugnati, sia perché il decreto Rettorile n. 535/2004
non esprimeva in alcun modo l’esercizio di un’opzione sia perché la stessa parte aveva ammesso di non aver esercitato espressamente ed in forma scritta opzione per il tempo definito. Risultava al contrario dagli atti una opzione al tempo pieno sottoscritta dal COGNOME in data successiva al decreto rettorale impugnato numero 13 del 12/1/2005 e cioè in data 13/1/2005, opzione che il ricorrente afferma aver sottoscritto per errore e su richiesta dell’Universi tà.
Questa ricostruzione dei fatti su cui si fonda la ratio decidendi del rigetto non è sostanzialmente attinta dai primi due motivi che riproducono inammissibilmente la medesima ricostruzione fattuale del merito di parte querelante senza attaccare specificamente le rationes della contrapposta valutazione eseguita nel provvedimento impugnato.
In particolare, i primi due motivi di ricorso ripropongono temi già esaminati dalla Corte di Appello e cioè la valenza probatoria del decreto rettorale 535 del 30 ottobre 2004, esclusa dalla Corte territoriale sia sul piano fattuale che su quello giuridico poiché il docume nto non esprime una manifestazione di volontà ma l’opzione in esso attestata per il tempo definito costituisce mero recepimento del regime di cui al precedente impiego.
In particolare la Corte di Appello afferma sul punto: ‘ Il decreto rettorale 535 del 2004 non sembra essere dirimente in tal senso il quanto si limita a realizzare il trasferimento del docente dal vecchio al nuovo Ateneo e cristallizza il suo profilo economico-retributivo entro il regime a tempo definito, senza essere accompagnato da un’opzione esplicita mediante comunicazione scritta. Come sostenuto dall’appellante, infatti, la scelta per l’opzione a tempo definito o pieno avrebbe dovuto rivestire la forma scritta che, nel caso di specie, risulta presente solo tramite una comunicazione ufficiale indirizzata all’RAGIONE_SOCIALE e datata 13/1/2005 ‘.
Il terzo motivo relativo al giudicato è manifestamente infondato stante l’autonomia del giudizio contabile e l’insussistenza di una pregiudizialità logica tra i due giudizi. La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE sul punto afferma del tutto correttamente che ‘quanto alla censura avente ad oggetto il contrasto tra la sentenza impugnata e l’accertamento effettuato in sede contabile con la sentenza n. 65/2017 della Corte dei Conti, occorre rilevare che l’oggetto del giudizio contabile non attiene alla falsità o meno dei decreti impugnati, ma alla condotta colposa o meno dello stesso, ai fini della sua imputabilità del fatto illecito erariale …..Pertanto, nessun giudicato può ritenersi esistente sulla base della citata sentenza del giudice contabil e.’
Inammissibile è infine anche il quarto motivo poiché non vi è collegamento tra la dedotta falsità dei documenti impugnati ed il colpevole ritardo dell’RAGIONE_SOCIALE che solo dopo ben 3 anni e cioè il 1/11/2011 dava corso al procedimento avviato dal RAGIONE_SOCIALE con l’opzione a tempo definito esercitata il 5/11/2008.
In considerazione di quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto in ordine a tutti i motivi, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 12/07/2024.