Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4013 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4013 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 38280/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE (incorporante RAGIONE_SOCIALE), con sede in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, in persona del Quadro Direttivo dell’RAGIONE_SOCIALE NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quali eredi di NOME COGNOME, nonché COGNOME NOME, in proprio e quale erede di quest’ultimo, tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al controricorso, dagli Avvocati Prof.ri NOME COGNOME ed NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con cui elettivamente domiciliano presso lo studio del primo in Roma, alla INDIRIZZO.
-controricorrenti –
avverso la sentenza, n. cron. 1371/2019, della CORTE DI APPELLO DI GENOVA, pubblicata il giorno 10/10/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
07/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nell’ambito di un giudizio in corso innanzi alla Corte d’Appello di Milano, avente ad oggetto la richiesta di restituzione di vari importi relativi a diverse operazioni bancarie di prelievo effettuate sui c/c n. 47363.28 e n. 50429.87, entrambi intrattenut i da NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME con l’allora RAGIONE_SOCIALE, poi incorporata in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (d’ora in avanti, breviter , RAGIONE_SOCIALE), questi ultimi proposero querela di falso per abusivo riempimento di fogli, firmati in bianco, contenenti dichiarazioni di riconoscimento della riconducibilità alla loro volontà delle operazioni di prelievo per € 730.000,00 dal c/c n. 47363, in data 11 luglio 2002, per € 100.000,00 dal c/c n. 50429, in pari data, e per € 500.000,00 dal c/c n. 47363 in data 26.09.2002.
1.1. La corte d’appello suddetta, ritenuti detti documenti rilevanti ai fini della decisione, sospese il proprio procedimento, fissando il termine per la riassunzione della causa di falso davanti al tribunale.
1.2. NOME COGNOME ed NOME COGNOME, quindi, notificarono a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. la comparsa di riassunzione avanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE. Esposero, in particolare, che: i ) sia i prelievi di € 730.000,00 e € 100.000,000 dell’11 luglio 2002, che quello di 500.000,00 del 26 settembre 2002, erano stati effettuati con modulistica bancaria contenente firma apparente di NOME COGNOME, già dichiarata apocrifa con sentenza del Tribunale di Milano; ii ) il confronto tra le dichiarazioni oggetto di querela e la modulistica dei prelievi con firme apocrife conduceva alla conclusione che le dichiarazioni ‘ non possono che essere false dal momento che farebbero riferimento a prelevamenti di denaro contante mai posti in essere dall’apparente
sottoscrittore dei moduli relativi ‘; iii ) in sede penale, in relazione alle descritte operazioni di prelievo oggetto delle impugnate dichiarazioni, era stato sentito a sommarie informazioni NOME COGNOME (cassiere della banca), il quale aveva riferito di ‘ ritenere ‘ che le modalità con cui erano state effettuate le due operazioni bancarie fossero le stesse di altra operazione nella quale il funzionario NOME COGNOME gli consegnava moduli già firmati dal cliente e riportanti la sua sigla di autorizzazione, assicurando che il cliente o era presente nella postazione dello stesso funzionario, oppure che di lì a poco sarebbe passato.
1.2.1. Costituitasi la RAGIONE_SOCIALE, che contestò l’avversa pretesa, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, espletata l’istruttoria, con sentenza del 6 dicembre 2016, n. 3685, dichiarò la falsità delle due dichiarazioni querelate. Opinò che si trattava di abusivo riempimento di fogli in bianco, firmati da NOME COGNOME, da parte del dipendente della banca NOME COGNOME come si poteva desumere da una serie di evidenze istruttorie ivi analiticamente esposte.
L’impugnazione promossa dalla RAGIONE_SOCIALE contro quella decisione fu respinta dall’adita Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza del 10 ottobre 2019, n. 1371, resa nel contraddittorio con la COGNOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME, e di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, anch’essi quali eredi di NOME COGNOME.
2.1. Quella corte ritenne che: i ) il tribunale aveva correttamente considerato che la natura confessoria dei documenti fosse attinente non al giudizio sulla falsità, ma a quello sulla ammissibilità e rilevanza della querela, che spettava al giudice della causa principale e non a quello della causa incidentale di falso; ii ) trattandosi di querela di falso attinente all’abusivo riempimento di un foglio firmato in bianco, « il querelante ha l’onere di provare sia che la firma è stata posta su un foglio non ancora riempito, sia che il riempimento è avvenuto absque pactis». Nella specie, tale prova emergeva: ii-a ) dal fatto che, « tra gli addebiti contestati al COGNOME nel procedimento penale definito con patteggiamento, vi fosse anche il reato di abusivo riempimento di foglio firmato in bianco »; ii-b ) dalle testimonianze
acquisite, che « hanno confermato il modus operandi del COGNOME, il quale era solito farsi rilasciare fogli firmati in bianco dai clienti che avevano fiducia in lui »; ii-c ) dall’anomalia delle operazioni contabili di prelievo consistenti nel « dirottamento (prelievo seguito da immediato accredito) delle somme prelevate sui conti di altri clienti della banca, con i quali gli appellati non avevano rapporti, per coprire ammanchi di cui era responsabile il COGNOME, come risulta dalle indagini svolte in sede penale, dalla sentenza del Tribunale di Milano n. 1183/2011 e dai registri contabili della banca »; ii-d ) dall’anomalia che era stata attestata « la regolarità di un’operazione eseguita con moduli recanti sottoscrizioni apocrife, con il successivo impiego dei fondi prelevati nei modi descritti »; ii-e ) dal rilievo che le dichiarazioni erano state apparentemente « rilasciate nel momento stesso in cui venivano eseguite le operazioni utilizzando moduli con firme apocrife: il che può essere spiegato solo ipotizzando l’abusivo riempimento del foglio firmato in bianco »; iii ) la ribadita richiesta dell’appellante di perizia calligrafica, « volta a stabilire l’anteriorità della sottoscrizione rispetto alla compilazione del contenuto delle dichiarazioni querelate », doveva considerarsi rinunciata dalla RAGIONE_SOCIALE perché non riproposta in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado ed inammissibilmente reiterata « solo in atto d’appello ». La stessa, inoltre, doveva ritenersi superflua perché la veridicità delle sottoscrizioni di NOME COGNOME sulle dichiarazioni era stata esplicitamente ammessa; iv ) non sussisteva la lamentata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., atteso che il giudizio di falso verteva sulla riconducibilità, o meno, dei documenti a NOME COGNOME e non sulla valenza confessoria delle dichiarazioni stesse.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., affidandosi a tre motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Hanno resistito, con unico controricorso, corredato da analoga memoria, NOME COGNOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME, e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, anch’essi quali eredi di NOME COGNOME .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Rileva pregiudizialmente il Collegio che: i ) l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE non risulta essere stato notificato al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, bensì al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di cassazione; ii ) la giurisprudenza di legittimità considera quello del Pubblico Ministero, nei giudizi falso, come un intervento obbligatorio ( cfr . sostanzialmente, in tal senso, tra le più recenti, Cass. n. 15142 del 2022 e Cass. n. 12254 del 2020), altresì precisando che « l’intervento del P.M. nel giudizio di falso è necessario nella fase relativa all’accertamento del falso medesimo, ma non anche in quella preliminare, in cui si decide dell’ammissibilità dell’azione e della rilevanza del documento, giacché soltanto con l’effettiva promozione di accertamenti della falsificazione denunciata si coinvolge il generale interesse all’intangibilità della pubblica fede dell’atto, che l’organo requirente è chiamato a tutelare » ( cfr ., in motivazione, Cass. n. 27402 del 2018, successivamente richiamata da Cass. n. 15142 del 2022); iii ) l’integrazione del contraddittorio, in sede d’impugnazione, nei confronti del Pubblico Ministero presso il giudice a quo non si rende necessaria in tutte le controversie in cui ne sia contemplato l’intervento, ma soltanto in quelle nelle quali egli sia titolare del potere di impugnazione (trattandosi di cause che lo stesso avrebbe potuto proporre o per le quali comunque sia previsto tale potere ai sensi dell’art. 72 cod. proc. civ.), mentre nelle altre ipotesi (tra le quali deve farsi rientrare quella odierna) le funzioni di Pubblico Ministero, in quanto non includono l’autonoma facoltà di impugnazione, vengono a identificarsi con quelle che svolge il Procuratore Generale presso il giudice ad quem e restano assicurate, quindi, dalla comunicazione o trasmissione degli atti a quest’ultimo a norma degli artt. 71 cod. proc. civ. e, per il giudizio di cassazione, dell’art. 137 disp. att. cod. proc. civ. ( cfr . Cass. n. 3252 del 2022; Cass. n. 3256 del 2019, resa in fattispecie riguardante un ricorso per cassazione proposto, da una parte e non notificato al Pubblico Ministero presso il giudice a quo , relativo ad una controversia avente ad oggetto una querela di falso).
Tanto premesso, i formulati motivi del ricorso di RAGIONE_SOCIALE denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Nullità del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. ». Muovendosi dal rilievo che, con il proprio gravame, la banca aveva esposto che « chi assume, con querela di falso, che la sottoscrizione è stata apposta su foglio firmato in bianco ed abusivamente riempito ha l’onere di provare sia che la firma è stata posta su foglio non ancora riempito, sia che il riempimento è avvenuto ‘absque pactis’» e che « non risulta che tale prova, in realtà, sia stata raggiunta », si ascrive alla corte territoriale di non aver delibato interamente su questa censura, in quanto tutte le argomentazioni da essa spese erano riferibili al solo evento della consegna di fogli firmati in bianco e non anche al loro riempimento absque pactis ;
II) « Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio -Motivazione apparente -Il riempimento absque pactis». Per l’ipotesi di mancata condivisione della precedente doglianza, si assume che « la sentenza gravata sconterebbe, comunque, il vizio di assenza assoluta di motivazione, sub specie di motivazione apparente, sul punto decisivo della controversia, discusso tra le parti, relativo al se le dichiarazioni querelate di falso siano state, o meno, compilate absque pactis. Tutte le argomentazioni spese dalla Corte territoriale, infatti, sono riferibili al solo evento della consegna di fogli firmati in bianco, mentre nessuna argomentazione è stata svolta circa il riempimento absque pactis»;
III) « Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e motivazione apparente -La consulenza tecnica ». Il fatto storico, oggetto di discussione delle parti, di cui si denuncia l’omesso esame, è individuato nel se la sottoscrizione autografa di NOME COGNOME, apposta in calce alle due dichiarazioni dell’11 luglio 2002 e del 26 settembre 2002, sia anterior e o posteriore alla scrittura del sovrastante testo della dichiarazione. Si assume che, con il proprio atto di appello, la RAGIONE_SOCIALE aveva lamentato che « il Tribunale avesse omesso di disporre ‘una verifica tecnica volta a stabilire l’anteriorità della sottoscrizione rispetto alla compilazione del contenuto, fatto questo dimostrabile soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche’, chiedendone l’ammissione da parte della Corte. . La Corte d’Appello non ha disposto questo strumento istruttorio, sollecitato dall’appellante, sulla
scorta di una motivazione del tutto apparente. Infatti: i) del tutto fuor di tema, il riferimento della Corte alla mancata riproposizione della richiesta di consulenza tecnica in sede di precisazione delle conclusioni nel primo grado; la consulenza tecnica è strumento istruttorio nella disponibilità del giudice, per cui non si può verificare alcuna decadenza rispetto all’ammissibilità dello stesso, che può essere disposto per la prima volta anche in Appello, dove peraltro è stato sollecitato dall’appellante ; ii) è altrettanto fuor di tema il riferimento che la Corte opera alla riconosciuta autografia della sottoscrizione apposta in calce alle due dichiarazioni. Infatti, la consulenza tecnica che sollecitava l’appellante non era di tipo grafologico, ma di tip o chimico, come si ricava agevolmente dall’espressione ‘verifica tecnica volta a stabilire l’anteriorità della sottoscrizione rispetto alla compilazione del contenuto’. La richiesta verifica tecnica, quindi, lungi dal riguardare l’autografia della sottoscr izione, vuole acquisire l’accertamento obbiettivo, attraverso mezzi scientifici, di quando venne apposta la sottoscrizione autografa, se dopo che la dichiarazione era stata scritta sul foglio, ovvero prima che la dichiarazione fosse stata scritta sul medesimo foglio. Il primo caso, infatti, esclude alla radice la configurabilità di un falso materiale, essendo la dichiarazione certamente riferibile al sottoscrittore che la trova già scritta quando appone la sua sottoscrizione. Nel secondo caso, invece, acquisita la certezza che la dichiarazione non è immediatamente riconducibile al sottoscrittore, si apre l’ulteriore questione se, comunque, è riconducibile a suo mandato ».
I primi due di tali motivi, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connessi, si rivelano insuscettibile di accoglimento nel loro complesso.
2.1. Invero, occorre muovere dal rilievo che il soggetto il quale « proponga querela di falso può valersi di ogni mezzo ordinario di prova, e quindi anche delle presunzioni, utilizzabili in particolare quando il disconoscimento dell’autenticità non si estenda alla sottoscrizione e sia lamentato il riempimento del documento fuori di qualsiasi intesa, con conseguente contestazione del nesso fra il testo ed il suo autore » ( cfr ., quale leading case
Cass. n. 4571 del 1983; in senso conforme, più di recente, Cass. n. 6050 del 1998; Cass. n. 12118 del 2020).
2.2. Orbene, nell’odierna vicenda la corte distrettuale, scrutinando il secondo motivo di gravame della RAGIONE_SOCIALE, – secondo cui, attenendo la proposta querela di falso all’abusivo riempimento di foglio firmato in bianco, era necessaria la prova sia dell’appos izione della sottoscrizione su di un foglio ancora non riempito, sia del successivo suo riempimento avvenuto absque pactis , prova, quest’ultima, che si assumeva non essere stata fornita lo ha disatteso dando ampiamento conto degli elementi istruttori ponderati al fine di giungere a quella decisione ( cfr. amplius , pag. 7-10 della sentenza impugnata).
2.2.1. In particolare, si rivela assolutamente significativo, tra gli altri, l’avere quella corte espressamente valorizzato anche: i ) le dichiarazioni testimoniali acquisite, che « hanno confermato il modus operandi del COGNOME, il quale era solito farsi rilasciare fogli firmati in bianco dai clienti che avevano fiducia in lui »; ii ) le anomalie desumibili dal duplice rilievo che: ii-a ) si era al cospetto di operazioni contabili di prelievo consistenti nel « dirottamento (prelievo seguito da immediato accredito) delle somme prelevate sui conti di altri clienti della banca, con i quali gli appellati non avevano rapporti, per coprire ammanchi di cui era responsabile il COGNOME, come risulta dalle indagini svolte in sede penale, dalla sentenza del Tribunale di Milano n. 1183/2011 e dai registri contabili della banca »; ii-b ) era stata attestata « la regolarità di un’operazione eseguita con moduli recanti sottoscrizioni apocrife, con il successivo impiego dei fondi prelevati nei modi descritti »; iii ) il rilievo che le dichiarazioni erano state apparentemente « rilasciate nel momento stesso in cui venivano eseguite le operazioni utilizzando moduli con firme apocrife: il che può essere spiegato solo ipotizzando l’abusivo riempimento del foglio firmato in bianco ».
2.2.2. È di tutta evidenza, quindi, che, nella specie, non ricorre un’omessa pronuncia, bensì il rigetto implicito della relativa questione che risulta incompatibile con la decisione adottata ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 1863 e 1798 del 2024; Cass. nn. 35862 e 12131 del
2023; Cass. nn. 24953 e 12652 del 2020; Cass. nn. 20718 e 3860 del 2018, Cass. n. 29191 del 2017) soprattutto nella parte in cui la corte genovese ha inteso attribuire significato probatorio anche al rilievo che le dichiarazioni oggetto della querela erano state apparentemente « rilasciate nel momento stesso in cui venivano eseguite le operazioni utilizzando moduli con firme apocrife: il che può essere spiegato solo ipotizzando l’abusivo riempimento del foglio firmato in bianco » ( cfr. pag. 10 della sentenza impugnata). È innegabile, infatti, che proprio quest’ultimo inciso, p resuppone logicamente l’insussistenza di qualsivoglia patto di riempimento.
2.2.3. Resta solo da dire, quindi, che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto ( cfr. Cass. n. 1798 del 2024; Cass. nn. 24667 e 2151 del 2021; Cass. n. 841 del 2014; Cass. n. 772 del 2011). Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti, come in questo caso, il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione ( cfr . Cass. nn. 1863 e 1798 del 2024; Cass. nn. 35862 e 12131 del 2023; Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020). Il Giudice, invero, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. Ne consegue che: i ) il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre laddove, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto ( cfr . Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12652 del 2020); ii ) la reiezione implicita di
una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività ( cfr . Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12131 del 2023; Cass. n. 24953 del 2020).
2.3. Nemmeno ricorre, peraltro, il vizio di motivazione apparente denunciato, in particolare, nel secondo motivo.
2.3.1. Invero, la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una sentenza resa il 10 ottobre 2019), ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199 e 395 del 2021; Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in RAGIONE_SOCIALEzione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. nn. 28390 e 35947 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. nn. 28390 e 35947 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato,
altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
2.3.1. In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ( cfr . Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199, 1522 e 395 del 2021; Cass. nn. 23684 e 20042 del 2020; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012). Ne deriva che è possibile ravvisare una ‘ motivazione apparente ‘ nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’ iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice. Un simile vizio, inoltre, deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr . Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 26893 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 23940 del 2017).
2.3.2. Alla stregua dei principi tutti fin qui esposti, dunque, il vizio come oggi denunciato dalla censura in esame non è concretamente configurabile, posto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, dalla lettura della sentenza impugnata emerge, affatto agevolmente, come la motivazione posta a supporto della decisione (già trascritta nel precedente § 2.1. dei ‘Fatti di causa’, da intendersi qui riprodotto ed altresì tenuto conto di quanto si è detto nel precedente paragrafo 2.2.2. di questa motivazione) non presenti carenze del procedimento logico seguito dalla corte territoriale, risultando la stessa completa e perfettamente comprensibile anche quanto alla ivi ritenuta insussistenza di qualsivoglia patto di riempimento, in relazione al quale essa
fornisce una giustificazione assolutamente in linea con il ‘ minimo costituzionale ‘ di cui si è detto.
Parimenti insuscettibile di accoglimento si rivela il terzo motivo di ricorso.
3.1. La RAGIONE_SOCIALE sostiene che il ‘ fatto storico ‘ di cui si denuncia l’omesso esame è « se la sottoscrizione autografa del Sig. COGNOME NOME apposta in calce alle due dichiarazioni dell’11.07.2002 e 26.09.2002 sia anteriore o posteriore alla scrittura del sovrastante testo della dichiarazione » ( cfr . pag. 17 del ricorso). La corte distrettuale aveva omesso di disporre una c.t.u. finalizzata ad accertare quanto sopra e ciò avrebbe dovuto fare, secondo la ricorrente, a prescindere dalle istanze istruttorie formulate dalla banca e dalle relative decaden ze, dal momento che la consulenza tecnica d’ufficio è ‘ strumento istruttorio ‘ nella disponibilità del giudice.
3.2. Giova premettere, allora, che la consulenza tecnica, in genere, ha la funzione di fornire al giudice la valutazione dei fatti già probatoriamente acquisiti, e non un mezzo di soccorso volto a sopperire all’inerzia delle parti, ma può costituire fonte oggettiva di prova quando si risolva anche in uno strumento di accertamento di situazioni rilevabili solo con il concorso di determinate cognizioni tecniche; in tale ipotesi, il rifiuto della sua ammissione sotto il profilo del mancato assolvimento, da parte dell’istante, dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 cod. civ. costituisce un’aporia logica, perché viene imputato alla parte di non avere provato ciò che le è stato impedito di provare nonostante lo abbia allegato e ritualmente richiesto ( cfr . Cass. n. 8297 del 2005, richiamata, in motivazione, dalle più recenti Cass. n. 37027 del 2022 e Cass. n. 35782 del 2023). Pertanto, va ribadito il principio secondo cui il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra sì nel potere discrezionale del giudice del merito ( cfr . Cass. n. 326 del 2020), ma va contemperato con l’altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata su una questione tecnica rilevante per la definizione della causa, con conseguente sindacabilità in sede di legittimità, sotto il profilo della mancata adeguata motivazione, della decisione di procedere (o non procedere, come nel caso in esame) alla
richiesta di intervento di ausiliare tecnico in materia ( cfr . Cass. n. 72 del 2011, anch’essa richiamata, in motivazione, dalle più recenti Cass. n. 37027 del 2022 e Cass. n. 35782 del 2023).
3.2.1. Fermo quanto precede, rileva il Collegio che, nella specie, la corte di appello ha opinato che: « Per quel che attiene alla lamentela dell’appellante circa la “mancata ammissione … della richiesta perizia calligrafica … volta a stabilire l’anteriorità della sottoscrizione rispetto alla compilazione del contenuto” delle dichiarazioni querelate, si rileva, in primo luogo, che, nella comparsa di costituzione e risposta in primo grado, così come anche nell’atto di appello, controparte chiede il “previo espletamento di perizia calligrafica”, finalizzata all’accertamento “dell’autenticità e veridicità delle firme apposte sui documenti oggetto della presente querela di falso”. Tale istanza non viene riproposta nelle memorie depositate dalla banca ai sensi dell’art. 183, n. 2 e n. 3, c.p.c. e non viene riproposta in sede di precisazione delle conclusioni. Viene riproposta solo in atto di appello. Quindi la stessa doveva intendersi rinunciata. Peraltro, il Tribunale ha espressamente motivato in ordine al fatto che la veridicità della sottoscrizione apposta dal Sig. COGNOME sulle dichiarazioni de quibus era stata esplicitamente ammessa, il che rende superfluo il mezzo istruttorio » ( cfr . pag. 10 della sentenza impugnata).
3.2.2. La stessa corte ha precisato, altresì, che, « In ogni caso, la richiesta era stata formulata con finalità differenti rispetto a quelle oggi menzionate e quindi sarebbe comunque tardiva e inammissibile. Anche perché, ancora una volta, in sede di precisazione delle conclusioni nel presente grado, la banca ha chiesto solo la perizia calligrafica volta ad accertare ‘la veridicità delle firme’, che è superflua dato l’oggetto della querela, rinunciando all’istanza precedentemente formulata in termini divers i, nei motivi dell’appello e non nelle conclusioni dell’atto » ( cfr . pag. 10 della citata medesima).
3.2.3. Le argomentazioni -di cui si è già dato ampiamente conto scrutinandosi i precedenti motivi -con cui la medesima corte ha negato l’esistenza, nell’odierna vicenda, di patti di riempimento dei fogli recanti le dichiarazioni oggetto della querela di falso di cui si discute, nonché, soprattutto, l’ulteriore sua affermazione circa le differenti finalità,
inammissibilmente (perché tardivamente) prospettate in corso di giudizio (nei cui confronti nessuna specifica censura risulta essere stata formulata con il motivo di ricorso in esame), cui la invocata c.t.u. era diretta, rendono, allora, da un lato, del tutto coerente con i riportati principi giurisprudenziali la sua decisione di non ammettere la invocata c.t.u. (scelta, quest’ultima, che, proprio in quanto logicamente motivata, è insuscettibile di rivisitazione in questa sede); dall’altro, assolutamente in sussistente il vizio di motivazione apparente (anche tenuto conto della caratteristiche di quest’ultimo come ampiamente descritte scrutinandosi la precedente doglianza di cui al secondo motivo).
3.2.4. Né, in contrario, può valere l’assunto della ricorrente secondo cui « La richiesta verifica tecnica, , lungi dal riguardare l’autografia della sottoscrizione, vuole acquisire l’accertamento obbiettivo, attraverso mezzi scientifici, di quando venne apposta la sottoscrizione autografa, se dopo che la dichiarazione era stata scritta sul foglio, ovvero prima che la dichiarazione fosse stata scritta sul medesimo foglio. Il primo caso, infatti, esclude alla radice la configurabilità di un falso materiale, essendo la dichiarazione certamente riferibile al sottoscrittore che la trova già scritta quando appone la sua sottoscrizione. Nel secondo caso, invece, acquisita la certezza che la dichiarazione non è immediatamente riconducibile al sottoscrittore, si apre l’ulteriore questione se, comunque, è riconducibile a suo mandato ». Trattasi, invero, di circostanza in ordine alla quale la RAGIONE_SOCIALE, pur formulando il proprio motivo con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., non ha adeguatamente adempiuto (proprio alla stregua di quanto rimarcato dalla corte distrettuale circa le differenti finalità, inammissibilmente, perché tardivamente, prospettate in corso di giudizio, cui la invocata c.t.u. era diretta), ai doverosi e puntuali oneri di allegazione sanciti, da Cass., SU, n. 8053 del 2014.
In conclusione, dunque, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE deve essere respinto, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dai costituitisi controricorrenti, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n.
24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di RAGIONE_SOCIALE e la condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dai costituitisi controricorrenti, liquidate in complessivi € 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile