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Querela di falso: onere della prova e atti interni

Un genitore ha presentato una querela di falso contro il decreto di nomina di un supplente, sostenendo fosse stato creato dopo lo scrutinio in cui suo figlio non era stato promosso. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che nella querela di falso l’onere della prova è a carico di chi accusa e che un atto amministrativo interno, come una nomina scolastica, non ha il valore di atto pubblico certificativo e non può essere contestato con tale strumento.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Querela di Falso: Quando un Atto Scolastico Non Può Essere Impugnato

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti e le condizioni di applicabilità della querela di falso, uno strumento processuale tanto potente quanto specifico. La Corte di Cassazione interviene su un caso nato nell’ambito scolastico, definendo con precisione quali atti possano essere oggetto di tale contestazione e su chi gravi l’onere di dimostrare la falsità. La vicenda, che vede un genitore contro un istituto scolastico, diventa l’occasione per ribadire principi fondamentali della procedura civile.

I Fatti: La Bocciatura e l’Accusa di Falso

La controversia ha origine dalla mancata ammissione di uno studente alla classe successiva, decisa durante uno scrutinio finale. Il genitore dello studente ha impugnato la decisione, sostenendo l’irregolare costituzione del consiglio di classe. In particolare, l’accusa si concentrava sul decreto di nomina del professore supplente, chiamato a sostituire un docente assente. Secondo il ricorrente, tale decreto sarebbe stato redatto e protocollato solo in un momento successivo allo scrutinio, invalidando di fatto la delibera.

Per far valere le proprie ragioni, il genitore ha avviato un giudizio civile con una querela di falso contro il decreto di nomina. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto la domanda, ritenendo non provata l’accusa di falsificazione. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione dei giudici di merito e rigettando la querela di falso. La decisione si basa su due pilastri argomentativi fondamentali: la corretta attribuzione dell’onere della prova e la natura giuridica dell’atto contestato.

Le Motivazioni: Perché la Querela di Falso è Stata Respinsa

La Corte ha smontato le tesi del ricorrente attraverso un’analisi rigorosa dei principi processuali.

L’Onere della Prova: Chi Accusa Deve Provare

Il primo punto cardine della decisione riguarda l’onere della prova. La Cassazione ribadisce un principio consolidato: nel giudizio di querela di falso, spetta a chi muove l’accusa fornire la prova inconfutabile della falsità del documento. Non è onere della parte convenuta dimostrare la veridicità dell’atto. Nel caso di specie, il genitore non ha fornito alcuna prova concreta a sostegno della sua tesi che il documento fosse stato creato a posteriori, rendendo la sua accusa infondata.

La Natura dell’Atto: la Distinzione tra Atto Interno e Atto Pubblico Certificativo

Il passaggio più significativo della sentenza riguarda la natura del documento impugnato. La Corte chiarisce che la querela di falso è uno strumento destinato a contestare esclusivamente gli atti pubblici dotati di ‘fede privilegiata’, ovvero quegli atti che, per legge, fanno piena prova fino a querela di falso. Questi sono, in sostanza, i documenti redatti da un pubblico ufficiale nell’esercizio di una funzione certificativa.

Il decreto di nomina di un supplente, secondo la Corte, non rientra in questa categoria. Si tratta di un atto amministrativo interno, con finalità puramente organizzative, volto a garantire la corretta composizione di un organo collegiale. Non è un atto destinato a certificare fatti verso l’esterno e, pertanto, è privo di quella funzione certificativa che lo renderebbe aggredibile con la querela di falso.

Assenza di ‘Immutatio Veri’

Infine, i giudici hanno osservato che, anche in presenza di un’eventuale irregolarità formale nella tempistica della protocollazione, non vi sarebbe stata alcuna ‘immutatio veri’ (alterazione della verità). È stato infatti accertato che il professore supplente era stato effettivamente delegato dal dirigente scolastico e aveva legittimamente partecipato al consiglio di classe. La realtà dei fatti non era stata alterata, rendendo qualsiasi presunta irregolarità formale irrilevante ai fini della validità della decisione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, essa traccia un confine netto sull’ambito di applicazione della querela di falso, escludendo gli atti amministrativi a rilevanza meramente interna e organizzativa. Questo serve a prevenire un uso improprio di uno strumento processuale così incisivo. In secondo luogo, rafforza il principio dell’onere della prova, ricordando che accuse gravi come quella di falso devono essere supportate da elementi concreti e non da semplici supposizioni. Per cittadini e amministrazioni, la lezione è chiara: non tutti gli atti amministrativi sono uguali e le contestazioni devono essere basate su solide fondamenta giuridiche e probatorie.

Su chi ricade l’onere della prova in un giudizio di querela di falso?
L’onere della prova incombe su chi afferma la falsità del documento. La parte che accusa deve fornire la prova univoca della falsità, non è compito della parte resistente dimostrare la veridicità dell’atto.

Un atto amministrativo interno, come un decreto di nomina di un supplente, può essere oggetto di querela di falso?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la querela di falso è ammissibile solo contro atti pubblici che esprimono una funzione certificativa. Un decreto di nomina interna è un atto organizzativo dell’amministrazione, privo di tale valenza e quindi non impugnabile con questo strumento.

Cosa succede se l’intervento del Pubblico Ministero, obbligatorio nei giudizi di falso, non avviene in modo attivo?
La nullità del procedimento si verifica solo in caso di omessa comunicazione della pendenza della causa al Pubblico Ministero. Se la comunicazione è avvenuta, la scelta di assumere conclusioni o partecipare attivamente agli atti rientra nella discrezionalità dell’ufficio del P.M. e la sua assenza non invalida la sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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