Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4529 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4529 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 20196 anno 2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in Roma INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura speciale in atti, presso cui è domiciliata in ComisoINDIRIZZO INDIRIZZO;
contro
ricorrente avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 921/2022 pubblicata in data 05/05/2022, notificata in data 20/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/10/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione la società RAGIONE_SOCIALE proponeva querela di falso dinanzi al Tribunale di Ragusa, al fine di accertare la falsità del contenuto della relata di notifica della cartella di pagamento n. 297 2015 0007638169.
Nel giudizio tributario avverso la cartella, l’odierna società ricorrente rilevava la palese difformità tra la relata di notifica prodotta in originale dall’Ufficio e quella consegnata alla contribuente, tale da inficiare l’autenticità dell’originale e , quindi, la falsità di quanto attestato. In particolare, nella copia notificata risultava una consegna effettuata in data 08/06/2015 con una firma illeggibile del soggetto notificatore, mentre sull’originale prodotto in giudizio dall’Agente della riscossione sulla firma illeggibile era stato apposto un timbro recante la qualifica del soggetto che aveva apposto la sottoscrizione e il suo nominativo. Inoltre, la relata in questione risultava difforme da quella consegnata alla contribuente, anche nella parte in cui era stata apposta una stampigliatura in cui si attestava in data 03/06/2015 l’irreperibilità delle persone indicate dall’art. 139 c.p.c. presso la sede legale della società.
Il Tribunale dichiarava la querela inammissibile compensando le spese tra le parti, rilevando la difformità tra le due relate, ma la carenza di interesse della società alla proposizione della querela. Ad avviso del giudice di prime cure, la copia consegnata alla RAGIONE_SOCIALE recava l’indicazione nominativa del notificatore e l’attestazione della avvenuta notificazione in data 8/6/2015 ‘personalmente al destinatario NOME NOME nella qualità di amministratore unico”, con la sottoscrizione da parte di quest’ultimo , nonché con sigla del
notificatore, negli appositi spazi dedicati nella relata. Tali elementi facevano ritenere completa in ogni suo elemento la notifica della copia consegnata alla società contribuente, come risultante dalla relata.
Conseguentemente, ad avviso del Tribunale, nell’ipotesi di querela avverso la relata concernente l’originale della cartella prodotta dall’Agente, va applicato il principio affermato dalla Cassazione secondo cui ai fini della validità della notifica, in caso di contrasto tra i dati risultanti dalla copia di relata allegata all’originale e i dati risultanti dalla copia consegnata al destinatario, occorre far riferimento alle risultanze ricavabili dalla copia in possesso del destinatario, mentre, ove in questa manchi qualche elemento essenziale, la sua presenza nella relata allegata all’originale non è idonea ad escludere la nullità della notifica. Tuttavia, se la persona fisica del destinatario è conformemente attestata nelle due relate, e la specifica qualità, che legittima a ricevere l’atto, sia attestata solo nella relata apposta all’originale, da ciò non consegue alcuna nullità, non essendo contestata l’identità della persona, né la titolarità della sua specifica qualità (cfr. Cass. N. 14375/2010).
Pertanto, il Tribunale riteneva che non avendo la società contestato la veridicità delle attestazioni riportate nella copia della relata in suo possesso, ma la manipolazione integrativa eseguita sull’originale prodotto in giudizio dalla Riscossione Sicilia s.p.a., questa nulla aveva aggiunto né sottratto alla relata di notificazione attestata nella copia in possesso della società i cui elementi essenziali non formano oggetto della querela ‘risultando perciò del tutto ininfluente ai fini del pregresso perfezionamento del procedimento notificatorio e dell’esistenza della notifica e inidonei a fondare l’interesse della RAGIONE_SOCIALE alla proposizione dell’odierna
querela, di cui pertanto va dichiarata l’inammissibilità’.
La società proponeva appello avverso la sentenza di primo grado deducendo due motivi di impugnazione.
La corte distrettuale dichiarava l’appello inammissibile non avendo l’appellante censurato in alcun modo la motivazione del giudice di primo grado nella misura in cui il Tribunale, qualificata la querela come principale, ha ritenuto che la falsità non fosse rilevante ai fini della definizione del giudizio tributario, attesa la prevalenza della relata in possesso della contribuente rispetto all’originale manipolato dall’Ufficio.
In particolare, tale ragionamento non veniva censurato in appello unitamente alla questione della devoluzione al giudice dinanzi al quale la querela era stata proposta in via principale della rilevanza della querela stessa.
La sentenza, quindi, veniva impugnata dalla società con ricorso per Cassazione assistito da due motivi cui la Agenzia delle Entrate-Riscossione ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 221 e ss. c.p.c., 100 c.p.c. e 342 c.p.c.. La pronuncia della Corte d’Appello sarebbe viziata per avere il giudice distrettuale erroneamente ritenuto che la querela di falso fosse stata proposta in via principale e non in via incidentale rispetto al procedimento pendente dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di Ragusa. Conseguentemente, tale violazione ha determinato la violazione dell’art. 342 c.p.c. , laddove la Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto che la società non si fosse confrontata con la dichiarazione di carenza di interesse, dichiarando così la inammissibilità del gravame. In particolare, l’appellante rileva di aver sollevato la questione
dell’interesse ad agire ‘proprio sulla scorta della evidente manipolazione operata sulla relata di notifica dalla controparte e la falsità delle attestazioni relative alle fasi di notifica asseritamente effettuate ex art. 148 c.p.c.’.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l’omesso esame di più fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c..
Ad avviso della ricorrente la Corte di Appello non avrebbe motivato alcuno dei punti decisivi della controversia seppure oggetto di specifica impugnazione, in quanto assorbiti nella dichiarazione di inammissibilità dell’appello. Conseguentemente, la corte distrettuale si è pronunciata in palese violazione dell’obbligo di motivazione cui deve attenersi il giudice del merito anche sotto il profilo della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.
Il primo motivo è inammissibile per le seguenti ragioni.
La censura è incentrata sulla critica alla decisione del giudice distrettuale che avrebbe erroneamente ritenuto che la querela di falso fosse stata proposta in via principale e non in via incidentale rispetto al procedimento pendente dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di Ragusa.
Va premesso che in materia di querela di falso, il giudice tributario è tenuto, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, a sospendere il giudizio fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela stessa (o fino a quando non si sia altrimenti definito il relativo giudizio), trattandosi di accertamento pregiudiziale riservato ad altra giurisdizione, e di cui egli non può conoscere neppure “incidenter tantum” ; tuttavia, in caso di presentazione di detta querela, anche nel processo tributario il relativo giudice non deve semplicemente prenderne atto e sospendere il giudizio,
ma è tenuto a verificare la pertinenza di tale iniziativa processuale in relazione al documento impugnato e la sua rilevanza ai fini della decisione (cfr. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28671 del 30/11/2017).
Per un primo aspetto, la questione della natura principale o incidentale della querela di falso nel giudizio tributario in cui il giudice tributario non può esaminare il merito della querela medesima non ha ragion d’essere, atteso che la querela proponibile esclusivamente in via autonoma dinanzi al giudice ordinario funzionalmente competente riveste necessariamente natura di querela introdotta in via principale. Inoltre, il ricorso per cassazione deve contenere, invero, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421; Cass. 24/02/2020, n. 4905).
Per questo secondo aspetto, il motivo dedotto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, laddove questa ha ritenuto irrilevante la falsità denunciata ai fini della definizione del giudizio tributario in considerazione della prevalenza dell’originale della relata in possesso della contribuente rispetto all’originale ma nipolato da Riscossione Sicilia s.p.a. (cfr. Cass. n. 14375/2020; Cass. n. 6562/2020; Cass. n. 3767/2004).
Conseguentemente, la censura non è pertinente rispetto alla pronuncia impugnata che ha rilevato il carattere principale della querela di falso proprio in quanto non proponibile in via incidentale dinanzi al giudice tributario, con la conseguente maggior latitudine nell’apprezzamento dell’interesse ex art .
100 c.p.c. relativamente alla contestata falsità.
Il secondo motivo è assorbito, attesa la congruità e correttezza della motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla carenza di interesse alla querela di falso in quanto proposta in via principale.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5 .000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,