Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16533 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16533 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23729/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura allegata al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ;
-intimati- per la cassazione della sentenza n. 223/2021 della CORTE d ‘ APPELLO di SALERNO, depositata il 23 febbraio 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Salerno ha respinto l’impugnazione proposta da NOME ( recte : NOME) NOME e COGNOME NOME avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la querela di falso da loro proposta del verbale dell’arresto in cui erano stati tratti i n data 15 novembre 2006, ad opera di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, tutti ufficiali di Polizia Giudiziaria appartenenti all’RAGIONE_SOCIALE .
La Corte territoriale, pronunciando nella contumacia degli appellati (originari convenuti), condividendo e ribadendo i rilievi già svolti dal Tribunale, ha ritenuto che la dedotta falsità ideologica del verbale d’arresto, con riferimento alla circostanza, in esso attestata , che gli arrestati avevano esploso dei colpi d ‘arma da fuoco all’indirizzo de i militari, non era dimostrata né dalle ulteriori circostanze emerse all’esito degli approfondimenti istruttori (mancato ritrovamento di bossoli sul luogo dei fatti; mancato ritrovamento dell’a rma; mancato riscontro, all’esito di analisi chimiche e balistiche, di tracce di polvere da sparo sugli indumenti degli arrestati), né dal fatto che il Tribunale del riesame aveva derubricato il reato loro contestato da tentato omicidio a resistenza a pubblico ufficiale; ciò in quanto: gli indumenti oggetto delle analisi chimiche e balistiche erano rimasti sino al 5 dicembre 2006 nella disponibilità degli arrestati che avrebbero potuto eliminare le tracce della polvere da sparo; il possesso di una pistola da parte loro era stato accertato con sentenza n.410/2008 del Tribunale di Salerno che, sebbene non passata in giudicato, era tuttavia fonte di prova di tale circostanza; la derubricazione dell’imputazione di ten tato omicidio era stata determi nata dall’ apprezzamento di circostanze diverse da quelle investite dalla querela di falso, in quanto il Tribunale
del riesame, pur considerando processualmente accertato il fatto dell ‘e splosione di colpi d’arma da fuoco, tuttavia, in assenza del ritrovamento e del sequestro dell’arma, aveva osservato che non poteva escludersi che si trattasse di arma priva di idoneità offensiva, così come non poteva accertarsi se i colpi erano stati effettivamente esplosi all’ indirizzo dei militari e con modalità tali da metterne in pericolo l’incolumità fisica.
La Corte d’ap pello ha poi rigettato l’istanza di cancellazione delle espressioni contenute nella comparsa conclusionale di parte convenuta, formulata dal difensore degli appellanti, originari attori, escludendone i presupposti sulla base del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la cancellazione delle espressioni offensive o sconvenienti ex art. 89 cod. proc. civ., va esclusa allorché l’uso di tali espressioni non risulti dettato da un passionale e incomposto intento dispregiativo, ma, conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, sia preordinato a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni.
Propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, sulla base di due motivi.
Al ricorso non rispondono gli intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, i quali non svolgono difese in questa sede di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art . 380bis .1, cod. proc. civ..
Il Procuratore Generale, cui il ricorrente ha notificato il ricorso, non ha depositato conclusioni scritte.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Sussiste, in via preliminare, il dubbio circa la rituale notifica del ricorso ai soggetti intimati, atteso che dall’esame degli atti risulta che esso è stato notificato ai difensori costituiti nel primo grado di giudizio e non alle parti personalmente, sebbene le stesse fossero restate contumaci nel grado d’appello .
Peraltro, la circostanza che il ricorso stesso debba essere dichiarato inammissibile, come si sta per vedere, esclude la necessità di ordinare che si proceda al rinnovo dell’atto.
Il rispetto del diritto fondamentale alla ragionevole durata del processo impone, infatti, al giudice di evitare e impedire il compimento di attività processuali non giustificate dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio e dalla necessità di assicurare, ai soggetti nella cui sfera giuridica il provvedimento finale è destinato a produrre i suoi effetti, le effettive garanzie di difesa e di partecipazione al processo in condizioni di reciproca parità.
Ne consegue che, in ipotesi di ricorso per cassazione inammissibile o infondato, risulta superfluo, quand’anche ne sussistano i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass., Sez. Un., 22/03/2010, n. 6826; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 15/05/2020, n. 8980).
2. Pure in via preliminare, va osservato che non incide sulla validità del giudizio, avente per oggetto principale la querela di falso civile di
un documento costituente atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 cod. civ., la circostanza che il giudice d’appello non abbia dato atto dell’eventuale intervento del pubblico ministero e delle sue conclusioni, risultando comunque dall’intestazione della sentenza che il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Salerno al pari del Procuratore Generale presso questa Corte, cui è stato notificato il ricorso per cassazione -era stato reso edotto del giudizio in vista della eventuale partecipazione ad esso.
Va infatti ribadito, al riguardo, il principio secondo cui, nei giudizi civili in cui è previsto l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero, il disposto della legge è osservato, a norma dell’art 71 cod. proc. civ., con la comunicazione degli atti all’ufficio competente del P.M., per consentirgli d’intervenire in giudizio con un proprio rappresentante; nessun ‘ altra comunicazione deve essere fatta a quell ‘ ufficio, che, nell ‘ esercizio delle facoltà e dei poteri di cui all ‘ art 72 cod. proc. civ., può intervenire alle udienze, dedurre prove, prendere conclusioni e proporre impugnazioni, senza, peraltro, che il mancato esercizio di tali poteri implichi la nullità delle udienze disertate dal PM o degli atti ai quali il medesimo non è intervenuto e delle sentenze pronunciate malgrado la mancanza di sue conclusioni (Cass. 04/06/1996, n. 5119; Cass. 16/12/2021 n. 40377).
3.1. Con il primo motivo di ricorso viene denunciata, ai sensi dell’art.360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt.2729 e 2697 cod. civ..
Il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere escluso la rilevanza degli elementi fattuali e probatori allegati al fine di rimuovere la piena prova ex art. 2700 cod. civ. del verbale di arresto e di dimostrare, al contrario, la falsità ideologica commessa dagli Ufficiali di
Polizia Giudiziaria; reputa che il mancato rinvenimento dei bossoli e dell’ arma avrebbe precluso la possibilità di fare menzione della circostanza dell’avvenuta esplosione di colpi d’arma da fuoco nel verbale d’arresto ; ribadisce la rilevanza degli esiti delle analisi balistiche e chimiche, che avevano evidenziato l’assenza di tracce di polvere da sparo sugli indumenti suoi e degli altri arrestati; evidenzia che tali indumenti non avrebbero potuto essere da loro ripuliti prima delle analisi, in considerazione dello stato di detenzione in cui si trovavano; sostiene che gli unici spari di cui era stata raggiunta la prova erano quelli posti in essere dai miliari, che avevano esploso colpi per uccidere e che, solo per giustificare tale gravissimo comportamento, avevano poi redatto il verbale d’arresto ideologicamente falso.
3.1.1. Il motivo è manifestamente inammissibile.
Esso, infatti, ad onta della formale intestazione, propone nella sostanza un’inammissibile rivalutazione de gli elementi di prova dedotti in giudizio ai fini dell’apprezzamento della falsità del verbale d’arresto , omettendo di considerare che l’accertamento delle circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie funzionali a tale accertamento sono attività riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass. 15 luglio 2009, n. 16499).
Il giudizio positivo o negativo in ordine alla falsità ideologica di un atto pubblico, in funzione della pronuncia di accoglimento o di rigetto delle querela di falso proposta per rimuovere l’effetto di piena prova da
esso prodotto in ordine alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, costituisce, infatti, l’oggetto di un apprezzamento di merito che, ove -come nella specie -sia stato debitamente motivato e svolto sulla base di premesse del tutto corrette in iure , è incensurabile in sede di legittimità, non potendo essere suscitata dalla Corte di cassazione una valutazione di fatto alternativa rispetto a quella compiuta dal giudice del merito.
Del tutto inconferenti sono, poi, i richiami all’art. 2729 cod. civ. (non potendosi reputare violati i criteri di inferenza della prova indiziaria, con riferimento ad una fattispecie in cui siano emerse presunzioni gravi, precise e concordanti, tra l’altro, in difetto dell’assoluzione dell’onere di corretta deduzione del vizio nel rispetto di criteri esattamente indicati da questa Corte, nel suo massimo consesso: Cass., Sez. Un., 24/01/2018, n. 1785, parr.4 ss. della motivazione) e all’ art. 2697 cod. civ. (la cui violazione è configurabile unicamente quando si contesti che il giudice del merito abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risultava gravata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla distinzione tra fatti costitutivi ed eccezioni, non anche quando, come nella fattispecie, si critichi, inammissibilmente, l’apprezzamento che il giudice stesso ha compiuto delle risultanze probatorie: cfr., ex multis , Cass. 29/05/2018, n. 13395 e Cass. 23/10/2018, n.NUMERO_DOCUMENTO).
Il primo motivo, dunque, va dichiarato inammissibile.
3.2. Con il secondo motivo viene denunciata, sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 89 cod. proc. civ..
La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui ha rigettato l’istanza di cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive asseritamente contenute nella comparsa conclusionale degli ufficiali di Polizia Giudiziaria convenuti.
Il ricorrente ribadisce che tali espressioni avevano carattere di offensività sia nei confronti delle persone degli attori che del loro difensore ed erano estranee all’oggetto della causa; chiede, inoltre, a questa Corte di legittimità « l’assegnazione di una somma a titolo di risarcimento danni ».
3.2.1. Anche questo motivo è manifestamente inammissibile.
Secondo il pacifico e consolidato orientamento di questa Corte, l’ apprezzamento del giudice di merito sul carattere sconveniente od offensivo delle espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all’oggetto della lite, nonché l’emanazione o meno dell’ordine di cancellazione delle medesime, a norma dell’art. 89 cod. proc. civ., integrano l’ esercizio di un potere discrezionale non censurabile in sede di legittimità (Cass. 05/06/2018, n.14364; Cass. 07/12/2020, n. 27935; Cass. 06/12/2021, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Al riguardo si è precisato che il potere del giudice di merito di ordinare la cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive utilizzate negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati davanti al giudice, costituisce un potere valutativo discrezionale volto alla tutela di interessi diversi da quelli oggetto di contesa tra le parti sicché, mentre resta censurabile in cassazione l’omessa pronuncia sull’istanza di cancellazione (Cass. 01/06/2022, n. 17914), allorché invece il giudice del merito eserciti il relativo potere, tale esercizio concreta lo svolgimento di una funzione ordinatoria e non decisoria, la quale si sottrae al sindacato di legittimità, e il relativo provvedimento, in caso
di reiezione dell’istanza di cancellazione, non è suscettibile di impugnazione (Cass. 03/12/2020, n. 27616).
In definitiva, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, stante l’ indefensio degli intimati vittoriosi.
Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione