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Querela di falso: inammissibile ricorso in Cassazione

Un cittadino ha presentato una querela di falso contro un verbale di arresto, sostenendo che attestasse falsamente l’esplosione di colpi d’arma da fuoco. Dopo il rigetto nei primi due gradi di giudizio, ha proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione delle prove e l’accertamento dei fatti relativi alla presunta falsità di un atto pubblico sono compiti esclusivi del giudice di merito e non possono essere riesaminati in sede di legittimità.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Querela di Falso: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La querela di falso è uno strumento cruciale nel nostro ordinamento per contestare la veridicità di un atto pubblico. Tuttavia, le vie per impugnare una decisione su tale querela sono ben definite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un verbale di arresto redatto da alcuni Ufficiali di Polizia Giudiziaria. Nel verbale si attestava che le persone arrestate avevano esploso colpi d’arma da fuoco all’indirizzo dei militari. Ritenendo tale circostanza non veritiera, uno degli arrestati avviava un procedimento civile con una querela di falso per dimostrare la falsità ideologica del verbale.

A sostegno della sua tesi, portava diversi elementi: il mancato ritrovamento di bossoli e dell’arma, e l’esito negativo delle analisi chimiche e balistiche che non avevano rilevato tracce di polvere da sparo sui suoi indumenti.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la querela. I giudici di merito ritenevano che gli elementi forniti non fossero sufficienti a provare la falsità, adducendo, tra le altre cose, che gli indumenti erano rimasti nella disponibilità degli arrestati per un certo periodo, consentendo potenzialmente la rimozione delle tracce.

La Decisione della Corte di Cassazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri principali, corrispondenti ai motivi di ricorso sollevati dal ricorrente.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla Querela di Falso

Il ricorrente lamentava la violazione delle norme sulla prova (art. 2697 c.c.) e sulle presunzioni (art. 2729 c.c.), sostenendo che i giudici di merito avessero erroneamente valutato gli indizi a sua disposizione.
La Cassazione ha chiarito che l’accertamento della falsità di un atto pubblico è una valutazione di merito. Questo significa che spetta esclusivamente al giudice del Tribunale e della Corte d’Appello analizzare le prove (documenti, testimonianze, perizie) e decidere se un fatto si è verificato o meno. Il ricorso in Cassazione, invece, è un giudizio di legittimità: il suo scopo è controllare la corretta applicazione delle norme di diritto, non riesaminare i fatti o dare una diversa interpretazione delle prove.

In altre parole, il ricorrente non stava contestando una errata applicazione di una legge, ma piuttosto l’apprezzamento che il giudice aveva fatto degli elementi probatori. Un simile motivo, secondo la Corte, si traduce in una inammissibile richiesta di rivalutazione del merito della causa, estranea ai poteri della Cassazione.

La Questione delle Espressioni Sconvenienti

Un secondo motivo di ricorso riguardava il rigetto, da parte della Corte d’Appello, dell’istanza di cancellazione di alcune espressioni ritenute offensive e contenute negli scritti difensivi della controparte. Anche su questo punto, la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile. La decisione di ordinare o meno la cancellazione di tali espressioni (ex art. 89 c.p.c.) rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere, finalizzato a tutelare interessi diversi da quelli oggetto della causa, non ha natura decisoria e, pertanto, il relativo provvedimento non è sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Chi intende promuovere una querela di falso deve essere consapevole che l’onere di fornire una prova rigorosa della falsità grava interamente sui primi due gradi di giudizio. Non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione come un’ulteriore opportunità per convincere un giudice della propria versione dei fatti. La Suprema Corte interviene solo per correggere errori di diritto, lasciando l’insindacabile apprezzamento delle prove ai giudici che hanno gestito l’istruttoria.

Posso ricorrere in Cassazione se non sono d’accordo su come un giudice ha valutato le prove in una querela di falso?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione degli elementi di prova e l’accertamento dei fatti sono compiti esclusivi dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso in Cassazione è inammissibile se mira a ottenere una nuova valutazione delle prove già esaminate.

Qual è il valore probatorio di un verbale di arresto redatto da pubblici ufficiali?
Un verbale di arresto è un atto pubblico e, come tale, fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Per superare tale efficacia probatoria è necessario intraprendere con successo il procedimento di querela di falso.

La decisione del giudice di non cancellare espressioni offensive da un atto processuale è contestabile in Cassazione?
No. Secondo la pronuncia, la decisione se cancellare o meno espressioni sconvenienti od offensive rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale provvedimento ha una funzione ordinatoria e non decisoria, e pertanto non è suscettibile di impugnazione in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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