Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28239 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28239 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27411/2024 proposto da:
COGNOME NOME, in proprio e quale legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOMENOME COGNOME e NOME COGNOME, per procura speciale in atti;
-ricorrenti –
-contro-
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappres. e di fesa dall’Avvocatura Generale dello Stato;
RAGIONE_SOCIALE, rappres. e difesa dall’AVV_NOTAIO, per procura speciale in atti;
-controricorrenti- avverso la sentenza n. 2970/2024, pubblicata in data 28.06.2024 emessa dall a Corte d’Appello di Napoli ;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/10/2025 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Con citazione notificata il 15/1/2013 NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli, l’RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, proponendo nei loro confronti querela di falso in via principale, ai sensi dell’art. 221 c .p.c., per far dichiarare la falsità dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale n. 76349160665-7 A.G. del 10.3.2010.
A sostegno della domanda l’attore disconosceva l’autenticità della sottoscrizione apposta a suo nome sull’avviso di ricevimento, affermando di non aver mai ricevuto tale atto.
Si costituivano tutti i convenuti che eccepivano il proprio difetto di legittimazione passiva e l’inammissibilità della querela .
Il Tribunale di Napoli, con sentenza emessa nel 2018, premettendo la legittimazione passiva dei soggetti convenuti e l’ammissibi lità della querela di falso, accertava la non autenticità della sottoscrizione apposta a nome dell’attore sull’atto contestato, dichiarando la falsità dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale oggetto di domanda.
Avverso tale sentenza proponeva appello principale l’RAGIONE_SOCIALE, mentre RAGIONE_SOCIALE proponeva appello incidentale, entrambi chiedendo la riforma della sentenza impugnata e il rigetto della querela di falso.
Con sentenza del 28.6.2024, la Corte territoriale accoglieva l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la querela di falso proposta da COGNOME NOME e dalla società RAGIONE_SOCIALE, con condanna alle spese, osservando che: era
corretto afferm are che l’esito del procedimento penale e le valutazioni espresse dal gip nell’ordinanza di archiviazione non fossero vincolanti in questa sede, ma è altrettanto vero che tali elementi potevano comunque essere valutati dal giudice civile unitamente alle altre prove agli atti; ebbene, l’esito del procedimento penale e le motivazioni alla bas e dell’archiviazione costituiva no un primo elemento per affermare l’autenticità della sottoscrizione contestata; al riguardo, a seguito della richiesta di archiviazione avanzata dal PM e della successiva opposizione presentata dallo COGNOME, il gip aveva ritenuto di dover archiviare il procedimento riconducendo alla mano del querelante la firma apposta sull’avviso di ricevimento; t ale conclusione era stata raggiunta sulla base RAGIONE_SOCIALE indagini svolte dalla Guardia di Finanza (consistite nell’escussione del dipendente RAGIONE_SOCIALE poste che aveva proceduto alla notifica, nell’acquisizione della distinta di recapito del 10.3.2010 e RAGIONE_SOCIALE copie degli atti), e del confronto con la sottoscrizione non contestata presente sull’altro avviso di ricevimento (n. NUMERO_DOCUMENTO) consegnato in pari data e riconosciuto come autentico dall’attore; le c onsiderazioni espresse dal gip erano condivisibili per un duplice ordine di ragioni; in primo luogo, era del tutto illogico ritenere che l’ufficiale postale avrebbe consegnato un solo avviso di ricevimento relativo alla cartella di pagamento di minore importo (€ 160.000), mentre non avr ebbe consegnato quello relativo alla cartella di importo maggiore (di € 522.726,51), falsificandone successivamente il contenuto al solo scopo di attestare la consegna di entrambi gli atti; in secondo luogo, andava evidenziato che l’esame visivo RAGIONE_SOCIALE firme apposte sui due avvisi di ricevimento rendeva evidente la sostanziale analogia del tratto grafico RAGIONE_SOCIALE due sottoscrizioni e in particolare RAGIONE_SOCIALE lettere iniziali del doppio cognome, motivo per il quale le due firme apparivano chiaramente vergate da
un’unica mano in entram bi gli avvisi di ricevimento; la consulenza svolta in primo grado dall’ausi liario nominato dal Tribunale aveva omesso di effettuare una comparazione RAGIONE_SOCIALE firme apposte sui due avvisi di ricevimento del 10.3.2010 mentre il saggio grafico reso innanzi al perito, con la firma apposta dallo COGNOME al l’udienza del 05 dicembre 2013 innanzi al giudice, non era stato effettuato con riguardo al la firma apposta sull’avviso di ricevimento n. 76349160666 -8; era noto, infatti, che la contestualità tra le firme da comparare costituiva un elemento decisivo per l’attendibilità dell’analisi grafologica in quanto la grafia umana varia notevolmente nel tempo; per questo le conclusioni raggiunte dal c.t.u., poste dal Tribunale a fondamento dell’accog limento della querela, non erano da ritenere attendibili e non consentivano di affermare la falsità della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento oggetto di causa; né a diversa conclusione si poteva pervenire in base alle prove testimoniali, in quanto il primo testimone, COGNOME NOME, era il figlio dell’attore nonché suo collaboratore nell’attività imprenditoriale (come da lui stesso dichiarato in udienza), ciò che lo rendeva del tutto inattendibile in quanto era evidente che il testimone aveva un interesse diretto e concreto nel rendere una dichiarazione favorevole al padre, anche allo scopo di evitare il pagamento dell’ingente importo del debito verso l’erario che avrebbe non solo pregiudicato il patrimonio della società paterna, ma anche potuto mettere in pericolo la sua attività di collaborazione nell’impresa fa miliare; ugualmente inattendibile era la dichiarazione resa nel giugno 2016 da NOME COGNOME, dipendente dell’attore dal 2007 al 2015, il quale stranamente aveva ricordato perfettamente che il 10.3.2010 vide un postino fare firmare allo NOME AVV_NOTAIO una sola raccomandata, mentre non aveva saputo indicare i
nomi degli altri colleghi presenti quel giorno insieme a lui al banco di lavoro.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME ricorrono in cassazione, avverso la suddetta sentenza con quattro motivi, illustrati da memoria.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE resistono con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia nullità della sentenza per violazione degli artt.111 Cost., 113, 115, 116 e 132, co.1, n. 4, c.p.c., 2727, 2729 e 2697 cc, per omessa e/o apparente e/o insufficiente motivazione, avendo la Corte d’appello deciso sulla base di soli due elementi probatori, tra quelli complessamente acquisiti (le risultanze RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari disposte dal gip nel giudizio penale e svolte dalla Guardia di Finanza e l’esame visivo’, posto in essere da parte della stessa Corte).
Con il secondo motivo si denunzia la nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 5 c.p.c., per la omessa disamina di fatti decisivi ampiamente analizzati e discussi anche nel giudizio di primo grado, costituiti specificamente dalle risultanze della c.t.u. espletata in primo grado di natura percepiente e pertanto assunta al rango di fonte oggettiva di prova, disattesa dai giudici di seconde cure.
Il terzo motivo deduce nullità della sentenza per violazione e/o errata applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di cui all’art. 115, co. 1, 116 co. 1, 132, n. 4 c.p.c. e 2697 c.c. per omesso e/o errato esame e valutazione degli atti e dei documenti offerti in produzione dal ricorrente e specificamente della c.t.p.
In particolare, il ricorrente lamenta che: se la Corte di Appello avesse considerato di esaminare tale elaborato e di prendere in esame le
risultanze istruttorie prodotte in primo grado, invece di porre in essere il suo mero ‘esame visivo’ RAGIONE_SOCIALE due firme succitate, avrebbe potuto apprezzare le evidenti e sostanziali incompatibilità tra le stesse come evidenziato nella consulenza di parte; il giudice di seconde cure non aveva motivato circa la valutazione dei documenti e RAGIONE_SOCIALE risultanze peritali, che dovevano invece tenersi in debita considerazione ai fini del decidere con ciò incorrendo nel vizio motivazionale qui censurato, con motivazione solo apparente e senza spiegare le ragioni per le quali la richiamata documentazione, nonostante la sua pertinenza e rilevanza, non era stata ritenuta probante.
Il quarto motivo deduce nullità della sentenza con riferimento alla violazione degli artt. 113, 115 e 116, 132, 2c. n.4 e 196 c.p.c. nonché 2697, 2727, 2729 C .C. e 111 Cost., per aver la Corte d’appello riformato la sentenza del Tribunale, che aveva riconosciuto la falsità della sottoscrizione apparentemente riferita allo COGNOME, semplicemente dando atto della mancata condivisione RAGIONE_SOCIALE motivazioni del Tribunale
I primi due motivi, tra loro connessi, sono inammissibili per la loro inerenza al merito.
Invero, il giudice d’appello, sia pure con l’obbligo di motivare adeguatamente, secondo un tipico apprezzamento di fatto, il suo disaccordo dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio del primo grado, non è tenuto a disporre una nuova consulenza, se non condivide le conclusioni del detto ausiliare; deve, tuttavia, prendere in considerazione i rilievi tecnico-valutativi mossi dall’appellante alle valutazioni di ugual natura contenute nella sentenza impugnata. La decisione, anche implicita, di non disporre una nuova indagine non è sindacabile in sede di legittimità qualora gli elementi di convincimento per disattendere la richiesta di rinnovazione della consulenza formulata
da una RAGIONE_SOCIALE parti siano stati tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e ritenute esaurienti dal giudice con valutazione immune da vizi logici e giuridici (Cass., n. 25569/2010; n. 5148/2011).
Nel nostro ordinamento vige il principio “judex peritus peritorum”, in virtù del quale è consentito al giudice di merito disattendere le argomentazioni tecniche svolte nella propria relazione dal consulente tecnico d’ufficio, e ciò sia quando le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie, sia quando il giudice sostituisca ad esse altre argomentazioni, tratte da proprie personali cognizioni tecniche. In ambedue i casi, l’unico onere incontrato dal giudice è quello di un’adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto (Cass., n.17757/2014; n. 200/2021; n. 36638/2021).
Ora, nel caso concreto, la Corte territoriale ha esaustivamente argomentato circa la questione della querela di falso, decidendo sulla base di argomentazioni contrapposte a quelle a sostegno della c.t.u. (sebbene non abbia fatto espressamente riferimento agli argomenti adoperati nella consulenza d’ ufficio), attinte dalle indagini della Guardia di Finanza ne dalla predetta prova testimoniale.
Pertanto, la decisione impugnata avrebbe potuto essere criticata per vizio motivazionale , diversi da quello dell’apparenza della motivazione, mentre i due motivi tendono a provocare un nuovo apprezzamento dei documenti e dei mezzi di prova acquisiti.
Il terzo e quarto motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono del pari inammissibili.
La consulenza di parte, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, con la conseguenza che il giudice di merito, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base
del proprio convincimento considerazioni con esso incompatibili e conformi al parere del proprio consulente (Cass., n. 9483/2021; n. 2063/2010).
In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, RAGIONE_SOCIALE prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., n. 6774/2022). Nel caso concreto, come detto, la Corte d’appello ha fornito chiara motivazione sull’autenticità della sottoscrizione oggetto di querela di falso, attraverso una complessiva valutazione degli elementi di prova raccolti, ritenendo di valorizzarne alcuni a differenza di altri (come, per esempio, con riguardo alle prove testimoniali), anche sulla base di una propria valutazione ‘visiva’ RAGIONE_SOCIALE firme apposte sugli avvisi di ricevimento; tale complessiva valutazione è incompatibile con le conclusioni alle quali sono pervenuti c.t.u. e c.t.p, ma su ciò la Corte territoriale ha ampiamente argomentato.
Al riguardo, giova osservare che il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza
giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., n. 32505/2023).
In definitiva, la decisione impugnata è immune da vizi, essendo correttamente fondata sull’esame e sulla valutazione di elementi probatori disponibili, di cui si è tenuto conto con chiara ed insindacabile motivazione.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio che liquida nella somma di euro 5.000,00 oltre, per RAGIONE_SOCIALE, a euro 200,00 per esborsi, e alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali, iva ed accessori di legge, e, per l’RAGIONE_SOCIALE, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile del 7 ottobre 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME