Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23387 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23387 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24395-2020 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME in proprio e nella qualità di erede di COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 204/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 16/07/2019 R.G.N. 430/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenze n. 338/2018, n. 339/2018, n. 340/2018 e n. 341/2018 il Tribunale di Ascoli Piceno aveva rigettato le
Oggetto
Opposizione a decreto ingiuntivo
R.G.N. 24395/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 25/03/2025
CC
quattro opposizioni proposte da COGNOME NOME ad altrettanti decreti con i quali, su richiesta di ognuno dei quattro attuali controricorrenti, il medesimo Tribunale aveva a lui ingiunto il pagamento di somme da loro ritenute dovute in base ad una scrittura privata in data 20.7.2005, sottoscritta, oltre che dagli stessi opposti, dal COGNOME.
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Ancona, previa riunione dei procedimenti relativi agli appelli proposti dal COGNOME contro dette quattro sentenze, respingeva tali appelli e confermava le sentenze impugnate.
Per quanto qui interessa, il COGNOME nell’opporsi ai decreti ingiuntivi, tra l’altro aveva disconosciuto, a norma degli artt. 214 c.p.c. e 2719 c.c., la conformità all’originale della scrittura prodotta in copia informe dalle controparti.
3.1. I giudizi di opposizione a quei decreti, iniziatisi nel 2007, erano stati però sospesi in attesa dell’esito del procedimento penale instaurato a seguito di denuncia-querela presentata dal COGNOME; procedimento che vedeva imputati tutti gli attuali controricorrenti in questa sede per avere in concorso tra loro falsificato o fatto falsificare appunto la cennata scrittura privata in data 20.7.2005, da loro posta a fondamento delle rispettive istanze monitorie.
3.2. Con sentenza n. 537/2012 il Tribunale di Ascoli Piceno, sulla base della perizia grafotecnica espletata, mandava assolti gli imputati perché il fatto non sussiste dal delitto loro ascritto e, per quanto qui interessa, riteneva la paternità della sottoscrizione presente nella ridetta scrittura privata in capo al COGNOME; tale sentenza era poi confermata dalla Corte d’appello di Ancona con sentenza n. 4001/2015, che diveniva
irrevocabile, essendo stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso quest’ultima con provvedimento di questa Corte in data 9.5.2018.
Nella sentenza oggetto del ricorso in esame, la Corte territoriale dava conto di quanto considerato e deciso dal primo giudice, il quale, tra l’altro, aveva rilevato l’inammissibilità della querela di falso circa la medesima scrittura privata del 20.7.2005, proposta dal COGNOME per asserito riempimento abusivo di foglio firmato in bianco, e riferiva quindi i sette motivi d’appello dallo stesso formulati rispetto alla sentenza di primo grado.
Ebbene, la Corte giudicava infondato anzitutto il settimo motivo di gravame, poiché, nella fattispecie in esame, la querela di falso, proposta in via incidentale nel giudizio di primo grado e ribadita in appello in relazione al contenuto sostanziale della scrittura in questione (asseritamente confezionata mediante abusivo riempimento di foglio rilasciato interamente in bianco), sempre come ipotesi subordinata al mancato riconoscimento della falsità della sottoscrizione, era irrimediabilmente nulla per vi olazione dell’art. 221, comma secondo, c.p.c. per carenza del requisito essenziale della indicazione degli elementi e delle prove della falsità.
Secondo la Corte, la dichiarata nullità della querela di falso rendeva, di conseguenza, inammissibile ed irrituale il quinto motivo di gravame, considerato che la prova articolata in primo grado dall’opponente circa l’eventuale abuso di foglio firmato in bianco in tanto sarebbe stata ammissibile in quanto -una volta ammessa la querela -fosse effettivamente dedotta nel giudizio devoluto al Tribunale in composizione collegiale,
chiamato a decidere sulla querela di falso; il che non ricorreva nella specie.
La Corte giudicava infondato il terzo motivo di gravame in quanto la sottoscrizione era stata dichiarata autentica con sentenza penale passata in giudicato.
Inoltre, disattendeva anche il secondo, il quarto ed il sesto motivo d’appello, esaminati congiuntamente, perché la scrittura privata in contestazione conteneva un chiaro riconoscimento del debito retributivo con contestuale promessa di pagamento e contestuale qualificazione dei rapporti stagionali in termini di lavoro subordinato.
8.1. Aggiungeva in proposito la Corte che, essendo pacifico che ciascuna parte appellata, nelle stagioni di riferimento, aveva lavorato nello stabilimento balneare gestito dal COGNOME, considerato che i fatti costitutivi del credito di ciascuno alle rispettive differenze retributive erano stati indicati in modo specifico nella scrittura privata in contestazione (vale a dire, i periodi lavorati, le rispettive mansioni di fatto svolte, unitamente alla copertura amministrativa mediante contratto di associazione in partecipazione), alle dichiarazioni contenute nella scrittura, di cui riportava un passo testuale, sfavorevoli per il COGNOME e favorevoli alle posizioni delle sue controparti, doveva essere attribuita natura essenzialmente confessoria.
Infine, la Corte reputava inammissibile il primo motivo di gravame, considerato che la deduzione di incompatibilità delle collaborazioni dei lavoratori con la configurazione dell’associazione in partecipazione non figurava in una delle rationes decidendi della sentenza impugnata.
Avverso tale decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Gli intimati resistono con unico controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo ex art. 360 n. 3 e n. 5, c.p.c., denunciando ‘violazione di legge in particolare art. 2697 cod. civ., 221 cod. proc. civ.; omesso esame su punto decisivo per la controversia, il ricorrente intende censurare la sentenza di secondo grado per aver rite nuto l’inammissibilità della querela di falso: non sussistendo alcuna contraddizione fra il disconoscimento della firma e l’eccezione di abusivo riempimento di foglio firmato in bianco, e non vi sono carenze nella indicazione degli elementi e prove della falsità, dove anzi si dettagliano carattere e modalità del falso mediante utilizzo e riempimento abusivo di foglio firmato in bianco; giungendosi alla decisione sul solo fondamento di un scrittura della quale non vi è né vi può essere certezza in ordine all a autenticità’.
Con un secondo motivo ex art. 360 n. 3 e 5, c.p.c., denunciando ‘violazione di legge in particolare art. 2697 cod. civ., 221 cod. proc. civ.; omesso esame su un punto decisivo per la controversia, il ricorrente intende censurare la sentenza di secondo g rado per aver ritenuto l’impossibilità di valutare nel merito la sussistenza di un falso, ed avere dunque deciso sulla scorta di un documento che non poteva essere considerato ‘prova’. Nel processo, l’unica prova del fatto costitutivo dei resistenti consiste nella scrittura privata 20.7.2005, senza alcun approfondimento istruttorio sulla natura dei contratti, sull’effettiva prestazione di attività lavorativa, e di natura
subordinata, con palese violazione del riparto dell’onere probatorio: relativo al fatto di avere lavorato per molti anni senza mai percepire un solo centesimo; il tutto, nella mera apodittica asserzione della sussistenza di rapporti di lavoro subordinato, smentiti peraltro dalla documentazione prodotta, attinente (anche) a giudicati di Tribunale del Lavoro: venendo meno, di conseguenza, il presupposto della pretesa monitoria, quello della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato’.
Con un terzo motivo ex art. 360 n. 3 e 5, c.p.c., denunciando ‘violazione di legge in particolare artt. 1987, 1988, 1965, 2697 cod. civ., 221 cod. proc. civ.; omesso esame su un punto decisivo per la controversia, il ricorrente intende censurare la sentenza di secondo grado per avere ritenuto la valenza probatoria della scrittura privata 20.7.2005, conferendole natura confessoria senza alcuna configurazione giuridica e scrutinio sulla validità della stessa’.
Con il quarto motivo ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., denunciando ‘violazione di legge in particolare art. 2697 cod. civ., 221 cod. proc. civ.; omesso esame su un punto decisivo per la controversia, il ricorrente intende censurare la sentenza di secondo gra do per avere ritenuto inammissibile l’eccezione di abusivo riempimento di foglio firmato in bianco per la mancata indicazione del contesto cronologico-relazionale in cui sarebbe avvenuta la consegna del foglio firmato in bianco, ed avere dunque ritenuto piena efficacia di prova documentale ad una scrittura privata dal contenuto assurdo e sgrammaticato infarcito da strafalcioni mai riferibili al prof. COGNOME e da qualificazioni giuridiche assurde dopo aver sostenuto giudizi per confermare i rapporti di a ssociazione in partecipazione’.
I motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che, attraverso la mescolanza e la sovrapposizione di ragioni tra loro eterogenee, prospetti relativamente alla medesima questione motivi di censura tra di loro incompatibili come avviene per i motivi di ricorso di cui ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., il primo dei quali presuppone la non contestazione della ricostruzione fattuale mentre il secondo contesta proprio tale ricostruzione sulla base della non completa istruzione probatoria (così, ex plurimis , Cass. n. 1859/2021; n. 14634/2020; n. 10212/2020). Difatti, in seno al medesimo motivo di ricorso non possono coesistere censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità, così che non risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure (Cass. n. 12625/2020).
Ebbene, tutti e quattro i motivi del ricorso in esame -preceduti, per giunta, da parte dell’atto dedicata più che ad una ‘sommaria esposizione dei fatti di causa’ (ex art. 366, comma primo, n. 3), c.p.c.) ad una lunga serie di commenti e apprezzamenti (v. pagg. 6-15 del ricorso) -fanno promiscuamente riferimento ai differenti mezzi rispettivamente previsti dal n. 3) e dal n. 5) del primo comma dell’art. 360 c.p.c.
Peraltro, l’ ‘omesso esame su un punto decisivo per la controversia’, dedotto in tutti i motivi, almeno in parte sembra fare riferimento al previgente testo del n. 5) cit. (quello tuttora vigente attiene piuttosto a ‘omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’) e in parte qua , in ogni caso, le censure s’imbatterebbero nella preclusione di cui all’art. 348 ter, commi quarto e quinto, c.p.c., in caso di c.d. ‘doppia conforme’ (la sentenza d’appello ha integralmente confermato le quattro sentenze di primo grado impugnate).
Con precipuo riferimento, poi, al primo motivo, come già riportato in narrativa, la Corte territoriale ha giudicato nulla la querela di falso proposta dall’attuale ricorrente in relazione all’art. 221, comma secondo, c.p.c., a termini del quale detta querela deve anzitutto contenere, a pena appunto di nullità, ‘l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità …’.
Ebbene, il ricorrente prende in considerazione soltanto taluni passaggi del ragionamento decisorio della Corte territoriale in proposito (v. pag. 16 del ricorso), trascurandone la completa motivazione a riguardo (espressa ai § 10.1-10.6. tra la pag. 7 e la pag. 8 dell’impugnata sentenza).
12.1. Per altro verso, il ricorrente crede di poter omettere ‘la trascrizione della querela’ (della quale neppure sono riportati in ricorso i passi giudicati significativi) (così a pag. 17 del ricorso), e piuttosto prosegue nei suoi commenti ed apprezzamenti, nei quali si riferisce anche ad un ‘parere tecnico della dr. NOME COGNOME, grafologa giudiziaria’ (documento che, per giunta, specifica non essere prodotto in questa sede).
Alle già dirimenti ragioni d’inammissibilità sopra illustrate, per il secondo motivo deve aggiungersi che il suo non chiaro svolgimento sembra risolversi in una non consentita
critica dell’apprezzamento probatorio operato dai giudici di merito, facendosi, tra l’altro, riferimenti, peraltro piuttosto oscuri, a dei contratti di associazione in partecipazione e a sentenze rese in procedimenti con degli enti previdenziali (cfr. pagg. 24-25 del ricorso).
Salvi sempre i preliminari rilievi d’inammissibilità, il terzo motivo è inammissibile anche per ulteriori ragioni.
14.1. Il ricorrente, infatti, si limita a richiamare in ricorso (a pag. 28) taluni brevi stralci della scrittura privata del 20.7.2005, per sostenere la propria tesi che quest’ultima avesse il contenuto di un contratto, e non di (suoi) atti unilaterali.
In ogni caso, trascura di considerare che anche la Corte di merito ha chiaramente riconosciuto la natura contrattuale della scrittura in questione, tanto che ne ha richiamato specifiche clausole, ha parlato a proposito di essa come di un ‘accordo già concl uso’, ed ha citato un passo del suo testo che si apre con la locuzione ‘si conviene’ (v. in extenso pagg. 910 dell’impugnata sentenza).
Del resto, il ricorrente neppure deduce perché un atto di natura contrattuale non possa recare in sé un complesso contenuto di riconoscimento di debito, con contestuale promessa di pagamento, da parte del COGNOME, di altrettanto ‘contestuale qualificazio ne dei rapporti di lavoro stagionale in termini di lavoro subordinato’, e di confessione da parte del COGNOME, segnatamente quanto all’essere ‘riconosciuti fittizi tra le parti’ i contratti di associazione in partecipazione intercorsi tra le stesse, come motivatamente ritenuto dalla Corte (v. §§ 13.1-13.4. alle pagg. 9-10 della sua sentenza).
Oltre che per le ragioni valevoli per tutte le censure in esame, il quarto motivo è inammissibile per ulteriore ragione.
15.1. Vi è censurato soprattutto il passaggio motivazionale in cui la Corte d’appello ha considerato: ‘10.4. Al di là di siffatta contraddizione, non componibile logicamente, va rilevato come l’opponente -querelante non indichi il contesto cronologicorelazionale in cui sarebbe avvenuta la consegna del foglio firmato in bianco; il che impedisce alla controparte di articolare prova contraria per dimostrare ed eventualmente, escludere che il fatto denunciato possa essersi verificato nel suo effettivo accadimen to materiale (ad esempio, alibi o altro accidente)’. In particolare, a detta del ricorrente tale motivazione ‘appare generica e inconsistente’ e ‘di difficile interpretazione’ (così a pag. 36 del ricorso).
Ebbene, a prescindere dal rilievo che tale passo è perfettamente comprensibile, esso fa sempre parte della più ampia motivazione resa dalla Corte di merito per spiegare che ‘l’estrema genericità delle circostanze degli elementi di fatto e delle prove della falsità rende nulla la querela di falso proposta nel giudizio di primo grado e ribadita in appello’; motivazione di cui s’è già detto nell’esaminare il primo motivo di ricorso.
In ogni caso, le singolari considerazioni che ora svolge il ricorrente finiscono col convalidare la bontà di rilievi e conclusioni della Corte di merito.
17.1. Invero, tra l’altro, asserisce che: ‘1) è possibile (perché non è contestabile, e non è contestato) che COGNOME NOME avesse fogli firmati in bianco da COGNOME; 2) è quindi possibile che egli ne abbia abusato in danno di COGNOME; …’ (così a pag. 36 del ricorso).
17.2. Insomma, secondo il ricorrente -dopo che durante il primo grado dei giudizi di opposizione si era formato il giudicato in sede penale circa l’assenza di una falsificazione materiale (da lui denunciata) della scrittura privata del 20.7.2005 quanto alla sottoscrizione del COGNOME -la querela di falso ancora da lui percorsa in sede civile, in chiave questa volta di abusivo riempimento di foglio firmato in bianco (a quanto pare absque pactis ), sarebbe valida perché tale abusivo riempimento in base a q uanto da lui rappresentato sarebbe stato ‘possibile’.
Comunque, tale censura è inammissibile anche perché si diffonde in un ulteriore apprezzamento delle risultanze processuali (cfr. in particolare pagg. 37-47 del ricorso), senza fare, però, il benché minimo richiamo testuale alla scrittura privata oggett o di querela, il cui ‘contenuto’ è nondimeno giudicato ‘assurdo e sgrammaticato infarcito di strafalcioni mai riferibili al prof. COGNOME e da qualificazioni giuridiche assurde dopo aver sostenuto giudizi per confermare i rapporti di associazione in par tecipazione’. Soprattutto, come già notato, il ricorrente anche in questo motivo, come nel primo, neanche precisa quali proprie deduzioni nell’atto processuale contenente la querela di falso in chiave di abuso di foglio firmato in bianco sarebbero state in grado di soddisfare gli oneri di allegazione a carico del querelante, sanciti a pena di nullità dall’art. 221, comma secondo, c.p.c., cioè, l’onere d’ ‘indicazione degli elementi e delle prove della falsità’.
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 7.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 25.3.2025.