Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14457 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14457 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3792/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li rappresenta e difende
– resistenti e ricorrenti incidentali- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 93/2016 depositata il 08/01/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorso riguarda la sentenza della Corte d’appello di Roma che ha riformato la decisione con cui il locale Tribunale – ritenendo falsa la sottoscrizione, apparentemente apposta dal Pacifici, sugli avvisi di ricevimento di tre raccomandate a/r inviate per posta a completamento della procedura ex art. 140 c.p.c. di notifica di tre avvisi di accertamento tributari nei confronti della società da parte dell’Agenzia delle Entrate) e, quindi, ritenuto la «falsità parziale » degli avvisi di ricevimento stessi nella parte in cui attestavano l’avvenuta consegna delle raccomandate al sig. COGNOME nella qualità di legale rappresentante della società.
2.- Il Tribunale -ricostruito in fatto il procedimento notificatorio compiuto ex art. 140 c.p.c. con il deposito degli atti presso la casa comunale -ha ritenuto che detta falsità fosse desumibile dall’apposizione sugli avvisi di ricevimento delle raccomandate nell’apposito spazio della firma – di una sigla « da parte di una persona rimasta ignota, ma comunque riconducibile all’Agenzia delle Entrate» ; ha, invero, ritenuto decisiva la circostanza dell’avvenuta riconsegna al mittente (Agenzia delle Entrate) delle tre raccomandate per compiuta giacenza, e che l’abusivo riempimento degli avvisi fosse stato compiuto appunto da persona « rimasta ignota, ma comunque riconducibile all’Agenzia delle Entrate» al momento delle trasmissione – decorso il termine di compiuta giacenza -delle buste contenenti gli atti notificati all’Agenzia stessa (” in tale fase sì deve presumere che è stata apposta, con una prassi da reputarsi almeno non opportuna, una firma in forma dì sigla dal funzionario ricevente a conferma della eseguita restituzione all’ufficio anzidetto della documentazione del procedimento notificatorio svoltosi ai sensi dell’art. 140 c.p.c.” ). Ha quindi:
dichiarato la falsità parziale degli avvisi di ricevimento delle tre raccomandate nel limite della apparente attestazione della consegna al destinatario COGNOME NOMECOGNOME
accertato che il procedimento notificatorio non poteva ritenersi aver, prodotto i suoi effetti giuridici;
respinto le domande proposte contro Poste Italiane e contro il MEF;
condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese in favore degli attori, compensandole tra le altre parti.
2.- La Corte d’appello -adita dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero delle Finanze per la riforma della sentenza gravata, previa declaratoria del difetto di legittimazione passiva del Ministero, ha accolto il gravame considerando che:
(i) in tema di notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., la raccomandata cosiddetta «informativa» -poiché non tiene luogo dell’atto da notificare, ma contiene la semplice «notizia» del deposito dell’atto stesso nella casa comunale- non è soggetta alle disposizioni di cui alla l. 20 novembre 1982 n. 890, sicché occorre per la stessa rispettare solo quanto prescritto dal regolamento postale per la raccomandata ordinaria (cita Cass. n. 26864/2014 che nell’enunciare l’anzidetto principio ha escluso che la mancata specificazione, sull’ avviso di ricevimento, della qualità del consegnatario e della situazione di convivenza o meno con il destinatario determinasse la nullità della notificazione);
(ii) pertanto, nella specie le raccomandate c.d. «informative» potevano essere consegnate non soltanto al Pacifici quale soggetto «destinatario», bensì anche ad altra persona legittimamente autorizzata a riceverle; dall’altro non sussisteva alcun obbligo legale (in capo al dipendente delle Poste, incaricato) di redigere gli avvisi di ricevimento delle raccomandate con esplicitazione delle attività compiute, ovvero con identificazione della persona del
ricevente e con menzione del rapporto intercorrente tra la stessa ed destinatario;
(iii) l a circostanza che gli avvisi non fossero stati sottoscritti dal COGNOME appariva, quindi, del tutto irrilevante, in quanto quest’ultimo, per privarli di efficacia probatoria nei propri confronti, avrebbe dovuto dimostrare non soltanto di non averli ricevuti lui, ma che nessun altro soggetto (a lui riconducibile, poiché’ a suo nome legittimato a riceverli) li avesse in effetti ricevuti; cio’ in quanto la firma che si assume falsa era vergata sotto la dicitura « firma per esteso del ricevente » e quest’ultimo poteva ben essere, appunto, uno dei soggetti legittimati a ricevere le raccomandate ai sensi degli arti. 32 e 39 del citato DM, non essendo viceversa presente sui predetti avvisi alcuna attestazione di avvenuta consegna al «destinatario»;
(iv) la querela di falso appariva, quindi, inammissibile ed irrilevante al fine di invalidare il procedimento di recezione della raccomandata e la complessiva procedura di notifica degli avvisi ex art. 140 c.p.c. ed in ogni caso infondata, stante il mancato assolvimento, da parte del Pacifici, dell’onere della prova circa l’insussistenza – nelle dedotte circostanze di tempo e di luogo delle persone legittimate a ricevere le raccomandate;
(v) tantomeno potevano trarsi dall’istruttoria esperita elementi probatori di sorta da cui potersi evincere che le false sottoscrizione fossero state apposte da parte « di una persona rimasta ignota, ma comunque riconducibile all’Agenzia delle Entrate »;
(vi) l’ulteriore questione (difetto di legittimazione passiva del Ministero) doveva ritenersi assorbita.
3.- Avverso detta sentenza la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi di ricorso; hanno resistito l’Agenzia delle Entrate e il Ministero dell’Economia e della Finanze che hanno proposto, altresì, ricorso incidentale con un motivo. Il Procuratore Generale ha
depositato memoria chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso proposto contro il Ministero dell’economia e delle finanze e di respingere il ricorso proposto contro l’Agenzia delle entrate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo di ricorso denuncia ex art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c. violazione del riparto di giurisdizione tra giudice tributario (giudice del giudizio principale) e giudice ordinario (giudice della querela), laddove la Corte territoriale avrebbe valutato la irrilevanza della querela di falso agli effetti di invalidare il procedimento di ricezione della raccomandata e, quindi, la complessiva procedura di notifica degli avvisi di accertamento, dal momento che il giudizio sulla rilevanza della questione competeva al primo e non al secondo giudice. Osserva la ricorrente che la questione della rilevanza della querela di falso agli effetti di invalidare il procedimento di ricezione delle raccomandate e quindi della complessiva procedura di notifica degli avvisi, era già stata valutata (positivamente) dalla Commissione Tributaria, che ha sospeso i relativi procedimenti in attesa della definizione del procedimento per querela di falso (che compete al giudice ordinario) e del passaggio in giudicato della relativa sentenza; quindi non spettava alla Corte d’appello statuire su detta rilevanza, come chiarito Cass. n. 5102/2015, secondo cui « (… ) La questione della rilevanza dell’eventuale falsità del documento, impugnato con la querela in via incidentale, di cui all’articolo 221 c.p.c., ai fini della ·decisione di merito è devoluta al giudice della causa principale, non a quello della querela, il cui unico compito consiste nell’affermare o negare la falsità dell’atto ».
2.- Il secondo motivo denuncia ex art.360, comma 1 n. 4 c.p.c. la nullità della sentenza o del procedimento, per violazione dell’art.112 c.p.c. e del c.d. principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in quanto la Corte territoriale, valutando la rilevanza della querela di falso proposta in via incidentale, avrebbe
deciso una questione estranea al thema decidendum e al thema probandum della controversia devoluta alla sua cognizione, incorrendo in vizio di extrapetizione.
La Corte di merito si sarebbe spinta sino a ricostruire il regime giuridico applicabile alla notifica degli avvisi di accertamento e a valutare l’efficacia, il perfezionamento e la validità del processo notificatorio degli atti impugnati dinanzi al giudice tributario, laddove detta ricostruzione era operazione logica ultronea per decidere la querela di falso; d’altronde, la Corte d’appello avrebbe deciso senza disporre degli elementi necessari per affrontare il profilo della rilevanza e partendo logicamente dall’assunto che gli atti fossero stati spediti all’indirizzo corretto, ignorando che nei procedimenti dinanzi al giudice tributario era stata eccepita l’erroneità dell’indirizzo cui erano stati recapitati i plichi, non coincidente con quello di effettiva residenza del sig. COGNOMEbenchè, in realtà, nel ricostruire il giudizio innanzi alla Commissione Tributaria la ricorrente stessa afferma che la notifica era avvenuta all’indirizzo corretto essendo errato solo il numero dell’interno presso il quale il sig. COGNOME aveva il proprio domicilio; contesto di fatto che rendeva del tutto ultroneo e inconferente il fatto -considerato ai fini della declaratoria di irrilevanza della querela -che la sottoscrizione per ricevuta ben avrebbe potuto provenire da altri soggetti legittimati a ricevere l’avviso nel domicilio del destinatario, giacché -appunto- la spedizione non era stata effettuata nei luoghi di cui all’art.139 c.p.c.; tanto che solo l’eventualità che a ritirare l’avviso di spedizione fosse stato il sig. COGNOME in persona avrebbe potuto sanare la notificazione nulla in ragione della raggiunta effettiva conoscenza (o potenziale conoscibilità dell’atto notificato); donde la ritenuta rilevanza nel giudizio principale della querela, ammessa, infatti, dal giudice tributario con conseguente sospensione del giudizio in corso.
3.- Il terzo motivo denuncia ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. nullità della sentenza o del procedimento, in quanto la Corte territoriale avrebbe erroneamente considerato inammissibile la querela proposta, per l’inidoneità della relativa domanda -quand’anche accolta – ad orientare le sorti dei giudizi di merito pendenti dinanzi a giudice tributario; la Corte d’appello avrebbe confuso l’irrilevanza della questione, con l’ammissibilità della domanda per sussistenza dell’interesse ad agire ex art.100 c.p.c., laddove al fine di valutare la sussistenza o l’insussistenza dell’interesse ad agire nell’ambito della querela proposta in via incidentale, il giudice della querela avrebbe dovuto limitarsi a controllare che: a) sulla genuinità del documento impugnato fosse insorta contestazione nell’ambito di un determinato giudizio; b) fosse stato fatto uso del documento; c) il documento stesso fosse idoneo a costituire prova contro l’istante. Ed essendo tali presupposti tutti ricorrenti nel caso di specie, la Corte territoriale avrebbe erroneamente considerato insussistente l’interesse ad agire per proporre querela di falso.
4.- Il quarto motivo denuncia ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in quanto la Corte territoriale, avrebbe omesso di considerare la ‘ restituzione degli avvisi al mittente per compiuta giacenza, con sottoscrizione apposta da un non meglio identificato funzionario dell’Agenzia delle Entrate ‘ : invero in tal senso si era convinto il giudice nel giudizio di primo grado, ritenendo raggiunta la prova che la firma apposta sugli avvisi di spedizione fosse quella del funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Roma 4 abilitato al ritiro della corrispondenza, che, impropriamente ed inopinatamente, aveva apposto il proprio gruppo firma nello spazio deputato alla sottoscrizione del destinatario, con la conseguenza che – in apparenza – l’avviso sembrava essere stato sottoscritto proprio dal soggetto destinatario ovvero da altro
soggetto abilitato al ritiro; e perciò aveva erroneamente concluso che la querela era irrilevante perché il COGNOME -per invalidare il procedimento di notificazione -‘ avrebbe dovuto dimostrare non soltanto di non averli ricevuti lui, ma che nessun altro soggetto (a lui riconducibile, poiché a sua nome legittimata a riceverli) li avesse in effetti ricevuti “.
I primi tre motivi posson essere esaminati congiuntamente riferendosi tutti vizi in procedendo connessi.
La ricorrente denuncia la violazione del riparto di giurisdizione (primo mezzo), la nullità della sentenza o del procedimento per extrapetizione e la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c. secondo mezzo) nonché violazione dell’art. 100 c.p.c. per erronea individuazione dell’interesse ad agire nel caso de quo (terzo mezzo) sempre riferendosi alla decisione della Corte d’appello in punto irrilevanza della querela di falso e infondatezza della stessa.
5.1 -Il secondo motivo è fondato restando assorbiti il primo ed il terzo.
Va premesso che la Corte di merito affermando che « La querela di falso appare, quindi, inammissibile ed irrilevante al fine di invalidare il procedimento di recezione della raccomandata e quindi la complessiva procedura di notifica degli avvisi ex art. 140 c.p.c. ed in ogni caso infondata, stante il mancato assolvimento, da parte del Pacifici, dell’onere della prova circa l’insussistenza – nelle dedotte circostanze di tempo e di luogo -delle persone legittimate a ricevere le raccomandate », affida la riforma della decisione di primo grado, ad un ragionamento decisorio che pare sorretto da due distinte rationes : la prima attinente alla irrilevanza/inammissibilità della querela proposta, la seconda attinente all’infondatezza nel merito della stessa, infondatezza che deduce dal fatto che il COGNOME non avrebbe provato che nel luogo in cui la raccomandata è stata inviata non v’erano persone che
avrebbero potuto riceverla e sottoscrivere l’avviso di ricevimento quali -appunto -riceventi.
Ora questa seconda ratio, a ben vedere, non attiene propriamente alla fondatezza della dedotta falsità della firma del sig. COGNOME (che costituisce l’oggetto della querela di falso), ma pur sempre alla irrilevanza del fatto che la firma apposta non fosse quella del COGNOME, giacché l’onere della prova che viene individuato dal giudice di merito come non assolto riguarda non la falsità della sottoscrizione, ovvero la sua non riconducibilità all’attore querelante, bensì il fatto che vi fossero o meno persone abilitate dalla legge a ricevere l’atto in sua vece, ovvero una questione che attiene sempre al corretto perfezionamento del procedimento di notifica nella specie rilevante.
Quindi va, anzitutto, chiarito che i tre motivi di cassazione intercettano tutti la ratio decidendi per come argomentata; invero se il primo ed il terzo si concentrano sulla affermazione di irrilevanza/inammissibilità della querela, il secondo riguarda la affermazione della sua infondatezza laddove denuncia la violazione dell’art.112 c.p.c. e del c.d. principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, perché la Corte territoriale avrebbe deciso una questione estranea al thema decidendum e al thema probandum della controversia devoluta alla sua cognizione, incorrendo in vizio di extrapetizione, attenendo la decisone al regime giuridico applicabile alla notifica degli avvisi di accertamento e alla valutazione della prova offerta circa l’avvenuto perfezionamento del processo notificatorio degli atti impugnati dinanzi al giudice tributario, quale ricostruzione in fatto che non era conferente rispetto alla decisione della querela di falso, e che, competeva -in tesi della ricorrente -solo alla Commissione Tributaria, quale giudice dei tre giudizi principali promossi dalla RAGIONE_SOCIALE contro le cartelle esattoriali notificate; la quale Commissione Tributaria l’aveva già risolta a monte, in via preliminare, agli effetti
della decisione di sospendere i tre identici giudizi per consentire lo svolgimento di quello di falso proposto da RAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di Roma, ritenendo -a torto o a ragione, questione che qui non interessa -che l’esito del giudizio di falso fosse rilevante al fine di decidere sull’intervenuto perfezionamento o meno della notificazione dei suddetti avvisi di accertamento, dunque non fosse decisivo che la sottoscrizione per ricevuta potesse provenire da altro dei soggetti legittimati a ricevere l’avviso nel domicilio del destinatario liquidatore della società, giacché parte attrice aveva affermato che detta notifica non era stata effettuata nei luoghi di cui all’art.139 c.p.c., ovvero presso il corretto indirizzo del destinatario dell’avviso; onde sottolinea la ricorrente – rilevava (di qui la sospensione) quale effetto sanante la contestata eventualità che a ritirare l’avviso di spedizione fosse stato il sig. COGNOME in persona, come affermato dalla difesa erariale in ragione della firma apposta sugli avvisi di ricevimento (sul punto rileva la ricostruzione del giudizio principale riferita in ricorso e non contradetta in alcun modo dai controricorrenti, v. pag. 4-6 ricorso).
5.2- Ciò chiarito si osserva che la querela di falso, esercitata nel presente giudizio, attiene a documenti o, meglio, ad una loro parte, prodotti in causa avanti alla Commissione Tributaria dalla Agenzia delle entrate resistente nei giudizi promossi dalla società qui ricorrente, e mira, attraverso il correlativo accertamento della falsità, a paralizzarne l’efficacia probatoria, ovvero a togliere al documento medesimo l’idoneità a servire come prova dell’avvenuto corretto perfezionamento del procedimento notificatorio delle cartelle esattoriali. Il giudice della querela, in secondo grado, si è espresso -come detto -sulla rilevanza/inammissibilità della querela di falso di dette parti dei documenti nel giudizio a quo .
Giova perciò ripercorrere gli arresti di legittimità a proposito della competenza a decidere circa la ammissibilità e rilevanza della querela di falso.
5.2.1- Con una recentissima sentenza (v. Cass. n. 7174/2025) questa Corte nell’affrontare e risolvere positivamente la questione se nel processo tributario sia ammissibile la proposizione incidentale della querela di falso, la cui decisione è demandata a diversa giurisdizione, ha ricordato che questa Corte, con una pluralità di pronunce, ha ricostruito la disciplina della querela nel processo tributario chiarendo che « In materia di querela di falso, il giudice tributario è tenuto, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 546 del 1992, a sospendere il giudizio fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela stessa (o fino a quando non si sia altrimenti definito il relativo giudizio), trattandosi di accertamento pregiudiziale riservato ad altra giurisdizione, e di cui egli non può conoscere neppure “incidenter tantum”; tuttavia, in caso di presentazione di detta querela, anche nel processo tributario il relativo giudice non deve semplicemente prenderne atto e sospendere il giudizio ma è tenuto a verificare la pertinenza di tale iniziativa processuale in relazione al documento impugnato e la sua rilevanza ai fini della decisione. (Nel caso di specie, la S.C. ha censurato la decisione della commissione tributaria regionale che aveva ritenuto la propria competenza a conoscere della querela di falso, ritenendola irritualmente proposta, anziché limitarsi a valutare la sua rilevanza e pertinenza ai fini della decisione). (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28671 del 30/11/2017; nello stesso senso: Sez. 5, Sentenza n. 8046 del 03/04/2013; Sez. 5, Sentenza n. 18139 del 07/08/2009; Sez. 5, Sentenza n. 4003 del 19/02/2009) » (così da ultimo Cass. n. 7174/2025)
E’ pacifico, quindi, che il giudice tributario debba (limitarsi a) verificare la ritualità di querela e la rilevanza del documento impugnato ai fini della decisione, e che detta verifica non spetti al giudice del giudizio di falso, come ben chiarito da Cass. n. 5102/2015: « La questione della rilevanza dell’eventuale falsità del documento, impugnato con la querela in via incidentale di cui
all’art. 221 cod. proc. civ., è devoluta, ai fini della decisione di merito, al giudice della causa principale e non a quello della querela, il cui unico compito consiste nell’affermare o negare la falsità dell’atto (Cass. 28 maggio 2007, n. 12399; v. pure Cass. 6 dicembre 2006, n. 26149; 26 marzo 2002, n. 4310; così come, specularmente, al giudice della causa principale non è consentito esprimere un giudizio di merito sulla dedotta falsità: Cass. 2 marzo 1996, n. 1636) ». Pertanto, ove pure sussistessero dubbi in ordine a tale profilo (nella specie connessi alle regole del procedimento notificatorio utilizzato e alla presenza o meno presso il domicilio del destinatario di persone abilitate a ricevere l’atto e a sottoscrivere l’avviso di ricevimento in luogo dello stesso, dunque la non decisività del fatto che la firma apposta per ricezione non fosse quella del destinatario, ben potendo essere di altro ricevente abilitato), ogni valutazione sulla rilevanza è riservata al giudizio instaurato al fine di ottenere l’accertamento negativo del corretto compimento del procedimento notifcatorio.
Perciò la Corte d’appello ha errato nel non limitarsi a decidere in ordine a quanto le era stato demandato con la querela quale giudice della dedotta falsità, e per tale ragione la decisione deve essere cassata.
6.- Anche il quarto motivo -con cui il ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio resta assorbito.
7.Con l’unico motivo di ricorso incidentale il MEF, denunciando la violazione dell’art. 81 c.p.c., dell’art.4 della l. 260/1958, e dell’art. 57 del D.lgs 300/99 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia deciso a proposito dell’eccepita difetto di legittimazione passiva per essere gli avvisi di cui il contribuente chiedeva accertarsi la falsità attinenti ad atti impositivi inerenti al rapporto tributario in essere esclusivamente tra la ricorrente e l’Agenzia delle Entrate – giacché
si trattava di questione preliminare da valutare in relazione al giudizio di falso che per giurisprudenza consolidata è proponibile contro chi possa avvalersi del documento per fondare su di esso una pretesa sia o meno l’autore della falsificazione.
Su tale questione la Corte d’appello deciderà in sede di rinvio, giacché si tratta di aspetto del rapporto processuale che non ha costituito oggetto di specifica disamina e valutazione da parte del giudice di merito avendola questa ritenuta assorbita dal rigetto nel merito della querela.
8.- In definitiva va accolto il secondo motivo di ricorso principale, assorbiti il primo il terzo ed il quarto nonché l’unico motivo di ricorso incidentale; di conseguenza la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso principale, assorbiti il primo, il terzo ed il quarto e l’unico motivo di ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1° Sezione