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Querela di falso: i limiti del giudice ordinario

Una società proponeva una querela di falso per disconoscere la firma su avvisi di ricevimento di atti tributari. La Corte d’Appello respingeva la domanda giudicandola irrilevante. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo un principio fondamentale: il giudice che decide sulla querela di falso deve limitarsi ad accertare la sola autenticità o falsità del documento, senza poter valutare la sua rilevanza ai fini della causa principale. Tale valutazione spetta esclusivamente al giudice del merito (in questo caso, il giudice tributario), che aveva già sospeso il giudizio proprio in attesa della decisione sulla falsità.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Querela di falso: la Cassazione traccia i confini tra giudice ordinario e giudice tributario

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale di procedura civile con importanti riflessi sul contenzioso tributario: la querela di falso. La Suprema Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire la netta ripartizione di competenze tra il giudice chiamato a decidere sulla falsità di un documento e quello competente per la causa principale. Una decisione che rafforza i principi di ordine processuale e garantisce che ogni giudice operi esclusivamente nell’ambito della propria giurisdizione.

I Fatti del Caso

Una società in liquidazione si opponeva a tre avvisi di accertamento tributario, sostenendo di non averli mai ricevuti. La notifica era avvenuta secondo la procedura prevista dall’art. 140 c.p.c., e il contenzioso si concentrava sulla firma apposta sugli avvisi di ricevimento delle raccomandate informative.
La società, ritenendo le firme false e non riconducibili al proprio legale rappresentante, avviava un giudizio civile con una querela di falso. In primo grado, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo che le firme fossero state apposte abusivamente da un funzionario dell’Amministrazione Finanziaria dopo la restituzione delle raccomandate per compiuta giacenza.

La Decisione della Corte d’Appello

L’Amministrazione Finanziaria impugnava la decisione di primo grado. La Corte d’Appello ribaltava completamente il verdetto, dichiarando la querela di falso inammissibile e irrilevante. Secondo i giudici d’appello, la raccomandata informativa ex art. 140 c.p.c. non richiede le stesse formalità di un atto giudiziario, potendo essere ricevuta da chiunque fosse autorizzato presso il domicilio del destinatario. Pertanto, la questione della firma del legale rappresentante era considerata secondaria. La Corte d’Appello, di fatto, si spingeva a valutare la validità complessiva della procedura di notifica, concludendo che la querela non avrebbe comunque potuto invalidarla.

La Querela di Falso e la netta ripartizione di competenze

La società ricorreva in Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello avesse ecceduto i propri poteri. Il punto centrale del ricorso era chiaro: il giudice della querela di falso ha un unico compito, quello di accertare se un documento è autentico o meno. Non può, e non deve, pronunciarsi sulla rilevanza di tale falsità ai fini del giudizio principale (in questo caso, quello tributario).
La Commissione Tributaria, infatti, aveva già valutato la questione come rilevante, tanto da sospendere il processo in attesa della decisione del giudice ordinario sulla falsità delle firme.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente la tesi della società ricorrente. Gli Ermellini hanno affermato un principio consolidato: la questione della rilevanza dell’eventuale falsità del documento è devoluta al giudice della causa principale, non a quello della querela. Il compito di quest’ultimo si esaurisce nell’affermare o negare la falsità dell’atto.
La Corte d’Appello, decidendo sull’ammissibilità e sulla rilevanza della querela in relazione all’esito del procedimento di notifica, ha invaso la competenza del giudice tributario. Così facendo, è incorsa nel vizio di extrapetizione, pronunciandosi su questioni che non le erano state devolute. La decisione sulla validità della notifica e sugli effetti di una firma potenzialmente falsa spetta unicamente all’organo giurisdizionale investito della controversia principale.

Conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato la sentenza d’appello con rinvio, riaffermando la rigida separazione dei compiti giurisdizionali. Il giudice che si occupa di una querela di falso deve limitarsi a un accertamento tecnico sulla genuinità del documento. Ogni valutazione successiva, circa le conseguenze giuridiche di tale accertamento sul rapporto sostanziale controverso, è di esclusiva pertinenza del giudice del merito. Questa pronuncia tutela la corretta dialettica processuale e impedisce che il giudizio incidentale di falso si trasformi in un’anticipazione impropria della decisione di merito.

Qual è il compito del giudice in un procedimento di querela di falso?
Il suo unico compito consiste nell’affermare o negare la falsità del documento oggetto della querela, senza entrare nel merito delle conseguenze che tale accertamento può avere sulla causa principale.

A chi spetta decidere se la falsità di un documento è rilevante per la causa principale?
La valutazione sulla rilevanza della falsità del documento ai fini della decisione finale spetta esclusivamente al giudice della causa principale (nel caso di specie, la Commissione Tributaria).

Cosa accade se il giudice della querela di falso si pronuncia anche sulla rilevanza della questione?
Commette un vizio procedurale di ‘extrapetizione’, ovvero decide oltre i limiti della domanda a lui sottoposta. Tale errore comporta l’annullamento della sua decisione, come avvenuto nel caso esaminato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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