Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19984 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19984 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4235/2020 R.G. proposto da:
C.R. RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n.1237/2019 depositata il 13.11.2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del l’ 8.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con comparsa di riassunzione in seguito all’autorizzazione alla presentazione della querela di falso incidentale del 9.6.2014, la C.RAGIONE_SOCIALE conveniva innanzi al Tribunale di Lecce la RAGIONE_SOCIALE per sentir dichiarare la falsità della firma del legale rappresentante della querelante, COGNOME NOME, apposta sul contratto di vendita del 13.5.2011.
Con la sentenza n. 4360/2015 il Tribunale di Lecce, nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE dichiarava l’inammissibilità della querela di falso e rimetteva gli atti al Giudice a quo per la prosecuzione del giudizio di merito, condannando la querelante alla rifusione delle spese relative al giudizio incidentale. In specie, il Tribunale evidenziava la carenza in atti di valida procura speciale ex art. 221 c.p.c. e riteneva irrilevante, ai fini della decisione, il documento impugnato di falso.
Avverso la predetta sentenza proponeva gravame la RAGIONE_SOCIALE sulla scorta di quattro motivi. In particolare, l’appellante esponeva la sussistenza di una valida procura speciale, rilasciata il 14.10.2013 e richiamata nella comparsa di riassunzione; inoltre, la predetta società rilevava che il giudice della querela di falso si sarebbe dovuto pronunciare unicamente sull’eventuale falsità del contratto, e non sulla sua rilevanza ai fini del decidere del documento impugnato incidentalmente di falso.
Nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza n. 1237/2019, pur ritenendo fondate le censure mosse dall’appellante sul difetto di procura speciale e sulla valutazione della rilevanza del documento impugnato di falso nell’ambito del giudizio di merito, rigettava l’impugnazione per mancata produzione del contratto con la sottoscrizione in originale di tutte le parti, o almeno di una scrittura privata riconosciuta, o di una
fotocopia di essi riconosciuta conforme ad essi, condannando la C.RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso a questa Corte la RAGIONE_SOCIALE articolato su tre motivi, e la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale del 18.2.2025 entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
Con ordinanza interlocutoria n. 5069/2025 del 18/26.2.2025 il collegio ha ritenuto opportuno rinviare la causa a nuovo ruolo, per la fissazione di pubblica udienza, per la trattazione della questione, di rilievo nomofilattico, relativa al fatto se, in caso di querela di falso incidentale, della quale sia stata autorizzata dal giudice del merito la presentazione, il giudice chiamato ad accertare la falsità o meno del documento impugnato di falso, abbia o meno il potere di valutare, ai fini dell’ammissibilità della querela di falso, se oggetto della stessa sia un atto rientrante fra quelli che possono essere oggetto di querela di falso (atto pubblico, scrittura privata riconosciuta, o fotocopia degli stessi della quale non sia stata disconosciuta la conformità all’originale), o se invece debba considerarsi vincolato dall’autorizzazione alla presentazione della querela di falso già rilasciata dal giudice del giudizio di merito, non solo quanto alla valutazione della rilevanza del documento ai fini della decisione del giudizio di merito, ma anche in ordine all’inclusione o meno dell’atto impugnato di falso nel novero degli atti suscettibili di querela di falso.
Fissata quindi la pubblica udienza dell’8.7.2025, la Procura Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1° n. 5) c.p.c., la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Nel dichiarare di non poter procedere all’accertamento di falso del contratto di vendita, attese la mancata produzione del suo
originale e la contestazione della conformità all’originale medesimo della copia fotostatica versata in atti, la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare l’ordinanza del 3.10.2013 con cui il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Galatina, nel giudizio di merito di opposizione a decreto ingiuntivo, avrebbe indicato come tacitamente riconosciuta, attraverso lo scambio di corrispondenza fra le parti, la copia del predetto documento da parte della C.RAGIONE_SOCIALE
Il primo motivo é infondato.
Va premesso che non ci si trova in presenza di una “doppia conforme” tale da rendere inammissibile ex art. 384 ter c.p.c. il lamentato vizio dell’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., atteso che in primo grado la querela di falso incidentale della C.RAGIONE_SOCIALE é stata dichiarata inammissibile per asserito difetto della procura speciale ex art. 221 c.p.c. e per difetto di rilevanza del documento impugnato di falso (una fotocopia del contratto di vendita del 13.5.2011 di un impianto di agglomerati cementizi per € 290.800,00 concluso dalle parti come venditori con la acquirente RAGIONE_SOCIALE con sede in Marocco, con spettanza di tale corrispettivo per € 60.000,00 alla RAGIONE_SOCIALE recante le sottoscrizioni in copia dei legali rappresentanti delle parti ed in originale del legale rappresentante della NOME COGNOME).
In secondo grado, invece, pur essendo stata acquisita la procura speciale e pur essendo stata esclusa la sindacabilità nel giudizio di querela di falso della rilevanza del documento impugnato, riservata al giudizio di merito (vedi Cass. n.5102/2015), la querela di falso é stata respinta per la mancanza sia dell’originale della sottoscrizione del contratto di vendita del 13.5.2011 da parte del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE sia di una fotocopia del contratto medesimo riconosciuta conforme all’originale, atteso che la querelante, nella prima udienza successiva alla produzione da parte della RAGIONE_SOCIALE della fotocopia impugnata di falso, quella
del 21.2.2013, tramite il suo legale rappresentante, aveva disconosciuto tanto l’autenticità della di lui sottoscrizione, quanto la conformità della fotocopia all’originale, sicché non vi era neppure una scrittura privata in copia riconosciuta conforme all’originale.
La circostanza di fatto oggetto di discussione tra le parti che l’impugnata sentenza non avrebbe considerato, rappresentata dall’ordinanza del 3.10.2013 del giudice istruttore del Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Galatina, che dopo il disconoscimento da parte della C.RAGIONE_SOCIALE della fotocopia del contratto di vendita del 13.5.2011, prodotta in sede di costituzione dall’opposta RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso a favore della stessa, non aveva dato corso, in assenza dell’originale di quel contratto, alla verificazione di scrittura privata richiesta dalla RAGIONE_SOCIALE in quanto la C.RRAGIONE_SOCIALE non aveva mai contestato al di fuori del giudizio il suddetto contratto, come emergente dalla corrispondenza prodotta in atti, non aveva carattere decisivo ai fini della decisione del giudice della querela di falso, che non é il giudice del merito della causa.
Va infatti considerato, che la rilevanza del documento impugnato di falso ai fini della decisione del giudizio di merito viene in considerazione nella querela di falso incidentale, ai sensi dell’art. 222 c.p.c., solo allorché il giudice é chiamato ad autorizzare, o meno, la presentazione della querela di falso, ma é poi estranea alla valutazione richiesta al giudice della querela di falso, come correttamente affermato dalla sentenza impugnata, che ha richiamato in proposito la sentenza n. 5102/2015 di questa Corte (nello stesso senso Cass. 28.5.2007 n. 12399), posto che l’unico compito del giudice della querela di falso é quello di affermare, o negare, la falsità dell’atto impugnato, quando la querela di falso abbia ad oggetto un atto pubblico, o una scrittura privata autenticata o riconosciuta, o una copia fotografica di essi che non
sia stata disconosciuta nella conformità all’originale, acquisendone la stessa efficacia ex art. 2719 cod. civ..
La ricorrente cerca di attribuire all’ordinanza del 3.10.2013 del giudice istruttore del Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Galatina, un effetto di tacito riconoscimento della fotocopia oggetto della querela di falso incidentale, ed in base a ciò giustifica l’avvenuta presentazione da parte sua della querela di falso incidentale, ma in realtà con quell’ordinanza non si é affermato l’avvenuto riconoscimento espresso o tacito giudiziale della fotocopia in questione, perché si é solo esclusa la necessità di procedere alla verificazione di scrittura privata richiesta dalla RAGIONE_SOCIALE che peraltro non aveva prodotto l’originale del documento disconosciuto, in quanto la conclusione del contratto di vendita del 13.5.2001 e del suo contenuto é stata ritenuta ricavabile, per presunzioni, dagli scambi di corrispondenza tra le parti che risultavano documentati.
Ne deriva che correttamente la Corte d’Appello, dovendo pronunciarsi solo sulla querela di falso incidentale, ha considerato l’unico dato determinante, rappresentato dal fatto che, malgrado l’invito rivolto in sede di autorizzazione alla presentazione della querela di falso dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Galatina, alla RAGIONE_SOCIALE ad esibire l’originale del contratto del 13.5.2011, tale originale non era stato poi prodotto, e dal fatto che nel contempo la fotocopia sopra descritta, depositata da quella società in sede di costituzione nel giudizio di opposizione, era stata tempestivamente disconosciuta sia nell’autenticità, che nella conformità all’originale dalla querelante RAGIONE_SOCIALE
La tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo la quale, una volta autorizzata dal giudice di merito la presentazione della querela di falso incidentale, l’ammissibilità di quest’ultima non potrebbe più essere valutata dal giudice della querela di falso, non è condivisibile.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, l’ordinanza che autorizza la presentazione della querela di falso non è suscettibile di passare in giudicato e di esaurire l’esame della ammissibilità della querela di falso (cfr. Cass. ord. 28.2.2023 n.6028; Cass. 4.5.2012 n. 6793; Cass. civ. 22.1.2010 n.1100). Nè può sostenersi la completa vincolatività del giudizio diretto alla presentazione della querela di falso principale, o incidentale che sia, rispetto al giudizio di merito, dato che in ogni caso il giudice della querela, mentre non è obbligato ad esaminare la rilevanza del documento impugnato, che pertiene nella querela di falso incidentale al giudizio di merito, è tenuto a controllare che sulla genuinità del documento sia insorta contestazione, che di esso sia stato fatto uso, anche al di fuori di un determinato processo, e che, per il suo contenuto, esso sia suscettibile di costituire mezzo di prova contro l’istante, mentre non ha rilievo l’ammissione della falsità da parte del soggetto nei cui confronti la querela è stata proposta (cfr. Cass. sez. lav. 3.6.2011 n. 12130). Sarebbe, del resto, del tutto privo di logica e di utilità, imporre al giudice della querela di falso di pronunciarsi comunque sul merito della stessa, sol perché ne é stata autorizzata da altro giudice la presentazione, quando il documento che ne sia oggetto, privo non solo della conformità all’originale, ma anche di una sottoscrizione riconosciuta, manchi di qualsivoglia valore probatorio e non rientri nel novero di quegli atti che sono suscettibili di querela di falso (atto pubblico, scrittura privata riconosciuta, o fotocopia degli stessi della quale non sia stata disconosciuta la conformità all’originale).
2) Col secondo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1° n. 3) c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 221 c.p.c., 2702, 2712 e 2719 cod. civ.. La ricorrente lamenta la mancata applicazione dei principi di diritto enunciati in materia da questa Corte, alla stregua dei quali la querela di falso è proponibile
anche avverso la copia non disconosciuta di una scrittura privata. In ogni caso, assume la ricorrente che gli effetti della mancata produzione in originale del contratto dovevano addebitarsi alla parte che intendeva valersene in giudizio, ovverosia alla RAGIONE_SOCIALE
Il secondo motivo é inammissibile, in quanto non si confronta con la motivazione dell’impugnata sentenza (vedi sull’inammissibilità del ricorso in tale ipotesi Cass. ord. 15.5.2024 n. 10054; Cass. ord. 10.8.2017 n. 19989), che ha respinto la querela di falso incidentale non con la motivazione esclusiva che non risultava prodotto l’originale del contratto di vendita concluso dalle parti con la RAGIONE_SOCIALE il 13.5.2011, ma anche perché la copia fotostatica di tale contratto, che era stata prodotta dalla RAGIONE_SOCIALE e che recava in originale solo la sottoscrizione del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE essendo in copia le sottoscrizioni dei legali rappresentanti delle parti, era stata tempestivamente disconosciuta sia sotto il profilo della sottoscrizione, che sotto il profilo della conformità all’originale, dal legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
A pagina 5 dell’impugnata sentenza, dopo la specificazione delle firme presenti in originale ed in copia sul documento impugnato di falso, é infatti riportato che ” La mancata produzione del documento nel suo originale recante la sottoscrizione di RAGIONE_SOCIALE impedisce, dunque, qualsiasi giudizio in ordine alla autenticità o meno della sottoscrizione, non potendo compiersi detto accertamento sulla copia fotostatica. Ed invero, RAGIONE_SOCIALE con riferimento a detta copia fotostatica, oltre a disconoscere la propria sottoscrizione, ha anche contestato espressamente la conformità della copia fotostatica al suo originale”.
Dato quindi il contenuto complessivo, e non frazionato, della motivazione addotta dall’impugnata sentenza, per giustificare la reiezione della querela di falso, risulta privo di rilievo il richiamo
compiuto dalla ricorrente alla giurisprudenza della Corte che ammette la querela di falso anche contro le scritture private espressamente o tacitamente riconosciute (Cass. 20.6.1996 n.5350) e contro le fotocopie non disconosciute, salvo il grado di probatorietà che gli accertamenti in tal caso possono raggiungere, e salva la possibilità di acquisire nel giudizio relativo l’originale (Cass. 13.12.2018 n. 32219 e più recentemente Cass. ord. 19.12.2023 n. 35538 e Cass. ord. 28.3.2023 n.8718), posto che nel caso di specie la conformità ed autenticità della sottoscrizione della copia fotostatica prodotta nel giudizio di merito, ed impugnata di falso, era stata tempestivamente contestata, e che l’ordinanza di questa Corte da ultimo citata, ha ritenuto necessario proporre la querela di falso, per vincere l’efficacia probatoria di una fotocopia non disconosciuta nella conformità all’originale, e non di un documento già privo di qualsivoglia efficacia probatoria per effetto di espresso e tempestivo disconoscimento.
3) Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1° n. 3) c.p.c., si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 221 e 223 c.p.c., 2702, 2712 e 2719 cod. civ.. La Corte territoriale avrebbe disapplicato la disciplina codicistica in tema di querela di falso e prova documentale, facendo gravare sulla querelante sia le conseguenze della mancata produzione in giudizio, ad opera della RAGIONE_SOCIALE, dell’originale del contratto impugnato di falso, sia quelle dell’omessa indicazione delle ragioni per cui la società medesima non fosse in possesso del predetto originale.
Il terzo motivo, basato sulle stesse violazioni di legge contestate col secondo motivo, si riferisce però alla condanna alle spese processuali dei giudizi di primo e di secondo grado posta a carico della C.RAGIONE_SOCIALE sulla base della mancata prova da parte della stessa della falsità dell’atto impugnato, condanna che si assume non avere considerato che la RAGIONE_SOCIALE non aveva esibito l’originale dell’atto impugnato nonostante l’invito
all’esibizione rivoltole dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Galatina, nell’autorizzare la presentazione della querela di falso incidentale, e che per giurisprudenza consolidata di questa Corte, era la parte che intendeva avvalersi di un documento prodotto in copia e disconosciuto, e quindi la RAGIONE_SOCIALE e non certo la controparte, ad avere l’onere di allegare l’originale.
Anche a voler ritenere che in fatto sia stata contestata la violazione di legge del principio della soccombenza dell’art. 91 c.p.c., in assenza della quale non avrebbe rilievo autonomo rispetto al precedente, il motivo deve ritenersi infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte ” a fronte della contestazione dell’autenticità di una scrittura privata esibita in fotocopia in giudizio e di cui si eccepisca la contraffazione, la parte che intenda valersene deve produrre il documento originale, o indicare la ragioni per cui non ne sia in possesso, in modo da consentire alla controparte di valutare la reale natura della contraffazione e così di proporre la querela di falso” (Cass. 30.9.2011 n.19987).
Nel caso di specie la RAGIONE_SOCIALE, dopo il disconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione in copia del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE e della conformità all’originale della fotocopia del contratto di vendita del 13.5.2011, pur non avendo prodotto l’originale, aveva chiesto la verificazione di scrittura privata, istanza però disattesa, per l’esistenza di documenti prodotti diversi dai quali il giudice di merito poteva desumere comunque l’esistenza ed il contenuto del contratto presuntivamente, per cui di fatto alla fotocopia prodotta e disconosciuta non era stata attribuita autonoma efficacia probatoria. In seguito quel giudice, confondendo il profilo della rilevanza probatoria con quello dell’ammissibilità, ha autorizzato la C.RAGIONE_SOCIALE a presentare querela di falso incidentale contro la fotocopia suddetta, che però era stata disconosciuta sia nella
conformità all’originale, che nella sottoscrizione del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE invitando la RAGIONE_SOCIALE ad esibire l’originale del contratto di vendita non prodotto, ma la stessa, come esposto fin dall’inizio del giudizio di opposizione, e specificato anche a seguito dei chiarimenti richiesti dalla Corte d’Appello, ha affermato di non essere mai stata in possesso dell’originale del contratto di vendita del 13.5.2001 con le sottoscrizioni autentiche dei legali rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE ha infatti chiarito, che i legali rappresentanti delle parti in causa si erano recati presso i locali della C.RAGIONE_SOCIALE per sottoscrivere il contratto di vendita del 13.5.2001 con le loro firme in originale, che poi il relativo documento era stato inviato per e.mail (e quindi non in originale) dalla C.RAGIONE_SOCIALE in Marocco, presso la sede della Sté Somatren Sarl, il cui legale rappresentante aveva poi firmato il documento contrattuale pervenutogli in copia per e.mail , rispedendo il documento contrattuale in copia alla C.R. RAGIONE_SOCIALE, per cui l’unica copia del contratto di vendita recante la firma in originale di COGNOME NOME, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE era quella rimasta nella disponibilità di quest’ultima, mentre il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE COGNOME COGNOME aveva acquisito la copia del contratto di vendita con le firme in copia dei legali rappresentanti delle parti e la firma in originale del legale rappresentante della NOME COGNOME poi depositata in giudizio, solo allorché dopo la conclusione del contratto si era recato in Marocco. La sentenza impugnata ha preso atto di tali chiarimenti, trovandone conferma nella raccomandata del 13.3.2013 della RAGIONE_SOCIALE inviata ad entrambe le parti (prodotta come doc. 21 dalla RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di primo grado), nella quale la stessa aveva dato atto di avere ricevuto per e.mail la copia del contratto sottoscritto dalle altre due parti con l’invito a sottosciverla e
restiturla (verosimilmente data la distanza con lo stesso mezzo), come poi effettivamente avvenuto, e ritenendo quindi che verosimilmente la sola copia del contratto di vendita del 13.5.2011 recante le sottoscrizioni in originale dei legali rappresentanti delle parti fosse rimasta nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE
Per tali ragioni la Corte d’Appello in totale assenza di prove della disponibilità da parte della RAGIONE_SOCIALE della copia del contratto di vendita del 13.5.2011 recante la sottoscrizione originale del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE COGNOME Roberto, verosimilmente detenuta dalla querelante stessa e non prodotta, in difetto di efficacia probatoria della fotocopia del contratto depositata e tempestivamente disconosciuta, ed avendo spiegato la RAGIONE_SOCIALE in modo plausibile, le ragioni del mancato possesso da parte sua, e quindi della mancata produzione, dell’originale del contratto di vendita concluso con una società avente sede in Marocco, ha ritenuto che incombesse sulla C.R. RAGIONE_SOCIALE l’onere di provare la falsità del contratto di vendita del 13.5.2011 e che tale onere non sia stato assolto, condannandola conseguentemente alle spese processuali in base al principio della soccombenza.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico della C.RRAGIONE_SOCIALE
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, respinge il ricorso della C.RAGIONE_SOCIALE e la condanna al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 4.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del l’8 .7.2025