Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6643 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6643 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1128/2024 R.G. proposto da
NOME COGNOME che si difende in proprio, domiciliato ex lege in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO e come da pec: EMAIL;
– ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
Oggetto: RESPONSABILITà CIVILE GENERALE – Querela di falso – Dichiarazione dei redditi – Avviso di accertamento dati anagrafici – Notificazione.
CC 13.01.2025
Ric. n.1128/2024
Pres. G. COGNOME
Est. I. COGNOME
(pec: EMAIL presso i cui uffici è legalmente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1027/2023 della Corte di appello di CATANIA pubblicata in data 5 giugno 2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 gennaio 2025 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1. Con citazione del maggio 2012, NOME COGNOME proponeva querela di falso per contestare la genuinità delle dichiarazioni fiscali presentate per gli anni d’imposta dal 2007 al 2010, prodotte dell’Agenzia delle Entrate nel giudizio pendente presso la Commissione Tributaria Provinciale di Catania (proc. 8085/11 RG) per l’impugnativa dell’avviso di accertamento n.CODICE_FISCALE/2010 ; in particolare e tra l’altro, deduceva che le dichiarazioni fiscali prodotte dall’Agenzia delle Entrate nel medesimo giudizio «sono diverse da quelle presentate al fisco dal querelante e cosa ancor più grave sono state contraffatte nel punto in cui detti modelli al quadro residenza anagrafica recano scritte le parole: INDIRIZZO»; spiegava che la falsità dei documenti sarebbe dimostrata dal fatto che gli originali dei modelli Unico, relativi agli anni d’imposta dal 2007 al 2010, erano stati presentati telematicamente al fisco, tramite l’intermediario abilitato, dott. NOME COGNOME e non recavano alcuna indicazione anagrafica nell’apposito quadro con la conseguenza che i modelli prodotti in giudizio dall’Agenzia sarebbero stati cont raffatti; chiedeva, pertanto, di dichiarare la falsità dei modelli di dichiarazione (Unico 2008-2009-20102011) prodotti dall’ Ufficio finanziario dinanzi al giudice tributario.
L’Agenzia delle Entrate resisteva alla domanda deducendo l’inammissibilità della querela di falso e l’infondatezza della
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Ric. n.1128/2024
Pres. G. COGNOME
Est. I. COGNOME domanda per difetto di prova, risultando, tra l’altro, dalla certificazione rilasciata dal comune di Catania la residenza in INDIRIZZO e, non n. INDIRIZZO, come invece sostenuto dall’attore (doc. 7, fascicolo primo grado).
Con sentenza n. n. 109/19 il Tribunale di Catania dichiarava l’inammissibilità della querela di falso, rigettando, per l’effetto, la domanda di NOME COGNOME.
La Corte di Appello di Catania ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME con condanna al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio .
Per quanto ancora qui rileva, il Giudice d’appello ha ritenuto -diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale -ammissibile la querela, dal momento che essa era volta a recidere ogni tipo di collegamento tra i documenti contestati e la sfera giuridica del ricorrente, indicando i documenti contestati quali meri falsi materiali; cionondimeno, ne ha rilevato l’infondatezza nel merito, stante la solo apparente discrasia tra le copie prodotte dall’Agenzia e quelle prodotte dal querelante; ciò in quanto quando una copia della dichiarazione dei redditi viene estratta dal cassetto fiscale la stessa risulta completata nel quadro relativo alla residenza anagrafica anche se il contribuente non l’aveva inserita al momento dell’invio ; a naloga considerazione vale per l’inserimento del numero di protocollo nel frontespizio/quadro ‘Riservato alla Poste Italiane spa’ e della data di presentazione.
Avverso la decisione della Corte d’appello di Catania, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate .
Ai fini della decisione del presente ricorso questa Corte ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 3 80 bis.1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
CC 13.01.2025 Ric. n.1128/2024 Pres. G. COGNOME Est. I. COGNOME
In via pregiudiziale, va ritenuta la non fondatezza del rilievo di nullità della notifica ex art. 11 r.d. n. 1611 del 1933 prospettato dalla Agenzia dell’Entrate stante che, diversamente da quanto da essa rilevato, nella fattispecie, trova applicazione l’art. 1, comma 8, del d.l. n.193/2016, conv. in l. n. 225/2016, che richiama invece l’art.43 del citato Regio decreto citato e prevede solo la facoltà dell’Agenzia delle Entrate di avvalersi dell’Avvocatura dello Stato non contemplando alcuna ipotesi di nullità della notifica. Ne consegue che la notifica è stata effettuata correttamente all’ufficio distrettuale dell’ Avvocatura che aveva rappresentato la parte nel corso del giudizio di merito.
Venendo all’esame del ricorso, con i l primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia ‘ art. 360 1° comma n. 3 Violazione di legge. Violazione artt.115 e 116 cpc. ‘ In particolare, lamenta che la sentenza avrebbe errato nell’affermare che la discrasia tra i documenti offerti ex adverso sia apparente, dichiarando che il sistema informatico ha inserito automaticamente i dati non comunicati dal ricorrente ed inserito il numero di protocollo nel riquadro dedicato a Poste Italiane.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta ex ‘ art. 360 1° comma n. 5. Omesso esame punto decisivo della controversia ‘ e lamenta che la Corte d’appello avrebbe errato, omettendo di porre a fondamento della controversia la circostanza riconosciuta da entrambe le parti della difformità tra loro delle dichiarazioni prodotte.
Con il terzo motivo, denuncia ex ‘ art. 360 1° comma n. 3 Violazione di legge. Violazione art 2697 c.c. , laddove la Corte d’appello ha ritenuto che l’Agenzia delle Entrate abbia provato il contenuto delle dichiarazioni inviate dal contribuente mediante semplice copia fotostatica che il ricorrente dichiara diverse dagli originali senza ulteriori elementi che comprovino la veridicità delle dette copie.
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Ric. n.1128/2024
Pres. G. COGNOME
Est. I. COGNOME
4.1. I primi tre motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati stante l’evidente vincolo di connessione che li avvince, sono inammissibili sia con riferimento alle diverse violazioni di legge lamentate sia in relazione al preteso omesso esame di un fatto decisivo.
Ebbene, la Corte d’appello ha fondato la decisione di rigetto della querela di falso in questione, sulla base della ritenuta natura meramente apparente della denunciata discrasia delle copie delle dichiarazioni dei redditi prodotte dall’Agenzia rispetto a quelle originali.
Nonostante la formale intestazione, le censure formulate attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte d’appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Con particolare riferimento alla pretesa violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. , parte ricorrente intende contestare una erronea ricognizione della fattispecie concreta nella sentenza impugnata, necessariamente mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa (cfr. in ricorso i doc. 7 e 8) e, pertanto, formula una tipica censura diretta a denunciare un vizio di motivazione (insufficienza) non più denunciabile secondo il vigente dettato dell’art. 360 comma 1 n. 5.
Il preteso omesso esame di un fatto decisivo lamentato in relazione ad elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di
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Est. I. Ambrosi omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, come nel caso di specie, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 28887 del 08/11/2019).
Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia ex ‘ art. 360 1° comma n. 3 Violazione di legge. Violazione art. 91 c.p.c. ‘ e lamenta che la Corte d’appello avrebbe errato nel condannarlo alle spese legali.
5.1. Il quarto motivo è pure inammissibile.
Vale al riguardo il principio affermato da questa Corte secondo cui, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Pertanto, in proposito, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (Cass Sez. 1 – , Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017; in senso conforme, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 406 del 11/01/2008).
Il ricorso proposto da NOME COGNOME va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
CC 13.01.2025
Ric. n.1128/2024
Pres. G. COGNOME
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Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1450,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo d i contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione