Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10239 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10239 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5956/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOMEcontroricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO n. 384/2019 depositata il 26/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Andrea RAGIONE_SOCIALE aveva agito ingiuntivamente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE per il pagamento di una serie di fatture per l’attività di trasporto latte nel periodo gennaio/agosto-settembre 2003, per complessivi € 19.147,00 circa.
Il RAGIONE_SOCIALE aveva proposto opposizione rilevando che sulla fattura n.639/2003 del 31.7.2003 vi era quietanza per tutte le somme richieste, rilasciata in data 8.9.2003 da NOME COGNOME: più precisamente vi era sulla fattura, in fondo, una dicitura a mano, ‘pagato 8/9/2003’ con la firma indicata, mentre sopra vi era una parte dattiloscritta ove si affermava il ricevuto pagamento, in assegni e contanti, di tutto il dovuto per le forniture di latte.
Il Tribunale aveva accolto l’opposizione perché, in assenza della proposizione di querela di falso, la scrittura si doveva ritenere riferibile al sottoscrittore.
Avverso la sentenza era stato proposto appello da parte di RAGIONE_SOCIALE, nel cui ambito la società appellante aveva proposto querela di falso della scrittura, prospettandola come frutto di manipolazione del documento, per l’aggiunta successiva della parte dattiloscritta in assenza di qualsivoglia accordo in tal senso: la Corte d’Appello di Campobasso, ritenuto rilevante il documento, aveva sospeso il processo d’appello rimettendo per il giudizio sulla querela di falso al Tribunale competente che, all’esito, aveva accertato la falsità della scrittura.
2. Il caseificio COGNOME aveva impugnato la sentenza di accertamento della falsità avanti alla Corte d’Appello di Campobasso, che aveva confermato la falsità del documento vagliato per le seguenti considerazioni: -il giudizio riguardava la falsità materiale della frase dattiloscritta, apposta sulla fattura al di sopra della dicitura ‘pagato’, scritta a mano, e al di sotto degli elementi essenziali della fattura, anch’essi dattiloscritti; la frase ‘incriminata’ è ‘Il sottoscritto NOME COGNOME socio della ditta RAGIONE_SOCIALE e responsabile della raccolta e trasporto latte della suddetta, dichiara di aver incassato personalmente per la ditta RAGIONE_SOCIALE, tutte le fatture emesse dalla stessa alla ditta RAGIONE_SOCIALE fino alla data del giorno 08/09/2003 tra le quali è comunque compresa la fattura n.733 del 30/08/2003. Dichiaro, inoltre, che i pagamenti delle fatture quietanzate sono stati effettuati integralmente e sono avvenuti in parte con assegni bancari e la restante parte in contanti ‘; -la proposta querela di falso era ammissibile, dato che il giudicato formatosi all’esito del giudizio penale, pure radicatosi sul presupposto dell’intervenuta falsificazione dello stesso documento, non faceva stato in sede civile se non in caso di assoluzione piena per insussistenza del fatto o non riferibilità di esso all’imputato, ipotesi entrambe non ricorrenti nel caso di specie (la pronuncia di assoluzione era stata fondata sull’assenza di prove); -la querela era pure ammissibile perché nel caso di specie il riempimento abusivo si affermava essere avvenuto in totale assenza di accordi; -la parte della scrittura in contestazione non era stata elaborata dalla stessa stampante che aveva elaborato il testo della fattura; i caratteri della stampata erano estremamente minuti in modo tale da permetterne l’inserimento nello spazio tra la stampa del resto del documento e la frase manoscritta; il contenuto della stampa in contestazione non era attinente al contenuto della fattura; l’esistenza
dell’interpolazione era inoltre contraria alla logica e alla pratica degli affari, anche per l’aggiunta di un’altra annotazione a penna e per il fatto che sarebbe stato naturale e logico formare la quietanza su un foglio separato.
Il RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello pronunciata all’esito della fase di impugnazione del giudizio di falso, affidandolo a due motivi.
Vi è controricorso di RAGIONE_SOCIALE
La sola ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il RAGIONE_SOCIALE lamenta la ‘Violazione e falsa applicazione degli art.2702 cc 2697 c.c. 2727 cc 2729 cc 132 co 2 n.4 c.p.c. con riferimento all’art.360 n.3 c.p.c. ed in relazione agli art.115 e 116 c.p.c. -anche in relazione agli art.115 e 116 e 132 co 2 n.4 c.p.c. con riferimento all’art.360 n.4 c.p.c.’
Rileva con ampio argomentare il RAGIONE_SOCIALE che, dato che controparte aveva lamentato l’assenza della dicitura dattiloscritta al momento della sottoscrizione, sarebbe stato suo onere dimostrarlo; invece, all’esito dell’istruttoria svolta la circostanza non avrebbe trovato adeguato riscontro, non potendosi fare riferimento in questo giudizio alla regola del ‘ più probabile che non ‘; quindi la scrittura si sarebbe dovuta ritenere efficace ex art.2702 e s. c.c.; in concreto, nella motivazione della sentenza d’appello nemmeno si sarebbe dato conto del perché del raggiungimento delle stesse conclusioni del primo grado nonostante le doglianze dell’appellante ricorrente, senza considerare inoltre che non sarebbe emersa alcuna prova a conferma del riempimento postumo, con alterazione della regola probatoria secondo cui l’incertezza sulla falsità dovrebbe andare a danno del querelante.
Nel motivo di ricorso in esame sono individuabili due profili: il primo si sostanzia nella prospettata violazione dell’onere probatorio, il secondo nella evidenziazione di un affermato vizio di motivazione.
4.1. Il primo profilo è infondato, perché la Corte d’Appello ha valutato tutti gli elementi probatori emersi -quali la diversità di stampa del testo della fattura e del testo della scrittura apposta; i caratteri molto piccoli della scrittura contestata, inserita tra il testo ordinario della fattura e la dicitura ‘pagato’ con la data e la firma, apposti a penna; il testo della scrittura che si assume interpolata, non riferito alla fattura su cui è stata apposta ma volto a quietanzare anche altre fattura pure successive- ritenuti di carattere indiziario e considerati dotati di precisione, univocità e concordanza nell’escludere la preesistenza della parte di testo dattiloscritta interpolata. Come conseguenza dell’interpretazione degli elementi istruttori emersi la Corte di merito ha quindi ritenuta raggiunta la prova della falsificazione.
Non è pertanto prospettabile alcuna violazione degli oneri probatori, poiché la Corte di merito ha appunto verificato il materiale istruttorio acquisito ritenendo significative le circostanze indiziarie emerse per fondare presuntivamente un giudizio positivo di falsità. Affermare, come vorrebbe la ricorrente, che valutando diversamente gli elementi di fatto evidenziati e la loro sufficienza si sarebbe dovuti giungere ad escludere un riscontro effettivo della falsificazione, a vantaggio di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e a danno di RAGIONE_SOCIALE sposta l’ambito dell’accertamento richiesto in questa sede dal rispetto del disposto dell’art.2697 c.c. che nel caso di specie, come detto, non risulta essere stato violato- alla critica delle modalità attraverso le quali i Giudici del merito hanno interpretato e valutato il materiale istruttorio, con una implicita richiesta di rinnovazione di dette attività, tipicamente meritali e precluse in sede di legittimità. Si richiama, in proposito, la recente pronuncia di questa Corte di Cassazione, n.32505/2023, che ha condivisibilmente evidenziato, nel solco di un orientamento interpretativo ripetuto, come: ‘ Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ‘ -cfr. anche, in termini, Cass. n. .10927/2024, secondo cui ‘ In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme. In tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme ‘-.
4.2. Il secondo profilo della doglianza in esame è volto a mettere in discussione l’esistenza e la coerenza della motivazione della sentenza appellata, che invece è presente e dà conto del modo in cui la Corte d’Appello di Campobasso è giunta alla decisione, secondo un iter logico argomentativo che non evidenzia contraddittorietà,
tantomeno insanabili, e che non doveva necessariamente dare conto, attraverso un esame particolareggiato, di tutti gli argomenti difensivi spesi dalla parte appellante soccombente, argomenti il rigetto dei quali ben può risultare implicitamente dalla pregnanza probatoria attribuita agli elementi istruttori specificamente valorizzati -cfr. Cass. n.15276/2021: ‘ In tema di ricorso per cassazione, esula dal vizio di legittimità ex art. 360, n. 5 c.p.c. qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si è formato, ex art. 116, c. 1 e 2 c.p.c., in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità ‘-.
Con il secondo motivo di ricorso proposto il RAGIONE_SOCIALE lamenta ‘Omessa considerazione di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, rilevante ex art.360 co 1 n.5 c.p.c.’.
Il fatto decisivo di cui sarebbe stata omessa, secondo la ricorrente, la valutazione sarebbe così sintetizzabile: se fosse vero, come ritenuto dal RAGIONE_SOCIALE, oppure no, come ritenuto da RAGIONE_SOCIALE, che al momento della sottoscrizione del Testa la frase dattiloscritta in contestazione c’era. Disattendendo l’identificazione e la considerazione del fatto decisivo indicato il Giudice d’Appello, e prima il Giudice di primo grado, avrebbero dato per scontata l’assenza della frase dattiloscritta prima della sottoscrizione e avrebbero quindi mal individuato i presupposti di un ipotetico ragionamento presuntivo.
Il motivo, come formulato, è equivoco se si considera che l’assenza della frase dattiloscritta, affermata essere stata oggetto di interpolazione, prima della sottoscrizione del Testa è stato il punto di arrivo del ragionamento presuntivo posto in essere dalla Corte di merito e non il suo punto di partenza, come evidenziato nell’esaminare il primo motivo del ricorso: nella prospettazione offerta il motivo sarebbe quindi infondato -si richiama pure, in proposito, la giurisprudenza di legittimità sopra riportata in ordine all’impossibilità di una nuova rivalutazione degli elementi istruttori in sede di legittimità-.
Esso si deve considerare invece inammissibile se interpretato come richiesta di rivalutazione del ‘fatto decisivo’ della preesistenza della scrittura dattiloscritta alla sottoscrizione, sia perché non esiste un tale ‘fatto decisivo’, essendo stato invece accertato all’esito delle valutazioni riportate sopra l’esatto contrario, sia perché detto accertamento è stato compiuto in modo conforme sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello, con conseguente applicabilità dell’art.348 ter c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.5 c.p.c.
Entrambi i motivi di ricorso proposti debbono pertanto essere respinti.
Le spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, si pongono a carico del ricorrente.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Condanna RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità a favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE di Testa RAGIONE_SOCIALE e le liquida in complessivi € 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 18