Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13118 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13118 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14836/2023 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege – ricorrente – contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, rappresentata e difesa ex lege dall ‘ Avvocatura Generale dello Stato (c.f. NUMERO_DOCUMENTO), con domicilio digitale ex lege
– controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE)
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna n. 882 del 20/4/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/3/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
–NOME COGNOME proponeva querela di falso in via principale per far accertare la falsità delle dichiarazioni rese dall ‘ agente notificatore nelle relate di notifica di cinque cartelle di pagamento e, a tal fine conveniva in giudizio, Equitalia Centro S.p.A. (oggi, Agenzia delle Entrate – Riscossione);
-l ‘ agente della riscossione, costituitosi nel giudizio, otteneva l ‘ autorizzazione a chiamare in causa l ‘ operatore postale RAGIONE_SOCIALE (oggi, RAGIONE_SOCIALE, al quale era stato appaltato il servizio di notifica, per essere manlevata dalle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall ‘ eventuale accoglimento della domanda attorea;
-la RAGIONE_SOCIALE eccepiva l ‘ inammissibilità della propria chiamata in causa, per carenza di legittimazione passiva rispetto alla querela di falso e difetto di interesse a contraddire; eccepiva, altresì, l ‘ improcedibilità della domanda dell ‘ attrice in ragione della mancata conferma della querela, adempimento prescritto dall ‘ art. 99 disp. att. c.p.c.;
-il processo di primo grado si concludeva con la sentenza del Tribunale di Bologna n. 1475 del 14/6/2021, che dichiarava la falsità delle relate di notifica oggetto della querela e condannava RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite;
-la decisione era impugnata da RAGIONE_SOCIALE con appello principale e da Agenzia delle Entrate – Riscossione con appello incidentale;
-la Corte d ‘ appello di Bologna – pronunciandosi nei confronti di NOME COGNOME, di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE (intervenuta nel giudizio ex art. 111 in quanto successore a titolo particolare di RAGIONE_SOCIALE) e nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (non estromessa dal giudizio per opposizione della COGNOME e di RAGIONE_SOCIALE), con l ‘ intervento del Pubblico Ministero – rigettava
entrambi gli appelli e confermava la pronuncia del primo giudice, con la sentenza n. 882 del 20/4/2023;
-per quanto qui ancora rileva, la Corte territoriale forniva alla propria decisione la seguente motivazione: «Sul primo motivo di appello la Corte ritiene che, qualora la querela di falso non venga confermata in prima udienza ex art. 99 disp. att. c.p.c., a ciò può porsi rimedio in corso di giudizio, non essendo previste decadenze, anche mediante comportamenti concludenti (Cass. ord. 23896 del 10.11.2014). La ratio della norma è da rinvenirsi nel fatto che se, come in questo caso, la querela è proposta in via principale e non in via incidentale, il convenuto solo con la comparsa di risposta può, per la prima volta, manifestare le proprie intenzioni circa l ‘ uso che intende fare del documento che si assume essere falso e quindi potrebbe ammettere o negare la falsità, o negare di volere far uso del documento, o negare la falsità, ma aggiungere altre circostanze che rendono quel documento superfluo come fonte di prova. Per tale motivo l ‘ art. 99 disp. a. c.p.c. prevede la conferma della querela in prima udienza per evitare contenziosi inutili e conseguenze pregiudizievoli per il querelante, adeguando il suo comportamento alla linea di difesa adottata dal convenuto nel costituirsi in giudizio (Cass. 28/3/1997 n. 2773). Una improcedibilità collegata alla tardività della conferma della querela, tra l ‘ altro, sarebbe in palese contrasto con la ratio legis finalizzata alla tutela dell ‘ interesse del querelante; la possibilità di una conferma della querela resta invece esclusa se il giudice si sia pronunciato rilevandone la mancanza, ma non quando, come nella specie, manchi un accertamento in tal senso. Il secondo e terzo motivo di appello possono essere trattati congiuntamente. Nexive eccepisce il suo difetto di legittimazione passiva nel giudizio di querela di falso, ma la sua chiamata in giudizio da parte dell ‘ Agenzia delle entrate in primo grado è avvenuta per garanzia impropria, giacché l ‘ Agenzia ha chiesto di essere manlevata da eventuali conseguenze pregiudizievoli discendenti da una declaratoria di falsità ricollegabile ad
un ‘ attività del messo notificatore dipendente di Nexive. La domanda di manleva come spiegata appare sicuramente legittima, in virtù del rapporto contrattuale tra Agenzia delle Entrate e Nexive per il quale quest ‘ ultima risponde. La sua chiamata in giudizio da parte dell ‘ Agenzia delle Entrate ben si giustifica quindi con l ‘ esigenza di rendere pienamente opponibile alla stessa la sentenza sulla querela di falso anche in successivi giudizi risarcitori. … L’ Agenzia delle Entrate ha peraltro legittimamente chiamato in giudizio RAGIONE_SOCIALE per essere manlevata rispetto alle eventuali conseguenze pregiudizievoli della falsità, sia in relazione alla domanda risarcitoria comunque svolta in primo grado di rimborso delle spese relative all ‘ impugnazione delle cartelle esattoriali (non analizzata dal giudice in quella sede dove poteva essere trattata solo la querela di falso), sia in relazione ad ipotetici futuri giudizi risarcitori per rendere compiutamente opponibile la sentenza. Per tutti tali motivi va rigettato sia l ‘ appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE sia l ‘ appello incidentale proposto da Agenzia delle Entrate, con conseguente condanna di entrambi in solido alle spese sostenute da RAGIONE_SOCIALE nel presente giudizio.»;
-avverso tale decisione RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, articolato in due motivi;
-resistevano con distinti controricorsi NOME COGNOME e Agenzia delle Entrate – Riscossione, mentre l ‘ intimata RAGIONE_SOCIALE (già, RAGIONE_SOCIALE non svolgeva difese nel giudizio di legittimità;
-la ricorrente depositava memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
-all ‘ esito della camera di consiglio del 26/3/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE:
-preliminarmente, non rileva la verifica della ritualità della notifica del ricorso anche al Pubblico Ministero;
-infatti, il necessario coinvolgimento del Pubblico Ministero in un’azione come quella per cui è causa (nella quale è prevista la sua partecipazione, ma non anche il potere di promuovere l’azione) può dirsi adeguatamente operato nel giudizio di legittimità anche soltanto mettendo quell’ufficio in grado di parteciparvi (Cass. Sez. U., sentenza n. 3556 del 10/12/2017, Rv. 64243801) e, quindi, con la sola comunicazione al relativo ufficio dell’avviso di fissazione dell’udienza o dell’adunanza in cui il ricorso sarà trattato;
-sempre in via preliminare, si rileva che la RAGIONE_SOCIALE non è interventore adesivo dipendente (contrariamente a quanto sostenuto dalla COGNOME nel controricorso), bensì successore a titolo particolare della RAGIONE_SOCIALE.p.A. e, come tale, legittimato all ‘ impugnazione della pronuncia d ‘ appello;
-le contestazioni svolte dalla controricorrente sulla validità, efficacia ed opponibilità della cessione d ‘ azienda, se non pretestuose (in particolare, quelle relative alla mancata notifica dell ‘ atto di cessione alla RAGIONE_SOCIALE o al corrispettivo di questa), si infrangono sull ‘ accertamento compiuto dalla Corte di merito (non oggetto di impugnazione, nemmeno incidentale), secondo cui «In data 31.3.2022 è intervenuta in giudizio RAGIONE_SOCIALE, successore a titolo particolare di RAGIONE_SOCIALE, per intervenuto acquisto in data 1.7.2020 dell ‘ azienda di RAGIONE_SOCIALE con subentro in tutti i rapporti attivi e passivi, chiedendo l ‘ estromissione dell ‘ appellante e l ‘ accoglimento dei motivi di appello al quale ha interamente aderito.»;
-col primo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la ricorrente deduce «violazione e falsa applicazione degli artt. 99, disp. att. c.p.c. e 83 c.p.c.; la querela di falso non è stata confermata ritualmente né dal querelante personalmente né dal suo procuratore, non essendo quest ‘ ultimo munito di valida procura speciale»;
-la censura è inammissibile per violazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.;
-come correttamente dedotto dalla ricorrente, l ‘ art. 99, comma 1, disp. att. c.p.c. prescrive che «La querela di falso proposta con atto di citazione
deve essere confermata nella prima udienza davanti al giudice istruttore dalla parte personalmente o dal difensore munito di procura speciale» e, secondo la giurisprudenza, si tratta di un onere prescritto a pena di improcedibilità della querela proposta in via principale (in proposito, Cass. Sez. 3, 09/01/2014, n. 196: «Illuminante, sul punto, è altresì la motivazione di Sez. 1, Sentenza n. 6959 del 06/07/1999, Rv. 528307, la quale … individuò la diversa ratio dell ‘ obbligo di presentazione personale della querela (art. 221 c.p.c.), e di quello di confermarla alla prima udienza (art. 99 disp. att. c.p.c.). Fondamento della prima previsione – si legge nella motivazione della sentenza appena ricordata – è la ‘ circostanza che l ‘ esperimento della querela di falso, a motivo delle sanzioni pecuniarie consequenziali al rigetto, non rientra nei poteri del difensore munito di ordinanza procura alle liti ‘ . La funzione della conferma ex art. 99 disp. att. c.p.c., invece, ‘ è da ricercare in ciò, che la querela può riuscire superflua qualora il convenuto, nella comparsa di risposta, dichiari che non intende servirsi del documento incriminato, così come del resto le deduzioni svolte dal medesimo possono essere di tal peso da indurre l ‘ attore a recedere dalla querela stessa ‘ . È dunque evidente come, per la decisione appena ricordata, la ‘ conferma ‘ ex art. 9 disp. att. c.p.c. sia necessaria soltanto nel giudizio di falso proposto in via principale, perché solo in questo caso la lettura della comparsa di risposta potrebbe indurre l ‘ attore a rimeditare la propria scelta di proporre la querela. Nel giudizio di falso proposto in via incidentale, invece, la ‘ conferma ‘ dinanzi al giudice al cospetto del quale è stato riassunto il giudizio di falso è superflua, perché il querelante già sa che la controparte intende servirsi del documento, e non v ‘ è bisogno alcuno che valuti nuovamente la convenienza o l ‘ opportunità di proporre la querela.»);
-tuttavia, il predetto adempimento ex art. 99 disp. att. c.p.c. – la cui omissione non richiede una specifica eccezione della controparte, potendo il giudice rilevare la circostanza anche ex officio – può essere compiuto an-
che in un momento successivo alla prima udienza, dato «che la norma indicata non pone sanzioni di nullità o di improcedibilità, onde alla mancata conferma nella prima udienza consegue solo che essa può essere effettuata fino al completo esaurimento della trattazione della causa» (Cass. Sez. 1, 12/06/2006, n. 13563); difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «La conferma della querela di falso nella prima udienza di trattazione davanti al giudice istruttore, richiesta dall ‘ art. 99 disp. att. cod. proc. civ. per il caso di proposizione in via principale della querela stessa, integra una condizione di procedibilità della domanda alla cui carenza la parte può porre rimedio nel corso ulteriore del giudizio ed anche in sede collegiale.» (Cass. Sez. 1, 27/07/1992, n. 9013, Rv. 478362-01) e, ancora, «La conferma della querela di falso nella prima udienza di trattazione davanti al giudice istruttore, richiesta dall ‘ art. 99 disp. att. cod. proc. civ., per il caso di proposizione in via principale della querela stessa, integra una condizione di procedibilità della domanda, alla cui carenza la parte, non essendo previste decadenze, può porre rimedio nel corso del giudizio, e anche mediante un comportamento concludente, purché il giudice non si sia già pronunciato rilevandone la mancanza.» (Cass. Sez. 6, 10/11/2014, n. 23896, Rv. 633775-01);
-nella fattispecie in esame, la Corte d ‘ appello richiama diverse pronunce giurisprudenziali che esprimono i suesposti principî: pur essendo pacifico che la RAGIONE_SOCIALE non ha confermato la querela di falso alla prima udienza, sarebbe spettato alla ricorrente esporre il fatto processuale in modo tale da chiarire e spiegare che una conferma non è mai intervenuta nel prosieguo del processo in base ad atti o a condotte da cui potersi desumere, quantomeno per implicito, la volontà di insistere nella domanda (a sostegno di quest ‘ ultima conclusione, la controricorrente COGNOME indica svariate circostanze, che, benché insuscettibili di valutazione nel giudizio di legittimità, non sono state illustrate nel ricorso, evidentemente lacunoso sul punto);
-col secondo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la ricorrente deduce «violazione e falsa applicazione degli artt. 2700
c.c., 105, 221 c.p.c.; la Corte d ‘ appello di Bologna, nel ritenere legittima la chiamata in causa dell ‘ operatore postale Nexive da parte di Agenzia delle Entrate Riscossione, non si è minimante confrontata con l ‘ orientamento univoco di codesta Suprema Corte, secondo cui il giudizio introdotto con la querela di falso non tollera la proposizione di altre domande, nemmeno se dipendenti, nell ‘ esito, dalla prima, e nemmeno se risarcitorie, atteso che la sentenza che, accoglie la querela di falso, eliminando ogni incertezza sulla veridicità o meno del documento, riveste efficacia erga omnes , e non solo nei riguardi della controparte presente in giudizio»;
-il motivo è fondato;
-la Corte d ‘ appello di Bologna ha confermato la decisione del Tribunale di non esaminare la «domanda risarcitoria comunque svolta in primo grado di rimborso delle spese relative all ‘ impugnazione delle cartelle esattoriali (non analizzata dal giudice in quella sede dove poteva essere trattata solo la querela di falso)»;
-la Corte territoriale, tuttavia, ha condannato la società ricorrente, in solido con RAGIONE_SOCIALE, al pagamento delle spese processuali sostenute dalla Rizzoli, così individuandola quale legittimata passiva rispetto alla querela di falso (unica conclusione logica, dato che si era ritenuto di non esaminare la domanda di manleva), e – a sostegno della sua legittimazione passiva – ha però richiamato proprio la domanda «non analizzata» e asserito che la chiamata in giudizio di RAGIONE_SOCIALE è avvenuta per garanzia impropria e, cioè, per la manleva dovuta «in virtù del rapporto contrattuale tra Agenzia delle Entrate e Nexive per il quale quest ‘ ultima risponde», per poi concludere che il coinvolgimento nella causa «ben si giustifica quindi con l ‘ esigenza di rendere pienamente opponibile alla stessa la sentenza sulla querela di falso anche in successivi giudizi risarcitori … in relazione ad ipotetici futuri giudizi risarcitori per rendere compiutamente opponibile la sentenza.»;
-la motivazione della decisione impugnata non è certo perspicua: da un lato, si afferma che la domanda di manleva non poteva essere analizzata
nella presente causa, riguardante esclusivamente la querela di falso promossa dalla Rizzoli; dall ‘ altro, si sostiene che l ‘ esercizio della garanzia impropria fondava la legittimazione passiva della Nexive e che l ‘ interesse alla sua chiamata si fondava sull ‘ esigenza di renderle opponibile l ‘ accertamento del falso; infine, si condanna alla rifusione delle spese la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in solido tra loro, così (quantomeno implicitamente) reputando sussistente un loro interesse comune rispetto alle questioni dibattute in causa (presupposto dell ‘ art. 97 c.p.c.);
-in primis , occorre ribadire che la querela di falso non può essere proposta nei confronti di un soggetto diverso da quello che intende avvalersi del documento che si assume falso, perché solo quest ‘ ultimo ha un interesse a contraddire la domanda attorea; ne consegue che – pur potendosi cumulare anche domande eterogenee nei confronti del convenuto (contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la giurisprudenza più recente Cass. Sez. 3, 02/04/2024, n. 8688, Rv. 670698-01 – afferma che «Nel giudizio in cui sia proposta, in via principale, querela di falso, è ammissibile, ai sensi dell ‘ art. 104 c.p.c., la proposizione da parte dell ‘ attore di ulteriori domande nei confronti dello stesso convenuto») – la richiesta di accertamento della falsità documentale non può essere estesa dal convenuto a soggetti terzi, nemmeno per rendere loro opponibili gli esiti dell ‘ accertamento;
-infatti, con riguardo a quest ‘ ultima statuizione, si rileva che – per consolidato indirizzo di legittimità – lo strumento della querela, più gravoso del disconoscimento, ha lo scopo di negare definitivamente la genuinità del documento ed è quindi rivolto al perseguimento di un risultato più ampio e definitivo, qual è quello della completa rimozione del valore dell ‘ atto con effetti erga omnes e non nei soli riguardi della controparte (Cass. Sez. 1, 10/03/2021, n. 6711, Rv. 660829-02; Cass. Sez. 6, 23/07/2020, n. 15823, Rv. 658501-01; Cass. Sez. U., 04/06/1986, n. 3734, Rv. 446616-01);
-così si esprime anche Cass. Sez. 3, 03/08/2017, n. 19337 (che ricostruisce la giurisprudenza di legittimità): «La querela di falso proposta in
via principale dà luogo ad un giudizio autonomo volto ad accertare la falsità materiale di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata o riconosciuta, ovvero la divergenza, in un atto pubblico, fra la dichiarazione e gli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti e quanto effettivamente avvenuto, al fine di paralizzarne l ‘ efficacia probatoria. All ‘ esito di siffatto giudizio, l ‘ eventuale accertamento della falsità spiega i suoi effetti ‘ erga omnes ‘ , e, quindi, oltre il limite del giudicato » (così Cass. n. 13190/06, che richiama Cass. n. 9013/1992, Cass. n. 13122/1992 e Cass. S.U. n. 3734/1986); « … dai principi di cui sopra, nonché dalle norme degli artt. 225-226 cod. proc. civ., si trae il corollario per il quale, secondo il prevalente orientamento di questa Corte (da cui non si ha motivo di discostarsi), la sentenza che, accogliendo la querela di falso, accerta la falsità del documento, ha efficacia erga omnes ; … la ragione dell’ efficacia erga omnes della sentenza che accerta la falsità è da rinvenirsi nel prevalente interesse pubblico a che un documento, accertato come falso, venga definitivamente rimosso e privato della sua efficacia probatoria privilegiata (cfr. Cass. S.U. n. 3734/86, Cass. n. 24725/08 e n. 12130/11, tra le altre)»;
-le argomentazioni addotte dalla Corte bolognese per affermare la legittimazione passiva e l ‘ interesse a contraddire della RAGIONE_SOCIALE si rivelano, dunque, inconsistenti : l’efficacia erga omnes dell’accertamento è di per sé idonea a fondare l’opponibilità della pronuncia a chicchessia, mentre, nella specie, resta soltanto eventuale e, pertanto, non attuale, l’interesse di chi possa avere, in tesi, concorso a determinare l’eventuale falsità a contrastare la relativa decisione;
-si deve accogliere, pertanto, il secondo motivo e, in relazione a questo e nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (nonché dei suoi successori), le sentenze di merito vanno cassate;
-non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell ‘ art. 384 c.p.c. accogliendo l ‘ eccezione di inammissibilità della chiamata in causa sollevata ab initio dalla Nexive;
-nella regolazione delle spese dei gradi di merito, i costi del giudizio devono essere posti a carico di RAGIONE_SOCIALE, che aveva illegittimamente chiamato in causa la RAGIONE_SOCIALE; di conseguenza, si condanna Agenzia delle Entrate – Riscossione a rifondere a RAGIONE_SOCIALE le spese dei gradi di merito, nella misura indicata nel dispositivo;
-sono poste a carico di Agenzia delle Entrate – Riscossione le spese del giudizio di legittimità di RAGIONE_SOCIALE, liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-in ragione della reciproca soccombenza, si dispone la compensazione delle spese tra Silvia Rizzoli e RAGIONE_SOCIALE;
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso;
accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la chiamata in causa di RAGIONE_SOCIALE
condanna Agenzia delle Entrate – Riscossione a rifondere a RAGIONE_SOCIALE in ogni caso oltre al rimborso forfettario delle spese generali pari al 15% e ad accessori di legge, le spese: del primo grado di giudizio, liquidate in Euro 4.800,00; dell ‘ appello, liquidate in Euro 6.615,00; di questo giudizio, liquidate in Euro 3.100,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,