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Querela di falso: Cassazione su onere della prova

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’impresa edile avverso la sentenza che accoglieva una querela di falso. La decisione della Corte d’Appello, basata su prove presuntive per accertare la falsità della data di iscrizione di riserve contabili, è stata ritenuta corretta. La Cassazione ribadisce che il suo ruolo non è riesaminare i fatti, ma controllare la corretta applicazione della legge, confermando che la valutazione delle prove spetta al giudice di merito.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Querela di Falso in Appalti Pubblici: la Cassazione sui Limiti della Prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del giudizio di legittimità in materia di querela di falso, specialmente nel contesto degli appalti pubblici. La vicenda riguarda la contestazione della data di iscrizione di alcune riserve nel registro di contabilità, un documento cruciale per la gestione dei contratti pubblici. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, ribadendo un principio fondamentale: il suo compito non è rivalutare le prove, ma garantire la corretta applicazione delle norme di diritto.

I Fatti di Causa

La controversia nasce da un contratto d’appalto tra una società di costruzioni e un Comune per la realizzazione di un serbatoio idrico. Al termine dei lavori, l’impresa citava in giudizio l’ente pubblico per ottenere il pagamento del saldo e il risarcimento dei danni derivanti da ritardi e sospensioni, facendo leva su una serie di riserve iscritte nel registro di contabilità.

Il Comune, costituitosi in giudizio, non solo contestava le pretese ma proponeva una querela di falso contro il registro di contabilità. Nello specifico, l’ente sosteneva che la data apposta in calce all’esplicitazione delle riserve fosse stata retrodatata per farle apparire tempestive, mentre in realtà erano state formulate oltre il termine di quindici giorni previsto dalla legge.

Dopo un complesso iter giudiziario, la Corte di Appello accoglieva la querela, dichiarando falsa la data del 22 giugno 2000 e ordinandone la sostituzione con quella del 30 giugno 2000. La decisione si basava su una serie di elementi presuntivi convergenti. L’impresa edile, soccombente, ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

La Querela di Falso e la Decisione della Cassazione

Il ricorso dell’impresa si fondava su due motivi principali, entrambi volti a criticare la valutazione delle prove operata dalla Corte d’Appello. La società sosteneva che l’ente pubblico non avesse fornito prove adeguate della falsità e che i giudici di merito avessero erroneamente svalutato le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà prodotte dai direttori dei lavori, che confermavano la data contestata.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto entrambi i motivi inammissibili. Ha chiarito che le censure proposte non denunciavano una violazione di legge in senso proprio (cioè un’errata interpretazione o applicazione di una norma), ma miravano a ottenere un nuovo esame dei fatti e una diversa valutazione del materiale probatorio. Questo tipo di attività, però, è riservata esclusivamente al giudice di merito e non rientra nelle competenze della Corte di legittimità.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni della sua decisione, ribadendo principi consolidati in materia processuale e probatoria.

In primo luogo, ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva ampiamente e logicamente motivato il proprio convincimento circa la falsità della data. La decisione era fondata su una pluralità di “elementi presuntivi convergenti”, tra cui:
1. La violazione della regola cronologica: Le annotazioni sul registro di contabilità non seguivano l’ordine temporale corretto.
2. L’inosservanza delle modalità di redazione: Il registro presentava irregolarità formali.
3. La motivazione del rigetto delle riserve: La stessa direzione dei lavori le aveva respinte non solo perché infondate, ma anche perché “intempestive”, confermando indirettamente la falsità della data che le avrebbe rese tempestive.

In secondo luogo, la Cassazione ha ricordato che la prova della falsità può essere fornita con qualsiasi mezzo, incluse le presunzioni, senza che esista una gerarchia tra le fonti di prova. L’apprezzamento del giudice di merito sulla precisione, gravità e concordanza degli indizi è incensurabile in sede di legittimità, se logicamente motivato.

Infine, è stato ribadito che le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà (autocertificazioni) hanno efficacia probatoria solo nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e non in un giudizio civile tra privati, dove sono liberamente valutabili dal giudice.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma dei limiti del giudizio di Cassazione. Non è una “terza istanza” dove si possono ridiscutere i fatti e le prove, ma un organo di controllo sulla corretta applicazione del diritto. La decisione rafforza la discrezionalità del giudice di merito nella valutazione del materiale probatorio, inclusa la prova per presunzioni, anche in un procedimento delicato come la querela di falso. Per le imprese che operano negli appalti pubblici, emerge ancora una volta l’importanza cruciale del rispetto rigoroso delle formalità contabili, la cui violazione può costituire un indizio determinante a loro sfavore in un eventuale contenzioso.

È possibile provare la falsità di un documento in un processo civile solo con prove dirette?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che la falsità di un atto può essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova, comprese le presunzioni, a condizione che queste siano gravi, precise e concordanti.

Un’autocertificazione ha valore di prova piena in un processo civile?
No. La Corte ha ribadito che la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ha attitudine certificativa e probatoria solo nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, ma non in un processo civile tra privati, dove è soggetta al libero apprezzamento del giudice.

Si può chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di una causa?
No, il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di procedere a una nuova valutazione delle prove o a una ricostruzione dei fatti, attività che spettano esclusivamente ai giudici dei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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