Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3109 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3   Num. 3109  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
SENTENZA
sul ricorso n.7670/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE), elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO  presso  lo  studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME che la rappresenta e difende;
-ricorrente – contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME;
– intimati –
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME erede di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME erede di COGNOME NOME, COGNOME NOME erede di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME erede di COGNOME NOME, COGNOME NOME erede di COGNOME NOME, COGNOME NOME erede di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME erede di COGNOME NOME e COGNOME NOME, COGNOME NOME eredi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, COGNOME NOME erede di COGNOME NOME e COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che li rappresenta e difende;
-controricorrenti –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Formello in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende;
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso  la  sentenza  n.  5317/2019  della  CORTE  D’APPELLO  di  ROMA,  depositata  il 29/8/2019;
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  pubblica  udienza  del  7/11/2023  dal Consigliere NOME COGNOME;
udito l’AVV_NOTAIO;
udito l’AVV_NOTAIO;
udito l’AVV_NOTAIO;
udito  il  P.M.  in  persona  del  AVV_NOTAIO  NOME  AVV_NOTAIO  che  ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi;
Rilevato che:                                                             7670/2020
Con atto di citazione del 10 dicembre 2004 alcuni abitanti nel RAGIONE_SOCIALE di Formello (nella intestazione della presente pronuncia figurano ora i nomi della maggioranza di loro o degli attuali eredi quali controricorrenti) convenivano davanti al Tribunale di Tivoli, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, il suddetto RAGIONE_SOCIALE e una serie di concessionarie del servizio pubblico dell’acqua potabile -che si erano l’un l’altra succedute a partire dalla pertinente concessione stipulata dalla prima nell’ottobre 1991 c on il RAGIONE_SOCIALE -, chiedendo di accertare che tali concessionarie erano obbligate, per detta concessione e comunque per le disposizioni legislative, a fornire loro acqua potabile, di accertare che, ognuna per quanto di ragione, erano state inadempienti all’obbligo di fornitura, avendo fornito acqua non conforme ai parametri di potabilità, così non adempiendo agli obblighi contrattuali e di legge, di accertare che avevano preteso il pagamento di fatture relative a prestazioni non eseguite o eseguite in modo dif forme, pagate dagli utenti solo perché questi, ‘per fatti e colpe delle società concessionarie’, non erano stati informati della qualità dell’acqua fornita, di dichiarare la responsabilità concorrente o per quanto di ragione esclusiva del RAGIONE_SOCIALE per non aver espletato controllo sulle concessionarie quanto alla gestione del servizio idrico, come previsto dalla legge e dall’articolo 5 della convenzione del 1991, dichiarare l’obbligo delle concessionarie di restituire le somme non dovute a ciascuno degli attori, accertare che questi ultimi ‘per fatti e colpa’ delle concessionarie, per quanto di ragione, avevano utilizzato per usi umani l’acqua erroneamente convinti della sua potabilità, e di condannare conseguentemente le concessionarie sempre per quanto di ragione e con esse in solido e/o per quanto di ragione il RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni, biologici e/o alla salute o comunque a qualunque titolo cagionati per l’uso di tale acqua, pronunciando condanna generica con riserva di quantificazione in separato giudizio, nonché al risarcimento del danno morale in via equitativa.
Per  quel  che qui  interessa,  si  costituivano  la  concessionaria  dell’epoca,  RAGIONE_SOCIALE  –  dapprima  RAGIONE_SOCIALE  poi  RAGIONE_SOCIALE  –  e  il  RAGIONE_SOCIALE,  resistendo;  il  Tribunale,
disposta anche consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 293/2003 accoglieva la maggior parte delle domande attoree, in particolare, sempre per quel che qui interessa, dichiarando la concessionaria inadempiente agli obblighi assunti verso gli utenti, e in particolare all’obbligo di fornire acqua potabile, conseguentemente condannandola a restituire metà dell’importo pagato per le bollette dal 1997 al 2002 dagli attori (per l’altra metà affermando che questi avevano comunque fatto dell’acqua anche un uso non potabile); riconosceva l’esistenza del danno alla salute e del danno per mancata informazione sulla non potabilità delle acque che aveva impedito agli attori di autodeterminarsi sulle proprie scelte alimentari, condannando RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE a risarcire i da nni all’esito di un separato giudizio.
RAGIONE_SOCIALE  proponeva  appello,  cui  resistevano  quasi  tutti  gli  attori originari; il RAGIONE_SOCIALE si costituiva in sostanza aderendo invece al gravame. Con sentenza del 29 agosto 2019 la Corte d’appello di Roma lo rigettava.
RAGIONE_SOCIALE,  quale  mandataria  di  RAGIONE_SOCIALE,  ha  proposto  ricorso, articolato in quattro motivi, da cui si sono difesi con controricorso il gruppo di abitanti del RAGIONE_SOCIALE e dei loro eredi indicati nell’intestazione. Anche il RAGIONE_SOCIALE ha presentato co ntroricorso, chiedendo però l’accoglimento del ricorso, ‘facendone proprie le argomentazioni’ e proponendo pure un motivo di censura che appare quindi valere ricorso incidentale.
Chiamata  la  causa  in  adunanza  camerale  –  per  la  quale  hanno  depositato memoria  sia  la  ricorrente,  sia  il  RAGIONE_SOCIALE,  sia  gli  altri  controricorrenti  –  con ordinanza interlocutoria è stata rimessa in pubblica udienza.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha presentato memoria contenente conclusioni scritte, pronunciandosi  nel  senso  del  rigetto  sia  del  ricorso  principale  sia  del  ricorso incidentale.
Memoria hanno rispettivamente depositato pure la ricorrente, il RAGIONE_SOCIALE e gli altri controricorrenti.
Considerato che:
1. Il primo motivo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione della l. 36/1994 e del d.p.r. 236/1988.
Si riporta anzitutto una parte della sentenza di primo grado, e precisamente i capi 4 e 5 della motivazione, ove il Tribunale rilevava che nella convenzione stipulata tra RAGIONE_SOCIALE e concessionaria per quest’ultima era previsto all’articolo 4 sub C l’obbligo di svolgere il servizio uniformandosi alle leggi e ai regolamenti sia statali sia regionali riguardanti il servizio di approvvigionamento, trattamento e distribuzione dell’acqua potabile, e negava che ciò fosse avvenuto. Il problema vertendo sulla quantità di ione fluoruro, osservava il Tribunale che il d.p.r. 236/1988 (erroneamente dal Tribunale qualificato decreto legislativo) indica nell’allegato I , lettera C, il valore limite della concentrazione massima ammissibile (CMA) delle sostanze indesiderabili come appunto il fluoro, e nell’allegato 2 stabilisce che la presenza di quest’ultimo rientra tra i controlli occasionali denominati C4. Rilevava altresì il primo giudice che l’articolo 26 l. 36/1994 obbliga il gestore del servizio idrico a dotarsi di un laboratorio di analisi e di controlli di qualità delle acque dalla presa alla distribuzione, e che il D.P.C.M. 29 aprile 1999 n. 126 si riferisce anche al dosaggio dello ione fluoruro come standard delle acque di distribuzione. Osservava inoltre il Tribunale che il CTU aveva evidenziato l’assenza di ‘certificazioni analitiche di controllo su questo parametro’, il che sarebbe stato ‘di maggior rilievo in quanto per la particolare idrogeologia delle acque sotterranee di questo territorio sarebbe stato opportuno effettuare il dosaggio dello ione fluoruro con una frequenza periodica o magari occasionale’ come previsto nel d.p.r. 236/1988. Da ciò il Tribunale deduceva che la concessionaria non aveva adempiuto ai suoi obblighi verso gli utenti, e in particolare all’obbligo di fornire acqua potabile.
L’attuale ricorrente a questa prima trascrizione fa seguire quella del suo relativo motivo d’appello, sub 7 e 7.1 , ove aveva censurato il Tribunale per non avere esaminato il contenuto normativo del d.p.r. 236/1988, richiamandone pertanto le seguenti norme che sarebbero qui rilevanti.
L’articolo 8 ‘disciplina i controlli esterni’ dell’ RAGIONE_SOCIALE in base ai programmi delle regioni; l’articolo 12 disciplina i controlli sanitari stabilendo che ‘i prelievi
ed i controlli analitici sulle acque destinate al consumo umano sono eseguiti dai servizi e presidi delle unità sanitarie locali’ e che ‘i controlli ispettivi e giudizi di qualità  sulle  acque  destinate  al  consumo  umano  spettano  all’unità  RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘; l’articolo 13 , infine, disciplina i controlli interni, prevedendo che i gestori degli impianti acquedottistici devono dotarsi di laboratori interni anche in forma consortile per il controllo dei servizi essenziali del ciclo dell’acqua.
L’appellante – attuale ricorrente – da tutto ciò aveva dedotto che come gestore avrebbe avuto solo l’obbligo dei servizi essenziali, e non anche del controllo della qualità dell’acqua, spettante all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE territorialmente competente. Il primo giudice avrebbe invece ignorato dette norme, che nel senso dell’assenza dell’ obbligo del gestore della verifica della buona qualità dell’acqua sarebbero pure confermate dall’articolo 26 l. 36/1994. Quindi l’appellante non sarebbe stata inadempiente, i contr olli analitici sulla qualità dell’acqua competen do all’RAGIONE_SOCIALE.
Osserva la ricorrente che, nonostante tale chiara normativa, il giudice d’appello ha respinto il motivo di gravame appena sintetizzato, affermando che non si potrebbe ‘seriamente sostenere che il gestore del servizio con il contratto di somministrazione assumerebbe solo l’obbligo di fornire acqua per uso domestico … e non quello di garantire la qualità dell’acqua’ nel senso di assenza d elle sostanze di cui al d.p.r. 236/1988. La ricorrente riporta il passo motivazionale dedicato dal giudice d’appello a ques to motivo, passo in cui, per contrastare l’asserita ‘mancanza di obblighi in capo al gestore del servizio idrico di dotarsi di un laboratorio per i controlli sulla qualità dell’acqua dalla presa alla distribuzione’, si invoca pure l’articolo 26, primo comma, l. 36/1994, in base al quale ‘per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque e
sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni’. Quindi -afferma il giudice d’appello -‘l’obbligo in questione esiste’, ferme restando le ulteriori competenze di controllo stabilite dalla normativa per altri soggetti: pertanto, in forza dell’articolo 4, lettera C, della convenzione – prevedente per il gestore l’obbligo di uniformarsi per i controlli alle norme di legge, di regolamenti comunitari, statali e regionali, nonché per i l RAGIONE_SOCIALE l’obbligo di vigilare e controllare l’attività del concessionario – sussisteva la responsabilità, prospettata dagli attori, del gestore e del RAGIONE_SOCIALE.
Sostiene la ricorrente che siano stati violati la l. 36/1994 e il d.p.r. 236/1988, che dalla prima non è stato modificato, per cui la legge vi si riferisce come ‘normativa vigente’. In particolare, questo decreto (applicabile naturalmente ratione temporis ) stabilisce all’articolo 3 che ‘i requisiti di qualità delle acque sono valutati sulla base dei valori e delle indicazioni relativi ai parametri di cui all’allegato I’, all’articolo 9 conferisce alle regioni le misure di emergenza e all’articolo 10 rinvia, quanto a modalità di frequenza dei controlli, all’allegato 2, che nella tabella B per il controllo C4 (occasionale) prevede che quest’ultimo ‘sa rà effettuato con la frequenza che le autorità sanitarie competenti, secondo le circostanze, riterranno opportuna’. Controllo, questo, che ‘si riferisce al fluoro, indicato nell’allegato I al n. 38 non tra le sostanze tossiche e nocive, ma come sostanza in desiderabile’. L’articolo 12 , Controlli sanitari , stabilisce che i prelievi e i controlli analitici sulle acque destinate al consumo umano vengono effettuati dalle unità sanitarie locali (primo comma), come pure i controlli ispettivi e i giudizi di qualità di tali acque (secondo comma); al terzo comma poi prevede: ‘Qualora i risultati analitici o dell’esame ispettivo evidenzino la possibilità di un pregiudizio per la salute umana, l’organo di controllo, effettuata la valutazione del pregiudizio, richiede alla regione, al comune ed al gestore dell’acquedotto i provvedimenti e le misure di competenza’. L’articolo 13, Controlli interni , poi recita: ‘I soggetti gestori di impianti acquedottistici devono dotarsi di laboratori gestionali interni, anche in forma consortile, per il controllo dei servizi essenziali del ciclo dell’acqua’.
Dall’articolo 13 d.p.r. 236/1988 emergerebbe come ‘tutta evidenza’, secondo la ricorrente, che ‘i controlli del gestore riguardano i servizi essenziali del ciclo dell’acqua, come esposto nell’appello, e non i prelievi ed i controlli analitici delle acque d estinate al consumo umano. Come esposto nell’appello, se il gestore deve effettuare i controlli sui servizi essenziali del ciclo dell’acqua, non è certo tenuto ad effettuare i controlli (occasionali e da stabilire da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE co mpetente come prevede l’allegato II al d.p.r. 236/1988) che riguardano un requisito solo indesiderabile e non riferito al servizio essenziale dell’acqua’. Quindi il gestore d ovrebbe munirsi di un laboratorio di analisi solo per la verifica dei servizi essenziali. Sarebbe dunque superficiale – argomenta ancora la ricorrente – l a posizione assunta dal giudice d’appello , affermando che il concessionario tra i suoi compiti ha quello di garantire la qualità dell’acqua ‘sotto il profilo dell’assenza delle sostanze’ di cui al d.p.r. 236/1988 , non troverebbe sostegno neppure nell’articolo 26 l. 36/1994 che, come sopra si è visto, ‘fa richiamo alla normativa vigente’.
Il secondo motivo lamenta omessa pronuncia ‘sul motivo di appello di cui al punto 7.6’, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c.
In tale motivo d’appello l’attuale ricorrente aveva censurato il primo giudice perché non avrebbe tenuto in conto che il d.p.r. 236/1988 era stato sostituito nel luglio 2001 dal d.lgs. 31/2001, il cui articolo 15 stabiliva che la qualità delle acque destinate al consumo umano doveva essere conformata ai parametri dell’allegato 1 (includente nella parte B la previsione del limite di 1,50 per la sostanza de qua ) entro il 25 dicembre 2003, e altresì che durante tale ‘transitorio regime di tolleranza’ il RAGIONE_SOCIALE di Formello aveva dapprima, nel luglio 2001, vietato l’uso alimentare dell’acqua, e poi si era attivato per rimediare alla concentrazione del fluoro così da poter revocare il divieto di utilizzo dell’acqua ai fini potabili con ordinanza del giugno 2002, q uindi ben prima della scadenza del 25 dicembre 2003. Su ciò il giudice d’appello avrebbe omesso pronuncia, nonostante che il preteso danno si riferirebbe al periodo dal 1997 al 2002, epoca in cui sarebbero stati commessi gli asseriti inadempimenti delle co ncessionarie della gestione dell’acqua.
Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3, violazione del d.p.r. 236/1988 e del d.lgs. 31/2001, riproponendo quanto già sopra addotto a proposito della imputata ‘mancata informazione’ degli abitanti da  parte  del  gestore così  da  impedire  loro  l’autodeterminazione.  Si  nega l’esistenza  di  un  obbligo  informativo  del  gestore,  ribadendo  il  ruolo  invece dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE competente.
 Il  quarto  motivo  denuncia,  ex  articolo  360,  primo  comma,  n.3  c.p.c., violazione dell’articolo 2697 c.c. e dei principi relativi alla condanna generica.
Il giudice di merito avrebbe violato i principi regolanti la scissione del giudizio sull’ an dal  giudizio  sul quantum ,  omettendo  l’accertamento  sull’esistenza  del fatto illecito e della sua potenzialità dannosa che gli sarebbe spettato.
Seguendo il criterio della ragione liquida, si rileva a proposito del secondo motivo  del  ricorso  che  effettivamente,  come  sostiene  la  ricorrente,  sulla questione del l’ articolo 15 d.lgs. 31/2001 -relativa al l’identificazione dell’epoca oltre la quale si sarebbe dovuto adeguare ai parametri normativi anche il fluoro -, sussiste la omessa pronuncia.
Corrisponde al vero, infatti, che la sentenza impugnata ha dato atto della presenza della relativa censura nelle pagine 11-12, e parimenti corrisponde al vero che, dopo avere avviato l’esame congiunto di quelli che la corte territoriale ha definito secondo e terzo motivo (sentenza, pagine 13 ss.), il giudice d’appello svolge varie argomentazioni, senza però fare alcun riferimento alla ictu oculi dirimente – norma specifica rappresentata appunto dall’articolo 15 d.lgs. 31/2001, che non compare poi neppure nell’esame dei motivi quarto, quinto e sesto successivi.
L’esito di fondatezza del presente motivo conduce all’accoglimento del ricorso principale,  per  la  potenziale  natura  dirimente  oggetto  della  pronuncia  non esaminata  assorbite  tanto  le  sue  ulteriori  censure  quanto  assorbito  altresì  il ricorso incidentale, e quindi la cassazione della sentenza con rinvio, anche per le  spese,  alla  Corte  d’appello  di  Roma,  in  diversa  sezione  e  in  diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi di tale ricorso assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2023