Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27166 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 27166 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha respinto la domanda principale proposta da NOME COGNOME (dirigente medico presso la RAGIONE_SOCIALE, nominata con decorrenza 10.1.2005 quale responsabile del RAGIONE_SOCIALE integrato con l’O RAGIONE_SOCIALE), volta ad ottenere le differenze retributive maturate fino al novembre 2011 a titolo di indennità di direzione di struttura complessa e quantificate in € 137.216,22, ed in parziale accoglimento della domanda subordinata, volta ad ottenere la condanna dell’ente al pagamento della somma di € 16.918,90 a titolo di retribuzione di incarico di responsabilità RAGIONE_SOCIALE anche successivamente al 7.6.2008 e fino al novembre 2011, ha riconosciuto le differenze retributive fino all’agosto 2010.
La Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, pronunciando sull’impugnazione principale della COGNOME (avente ad oggetto sia il rigetto della domanda proposta in via principale sia l’accoglimento in misura minore di quella proposta in via subordinata) e su quella incidentale della RAGIONE_SOCIALE, in riforma di tale sentenza, ha integralmente accolto la prima e, per l’effetto, la domanda principale proposta dalla COGNOME e ritenuto, altresì, infondato l’appello incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE.
La Corte RAGIONE_SOCIALE ha osservato che solo con la delibera aziendale n. 961 del 2010 l’ente aveva qualificato l’incarico assegnato alla COGNOME come direzione di struttura semplice ascrivibile alla fascia B ed aveva attribuito alla COGNOME le relative indennità fino al 6.6.2008
(giorno antecedente all’entrata in vigore l’atto aziendale che non aveva previsto il RAGIONE_SOCIALE come autonoma struttura aziendale).
Il giudice di appello non ha condiviso le statuizioni del primo giudice in ordine alla mancanza di prova della diversa natura dell’incarico attribuito; ha in particolare rilevato la mancata contestazione, da parte dell’Azienda, delle puntuali affermazioni della RAGIONE_SOCIALE (contenute nel ricorso introduttivo e ribadite alle pagg. 2 e 3 dell’atto di appello) riguardanti la sussistenza di un’ampia serie di requisiti idonei a qualificare il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE come struttura complessa ed ha evidenziato che la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto la disapplicazione di tali provvedimenti amministrativi da parte del giudice ordinario.
Pur avendo prospettato la dubbia la sindacabilità anche in via incidentale della qualificazione del RAGIONE_SOCIALE come struttura semplice, ha considerato dirimente che l’Azienda avesse opposto solo argomenti formali alla prospettazione avversaria, senza in alcun modo contestare la ricostruzione in fatto dell’organizzazione della struttura e dei compiti della sua dirigente; ha pertanto considerato dimostrata la conclamata erroneità ed arbitrarietà della qualificazione della struttura, come operata dall’atto aziendale.
Ha escluso che il mancato esperimento della procedura selettiva e le eventuali violazioni della par condicio potessero ridondare a carico del lavoratore e che spettasse alla COGNOME, formalmente nominata dall’Amministrazione, attivarsi per la sottoscrizione del contratto; ha invece valorizzato la circostanza che le prestazioni erano state in concreto rese ed ha richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo cui l’art. 2126 cod. civ. è applicabile al pubblico impiego.
Ha infine osservato che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era stato pacificamente operativo anche dopo il 2008 (circostanza documentata comunque e non contestata) ed ha limitato al 2011 gli importi pretesi dalla COGNOME nell’originaria domanda.
Per la cassazione di tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 19, comma 2, d.lgs. n. 165/2001 e 15ter , comma 1, d.lgs. n. 502/1992 ratione temporis applicabile in relazione all’art. 1418 primo comma; violazione dell’art. 97 Cost., per avere la Corte RAGIONE_SOCIALE erroneamente ritenuto che la COGNOME, formalmente nominata dall’Amministrazione direttore di struttura complessa, non era tenuta ad attivarsi per la sottoscrizione del contratto.
Deduce l’insussistenza dell’incarico dirigenziale di direzione di struttura complessa preteso dalla COGNOME, evidenziando che il superamento della fase selettiva ed il conseguente inquadramento nei ruoli dell’Amministrazione fonda solo il diritto del prestatore di lavoro all’acquisizione della qualifica dirigenziale, ma non implica il conferimento dell’incarico dirigenziale.
Aggiunge che l’effettiva costituzione del rapporto di servizio si ha solo con l’attribuzione dello specifico incarico dirigenziale a tempo determinato e con la stipulazione del relativo contratto di lavoro.
Con il secondo mezzo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 15ter , comma 2, d.lgs. n. 502/1992 ratione temporis applicabile, per avere la Corte RAGIONE_SOCIALE erroneamente escluso che il mancato esperimento della procedura selettiva e le eventuali violazioni della par condicio potessero ridondare a carico del lavoratore.
Sostiene che l’incarico di direzione di struttura complessa non poteva essere conferito in violazione delle norme che disciplinano la
modalità di conferimento, evidenziando che il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nell’art.15ter integra un’ipotesi di illiceità della causa.
Con la terza censura il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., omessa osservanza dell’obbligo di motivazione affermato dall’art. 111 Cost., non avendo la Corte RAGIONE_SOCIALE illustrato le ragioni per le quali fossero da considerarsi decisivi i requisiti indicati dalla COGNOME nel giudizio di primo grado e riproposti in appello ai fini della qualificazione del RAGIONE_SOCIALE come struttura complessa.
Lamenta che la sentenza impugnata non ha colto la ratio decidendi della sentenza di primo grado, riferita alla mancanza di decisività dei requisiti enunciati dalla ricorrente ai fini della qualificazione del RAGIONE_SOCIALE come struttura complessa.
Con il quarto motivo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 cod. proc. civ.
Addebita alla Corte RAGIONE_SOCIALE di avere attribuito rilevanza alla mancata contestazione (peraltro insussistente) e di avere fatto proprie le deduzioni della COGNOME, omettendo di valutarle ai fini della qualificazione del RAGIONE_SOCIALE come struttura complessa.
Con il quinto motivo, il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 1 e 5, e dell’art. 3, comma 1bis , d.lgs. n. 502/1992, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte RAGIONE_SOCIALE accolto il secondo motivo di impugnazione della RAGIONE_SOCIALE e rigettato l’appello incidentale spiegato dall’Azienda.
Lamenta che la sentenza impugnata ha erroneamente riconosciuto alla COGNOME gli emolumenti connessi all’incarico di direzione di struttura complessa anche per il periodo 7.6.2008 – novembre 2011,
sul presupposto della sussistenza del RAGIONE_SOCIALE successivamente al 7.8.2008.
Evidenzia che il Direttore Generale della RAGIONE_SOCIALE, nella sua qualità di organo preposto alla gestione dell’Azienda, aveva individuato nell’atto aziendale del 7.6.2008 (mai sospeso) le strutture operative aziendali dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, tra le quali non figura il RAGIONE_SOCIALE.
Precisa che ai sensi dell’art. 1 comma LXVI della l.r. Lazio n. 14/2008 l’effetto sospensivo era subordinato ad una successiva attività discrezionale dell’Amministrazione regionale (basata sull’accertamento della conformità dell’Atto aziendale del piano di riassetto adottando), attività nel caso di specie assente.
Aggiunge che il Tribunale, in violazione dell’art. 421, comma secondo, cod. proc. civ., nei provvedimenti emessi all’esito delle camere di consiglio del 10.12.2013 e del 18.6.2014 aveva travalicato l’esercizio dei poteri istruttori del giudice del lavoro.
Il primo e il quinto motivo, che per ragioni di connessione logica vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
L’art. 15 del d.lgs. n. 502/1992, nell’originaria versione del quale la dirigenza sanitaria era articolata in due livelli (primo livello: funzioni di supporto, di collaborazione e di responsabilità, con riconoscimento di precisi ambiti di autonomia professionale nella struttura di appartenenza, da attuarsi anche mediante direttive del responsabile; secondo livello: funzioni di direzione ed organizzazione della struttura, da attuarsi anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa e l’adozione dei provvedimenti relativi, necessari per il corretto espletamento del servizio), a seguito delle modifiche apportate dall’art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 229/1999, ha previsto che la dirigenza sanitaria sia collocata in un ruolo unico distinto per profili professionali.
Si tratta di una dirigenza caratterizzata « dall’autonomia tecnicoprofessionale delle proprie funzioni e mansioni i cui ambiti di esercizio,
attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica sono progressivamente ampliati ‘; al dirigente « all’atto della prima assunzione sono affidati compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura e sono attribuite funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione dell’attività… » e successivamente, decorsi cinque anni con valutazione positiva, « funzioni di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettive, di verifica e controllo nonché possono essere attribuiti incarichi di direzione di strutture semplici ».
Ai sensi dell’art. 15quinquies , comma 5, del d.lgs. n. 502/1992 « Gli incarichi di direzione di struttura, semplice o complessa, implicano il rapporto di lavoro esclusivo. Per struttura ai fini del presente decreto, si intende l’articolazione organizzativa alla quale è prevista, dall’atto aziendale di cui all’art. 3, comma 1-bis, responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie »; il successivo comma 6 dispone che: « Ai fini del presente decreto, si considerano strutture complesse i dipartimenti e le unità operative individuate secondo i criteri di cui all’atto di indirizzo e coordinamento previsto dall’articolo 8-quater, comma 3. Fino all’emanazione del predetto atto si considerano strutture complesse tutte le strutture già riservate dalla pregressa normativa ai dirigenti di secondo livello dirigenziale… ».
In linea con tali previsioni normative, l’art. 27 del CCNL 8.6.2000 per la dirigenza medica del servizio sanitario nazionale prevede che al dirigente possono essere conferite quattro diverse tipologie di incarico, ossia: a) incarico di direzione di struttura complessa (nel cui ambito è ricompreso l’incarico di direttore di dipartimento, di RAGIONE_SOCIALE sanitario o di presidio ospedaliero di cui al d.lgs. n. 502/1992); b) incarico di direzione di struttura semplice; c) incarichi di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca,
ispettivi, di verifica e di controllo; d) incarichi di natura professionale conferibili ai dirigenti con meno di cinque anni di attività.
Pertanto, la posizione dirigenziale non implica necessariamente la responsabilità della struttura, perché la dirigenza sanitaria può essere solo di tipo professionale, e diviene anche gestionale qualora al dirigente siano conferite funzioni di direzione di strutture semplici o complesse.
Sempre l’art. 27 del CCNL, al comma 3 prevede: « Per struttura si intende l’articolazione interna dell’azienda alla quale è attribuita con l’atto di cui al d.lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 1 bis, la responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie », mentre il comma 4 stabilisce: « Per struttura complessa – sino all’emanazione dell’atto di indirizzo e coordinamento previsto dall’art. 15 quinquies, comma 6 del d.lgs. n. 502 del 1992 e del conseguente atto aziendale – si considerano tutte le strutture già riservate in azienda ai dirigenti di ex II livello », e secondo il successivo comma 5: « Tra le strutture complesse per Dipartimento si intendono quelle strutture individuate dall’azienda per l’attuazione di processi organizzativi integrati. I Dipartimenti aziendali, comunque siano definiti (strutturali, integrati, funzionali, transmurali etc), rappresentando il modello operativo delle aziende, svolgono attività professionali e gestionale. Ad essi sono assegnate le risorse di cui al comma 3, necessarie all’assolvimento delle funzioni attribuite. I Dipartimenti sono articolati al loro interno in strutture complesse e strutture semplici a valenza dipartimentale… ».
Il comma 7 stabilisce inoltre: « Per struttura semplice si intendono sia le articolazioni interne della struttura complessa sia quelle a valenza dipartimentale o distrettuale, dotate della responsabilità ed autonomia di cui al comma 3… ».
In termini generali, si è dunque chiarito che sono strutture complesse quelle articolazioni organizzative affidate ad un Direttore
alle quali è attribuita la gestione delle risorse umane, tecniche e finanziarie dedicate, coordinate a livello dipartimentale, mentre costituiscono strutture semplici quelle articolazioni organizzative all’interno di strutture aziendali – complesse o dipartimentali – affidate ad un Responsabile, alle quali è attribuita la gestione di risorse umane, tecniche e finanziarie dedicate, coordinate a livello di Struttura Complessa o di Dipartimento (v. Cass. n. 1687/2023).
Questa Corte ha inoltre affermato che ai fini del riconoscimento del compenso per l’assegnazione di fatto a superiori mansioni dirigenziali, è necessario che l’ente abbia provveduto ad istituire la posizione dirigenziale (v. Cass. n. 350/2018) in quanto, sulla base delle previsioni del d.lgs. n. 165/2001, la valutazione sulla rilevanza degli uffici, sulle risorse umane e finanziarie da assegnare ai medesimi ed in genere sull’organizzazione, è rimessa al potere discrezionale della P.A., potere insindacabile nel merito in sede giudiziale.
Per le aziende sanitarie locali rilevano l’atto aziendale di cui all’art. 3 d.lgs. n. 502/1992, nonché l’individuazione e la graduazione delle funzioni dirigenziali, come disciplinata dalla contrattazione collettiva di area (art. 50 CCNL 5.12.1996, art. 26 CCNL 8.6.2000, I biennio economico, art. 6 CCNL 17.10.2008), che tiene conto delle peculiarità proprie della dirigenza sanitaria, già poste in rilievo dal d.lgs. n. 502/1992 (Cass. n. 26821/2022; v. anche Cass. n. 91/2019 e Cass. n. 27400/2018).
Nell’assenza, quindi, di una precisa individuazione della posizione dirigenziale sulla base del complesso iter a tal fine previsto, risultava preclusa alla Corte RAGIONE_SOCIALE la possibilità di procedere alla qualificazione della struttura presso la quale operava la controricorrente sulla scorta di mere valutazioni fattuali.
Non è, del resto, invocabile la disciplina dettata dall’art. 2103 cod. civ., come ribadito dall’art. 15 ter del d.lgs. n. 502/1992, inserito dal d.lgs. n. 229/1999, nonché dall’art. 28, comma 7, del CCNL 8.6.2000
per il quadriennio 1997/2001, che ha stabilito ‘…l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103, comma 1, del cod. civ.’; per le medesime ragioni è stata esclusa l’applicabilità al rapporto dirigenziale dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale è, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo II (v. Cass. n. 21568/2018).
L’art. 24 del d.lgs. n. 165 del 2001, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, ha infatti delegato alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3 ha fissato il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo «remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa».
Non si è dunque attenuta a tali principi la sentenza impugnata, che ha attribuito al RAGIONE_SOCIALE valenza di struttura complessa in assenza di una qualificazione in tal senso secondo i criteri e le formalità indicati dal legislatore, anzi contrariamente a quanto previsto dall’atto aziendale, ed ha respinto l’appello incidentale con cui l’Azienda aveva chiesto il rigetto delle originarie domande della ricorrente, ivi compresa la domanda subordinata volta ad ottenere la retribuzione dell’incarico di responsabilità di UOS anche dopo il 7.6.2008.
In mancanza di una struttura complessa con le caratteristiche anche di autonomia di spesa di cui ai ridetti parametri normativi oltre che di un incarico formalmente attribuito nel rispetto delle procedure di assegnazione, non poteva dunque la COGNOME rivendicare, per il periodo in cui il RAGIONE_SOCIALE era ancora inserito nell’organico aziendale, un trattamento economico diverso e superiore
rispetto a quello in godimento fino al 6.7.2008 (di dirigente di struttura semplice, fascia B) e così il trattamento previsto per il dirigente di struttura complessa (fascia A).
Va, poi, considerato che il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, istituito con delibera n. 1/2005 come struttura semplice, con l’entrata in vigore in data 7.6.2008 del nuovo atto aziendale non era stato più previsto come autonoma struttura e tanto risultava, altresì, dalla delibera aziendale n. 916/2010, che aveva qualificato l’incarico assegnato alla COGNOME come appartenente alla fascia B2 – struttura semplice – in conformità con le previsioni di cui alla delibera n. 1/2005 ed aveva riconosciuto alla predetta i compensi per le funzioni di fascia B2 solo per il periodo gennaio 2005 – 7.6.2008 (e cioè fino al nuovo atto aziendale).
I suddetti atti (il cui contenuto, oltre a risultare dalla sentenza impugnata è, a ben guardare, incontroverso tra le parti) si configurano come l’espressione dell’autogoverno dell’Azienda sanitaria e come strumenti per raggiungere il maggior grado di efficienza economica, efficacia ed economicità, nel contesto del più generale piano di riassetto previsto dalla L.R. n. 14/2008 – Assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2008-2010 della Regione Lazio -).
In conseguenza della rinnovata articolazione, frutto di scelte riflettenti contingenti esigenze di valore economico, in termini di tecnologie e risorse utilizzate, la COGNOME non poteva nemmeno rivendicare la retribuzione dell’incarico di responsabilità di UOS con decorrenza successiva alla data del 7.6.2008.
E, alla luce di quanto sopra evidenziato, tanto basta ad escludere la fondatezza delle domande proposte dalla COGNOME.
I restanti motivi, con i quali l’Azienda ha dedotto la violazione dell’art. 15ter , comma secondo, del d.gs. n. 502/1992, la mancata osservanza dell’obbligo di motivazione e l’irrilevanza del difetto di contestazione devono ritenersi assorbiti.
In conclusione, vanno accolti il primo ed il quinto motivo e vanno dichiarati assorbiti gli altri motivi; l a sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. con il rigetto delle domande proposte dalla COGNOME nel giudizio di primo grado.
Il diverso esito dei gradi di merito giustifica la compensazione delle spese del giudizio nei suddetti gradi; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dell’Azienda ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
PQM
La Corte accoglie il primo ed il quinto motivo e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le originarie domande proposte dalla COGNOME;
compensa le spese di lite relative ai gradi di merito e condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 5.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro