Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13692 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13692 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16994-2023 proposto da:
COGNOME in proprio e quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE“, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
ISPETTORATO RAGIONE_SOCIALE -ASCOLI PICENO (già DIREZIONE RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 47/2023 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 03/02/2023 R.G.N. 326/2022;
Oggetto
QUALIFICAZIO NE RAPPORTO DI LAVORO
R.G.N. 16994/2023
Cron. Rep. Ud. 03/04/2025 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Ascoli Piceno, in sede di giudizio di rinvio (a seguito della sentenza di questa Corte n. 28100 del 2022) e in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale della medesima città in sede di opposizione ad ordinanza ingiunzione ex art. 22 della legge n. 689 del 1981, ha accertato la natura subordinata dei rapporti di lavoro instaurati da NOME COGNOMEin proprio e quale rappresentante di ‘RAGIONE_SOCIALE‘) con alcuni soci del circolo culturale (che avevano dato disponibilità ad attività di volontariato), come cristallizzato nel verbale redatto dall’Ispettorato territoriale del lavoro in data 4.7.2012 che aveva respinto la configurazione di rapporti di volontariato.
La Corte territoriale -chiamata, dalla sentenza rescindente di questa Corte, alla corretta applicazione dei parametri normativi inerenti l’accertamento della sussistenza degli indici della subordinazione -ha rilevato che il requisito della eterodirezione tipico del lavoro subordinato si ricavava da numerosi elementi concernenti i tre lavoratori oggetto della ispezione (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME) quali il carattere sistematico e continuativo della prestazione (resa per otto ore al giorno e per sei giorni a settimana in cucina o al servizio ai tavoli presso il Circolo ‘Un punto macrobiotico’ che dimostrava il pieno inserimento dei lavoratori nell’attività di ristorazione), la corresponsione di un compenso a cadenza fissa periodica (il cui ammontare non poteva sicuramente essere imputato a ‘rimborso spese’ anche a fronte di qualsiasi elemento di prova su tale natura), l’obbligo di preavvertire in caso di assenza o impedimento al turno, l’età e l’abilità professionale (valutati complessivamente con gli altri elementi) che deponevano per lo
svolgimento, da parte dei soggetti oggetto della ispezione, di un’attività lavorativa professionale piuttosto che di un’attività di volontariato.
Per la cassazione di tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria. L’Ispettorato territoriale del lavoro resiste con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2697, 1 della legge n. 266 del 1991 (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che lo Statuto del circolo culturale RAGIONE_SOCIALE di S. Benedetto del Tronto, oltre ad indicare come scopo sociale la diffusione e promozione della cultura macrobiotica, prevede espressamente la possibilità dei soci di prestare volontariamente e gratuitamente la propria opera. La sentenza impugnata, senza basarsi su alcun elemento statistico e/o didascalico, oltre che normativo e/o giurisprudenziale, respinge acriticamente e apoditticamente lo svolgimento di attività di volontariato e ciò sulla base di un convincimento puramente personale.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2697, 2727, 2729 nonché della legge n. 266 del 1991 (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato di evidenziare gli elementi che deponevano per la subordinazione del rapporto di lavoro (essenzialmente l’eterodirezione, la disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro). Inoltre, secondo la legge n. 266 del 1991, la flessibilità del l’orario di lavoro, nell’ambito del volontariato, è soltanto una possibilità
che può essere concessa compatibilmente con l’organizzazione aziendale; quindi, l’osservanza di determinati orari non è elemento dirimente. Del pari, il percepimento di somme oltre i meri rimborsi spese non è significativa, essendo illuminanti -a tal fine – le deposizioni di tutti i testi escussi.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce omesso esame di fatti storici decisivi la cui esistenza risulta dalle dichiarazioni dei testimoni nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 2735 c.c. (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod .proc.civ.) non essendo emerso l’assoggettamento dei volontari alle direttive e ai controlli datoriali, mentre è stato prodotto atto, da valere quale confessione stragiudiziale, la richiesta dei volontari di collaborare a titolo di ‘volontariato gratuito’.
Con il quarto motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del d.lgs. n. 149 del 2015 (in vigore dal 24.9.2016), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., essendo, la Direzione territoriale del lavoro di Ascoli Piceno sprovvista della capacità sostanziale e processuale di appellare la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, spettando, tale capacità, all’Ispettorato nazionale del Lavoro.
I primi tre motivi di ricorso sono inammissibili.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se correttamente motivata, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (cfr., ex plurimis, Cass. n.9808 del 2011, Cass.
n.9256 del 2009 e, con riferimento al rapporto di lavoro di musicisti, Cass. n.7740 del 2003 e Cass. n. 8444 del 2020).
Una violazione o falsa applicazione di norme di legge, sostanziale o processuale, non può dipendere o essere in qualche modo dimostrata dall’erronea valutazione del materiale istruttorio; al contrario, un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 2697 cod. civ. può porsi solo allorché sia allegato che il giudice di merito: – abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; – abbia fatto ricorso alla propria scienza privata ovvero ritenuto necessitanti di prova fatti dati per pacifici; – abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione; – abbia invertito gli oneri probatori;
Nessuna di tali situazioni è rappresentata nel motivo anzi detto ed invero la violazione delle norme denunciate è tratta, in maniera apodittica, dal mero confronto con le conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito; di tal che la stessa – ad onta dei richiami normativi in essi contenuti – si risolve nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione.
La Corte territoriale, nonostante la formale qualificazione del rapporto tra il centro culturale e i soci come attività di volontariato (qualificazione che, secondo consolidata giurisprudenza, è rilevante ma non determinante; sul carattere rilevante, ma non assorbente, del nomen iuris utilizzato dalle parti, ai fini -in genere – della distinzione tra lavoro autonomo e
lavoro subordinato, cfr. Cass. n. 5787 del 1999, Cass. n. 12364 del 2003, Cass. n. 13884 del 2004), ha correttamente ritenuto sussistente un rapporto di lavoro subordinato alla luce dell’accertamento dei tipici indici della subordinazione.
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile, essendo già stato proposto a questa Corte con il ricorso (in specie, secondo motivo) che ha determinato la sentenza rescindente (n. 28100 del 2022) e respinto.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, d ell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 3 aprile 2025.