Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10018 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 10018 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7999-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5181/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/01/2023 R.G.N. 1916/2021;
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di Roma, confermando la pronuncia del giudice di prime cure, ha (parzialmente) accolto la domanda di COGNOME NOME diretta all’accertamento, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, della sussistenza di un rapporto lavorativo, di natura subordinata, dall’ottobre 2001 al luglio 2014, con orario di lavoro pieno, qualifica VI livello di cui al CCNL RAGIONE_SOCIALE Impianti sportivi e mansioni di magazziniere, con conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive.
La Corte distrettuale ha ritenuto che il quadro probatorio acquisito avesse dimostrato la maggiore ampiezza del rapporto di lavoro intercorso tra le parti e regolarizzato solamente nel settembre 2002 con orario part time.
Avverso l’anzidetta sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Il lavoratore resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 cod.civ. e 115, 1126 cod.proc.civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, accertato l’inizio del rapporto di lavoro in data diversa da quella risultante dal contratto di lavoro sulla base della deposizione del teste COGNOME, nonostante «tutte le prove per testi risultano
inammissibili per violazione dell’art. 2724 n. 1 c.c. considerato che non vi è alcun ‘principio di prova per iscritto’ e cotale inammissibilità non è soggetta a decadenze o preclusioni», «tutte le presunzioni semplici utilizzate dal Giudice a quo per inferire in via meramente indiziaria la fondatezza della domanda giudiziale de qua dello RAGIONE_SOCIALE risultano inammissibili per violazione dell’art. 2729, secondo comma, c.c.» e «siffatta valutazione della prova si rivela già ictu oculi insufficiente, irragion evole e contraria al disposto dell’art. 116 c.p.c. in quanto il Giudice di seconde cure non risulta aver prudentemente ponderato che il COGNOME: a) è teste indotto dallo COGNOME COGNOME; b) non fornisce alcuna prova scritta circa se e quando egli abbia eff ettivamente ‘frequentato la RAGIONE_SOCIALE dal 1988/89 fino al 2010′; c) aveva interrotto ogni rapporto con la RAGIONE_SOCIALE fin dal 2010…».
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. degli artt. 2727, 2729 cod.civ. e 115, 1126 cod.proc.civ. (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, accertato lo svolgimento di un orario di lavoro pieno nonostante il teste COGNOME nulla aveva precisato in proposito, gli altri testi escussi non avevano fornito precise indicazioni in tal senso e le prove per testi risultano inammissibili per violazione dell’art. 2 724 n. 1 c.c., la valutazione si rivela già ictu oculi insufficiente, i testi non forniscono alcun principio di prova scritta.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 115, 116, 156 cod.proc.civ. per abnormità della sentenza ove la Corte di appello ha confermato l’applicabilità dei conteggi retributivi prodotti dal lavoratore, addossando alla RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE l’onere
della contestazione, nonostante il lavoratore-appellato doveva dimostrare che il conteggio provenisse da un professionista qualificato, che era stato calcolato mediante applicazione delle norme giuridiche vigenti, che la RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto l’erronei tà di un calcolo che si basasse su un periodo di lavoro diverso da quello risultante dal contratto di lavoro.
I motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili per plurime ragioni.
Le censure formulate come violazione o falsa applicazione di legge mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio operata dal giudice di merito non consentita in sede di legittimità.
5.1. Come insegna questa Corte, il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).
Inoltre, questa Corte ha da tempo consolidato il principio secondo cui una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può avere ad oggetto l’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo il fatto che questi
abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, o abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr., Cass. S.U. n. 20867 del 2020; nello stesso senso, fra le più recenti, Cass. n. 6774 del 2022, Cass. nn. 1229 del 2019, 4699 e 26769 del 2018, 27000 del 2016), restando conseguentemente escluso che il vizio possa concretarsi nella censura di apprezzamenti di fatto difformi da quelli propugnati da una delle parti (Cass. n. 18665 del 2017) o, in più in generale, nella denuncia di un cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali, non essendo tale vizio inquadrabile né nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, né in quello del precedente n. 4, che, per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, attribuisce rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. n. 11892 del 2016).
Nella disciplina del processo del lavoro, ai sensi dell’art. 421, secondo comma, cod.proc.civ., il giudice ha la facoltà di ammettere la prova testimoniale al di fuori dei limiti generali stabiliti dagli artt. 2721 e ss. e 2727 ess cod. civ. (potendo, cioè, superare i limiti posti alla prova per testimoni e per presunzioni, salvo il caso -che qui non ricorre -degli atti per i quali la prova scritta è richiesta a pena di nullità con riguardo all’ipotesi prevista dall’art. 2724, n. 3, cod.proc.civ., Cass . n. 11540 del 1996).
Infine, le censure non colgono la ratio decidendi perché la ricorrente insiste sulla abnorme autorizzazione concessa al lavoratore -nel corso del giudizio di primo grado – di produrre
nuovi conteggi all’esito delle acquisizioni istruttorie (conteggi dimidiati rispetto a quelli allegati al ricorso introduttivo del giudizio) ma nulla deduce in ordine al profilo di correttezza ed analiticità dei suddetti conteggi espressamente riscontrato dal giudice di appello, in relazione al mancato adempimento dell’onere di specifica contestazione (ossia di ordine contabile, e non di carattere generale attinenti alla prova sul periodo di lavoro e sull’orario osservato) derivante dall’art. 416, terzo comma, cod.proc.civ., nonché con riguardo al carattere di assoluta irrilevanza che la Corte di appello ha sottolineato quanto all’eccezione di nullità dei conteggi proposta dalla RAGIONE_SOCIALE (concernente ‘profili eminentemente formali’, ossia la mancata indic azione del nominativo e dell’ordine professionale di appartenenza, nonché la sottoscrizione del consulente che li avrebbe redatti, ‘del tutto irrilevanti di per sé al fine di inficiarne il contenuto’).
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), ove dovuto;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.500,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, alla camera di consiglio del 26 marzo