Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20448 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20448 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30252-2021 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente principale –
contro
UFFICIO DELL’ADDETTO ALLA DIFESA PRESSO L’RAGIONE_SOCIALE DI GRECIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
contro
ricorrente -ricorrente incidentale nonché contro
COGNOME
ricorrente principale -controricorrente incidentale avverso la sentenza n. 2179/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/06/2021 R.G.N. 373/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 30252/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 14/05/2025
CC
RILEVATO CHE
Con sentenza in data 1 giugno 2021 , la Corte d’Appello di Roma ha integralmente riformato la decisione del locale Tribunale che aveva accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME nei confronti dell’Ufficio dell’addetto alla difesa presso l’Ambasciata di Grecia in Italia, avente ad oggetto il riconoscimento della configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato con mansioni di traduttrice, redattrice di testi ecc. per il periodo dal luglio 2007 al luglio 2014, osservando l’orario di lavoro dalle 9,00 alle 15,00 e la corresponsione delle relative differenze retributive per effetto della riconducibilità delle mansioni espletate nell’ambito del livello A -2 del CCNL di categoria.
In particolare, la Corte, andando di contrario avviso rispetto all’ iter decisorio del primo giudice, ha ritenuto il difetto di adeguata allegazione circa gli elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato a fronte della contestazione da parte del datore di lavoro e, conseguentemente, ha reputato sfornita di prova la circostanza della sussistenza del medesimo.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso NOME COGNOME affidandolo a tre motivi.
Resiste, con controricorso, l’Ufficio dell’addetto per la difesa presso l’Ambasciata di Grecia in Italia e spiega, altresì, ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.
Entrambe le parti hanno presentato memorie.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo di ricorso si censura la decisione impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. con riferimento all’art. 434 n. 2 cod. proc. civ. deducendo parte ricorrente esser stato accolto l’appello sulla base di una causa petendi giuridica diversa da quella fatta valere dall’appellante.
Con il secondo motivo si allega, sotto il profilo dell’art. 360, co. 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 416 cod. proc. civ. per effetto dell’erronea applicazione del principio di non contestazione.
Con il terzo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ., allegandosi l’erronea indicazione dei parametri normativi per l’individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale (condizionato) si denunzia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 1, cod. proc. civ., il difetto di giurisdizione del giudice italiano a favore di quello greco.
Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
Parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. con riferimento all’art. 434 n. 2 cod. proc. civ. allegando esser stato accolto l’appello sulla base di una causa petendi giuridica diversa da quella fatta valere dall’appellante e, cioè, non tenendo conto dell’allegata violazione dell’art. 2697 cod. civ. – prospettazione cui avrebbe dovuto dirsi vincolata per effetto del combinato disposto di cui agli artt. 112 e 434 n. 2, cod. proc. civ.
In realtà, la piana lettura della motivazione del giudice di merito induce ad affermare come proprio su una corretta interpretazione dell’art. 2697 cod. civ. si sia fondata la decisione di secondo grado, avendo la Corte ritenuto insufficienti, in punto di allegazione, ancor prima che in punto di prova, gli elementi addotti a sostegno della asserita subordinazione.
G iova evidenziare, con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 112, che, nel giudizio di legittimità, deve essere tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne abbia data il giudice di merito: nel primo caso, infatti, si verte in tema di violazione dell’art. 112 cpc e si pone un problema di natura processuale per la soluzione del quale la Corte di Cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta; nel secondo, invece, poiché l’interpretazione della domanda e la individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento dei fatti riservato, come tale, al giudice di merito e, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (fra le altre, Cass. 7.7.2006 n. 15603; Cass. 18.5.2012 n. 7932; Cass. 21.12.2017 n. 30684).
Nella specie, non solo la motivazione è presente e ben chiara nel suo svolgimento ma parte ricorrente non deduce l’omessa valutazione di un fatto storico ma appunta le proprie censure su aspetti valutativi dell’ iter motivazionale in violazione di quanto statuito.
Si verte, allora, nell’ambito di una valutazione di fatto, totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., al di fuori dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ch e è stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte -formatasi in materia di ricorso straordinario- in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017).
6. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale, da esaminarsi congiuntamente per ragioni logico – sistematiche, sono fondati e devono essere accolti.
Secondo quanto affermato in sede di legittimità, (Cfr., sul punto, Cass. n. 22846 del 2022 )la valutazione circa la sussistenza degli elementi dai quali inferire l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato costituisce un accertamento di fatto, rispetto al quale il sindacato della Corte di cassazione è equiparabile al più generale sindacato sul ricorso al ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito; pertanto, il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o autonomo è censurabile ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. solo per ciò che riguarda l’individuazione dei caratteri identificativi del lavoro subordinato, per come tipizzati dall’art. 2094 c.c., mentre è sindacabile nei limiti ammessi dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. allorché si proponga di criticare il ragionamento (necessariamente presuntivo) concernente la scelta e la ponderazione degli elementi di fatto, altrimenti denominati indici o criteri sussidiari di subordinazione, che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale.
Giova poi evidenziare, in termini preliminari, quanto all’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, che tale valutazione, pur rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto di pa rte, è funzione del giudice di merito ma risulta sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 27490 del 2019).
Al contempo, l’elemento della subordinazione (che si connota, soprattutto, per l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro), che consente di distinguere il rapporto di lavoro di cui all’art. 2094 cod. civ. dal lavoro autonomo, non costituisce un dato di fatto elementare, quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto, potenzialmente desumibile da un complesso di circostanze, richiedenti una complessiva valutazione che è rimessa al giudice del merito, il quale, perciò, a tal fine, non può esimersi, nella qualificazione del rapporto di lavoro, da un concreto riferimento alle sue modalità di espletamento ed ai principi di diritto ispiratori della valutazione compiuta allo scopo della sussunzione della fattispecie nell’ambito di una specifica tipologia contrattuale. Pertanto, se tale apprezzamento di fatto non è immune da vizi giuridici e non è supportato da un’adeguata motivazione, non si sottrae al sindacato di legittimità (Cass. n. 13079 del 2008).
6.1. Nella specie, non può che parlarsi di difetto di sussunzione da parte della Corte d’appello nell’art. 2094 cod. civ. , là dove si consideri come il giudice di merito abbia ritenuto inidonee, anche in termini astratti, le allegazioni di parte ricorrente in ordine alla stessa individuazione degli indici rivelatori dell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro.
La Corte, infatti, ha affermato che il riferimento al fatto che le prestazioni lavorative analiticamente dedotte al punto due del ricorso fossero state ‘svolte presso la sede della resistente in Roma, sotto la diretta supervisione dei vari responsabili dell’ufficio che si sono succeduti nel tempo, osservando le direttive imposte dai predetti, l’orario di lavoro indicatole e percependo le retribuzioni con cadenza fissa, in contanti’ non fossero allegazioni sufficientemente specifiche, occorrendo una maggior determinazione di ciò che si intendesse per diretta supervisione, direttive (con l’indicazione delle qualità e dei nomi di coloro che le impartivano) e, quanto all’assoggettamento ad un prestabilito orario di lavoro che la lavoratrice aveva riferito esserl e lo stesso stato esclusivamente ‘indicato’.
Risulta dagli atti che lo svolgimento delle mansioni descritte in ricorso – afferenti a traduzioni, elaborazione di risposte, ricerca di documenti, ricerca di informazioni presso Stato Maggiore, Difesa, Rappresentanti diplomatici, organizzazione e gestione degli archivi interni, monitoraggio di temi di attualità di interesse dell’Addetto alla difesa e dell’Addetto Navale, organizzazione eventi, redazione inviti, assistenza al personale ed alle proprie famiglie in caso di avvicendamento ecc. – non contestate nel loro materiale svolgimento – siano state descritte come svolte sotto la supervisione dei diversi responsabili nel tempo succedutisi, presso la sede dell’Addetto alla Difesa, in Roma, INDIRIZZO e sulla base di istruzioni direttamente ricevute dal l’Addetto alla Difesa medesimo, secondo un orario prestabilito, dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 15,00, dietro corrispettivo di una retribuzione a cadenza fissa.
A fronte delle superiori osservazioni, e delle allegazioni dianzi descritte, la Corte ha, poi, ritenuto, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, che le contestazioni formulate nella originaria memoria difensiva circa l’insussistenza ‘d el vincolo di subordinazione, inteso quale assoggettamento del prestatore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro’ fossero da reputarsi ampiamente idonee a paralizzare le avverse pretese, determinandone il rigetto ‘in carenza di elementi di fatto che consentano di espletare l’istruttoria sulla sussistenza degli elementi caratterizzanti l’eterodirezione’.
6.2. Orbene, non v’è dubbio che, i n tema di principio di non contestazione, il relativo onere, in ordine ai fatti costitutivi del diritto, si coordini con l’allegazione dei medesimi e, considerato che l’identificazione del tema della decisione dipende in pari misura dall’allegazione e dall’estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l’onere di contribuire alla fissazione del thema decidendum opera identicamente rispetto all’una o all’altra delle parti in causa, sicché, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica e, dunque, idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte (in questi termini, Cass. 10629 del 2024).
Nondimeno, l’onere di specifica contestazione e l’effetto probatorio che ne consegue ai sensi dell’art. 115 comma secondo cod. proc. civ. – può riguardare esclusivamente i “fatti” allegati dalla controparte, non le “questioni di diritto”, le “valutazioni giuridiche” o le “conclusioni logiche” che da
quei fatti possono desumersi (Cfr. la consolidata giurisprudenza di legittimità a partire da SU n. 761 del 2002).
Nella specie, prima di potersi reputare rilevante ed efficace, pur se del tutto generica, la contestazione circa lo svolgimento di attività lavorativa alle dipendenze dell’Addetto alla Difesa, sarebbe stato necessario verificare se la stessa potesse realmente configurarsi quale contestazione.
Deve escludersi, a parere del Collegio, tale configurabilità a fronte di una affermazione relativa all’insussistenza ‘del vincolo di subordinazione, inteso quale assoggettamento del prestatore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro’ , trattandosi non di generica contestazione a fronte di una generica allegazione, bensì del mero riferimento agli elementi normativi che costituiscono l’ ubi consistam dell’art. 2094 cod. civ. e che, pertanto, non possono reputarsi idonei ad integr are una contestazione stricto sensu intesa in grado di paralizzare l’avversaria allegazione.
6.3. Ancor prima di tale quaestio si pone quella relativa proprio all’allegazione, che la Corte ha ritenuto inidonea a fondare la richiesta probatoria avanzata e con riguardo alla quale deve affermarsi quanto segue.
L’errore di sussunzione della fattispecie nell’ipotesi di cui all’art. 2094 cod. civ. si evidenzia, in tutta la sua chiarezza, nell’aver la Corte d’appello ritenuto non ammissibile la prova proprio su quegli elementi costitutivi della subordinazione che ra ppresentano il contenuto dell’art. 2094 cod. civ.
Va preliminarmente rilevato come le mansioni descritte dalla ricorrente e non oggetto di contestazione nel loro materiale svolgimento, si iscrivano nell’ambito delle prestazioni di carattere intellettuale rispetto alle quali la qualificazione del rapporto di lavoro intercorso tra le parti come autonomo o subordinato appare irrilevante, mentre, in tale ambito, il carattere della subordinazione risulta attenuato proprio per la natura prettamente intellettuale dell’attività stessa nonché, nella specie, in considerazione della relativa autonomia qualificante la prestazione lavorativa, con la conseguenza che, ai fini dell’individuazione del vincolo, rileva specificamente l’inserimento continuativo ed organico delle prestazioni nell’organizzazione d’impresa (cfr., Cass. n. 24078 del 2021).
Orbene, non v’è dubbio che, nelle ipotesi in cui il carattere distintivo della subordinazione non sia agevolmente apprezzabile a causa del concreto atteggiarsi del rapporto, elementi come l’osservanza di un orario predeterminato, il versamento a cadenze fi sse di una retribuzione prestabilita, il coordinamento dell’attività all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro l’assenza
di una pur minima struttura imprenditoriale in capo al prestatore assumono di per se non decisiva; sicché qualora vi sia una situazione oggettiva di incertezza probatoria, il giudice deve ritenere che l’onere della prova a carico dell’attore non sia stato assolto e non già propendere per la natura subordinata del rapporto (Cfr., sul punto, Cass. n. 21028 del 2006).
Nondimeno, quegli elementi concorrono con altri a dimostrare la sussistenza dei poteri organizzativo e disciplinare che connotano la prestazione lavorativa di carattere subordinato, ovviamente, se provati (Cass. n. 35687 del 2021).
La connotazione intellettuale della prestazione resa e l’autonomia di alcune figure intellettuali, quale quella di traduttrice ed elaboratrice di testi facenti capo alla ricorrente comportano che l’eventuale natura subordinata del rapporto di lavoro vada accertata non soltanto alla stregua del principale parametro normativo della soggezione al potere organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, ma, soprattutto, in base ad una valutazione globale e pregnante di tutti gli indici sussidiari, quali, appunto, la collaborazione, la continuità delle prestazioni, l’individuazione di un monte orario settimanale (Cfr., sul punto, con riguardo a fattispecie analoga, Cass. n. 25955 del 2024).
Tali indici non hanno formato oggetto di indagine nel caso di specie atteso che la Corte ha ritenuto le allegazioni nemmeno in astratto idonee a dimostrare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e, pertanto, è stato impossibile verificarne la congruità e, per la parte, adempiere compiutamente all’onere sulla medesima gravante secondo il disposto di cui all’art. 2697 cod. civ.
La assoluta genericità della allegazione è stata, quindi, ritenuta sufficientemente paralizzata dalla contestazione afferente agli elementi nodali della subordinazione.
6.4. Il difetto di sussunzione impone, pertanto, un nuovo esame della vicenda che tenga conto dell’interpretazione dell’art. 2094 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ., offerta in sede di legittimità.
Quanto al motivo di ricorso incidentale, ritiene il Collegio che lo stesso sia infondato.
Come noto, in applicazione della regola consuetudinaria recepita dall’ordinamento italiano in forza del richiamo dell’ art. 10 Cost., l’esenzione dello Stato straniero dalla giurisdizione nazionale viene meno nel caso di controversie relative a rapporti di lavoro aventi per oggetto l’esecuzione di attività meramente ausiliare delle funzioni istituzionali degli enti convenuti, oppure nel caso di controversie che, benché promosse eventualmente anche da dipendenti con compiti strettamente inerenti a tali funzioni, comportino una decisione incidente solo su aspetti patrimoniali, pertanto
inidonea ad interferire nell’esercizio delle predette funzioni (cfr. tra le altre Cass. Sez. U. ord. 26/01/2011 n. 1774, 18/06/2010 n. 14703, Cass. Sez. U. sent. 09/01/2007 n. 118, 03/01/2007 n. 5, 10/07/2006 n. 15628 e n. 15620 ma già Cass. Sez. U. 20/11/1989 n. 4968, 15/05/1989 n. 2329).
7.1. Per escludere la giurisdizione del giudice nazionale è necessario che l’esame sulla fondatezza della domanda comporti apprezzamenti, indagini o statuizioni che possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti dello Stato estero (o di un ente pubblico attraverso il quale detto Stato opera per perseguire anche in via indiretta le sue finalità istituzionali), espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione, vigendo in tali casi il principio generale “par in parem non habet iurisdictionem”.
L’ orientamento giurisprudenziale che si è andato via via dettagliando ha perciò confermato la giurisdizione nazionale ove la controversia abbia ad oggetto rapporti di lavoro le cui prestazioni attengano ad attività meramente ausiliarie delle funzioni istituzionali del datore di lavoro convenuto o, ancora, nel caso in cui il lavoratore chieda al giudice italiano una decisione che, attenendo ad aspetti soltanto patrimoniali, non sia idonea ad incidere o ad interferire sulle funzioni dello Stato sovrano (cfr. tra le altre Cass. Sez. U. ord. 26/01/2011 n. 1774, 18/06/2010 n. 14703 e Cass. Sez. U. sent. 09/01/2007 n. 118 ma già Cass. Sez. U. 20/11/1989 n. 4968). Per questo si è ritenuta la giurisdizione del giudice italiano in casi in cui in ragione della qualifica rivestita (operaia addetta alle pulizie, impiegata con mansioni di ordine) e della pretesa avanzata (differenze retributive) si è escluso un sindacato in merito all’esercizio dei poteri organizzativi sovrani riconducibili allo Stato ricorrente. E’ stata invece esclusa la giurisdizione del giudice nazionale nel caso di domanda diretta alla reintegrazione nel posto di lavoro, investendo detta pretesa in via diretta l’esercizio di poteri pubblicistici dell’ente straniero, anche per gli effetti della decisione sulla valutazione del codice deontologico e disciplinare posto sovente alla base del licenziamento (cfr. in termini Cass. Sez. U. 18/11/1992 n. 12315 nonché Cass. Sez. U. n. 15620 del 2006 cit., secondo la quale il difetto di giurisdizione del giudice italiano sussiste anche nel caso in cui il lavoratore opti, eventualmente, per il risarcimento del danno in sostituzione della domanda di reintegrazione nel posto di lavoro giacché tale domanda, anche ridimensionata a pretesa a contenuto patrimoniale richiede pur sempre una valutazione del comportamento datoriale comportante una interferenza sui poteri organizzativi sovrani dell’ente straniero).
In definitiva il discrimine per stabilire l’estensione della giurisdizione è stato di regola individuato, in applicazione del ricordato principio consuetudinario di diritto internazionale dell’immunità ristretta, nella necessità o meno per il giudice, nell’esame della fondatezza della domanda del prestatore di lavoro, di procedere ad apprezzamenti, indagini o statuizioni che possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti dello Stato estero che siano espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione (cfr. Cass. Sez. U. 13/02/2012 n. 1981). Per esempio, in un giudizio in cui era stata chiesta la condanna del datore di lavoro (il British Council, ente di diritto pubblico cui è riconosciuta l’immunità giurisdizionale per le funzioni Ric. 2018 n. 05710 sez. SU – ud. 29-01-2019 -9svolte) al pagamento delle differenze retributive maturate per effetto del riconoscimento della nullità dei termini apposti ai contratti intercorsi tra le parti, questa Corte preso atto che nelle more il lavoratore era stato assunto a tempo indeterminato, ha escluso che l’accertamento presupposto della nullità dei termini comportasse apprezzamenti, indagini o statuizioni che potessero incidere o interferire sugli atti o comportamenti dell’ente pubblico estero espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione (cfr. Cass. S.u. 15/01/2019-08/03/2019 n. 6884).
Ritiene allora il collegio, in continuità con i principi esposti, ed alla luce delle ulteriori considerazioni più sopra formulate, che ove, come nel caso in esame, le mansioni rivestite siano meramente ausiliarie e l’accertamento della natura subordinata del rapporto sia del tutto incidentale rispetto al conseguimento di indennità meramente economiche, esso non sia idoneo ad interferire su atti e comportamenti dello Stato estero che siano espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione.
Deve, quindi, essere confermata la giurisdizione del giudice italiano, ritenuta dal Tribunale e poi dalla Corte d’appello di Roma, sul rilievo che le mansioni svolte dalla lavoratrice, implicando compiti di mero ausilio a quelli istituzionali, non incidessero sui poteri sovrani dello Stato considerato.
8. Alla luce delle suesposte argomentazioni, accolti il secondo e il terzo motivo del ricorso principale e respinto il primo, va respinto anche il ricorso incidentale condizionato.
La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo. Rigetta il ricorso incidentale condizionato. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di