Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24643 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24643 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 32102-2020 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , ora RAGIONE_SOCIALE GIUDIZIALE, rappresentata e difesa, in forza di procura rilasciata in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
R.G.N. 32102/2020
COGNOME
Rep.
C.C. 11/7/2025
giurisdizione Aliquota aggiuntiva per il finanziamento del Fondo di solidarietà residuale. Legge 92 del 2012.
per la cassazione della sentenza n. 435 del 2020 della CORTE D’APPELLO DI MILANO , depositata il 26 maggio 2020 (R.G.N. 1300/2019).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del l’11 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 435 del 2020, depositata il 26 maggio 2020, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame di RAGIONE_SOCIALE contro la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva rigettato l’impugnazione contro la nota di rettifica INPS del 4 febbraio 2019 (Euro 4.366,43) e aveva accertato la fondatezza della pretesa contributiva dell’Istituto con riferimento a l finanziamento del Fondo di solidarietà residuale (art. 3 della legge 28 giugno 2012, n. 92).
A fondamento della decisione, la Corte territoriale, richiamando altre pronunce intervenute a dirimere un analogo contenzioso, argomenta che i soci si limitavano a porre le proprie energie lavorative a disposizione della società e a svolgere in via continuativa prestazioni di pulizia, facchinaggio e movimentazione merci nel contesto degli appalti acquisiti dalla cooperativa, a fronte di una retribuzione oraria prestabilita.
A tali circostanze si associano la natura elementare e ripetitiva delle prestazioni, predeterminate nelle modalità di esecuzione, l’assenza di rischio imprenditoriale e il mancato apporto di materiali e attrezzature, aspetti tutti incompatibili con il carattere autonomo della prestazione.
Né risultano dirimenti, in senso contrario, gli elementi addotti a sostegno dell’appello e riguardanti la facoltà dei soci di rifiutare le proposte di lavoro e di lavorare anche in proprio o a favore di terzi.
-Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre RAGIONE_SOCIALE, formulando dieci motivi di censura.
-L’INPS replica con controricorso .
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
5. -Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ. e addebita alla sentenza d’appello di aver disatteso la volontà delle parti, inequivocabile nell’escludere il vincolo di subordinazione, senza approfondire il concreto svolgimento del rapporto.
-Con la seconda censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce la violazione dell’art. 2094 cod. civ. e critica la pronuncia impugnata per aver trascurato di svolgere l’imprescindibile verifica sull’assoggettamento al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.
-Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole della violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. , in quanto la Corte di merito si sarebbe basata su un verbale ispettivo, quello prodotto in causa, riferito a un periodo contributivo e a soci lavoratori diversi rispetto a quelli menzionati nella nota di rettifica impugnata. I giudici del gravame sarebbero dunque incorsi in un errore percettivo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova.
-Con la quarta doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 2094 e 2697 cod. civ., sul presupposto che la Corte di merito abbia tralasciato l’analisi delle singole posizioni lavorative, delle mansioni, dei compensi di ciascun lavoratore, configurando i debiti contributivi, contra legem , come ‘debiti di massa’. Nessun ‘accertamento individualizzato’ della subordinazione sarebbe stato compiuto.
-Con il quinto mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli
artt. 2729 e 2697 cod. civ. e rileva, a supporto delle censure, che la sentenza d’appello ha errato nel condurre un ragionamento presuntivo su fatti ignoti, contravvenendo al divieto della praesumptio praesumptionis , e nel dispensare l’INPS dalla prova dei fatti costitutivi della pretesa.
6. -Con il sesto motivo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), la ricorrente censura la falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. , imputando alla sentenza d’appello di aver considerato carente di prova la prospettazione della società, senza dare ingresso alle istanze istruttorie ritualmente articolate allo scopo di smentire il vincolo di subordinazione. Erroneamente, peraltro, la Corte di merito non avrebbe tenuto conto della vastità e della complessità delle attività svolte dai soci, secondo le risultanze di una visura camerale non specificamente contestata dall’Istituto.
7. -Con il settimo mezzo (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), la ricorrente critica la mancata ammissione delle prove orali su fatti decisivi, concernenti la facoltà dei soci di lavorare anche in proprio o a favore di terzi, rifiutando le occasioni di lavoro offerte dalla cooperativa.
8. -Con l’ottava doglianza (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente allega la violazione dell’art. 1, comma 2, della legge 3 aprile 2001, n. 142 , che risiederebbe nell’omessa valutazione della peculiarità del ruolo dei soci lavoratori, chiamati a concorrere alla gestione dell’impresa e a partecipare a quel rischio d’impresa che la sentenza d’appello avrebbe arbitrariamente escluso.
9. -Con la nona censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole della violazione dell’art. 1, comma 2, della legge n. 142 del 2001 , che rimetterebbe la qualificazione di un’attività come autonoma o come subordinata alla volontà delle parti, del tutto negletta nella disamina della Corte di merito.
10. -Con la decima critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce, infine, la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ. e rimprovera alla sentenza d’appello di aver sovvertito i princìpi che presiedono all’accertamento della subordinazione, valorizzando elementi irrilevanti (la gestione amministrativa e previdenziale del rapporto), combinati con elementi marginali ed estrinseci.
11. -In linea preliminare, occorre dar conto della sentenza del Tribunale di Lodi, che, il 18 febbraio 2025, ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale dell’odierna ricorrente ai sensi dell’art. 121 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.
Tale pronuncia non dispiega alcuna influenza sul presente giudizio. All’apertura della liquidazione giudiziale, che pure tendenzialmente «determina l’interruzione del processo» (art. 143, comma 3, del d.lgs. n. 14 del 2019), si attagliano le conclusioni cui questa Corte è giunta in tema di dichiarazione di fallimento, affermando l’inidoneità di tale pronuncia a determinare l’interruzione d el peculiare giudizio di legittimità, dominato dall’impulso officioso (Cass., sez. I, 13 marzo 2024, n. 6642, e Cass., sez. II, 6 novembre 2023, n. 30785).
12. -Le censure devono essere disattese, per le ragioni già illustrate da questa Corte nei giudizi promossi dalla medesima cooperativa (Cass., sez. lav., 21 luglio 2022, n. 22845, e 11 luglio 2022, n. 21830), ragioni confermate anche di recente (Cass., sez. lav., 1° marzo 2025, n. 5403).
13. -L’obbligo contributivo dedotto in causa, che attiene al finanziamento del Fondo di solidarietà residuale di cui all’art. 3 della legge n. 92 del 2012, presuppone l’accertamento del vincolo di subordinazione e con tale accertamento la Corte di merito si è confrontata, senza incorrere nelle violazioni denunciate nel ricorso.
14. -Hanno priorità logica gli argomenti, che si prefiggono di negare in radice, sulla scorta della normativa vigente, la riconducibilità del rapporto di lavoro al paradigma della subordinazione.
Quanto alla vincolatività della qualificazione del rapporto di lavoro prescelta dalle parti, profilo su cui la ricorrente si attarda nel primo e nel nono motivo, questa Corte ha già rilevato che l’indagine del giudice non può arrestarsi al nomen iuris individuato dai contraenti, in quanto «Anche al legislatore è precluso il potere di qualificare un rapporto di lavoro in termini dissonanti rispetto alla sua effettiva natura e di sottrarlo così allo statuto protettivo che alla subordinazione s ‘ accompagna (Corte Costituzionale, sentenze n. 76 del 2015, n. 115 del 1994 e n. 121 del 1993). Ne deriva, quale conseguenza ineludibile, ‘ l ‘ indisponibilità del tipo negoziale sia da parte del legislatore, sia da parte dei contraenti individuali ‘ (sentenza n. 76 del 2015, cit., punto 8 del Considerato in diritto ). In tale àmbito, difatti, è canone primario d ‘ interpretazione il ‘ comportamento complessivo ‘ delle parti, ‘ anche posteriore alla conclusione del contratto ‘ (art. 1362, secondo comma, cod. civ.), che illumina il significato delle pattuizioni consacrate nel testo negoziale e consente di saggiarne la coerenza con la successiva attuazione del rapporto» (Cass., sez. lav., 13 ottobre 2022, n. 29973, punto 3 dei Motivi della decisione ; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 26 ottobre 2022, n. 31683, punto 6 dei Motivi della decisione , e Cass., sez. lav., 14 ottobre 2022, n. 30236, punto 3 dei Motivi della decisione ).
Neppure la posizione ricoperta dal socio lavoratore, enfatizzata nell’ottavo motivo, milita di per sé contro la qualificazione in termini di subordinazione del rapporto di lavoro che s’instaura a latere rispetto al rapporto associativo e che «deve rispondere allo schema qualificatorio stabilito in modo inderogabile dalla legge, sia sul piano lavoristico sia su quello previdenziale» (ordinanza n. 5403 del 2025, cit., punto 25 del Considerato in diritto ).
15. -All’esame delle restanti censure giova premettere che la valutazione della sussistenza degl ‘indici rivelatori di un rapporto di lavoro subordinato costituisce un accertamento di fatto. Rispetto a tale accertamento, il sindacato di legittimità è equiparabile al più generale sindacato sul ricorso al ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito.
Ne deriva che il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o come autonomo è censurabile ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. solo per ciò che riguarda l ‘ individuazione dei caratteri identificativi del lavoro subordinato, come tipizzati dall ‘ art. 2094 cod. civ.
Per contro, il giudizio è sindacabile nei limiti ammessi dall ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., allorché si proponga di criticare il ragionamento (necessariamente presuntivo) concernente la scelta e la ponderazione degli elementi di fatto, altrimenti denominati indici o criteri sussidiari di subordinazione, che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell ‘ uno o nell ‘ altro schema contrattuale (Cass., sez. lav., 21 luglio 2022, n. 22846).
16. -Non può essere condiviso l’assunto, propugnato con il primo, con il secondo e con il quarto mezzo, che nel caso di specie difetti l’accertamento in concreto del vincolo di subordinazione.
Con tale accertamento la Corte di merito si è cimentata. Dopo aver vagliato gli elementi istruttori raccolti e le peculiarità delle prestazioni lavorative svolte dai soci della cooperativa, i giudici del gravame sono giunti a conclusioni difformi rispetto alle aspettative dell’odierna ricorrente.
17. -Alla Corte d’appello non si può nemmeno imputare di aver violato i criteri legali enucleati dall’art. 2094 cod. civ., nei termini esposti con il secondo e con il decimo motivo.
In linea con i princìpi enunciati da questa Corte (Cass., sez. lav., 19 aprile 2010, n. 9251), i giudici del gravame hanno conferito
rilevanza agl’indici sussidiari, alla luce della più sfumata valenza dell’assoggettamento all’altrui potere direttivo, organizzativo, disciplinare.
In tale di samina, la Corte d’appello ha analizzato una pluralità di elementi, nel loro vicendevole interagire, elementi dai quali si può legittimamente evincere l’eterodirezione (ordinanza n. 22845 del 2022, cit., punto 8 dei Motivi della decisione ): l’inserimento stabile nell’organizzazione dell’impresa , il fatto che i soci si limitassero a mettere le loro energie lavorative a disposizione della società; la natura ripetitiva ed elementare delle mansioni di pulizia, di facchinaggio e di movimentazione merci, mansioni predeterminate nelle modalità esecutive; l’assenza di un genuino rischio d’impresa; il mancato apporto di attrezzatu re e materiali; l’erogazione di una retribuzione oraria, peraltro parametrata al contratto collettivo nazionale di lavoro dei dipendenti delle piccole e medie imprese del settore (in termini analoghi, ordinanza n. 29973 del 2022, cit., punto 5.2. dei Motivi della decisione ; nei medesimi termini, ordinanza n. 31683 del 2022, cit., punto 8.2. dei Motivi della decisione , e ordinanza n. 30236 del 2022, cit., punto 5.2. dei Motivi della decisione ).
Anche di recente, in una controversia in larga parte sovrapponibile, questa Corte ha rimarcato che si tratta di «un ‘ opzione interpretativa del materiale probatorio congruamente argomentata, espressione di una potestà propria del giudice del merito e che non può essere sindacata nel suo esercizio» (Cass., sez. lav., 26 luglio 2024, n. 20951, punto 20 delle Ragioni della decisione ).
-Inoltre, la fondatezza della pretesa contributiva è stata riconosciuta, in quanto è stato riscontrato in positivo il carattere subordinato dei rapporti che legavano la cooperativa ai soci.
I giudici d’appello hanno correttamente individuato il tema del decidere e il connesso tema della prova e hanno ritenuto che, nel caso
di specie, fossero stati acquisiti elementi sufficienti a suffragare il credito dedotto.
Tali considerazioni privano di valenza decisiva le censure formulate con il quinto motivo, in ordine alla violazione dei criteri di distribuzione dell’onere della prova.
19. -Gli argomenti addotti dalla parte ricorrente non avvalorano gli errores in iudicando denunciati e tendono, nel loro nucleo essenziale, a ottenere la revisione dell ‘apprezzamento delle risultanze istruttorie e a contrapporre un diverso, più appagante, inquadramento delle circostanze di fatto.
Verso una rivalutazione del compendio probatorio convergono le critiche illustrate nel quinto motivo e incentrate sulla violaz ione dell’art. 2729 cod. civ.
Tali doglianze ambiscono a ridiscutere la scelta dei giudici di merito, espressa in modo lineare e coerente, di considerare provate le circostanze rilevanti e di attribuire maggiore forza persuasiva ad alcuni elementi probatori a preferenza di altri (ordinanze n. 30236 del 2022 e n. 29973 del 2022, cit., punto 6.1. dei Motivi della decisione ) e così travalicano i confini del giudizio di legittimità (ordinanza n. 21830 del 2022, cit., punto 12 dei Motivi della decisione ).
20. -È l’effettivo atteggiarsi dei rapporti tra le parti a rivestire rilievo dirimente e su tale aspetto ha posto l’accento la disamina della Corte d’appello di Milano, offrendo pertinenti ed esaustivi ragguagli anche sull’irrilevanza delle istanze istruttorie ribadite con il sesto e con il settimo mezzo.
A tale riguardo, questa Corte ha puntualizzato che «le circostanze dedotte nei capitoli di prova, oltre che in buona parte generiche e valutative, non presentano né singolarmente né complessivamente valutate le caratteristiche del fatto storico ‘ decisivo ‘ nel senso comunemente inteso dalla Corte» (ordinanza n. 21830 del 2022, cit.,
punto 15 dei Motivi della decisione , e ordinanza n. 22845 del 2022, cit., punto 16 dei Motivi della decisione ).
Anche nel l’odierna vicenda si deve ribadire, dunque, che la Corte di merito ha definito il giudizio «in esatta applicazione del principio di accertamento in concreto del rapporto lavoro (Cass. 19199/13; Cass. 14434/15) che prescinde dalla volontà delle parti trattandosi di una qualificazione di natura inderogabile da effettuare in base alle reali modalità di esecuzione del rapporto; risolvendosi in tal modo le censure sollevate in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, ad essa esclusivamente spettante quale giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità» (ordinanza n. 20951 del 2024, cit., punto 22 delle Ragioni della decisione ; da ultimo, ordinanza n. 5403 del 2025, cit., punto 26 del Considerato in diritto ).
21. -Quanto alla violazione del ‘principio di non contestazione’ (pagina 27 del ricorso per cassazione), dedotta con il sesto motivo, le critiche risultano irritualmente articolate, in quanto l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti (Cass., sez. III, 21 giugno 2016, n. 12748; di recente, Cass., sez. III, 26 giugno 2025, n. 17261), menzionati, nel caso di specie, a supporto della censura.
Questa Corte è costante nell’affermare che il ‘principio di non contestazione’ non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, né tale specificità può essere desunta dall’esame dei documenti prodotti dalla parte: l’onere di contestazione dev’essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, così da consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (Cass., sez. III, 22 settembre 2017, n. 22055).
Non è sufficiente, dunque, il mero richiamo alla visura camerale prodotta, in mancanza di qualsivoglia riferimento a una specifica allegazione dei fatti documentati e alle difese svolte dall’Istituto, dalle quali si dovrebbe inferire l’asserita ‘non contestazione’.
22. -Quanto, poi, alla doglianza di omesso esame di un fatto decisivo, veicolata con il settimo motivo, non può trovare ingresso in carenza di adeguate allegazioni in ordine all’ effettiva diversità delle ragioni di fatto che sorreggono le due pronunce di merito di analogo tenore (Cass., sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26774).
23. -Le critiche neppure scalfiscono il più complesso percorso argomentativo che sorregge la decisione impugnata e che non s’incardina soltanto sull’opzione previdenziale per il regime del lavoro subordinato, secondo la lettura riduttiva tratteggiata , tra l’altro, nel secondo e nel decimo motivo.
I giudici d’appello hanno ponderato tale elemento, nella sua portata significativa, unitamente agli altri dati acquisiti al giudizio. Né si può reputare tamquam non esset il comportamento che il datore di lavoro abbia tenuto nei confronti dell’ente previdenziale (ordinanz e n. 30236 del 2022 e n. 29973 del 2022, cit., punto 4 dei Motivi della decisione ; ordinanza n. 31683 del 2022, punto 7 dei Motivi della decisione ), come questa Corte ha confermato anche da ultimo nel respingere le doglianze dell’odierna ricorrente (Cass., sez. lav., 5 agosto 2024, n. 22025, punto 7 del Considerato ), annettendo a tale circostanza un significato pregnante (ordinanza n. 21830 del 2022, cit., punto 7 dei Motivi della decisione ).
24. -Né l’ iter logico della sentenza d’appello è incrinato dalla terza censura, che evoca il travisamento del contenuto oggettivo della prova, assumendo che il verbale prodotto in causa dall’INPS riguard i periodi e lavoratori diversi.
Le doglianze si rivelano inammissibili.
In prima battuta, si deve osservare che il travisamento del contenuto oggettivo della prova, derivante da una svista concernente il fatto probatorio in sé e non la verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell ‘ impugnazione per revocazione per errore di fatto (Cass., S.U., 5 marzo 2024, n. 5792) , a condizione che l’errore non investa un punto controverso e non promani da una valutazione. È la stessa parte ricorrente che adombra un errore percettivo.
In secondo luogo , la censura muove dall’erroneo presupposto che il riferimento al verbale ispettivo, asseritamente viziato dalla svista percettiva, riguardi il verbale prodotto in causa. In realtà, il passaggio trascritto nel ricorso per cassazione (pagina 14) è racchiuso nel brano della pronuncia che la Corte di merito considera come precedente persuasivo (pagina 6 della sentenza impugnata), in quanto le «argomentazioni sono del tutto sovrapponibili al caso in esame» (pagina 7 della sentenza impugnata), e dunque riguarda il verbale prodotto in quel giudizio.
La Corte di merito, nel confermare la pronuncia del Tribunale, non si basa, dunque, sulle risultanze documentali che il motivo contesta, ma su uno scrutinio complessivo delle emergenze probatorie acquisite e delle allegazioni delle parti, sulla condivisione delle argomentazioni già esposte dal giudice di prime cure e su una valutazione di comparabilità dell’odierna vicenda ad altre già vagliate dalla medesima Corte, valutazione che non è fatta segno di critiche circostanziate (in termini analoghi, ordinanze n. 30236 e n. 29973 del 2022, cit., punto 7 dei Motivi della decisione ).
La censura formulata in riferimento all’art. 115 cod. proc. civ., oltre che irritualmente articolata per la natura revocatoria dell’errore che denuncia, è avulsa dalla ratio decidendi e generica, in quanto non vale a scardinare l’accertamento dei fatti cristallizzato in una ‘doppia conforme’ e corroborato da una molteplicità di elementi.
Anche nell’odierno giudizio si possono replicare, pertanto, le considerazioni svolte da questa Corte, nel dichiarare inammissibili censure strutturate in modo non dissimile: «Nel caso in esame la censura è inammissibile avendo la Corte ritenuto provati i fatti in base a deduzioni logiche ed argomentate, aderenti alle fonti di prova» (ordinanza n. 20951 del 2024, cit., punto 15 delle Ragioni della decisione ).
25. -Alla stregua di tali rilievi, il ricorso dev’essere, nel suo complesso, respinto.
26. -Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, tenendo conto del valore della controversia e dell’attività processuale svolta.
27. -In virtù del rigetto del ricorso, occorre dare atto dei presupposti dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione