Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5327 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5327 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 26688-2022 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIOCOGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2215/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/06/2022 R.G.N. 837/2021;
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/01/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
con sentenza 3 giugno 2022, la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’appello di NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado, di reiezione della sua domanda di accertamento del rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE, per la quale deduceva di aver prestato attività di impiegata incaricata della vendita di carte di credito American Express -Italo (presso la sede Italo della Stazione Ferroviaria Napoli Centrale e sui treni Italo, lungo le tratte Napoli -Firenze o Napoli -Roma) dal 18 gennaio 2016 al 30 ottobre 2017, con contratto dapprima di promoter con prestazioni occasionali e dal 2 gennaio 2017 di agenzia;
come il Tribunale, essa ha infatti ritenuto carente la prova della subordinazione, non essendo risultata dallo scrutinio delle prove orali la soggezione della lavoratrice al potere gerarchico, direttivo o disciplinare della società, in assenza di un orario di lavoro da rispettare, di necessità di giustificare le assenze, né di percezione di una regolare retribuzione per essere l’attività remunerata dietro emissione di fattura della prestatrice, in funzione del numero di carte collocate (almeno 40 mensili), con la corresponsione di premi per ogni carta ulteriore;
con atto notificato il 3 novembre 2022, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c., cui la società ha resistito con controricorso;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
1. la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 2094 c.c., 36 Cost. e vizio motivo, per avere la Corte territoriale valutato in modo atomistico e frazionato, anziché unitario e globalmente coordinato, gli elementi probatori assunti, trascurando di considerare la documentazione prodotta (in particolare, alcune mails e la lettera di risoluzione del rapporto) e parzialmente le dichiarazioni testimoniali: elementi tutti da cui sarebbero risultati i requisiti (di potere gerarchico, direttivo e disciplinare datoriale) di subordinazione alla società, essendo ella altresì tenuta al rispetto di un orario predeterminato e a giustificare le assenze (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2099 c.c., 36 Cost. e vizio motivo, per avere la Corte territoriale erroneamente applicato i principi di valorizzazione, nel caso di attività lavorativa soggetta ad un vincolo di subordinazione attenuato (come appunto quello di specie), di quegli elementi sussidiari e complementari, da valutare globalmente, quali, in particolare, la permanente disponibilità all’esecuzione delle istruzioni della società datrice, l’inserimento organico nella sua organizzazione d’impresa, come specialmente risultato dalla deposizione di NOME COGNOME, dovendo l’attività prestata essere qualificata in base al suo effettivo svolgimento e non alla formalizzazione delle parti; non rientrando la propria prestazione di venditrice in alcuna figura professionale dell’accordo RAGIONE_SOCIALE (inizialmente appli catole con contratto da promoter ), quanto piuttosto in quella di operatrice di vendita di 1^ categoria dell’art. 96 quater del CCNL per i dipendenti del settore terziario -commercio,
distribuzione e servizi; non essendo stati, infine, oggetto di specifica contestazione i conteggi prodotti, in linea con la previsione del CCNL citato (secondo motivo);
essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;
innanzi tutto, deve essere rilevata l’inammissibilità del vizio motivo, peraltro soltanto enunciato in rubrica e neppure sviluppato nella generica deduzione di omesso esame di fatti decisivi (al secondo capoverso di pg. 14 del ricorso), per la ricorrenza nel caso di specie dell’ipotesi di ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 ter , quinto comma c.p.c., applicabile ratione temporis , nella quale il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo dedotto ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994; Cass. 13 aprile 2021, n. 9656): ciò che il ricorrente non ha fatto;
4. non è poi configurabile la violazione delle norme di legge denunciate, in assenza di errori di diritto, neppure sotto il profilo del vizio di sussunzione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851). La ricorrente si duole piuttosto di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 29 ottobre 2020, n. 23927), oggi peraltro nei rigorosi limiti del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (qui inammissibile);
5. ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è noto che occorra riferirsi ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento della prestazione, piuttosto che alla volontà espressa dalle parti al momento della stipula del contratto di lavoro (Cass. 15 giugno 2009, n. 13858): sicché, la formale qualificazione operata dalle parti in sede di conclusione del contratto individuale, sebbene rilevante, non è determinante ex se , posto che esse, pur volendo attuare un rapporto di lavoro subordinato, potrebbero aver simulatamente dichiarato di volere un rapporto autonomo al fine di eludere la disciplina legale in materia (Cass. 19 agosto 2013, n. 19199; Cass. 8 aprile 2015, n. 7024, con specifico riferimento alla non vincolatività della qualificazione del rapporto di lavoro come contratto di collaborazione coordinata e continuativa);
5.1. il rapporto di lavoro è identificato, ai sensi dell’art. 2094 c.c., dall’elemento distintivo della subordinazione, ossia della soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che si esprime nell’emanazione di ordini specifici oltre che nell’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione della prestazione lavorativa (Cass. 19 novembre 2018, n. 29764), senza necessità di provare anche l’esistenza di un diverso rapporto (Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728).
Qualora non sia agevolmente accertabile per la peculiarità delle mansioni, esso può essere ricostruito, in via presuntiva, sulla base di criteri complementari e sussidiari, sia pure privi ciascuno di valore decisivo, quali: la collaborazione o la continuità delle prestazioni o l’osservanza di un orario predeterminato o il versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita o il coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo datoriale o
l’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale (Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500; Cass. 17 aprile 2009, n. 9256). Ed è desumibile da un insieme di circostanze che devono essere complessivamente valutate dal giudice del merito (Cass. 26 agosto 2013, n. 19568; Cass. 31 maggio 2017, n. 13816; Cass. 29 maggio 2018, n. 13478), alla stregua di accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 10 luglio 2015, n. 14434);
5.2. in esatta applicazione dei suenunciati principi di diritto e in esito ad una valutazione probatoria globale, la Corte partenopea ha compiuto un argomentato accertamento di inesistenza di un rapporto di subordinazione (per le ragioni esposte dal terzo capoverso di pg. 3 al secondo di pg. 4 della sentenza). In particolare, senza violare l’art. 116 c.p.c., censurabile in sede di legittimità, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (Cass. s.u. 30 settembre 2020, n. 20867; Cass. 9 giugno 2021, n. 16016), qui inammissibile per la ragione detta, di doppia conformità delle sentenze di merito;
le censure si risolvono nella sostanza in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della fattispecie operata dalla Corte territoriale, insindacabili in sede di legittimità (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987; Cass. 13 febbraio 2023, n. 4316), in quanto spettanti esclusivamente al giudice del merito, autore di un accertamento in fatto, argomentato in modo pertinente e adeguato a giustificare il ragionamento logico-giuridico alla base della decisione;
7. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la lavoratrice ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 17 gennaio 2024