Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9405 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9405 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18383/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di CATANIA n. 242/2020 depositata il 29/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. –COGNOME NOME proponeva opposizione a un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ed in favore di COGNOME NOME sulla base di una scrittura privata da lui sottoscritta in data 28.7.2009, in cui riconosceva di essere debitore nei confronti di diversi soggetti, tra i quali il COGNOME, per importi determinati.
Nell ‘ opposizione il COGNOME riconosceva di aver sottoscritto la predetta scrittura privata ed affermava di averlo fatto per riconoscere un debito della RAGIONE_SOCIALE, della quale era socio. Chiedeva che si dichiarasse la nullità per mancanza di causa della scrittura, l ‘ annullamento per violenza, la rescissione per lesione della predetta scrittura privata. In comparsa conclusionale il COGNOME deduceva che la scrittura privata dedotta in giudizio non era un riconoscimento di debito ma piuttosto un negozio giuridico riconducibile alla espromissione, disciplinata dall ‘art. 1272 c.c.
-Il Tribunale di Siracusa rigettava l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo, limitandosi ad affermare che la scrittura privata fosse fonte di prova della ricezione delle somme di denaro ingiunte ed anche della causale essendosi l’opponente impegnato a restituire ai vari soggetti quanto ricevuto in prestito e quanto dovuto a titolo di risarcimento danni connesso al mancato utilizzo dei capitali.
-Il COGNOME impugnava la sentenza, deducendo che fosse errata la qualificazione della scrittura privata dedotta in giudizio come riconoscimento di debito piuttosto che come contratto di espromissione ai sensi dell’art. 1272 c.c.
-La Corte d’appello di Catania con la sentenza qui impugnata rigettava l’appello del COGNOME, dichiarando inammissibile il motivo di appello con il quale l’odierno ricorrente chiedeva la riqualificazione del negozio giuridico in termini di espromissione, perché contrastante con la difesa spiegata in primo grado nella quale si qualificava la richiesta di pagamento alla base del decreto ingiuntivo come atto unilaterale di riconoscimento del debito
conseguente a un contratto di transazione. La Corte d’appello, nel dichiarare inammissibile la nuova qualificazione del contratto, precisava che il riconoscimento di debito, al pari della promessa di pagamento, non costituisce autonoma fonte dell’obbligazione ma soltanto un effetto conservativo di un preesistente rapporto fondamentale, realizzandosi ai sensi dell’art. 1988 c.c. un’astrazione meramente processuale, comportante l’inversione dell’onere della prova.
Ciò premesso, osservava che il negozio del 28 luglio 2009 conteneva anche l’indicazione della causa dell’obbligazione assunta dal COGNOME, il quale dichiarava di impegnarsi a titolo personale come socio di RAGIONE_SOCIALE a restituire le somme avute in prestito, somme che la corte ipotizzava fossero state utilizzate sia dal COGNOME personalmente che dallo stesso per ripianare debiti della RAGIONE_SOCIALE
Riteneva quindi accertato che diversi soggetti avessero prestato denaro ad NOME COGNOME il quale lo aveva utilizzato per necessità proprie e verosimilmente per necessità della società RAGIONE_SOCIALE di cui era socio, e che, in conseguenza di ciò, il COGNOME si era riconosciuto debitore ed obbligato personalmente alla restituzione del denaro ricevuto.
–COGNOME NOME propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi ed illustrato da memoria, nei confronti di COGNOME NOME per la cassazione della sentenza numero 242 del 2020 pubblicata il 29.1.2020 dalla Corte d’appello di Catania. Resiste il NOME con controricorso, illustrato da memoria.
6. -La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale all’esito della quale il Collegio ha riservato il deposito della ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il COGNOME denuncia la falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., per aver la Corte d’appello di
Catania erroneamente dichiarato inammissibile in quanto domanda nuova rispetto alle difese svolte in primo grado, la qualificazione giuridica della scrittura privata dedotta in giudizio soltanto in appello in termini di contratto di espromissione, nonostante questa diversa qualificazione non mutasse il petitum e la causa petendi posti a fondamento della pretesa creditoria né allargasse il tema di indagine ovvero di decisione del giudizio.
Con il secondo motivo il COGNOME denuncia la falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. e la conseguente violazione dell’art. 1272 c.c. nonché la violazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte d’appello di Catania erroneamente qualificato la scrittura privata del 28 luglio 2009 in termini di promessa di pagamento e di riconoscimento di debito e conseguentemente applicato alla fattispecie dedotta in giudizio la tipica presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto fondamentale scaturente dall’art. 1988 c.c., così negando la qualificazione della medesima scrittura in termini di contratto di espromissione ai sensi dell’art. 1272 c.c.
In relazione all’art. 2697 c.c. sostiene poi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni.
La prima doglianza è fondata. Come già affermato nella ordinanza n. 3226 del 2024 di questa Corte, emessa su analogo ricorso proposto dal COGNOME contro altra sentenza di appello favorevole ad un altro dei soggetti indicati nella scrittura privata 28.7.2009, p er consolidato orientamento di nomofilachia, non costituisce domanda nuova, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., la prospettazione, in appello, di una qualificazione giuridica del contratto oggetto del giudizio diversa da quella effettuata dalla parte in primo grado, ove basata sui medesimi fatti (così, ex multis, Cass. 02/03/2023, n. 6292; Cass. 07/03/2016, n. 4384; Cass. 28/01/2013, n. 1861); ciò posto, ha errato la Corte d’appello nel ritenere inammissibile la
qualificazione giuridica del negozio controverso quale espromissione, dacché «tardivamente prospettata soltanto con la comparsa conclusionale di primo grado ed in evidente contrasto con quella spiegata con l’atto introduttivo del giudizio», nel quale la scrittura privata era qualificata «atto unilaterale di riconoscimento del debito»; invero, la differente riconduzione sub specie iuris, pur supponendo una diversa struttura (bilaterale anziché unilaterale) e pur importando un diverso regime giuridico (in specie, in ordine al riparto dell’onere della prova circa l’adempimento), non muta in alcun modo gli elementi conformativi della domanda, conservando sostanzialmente intatto il fatto costitutivo originariamente dedotto: sicché non è a parlarsi nemmeno di emendatio, tampoco di mutatio libelli; è noto, infatti, che la sussunzione giuridica del negozio è attività tipicamente devoluta al giudice, ragion per cui essa, riguardata dal lato delle attività assertive delle parti, non può soffrire il termine preclusivo invece considerato nella sentenza gravata.
Accolto in parte qua il ricorso, l’esame della seconda doglianza rimane assorbito, in quanto afferente il merito. Va disposta quindi la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, cui è altresì demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame della controversia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione