Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31668 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31668 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
Oggetto: titoli di credito
AC – 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14872/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME e NOME, rappresentate e difese dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrenti – avverso la sentenza del Tribunale di Asti n. 935/2017 del 16/11/2017, il cui appello è stato dichiarato inammissibile, ai sensi
dell’art. 348 -bis cod. proc. civ., dalla Corte di appello di Torino con ordinanza comunicata in data 28 gennaio 2020; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 6 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha proposto ricorso in cassazione, affidato a sei motivi, avverso la sentenza con cui il Tribunale di Asti ha respinto la domanda da lui proposta nei confronti di NOME e NOME COGNOME avente a oggetto la restituzione dell’importo portato da tre assegni bancari da lui emessi e in thesi indebitamente incassati dalle convenute, atteso che i titoli erano destinati a titolo di prestito/investimento ai signori NOME COGNOME e NOME COGNOME titolari all’epoca della RAGIONE_SOCIALE, ed erano stati invece riempiti quali beneficiari dalle convenute, nipoti dei signori NOME e NOME e dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, senza alcuna valida giustificazione giuridica. L’appello avverso la sentenza di primo grado è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di appello di Torino, con ordinanza resa ai sensi dell’art. 348 -bis cod. proc. civ.
NOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Il Tribunale, per quanto ancora in questa sede interessa, ha ritenuto che la domanda non poteva trovare accoglimento, atteso che essa risultava formulata alternativamente ai sensi dell’art. 2033 e dell’art. 2041 cod. civ., i quali presuppongono tuttavia che vi sia stato un rapporto obbligatorio tra le parti, laddove dalla stessa prospettazione dell’attore emergeva che nella specie si deduceva un illecito comportamento delle convenute le quali, in assenza di alcun rapporto negoziale con l’attore , avevano posto abusivamente all’incasso i titoli; ciò che avrebbe legittimato l’ attore a proporre la sola azione risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. La Corte di
appello di Torino ha convalidato tale motivazione, ritenendo che le censure in appello formulate dal COGNOME non avevano alcuna possibilità di sovvertire la decisione impugnata, sì da rendere il gravame inammissibile ai sensi dell’art. 348 -bis cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
Primo motivo: «I. Ex art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione o falsa applicazione di legge con riferimento agli articoli 1-2 leggi assegno, agli artt. 1992-2003-2004 Cod. civ. ed all’art. 49 D. Lg. 231/2007 (in relazione agli art. 1418 e 1324 Cod. Civ.) per avere implicitamente considerato i titoli consegnati dal sig. COGNOME al sig. COGNOME quali assegni bancari al portatore in assenza dei requisiti di legge necessari e conseguentemente qualificato erroneamente la consegna degli stessi al sig. COGNOME come equivalente ad un pagamento in contanti».
Secondo motivo: «II Ex art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione o falsa applicazione degli artt. 1992 e 2008 Cod. Civ. nonché delle disposizioni di cui al Regio decreto del 21/12/1933 -n. 1736 per non avere considerato l’incasso degli assegni da parte delle sig.e COGNOME come pagamento avvenuto dal ricorrente alle resistenti».
Terzo motivo: «III Ex art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione o falsa applicazione degli artt. 1992 artt. 25 e 27 legge assegno (Regio decreto – 21/12/1933, n. 1736) per aver negato il diritto del sig. COGNOMEtraente) di far valere le ragioni fondate su (l’insussistenza dei) rapporti causali diretti con le sig.e COGNOMEprime prenditrici).».
Quarto motivo: «IV Ex art. 360 n. 4 nullità della sentenza per violazione del principio iura novit curia violazione del
principio della domanda (art. 99 C.p.c.) e della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 C.P.C.) per non aver pronunciato sulle conseguenze dell’illecito commesso dalle convenute.».
Quinto motivo: «V Ex art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione degli artt. 2033-2043 Cod. Civ. in relazione all’art. 185 c.p. » per aver ritenuto erroneamente inapplicabile l’azione di ripetizione dell’indebito e non cumulabili l’azione restitutoria e quella risarcitoria.
Sesto motivo: «VI Ex art. 360 n. 3 e n. 4 Erronea individuazione dei presupposti dell’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c. e art. 2036 c.c. Omessa pronuncia sulla domanda di restituzione dipendente da fatto illecito.».
In ordine logico vanno esaminati prioritariamente e congiuntamente il quarto, il quinto e il sesto motivo del ricorso, che deducono la questione della correttezza del ragionamento svolto dai giudici di merito per pervenire alla reiezione della domanda originariamente proposta.
Essi sono fondati, nei limiti e per le considerazioni che seguono.
La ratio decidendi della reiezione della domanda proposta nel presente giudizio risiede nell’affermazione del Tribunale, che la Corte di appello ha integralmente condiviso dichiarando inammissibile il gravame ai sensi dell’art. 348bis cod. proc. civ., secondo cui il fatto costitutivo allegato era quello dell’abusiva compilazione dell’assegno da parte di un soggetto terzo , con il quale l’emittente non aveva avuto alcun rapporto e che l’azione era da qualificare come art. 2043 cod. civ.; domanda, tuttavia, che l’attore non avrebbe proposto con l’atto introduttivo del
giudizio, e comunque prima del maturare delle preclusioni processuali per la modificazione della domanda, atteso che la stessa era da qualificare come alternativamente proposta ai sensi degli artt. 2033 cod. civ. e 2041 cod. civ., e in tal guisa difettava dei presupposti minimi per poter essere vagliata, siccome l’azione di indebito presuppone che vi sia stato un rapporto obbligatorio tra le parti, e l’azione di arricchimento avrebbe un carattere residuale che la renderebbe inapplicabile al caso di specie.
Sennonché, come la Corte territoriale dà atto a pag. 3 della sentenza impugnata, il Tribunale ha accertato che il fatto costitutivo allegato era quello dell’abusiva compilazione dell’assegno da parte di un soggetto terzo , con il quale l’emittente non aveva avuto alcun rapporto e ha affermato che l’azione era da qualificare come art. 2043 c od. civ. In tale contesto, ove lo stesso giudice di prime cure mostrava di ben avvedersi che esisteva un ‘ allegazione di un profilo di illecito, né il Tribunale, né la Corte di appello hanno provveduto sulla domanda qualificabile anche come deducente il suddetto fatto illecito aquiliano, ma hanno erroneamente respinto l’azione sul presupposto che la parte avrebbe dovuto proporre un’azione ex art. 2043 cod. civ. e non ex artt. 2033 e 2041 cod. civ. In tal modo commettendo un errore perché, dato il fatto allegato, compete al giudice qualificare l’azione e , una volta che l’abbia qualificata, provvedere sulla base del fatto così qualificato, e non esigere dalla parte la formulazione di una nuova domanda. Sotto concorrente profilo, va rilevato che la diretta consultazione degli atti processuali, cui questa Corte è legittimata dal quarto motivo di ricorso, con cui si deduce un error in procedendo , consente di
ritenere che i giudici del merito hanno erroneamente interpretato il contenuto del ricorso introduttivo del presente giudizio, giacché plurimi elementi consentono di ritenere che, già ab origine , siano stati in esso allegati fatti inquadrabili nell’alveo della responsabilità aquiliana, con la conseguenza che non è corretta l’ affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la domanda sarebbe stata introdotta solo con riferimento alla disciplina dell’art. 2033 cod. civ. e a quella dell’art. 2041 cod. civ.
Invero, si legge nel ricorso introduttivo (punto 13) che le RAGIONE_SOCIALE avrebbero compilato gli assegni per cui è causa inserendo i loro nominativi, laddove altri assegni (cfr. punto 15) emessi dallo stesso ricorrente sarebbero stati regolarmente incassati dalla società ‘secondo gli accordi’ o comunque ‘messi a disposizione dell’azienda; nel successivo punto 34 si legge che le sorelle RAGIONE_SOCIALE si erano ‘ impossessate ‘ dei titoli incassati ‘ all’ insaputa del ricorrente ‘ , il quale ne era venuto a conoscenza solo allorquando si era visto opporre il rifiuto di restituzione dalla società alla quale aveva inteso effettuare il prestito; nel successivo punto 36 si legge che le convenute avrebbero commesso un ‘ atto doloso o comunque gravemente colposo che ha arrecato min danno patrimoniale al ricorrente ‘ .
Orbene, tali allegazioni in fatto consentono vieppiù di ritenere che i giudici del merito hanno errato nel qualificare la domanda come inquadrabile in via esclusiva nell’ambito della responsabilità contrattuale. Invero, i fatti allegati dal ricorrente, e sopra riassunti, consentono di qualificare la domanda proposta nell’alveo della responsabilità aquiliana di cui all’art. 2043 cod. civ. Invero, il riferimento all’abusivo riempimento ( absque pactis )
degli assegni per cui è causa, è certamente qualificabile come deduzione che consente di ritenere che sia stata dedotta una condotta materiale illecita da parte del terzo, soprattutto se collegata con l ‘ allegazione, pure contenuta nel ricorso introduttivo, secondo cui altri assegni erano stati ritualmente destinati secondo i patti nella disponibilità della società. È certamente possibile che in alcuni passaggi le deduzioni in diritto dell’attore potessero essere inquadrabili anche nella disciplina dell’indebito oggettivo, ma certamente il riferimento al dolo e alla colpa grave, con cui il COGNOME qualificava il comportamento delle Rolfo, appare del tutto sufficiente a ritenere dedotta anche una responsabilità extracontrattuale delle odierne controricorrenti.
Tanto comporta la cassazione del provvedimento impugnato, dovendo il giudice di merito istruire e decidere la presente controversia alla luce della disciplina prevista dall’art 2043 cod. civ.
Quanto al resto dei tre motivi in esame, va pure rilevato che il Tribunale ha erroneamente fatto dipendere l’azione ai sensi dell’art. 2033 c.c. dalla esistenza di un’erronea convinzione soggettiva di esistenza della causa solvendi, mentre sufficiente ai fini della norma citata è l’obiettiva inesistenza di una legittima causa solvendi, nel caso di specie dedotta con riferimento ad una fattispecie di assegno nullo in quanto privo di data.
I primi tre motivi del ricorso, cha attengono alla disciplina della legge assegni e alle relative modalità di applicazione, restano assorbiti, dovendo essere le relative questioni scrutinate alla luce della prospettazione dipendente dall’ accoglimento delle altre censure.
2) Nella specie, trattandosi di cassazione conseguente anche a un error in procedendo , per il quale non è prevista la rimessione al primo giudice, ma l’obbligo del giudice di appello di trattenere la causa e deciderla nel merito, nei limiti dell’oggetto delineato dalle effettive domande delle parti (Cass. n. 12570 del 2019), la causa va rinviata, ex art. 383, comma 4, cod. proc. civ., alla Corte d’appello di Torino, quale giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello, senza vincolo di diversa composizione, trattandosi di rinvio c.d. restitutorio (Cass. n. 6326 del 2019; n. 4570 del 2021), per il corrispondente nuovo esame e la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie nei sensi di cui la motivazione il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso; dichiara assorbiti il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Torino per il corrispondente nuovo esame e la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 dicembre