Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6971 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6971 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 30206/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (EMAIL);
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ( ) e NOME COGNOME ( );
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza n. 619/2020 della Corte d’appello di Milano depositata il 21/2/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE conveniva davanti al Tribunale di Milano RAGIONE_SOCIALE, esponendo di avere con essa stipulato il 3 giugno 2008 un contratto che, pur denominato ‘ Franchising living ‘, era in realtà un contratto di agenzia, da cui controparte era poi receduta, comunicando il recesso 16 febbraio 2012 con un preavviso di tre mesi, in contrasto con l’articolo 1750 c.c.
Chiedeva pertanto di condannare RAGIONE_SOCIALE a corrisponderl e l’indennità per mancato preavviso, le indennità di fine rapporto e varie somme per attività di co-marketing , per prodotti resi e per prodotti dati in comodato ai clienti.
La convenuta si costituiva, resistendo e tra l’altro qualificando il contratto come franchising .
Il Tribunale, con sentenza del 5 dicembre 2017, ritenuto che quello stipulato dalle parti era un contratto misto, condannava la convenuta a pagare l’indennità sostitutiva del preavviso ed altri corrispettivi.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello principale, e controparte, per ottenere ulteriori somme, appello incidentale.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 21 febbraio 2020, accoglieva parzialmente l’appello principale, rigettando la condanna di corresponsione di euro 9969,69 oltre interessi per co-marketing ; rigettava in toto l’appello incidentale e compensava le spese dei due gradi.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso principale, illustrato anche con memoria; RAGIONE_SOCIALE in liquidazione si è difesa con controricorso includente ricorso incidentale.
Considerato che:
Il ricorso principale è articolato in due motivi.
1.1.1 Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1 l. 129/2004, 1362, 1363 e 1742 c.c., per essere stato qualificato il contratto come ‘misto’ del tipo di franchising e del tipo di agenzia.
Si argomenta ampiamente per sostenere che, invece, si tratterebbe di un contratto di franchising , come disciplinato dalla l. 129/2004.
1.1.2 Il motivo, che si estende in ben 10 pagine, contiene in realtà una evidente rivalutazione di merito del contenuto del contratto, il riferimento alla l. 129/2004 non avendo l’effetto di sradicare la censura dalla sua reale sostanza, quella di un motivo conformato proprio come se lo si veicolasse in un gravame.
Ne deriva, evidentemente, l’inammissibilità.
1.2.1 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione della l. 129/2004, 1750 e 1751 c.c., per essere stata erroneamente ritenuta l’applicabilità delle norme di cui agli articoli 1750 e 1751 c.c. relative al contratto di agenzia, e non applicabili, appunto, ad un contratto che sarebbe di franchising , come prospetta il precedente motivo.
1.2.2 La censura presenta invero una ulteriore ricostruzione alternativa in punto di merito, per ritornare allo stesso obiettivo del motivo precedente, ovvero alla qualificazione dell’accordo stipulato dalle parti come franchising , e ciò sulla base, appunto, di un vaglio fattuale sul suo contenuto.
Anche questo motivo patisce, quindi, un’evidente inammissibilità.
Tutto il ricorso principale, pertanto, deve qualificarsi inammissibile.
Il ricorso incidentale si articola in quattro motivi.
2.1.1 Il primo motivo denuncia violazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., nonché dell’articolo 2697 c.c. e altresì dell’articolo 117 c.p.c.
Questo motivo lamenta un’erronea qualificazione del contratto, che – ad avviso della ricorrente – avrebbe la natura di agenzia.
2.1.2 Si è dinanzi ad un motivo che è esattamente l’ opposto del primo motivo del ricorso principale: se quello argomentava in fatto per pervenire a qualificare il contratto come franchising , questo invece argomenta in fatto per qualificare il contratto come contratto di agenzia; e invero, al pari del motivo del ricorso principale, anche questo si basa, per riqualificare il negozio, su una ricostruzione puramente fattuale del suo contenuto, interpretandone le clausole diversamente rispetto al giudice di merito, e per di più invocando prove documentali e fatti asseritamente non contestati.
Ne è evidente, dunque, lo scopo di ottenere un terzo grado di merito, che lo rende inammissibile.
2.2.1 Il secondo motivo lamenta l’allegata applicazione degli Accordi Economici Collettivi (AEC) di Settore per pretesa violazione dell’articolo 1362 c.c. (per lapsus calami indicato come articolo 1632 c.c.) e dell’articolo 1363 c.c., nonché degli articoli 2697 c.c. e 115 c.p.c., con ‘rinvio’ al precedente motivo, in quanto presupposto della doglianza sarebbe l’errata qualificazione del contratto.
2.2.2 Il motivo è palesemente inammissibile, in quanto, come expressis verbis la stessa ricorrente rimarca, si fonda sull’inammissibile motivo precedente.
2.3.1 Il terzo motivo attiene alla pretesa debenza della indennità di cessazione del rapporto, con violazione degli articoli 2697 c.c. e 115 c.p.c. in relazione all’articolo 1751 c.c.
Il giudice d’appello ha rigettato l’appello incidentale attinente appunto alla domanda di pagamento di tale indennità, ritenendo la debenza di quest’ultima non provata. Il motivo quindi indica ‘i documenti di causa’ da cui, ad avviso della ricorrente, ciò ‘risulta provato’ (ricorso, pagine 18 -20; sono invocate produzioni documentali anche a pagina 21). Si sostiene che la corte territoriale non avrebbe considerato allegazioni e produzioni, con violazione quindi degli articoli 115 c.p.c. e 2697 c.c.
2.3.2 Si tratta, in realtà, di una censura ictu oculi direttamente di merito, la quale sarebbe propria di una impugnazione d’appello ma in questa sede risulta del tutto inammissibile.
2.4.1 Il quarto motivo lamenta che per i ‘compensi per l’attività di comarketing’ sarebbero stati violati gli articoli 166, 167 e 183 c.p.c., l’articolo 115 c.p.c., nonché gli articoli 2721, 2725, 2726 e 2697 c.c. anche in relazione all’articolo 1742 c.c. o, in subordine, l’articolo 3 l. 129/2004.
2.4.1.1 In primo luogo, quanto alla denunciata violazione degli articoli 166, 167 e 183 c.p.c., non corrisponderebbe al vero che RAGIONE_SOCIALE abbia ‘tempestivamente formulato l’eccezione relativa al sistema di netting e che RAGIONE_SOCIALE non si sia difesa’: in realtà RAGIONE_SOCIALE non avrebbe osservato alcunché su tale sistema (che conduce a un unico pagamento dopo varie compensazioni) nella comparsa di risposta davanti al giudice di prime cure. Su questo la ricorrente ritiene che ‘valga la lettura degli atti di causa’ e la sentenza del Tribunale; e soltanto dopo avere RAGIONE_SOCIALE presentato nella seconda memoria istruttoria un capitolo di prova testimoniale diretto a confermare i documenti, avendone controparte eccepito l’inammissibilità (nella terza memoria di RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE stesso avrebbe giustificato le produzioni con il sistema di netting che sosteneva essere stato adottato dalle parti nel loro rapporto.
2.4.1.2 Riguardo a questo profilo, sussiste inammissibilità per difetto di autosufficienza: assolutamente generico, infatti, è il riferimento a tutti gli atti di causa (‘valga la lettura degli atti di causa’); la sentenza di primo grado, poi, non può sostenere il contenuto di tutti gli atti al riguardo, essendo stata, per di più, proprio su questo riformata dalla sentenza del giudice di secondo grado (si vedano le pagine 1415 della sentenza d’appello).
2.4.2.1 Si afferma inoltre che non sarebbe pacifico – come invece dichiara il giudice d’appello – che le parti avessero concordato tale sistema contabile, e che non ve ne sarebbe prova. Si critica quindi quel che la corte territoriale ritiene prova idonea a dimostrare l’estinzione dei crediti per compensazione, e si sostiene che la prova avrebbe dovuto essere scritta, perché ai sensi dell’articolo
2726 c.c. le norme stabilite per la prova testimoniale dei contratti valgono pure per il pagamento del debito; la prova scritta sarebbe stata necessaria anche perché il contratto era in forma scritta e il contratto di agenzia dovrebbe essere provato per iscritto ex articolo 1742 c.c. e, in subordine, perché il contratto di affiliazione commerciale (che controparte vorrebbe applicare nel caso in esame) dovrebbe essere stipulato in forma scritta, pena nullità.
2.4.2.2 L’articolo 2726 c.c. rimanda effettivamente all’articolo 2721 c.c., e si tratta di un rinvio globale: pertanto non può non tenersi conto del fatto che l’articolo 2721, secondo comma, c.c. consente al giudice di concedere la prova testimoniale in base a presupposti che usualmente sussistono, e che il motivo in esame non ha specificamente negato che ricorrano.
La qualificazione del contratto operata dal giudice di merito alla luce del suo fattuale contenuto, poi, è di contratto misto, per cui non incide il riferimento al contratto di affiliazione commerciale e alla sua normativa, come parimenti il riferimento al contratto di agenzia.
Per il resto, il motivo si immerge in inammissibili argomentazioni fattuali.
In conclusione, quest’ultimo motivo merita rigetto.
Tutto il ricorso incidentale, quindi, deve essere rigettato.
Si deve pertanto rilevare che il ricorso principale è inammissibile e il ricorso incidentale merita rigetto; le parti incorrono dunque nella reciproca soccombenza, che giustifica la compensazione delle spese processuali del presente grado.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascun ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il suo ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta quello incidentale, compensando le spese.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di ciascun ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il rispettivo ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 4 marzo 2024