Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15104 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15104 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14164/2021 R.G. proposto
da
COGNOME RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
Oggetto:
Contratti
bancari
–
Mutuo
–
Interessi – Corrispettivi –
Moratori – Superamento
tasso soglia
R.G.N. 14164/2021
Ud. 29/05/2025 CC
e, per essa,
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CAGLIARI -SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI n. 356/2020 depositata il 16/11/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 29/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 356/2020, pubblicata in data 16 novembre 2020, la Corte d’appello di Cagliari Sezione distaccata di Sassari, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha respinto il gravame proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Sassari n. 713/2018, pubblicata in data 19 giugno 2018.
La società odierna ricorrente aveva adito il Tribunale sassarese, riferendo in fatto di avere concluso tre contratti di mutuo: uno in data 19 dicembre 2000, avente ad oggetto l’erogazione di vecchie £ 390.000.000,00 per il finanziamento di investimenti fissi; un secondo in data 1° ottobre 2002, consistente in un atto modificativo e di quietanza che aveva previsto la proroga del termine di utilizzo dell’originario finanziamento dal 30 giugno 2000 al 31 dicembre 2002, mantenendo ferme le altre condizioni; un terzo in data 15 ottobre 2008, avente ad oggetto la riprogrammazione del debito con previsione
di un nuovo piano di rimborso del debito residuo in linea capitale scaduto a tale data.
La società aveva quindi dedotto che: 1) il tasso di interesse pattuito con il secondo contratto del 1° ottobre 2002, pari all’8,55%, risultava superiore al tasso soglia di usura dell’8,415% nel IV trimestre 2002; 2) pertanto, anche il tasso di mora, stabil ito nella misura dell’11,55% era usurario; 3) anche il tasso di preammortamento dell’8,55% applicabile fino a giugno 2002 era superiore al tasso soglia del I trimestre 2002, dell’8,265%, e del II trimestre, dell’8,34%; 4) per tutto il periodo dal 31 dicembre 2002 al 15 ottobre 2008 i tassi di interesse applicati erano stati difformi da quelli pattuiti; 5) l’atto di riprogrammazione del debito in data 15 ottobre 2008 era nullo in quanto basato su di un debito residuo non coincidente con la reale esposizione debitoria.
La società attrice aveva quindi chiesto che – previa dichiarazione di nullità dei tre contratti del 19 dicembre 2000, del 1° ottobre 2002 e del 15 ottobre 2008 – la banca convenuta fosse condannata restituzione di tutte le somme indebitamente percepite.
Costituitasi regolarmente RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Sassari, anche all’esito dell’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, aveva integralmente respinto le domande della società.
La Corte d’appello ha, parimenti, disatteso il gravame della società, osservando, in sintesi:
-quanto all’inquadramento della vicenda, che correttamente il giudice di prime cure aveva ritenuto che ci si trovasse di fronte ad un contratto unitario non inquadrabile nella categoria dei mutui e che tale qualificazione, sebbene invocata dalla banca convenuta solo nella conclusionale del giudizio di prime cure,
ben poteva essere operata d’ufficio dal Tribunale, trattandosi, appunto di procedere alla qualificazione del rapporto;
-che, rientrando l’operazione conclusa dalle parti nell’ambito degli ‘altri finanziamenti a medio/lungo termine’ e dovendosi quindi applicare il tasso soglia previsto per tali specifiche operazioni, risultava dalla consulenza tecnica che non si era verificato alcun superamento del tasso medesimo da parte degli interessi convenzionali;
-quanto al tasso di interessi di mora, che effettivamente -applicando il criterio della comparazione tra il TEG del singolo rapporto ed il TEGM rilevato nei decreti ministeriali dell’epoca, in assenza della rilevazione del tasso medio da parte di questi ultimi -era da rilevare un superamento del taso soglia di legge da parte del tasso di mora convenuto;
-che, tuttavia, non era possibile accogliere la domanda di ripetizione riferita a tale profilo, in quanto anche la consulenza tecnica svolta nel giudizio di prime cure aveva evidenziato nell’andamento del rapporto lacune tali da impedire radicalmente di procedere ad una ricostruzione effettiva di quanto corrisposto a titolo di interessi moratori;
-quanto al carattere indeterminato del tasso di intesse applicato, che, in realtà, il TAN risultava regolarmente indicato negli accordi tra le parti e che, semmai, era il TAE a rivelarsi difforme dalle pattuizioni, ma che tale difformità, non vigendo ancora all’epoca l’obbligo di indicazione dell’ISC non valeva a rendere indeterminata l’indicazione dei tassi di interesse;
-quanto al piano di riorganizzazione del debito, che, in assenza di profili di nullità delle pattuizioni originarie, lo stesso non poteva ritenersi nullo.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Sassari ricorre RAGIONE_SOCIALE Dl NOME RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, Legge n. 108/1996; 644 c.p.; 1815 c.c., ‘per aver la Corte Territoriale ricondotto l’operazione di finanziamento per cui oggi è causa alla categoria “altri finanziamenti a breve e medio/lungo termine”, incongrua, posto che il rapporto giuridico, intercorso tra le parti, deve essere ricompreso nella categoria ‘ 7 – mutui a tasso fisso ‘ , giusta le istruzioni per la rilevazione per il tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura emanate dalla Banca d’Italia nel luglio 1999, applicabile, ratio temporis , alla fattispecie in oggetto’ .
Si censura la qualificazione dell’operazione contrattuale operata dalla Corte territoriale, evidenziando, sulla scorta delle pattuizioni concrete, che la stessa era da qualificarsi come mutuo ipotecario e non come finanziamento, essendo l’operazione assist ita da una garanzia reale tale da ridurre il rischio dell’ente finanziatore e quindi da escludere che ci si trovasse di fronte ad un mero finanziamento.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, Legge n. 108/1996; 644 c.p.; 1418, 1419, 1815 c.c. ‘per aver la Corte Territoriale, dopo aver inquadrato il rapporto giuridico per cui oggi è
causa, alla categoria, di altri finanziamenti, ritenuto che non vi sia mai stato alcun superamento del tasso soglia, degli interessi corrispettivi pattuiti sia nel primo contratto del 19 dicembre 2000, che in quello del 1 ottobre 2002, quali che fossero, tra le molteplici ipotesi formulate dall’ausiliario quelle da prendere in considerazione, condividendo quanto sul punto rinvenientesi nella Sentenza di primo grado, circa l’esistenza di un’unicità di rapporto’ .
Il motivo, in sintesi, evidenzia che il secondo accordo concluso in data 1° ottobre 2002, nel confermare le condizioni non modificate del precedente accordo del 19 dicembre 2000, avrebbe confermato anche la determinazione del tasso di interesse corrispettivo -pari all’8,55% nominale annuo ed 8,737% effettivo -e cioè un tasso che risultava superiore al tasso soglia vigente pro tempore , pari all’8,415%.
Argomenta, quindi, che, al di là dell’esistenza o meno di un’unicità di rapporto, le parti in causa, al momento della sottoscrizione dell’atto modificativo avrebbero comunque convenuto un interesse corrispettivo oltre soglia.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, Legge n. 108/1996; 644 c.p.; 1322, 1418, 1419, 1815 c.c.; 115 c.p.c., ‘per aver la Corte Territoriale, dopo aver inquadrato, erroneamente, il rapporto giuridico per cui oggi è causa, alla categoria, di altri finanziamenti, rigettato comunque quanto richiesto dall’odierna società ricorrente, fin dal primo grado del giudizio, in punto di usurarietà degli interessi di mora denu nciati come usurari’ .
Il motivo censura la decisione impugnata per aver verificato il superamento del tasso soglia di legge in relazione agli interessi moratori sulla base della qualificazione -secondo la ricorrente errata -dell’operazione come ‘altri finanziamenti’ e non come ‘mutuo’.
Argomenta, quindi, che, ove si fosse proceduto ad una corretta qualificazione dell’operazione ‘agevole sarebbe stato per la Corte Territoriale, dichiarare comunque la nullità delle relative clausole contrattuali, per quanto risultante in atti, prevedenti interessi usurari, perché pattuiti oltre il tasso soglia, previsto per l’esatta categoria di finanziamento (mutui a tasso fisso con garanzia ipotecaria) (…)’ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. ‘per aver la Corte Territoriale (nonostante l’accertamento, comunque su presupposti erronei, per quanto sopra riferito, del tasso di interesse moratorio), rigettato la domanda di ripetizione di quanto indebitamente pagato, sulla base che l’odierna società ricorrente, non aveva assolto all’onere della prova di dimostrare la reale entità di quanto pagato, risultando, a detta della Corte, impossibile procedere al relativo conteggio’.
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa, pur avendo ritenuto sussistente un superamento del tasso soglia da parte degli interessi di mora, ha comunque disatteso la domanda di ripetizione riferita a tale profilo, evidenziando la impossibilità di procedere ad una ricostruzione effettiva di quanto corrisposto a titolo di interessi moratori e ritenendo quindi non assolto l’onere probatorio incombente sull’odierna ricorrente.
Si argomenta che invece le produzioni e le allegazioni documentali avrebbero consentito alla Corte territoriale di individuare la somma indebitamente corrisposta a titolo di interessi moratori non dovuti, ‘con riferimento sia alla somma indicata dall’odierna ricorrente (Euro 34.226,48), che alla minor somma indicata dallo stesso CTU (Euro 29.773,47) o comunque, residualmente, almeno sulla somma di Euro 7.697,88, rinvenientesi nel più volte citato atto di ri programmazione’ .
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1418, 1419 c.c., ‘per aver la Corte Territoriale, con riferimento al contratto di riprogrammazione del debito (sottoscritto in data 15 ottobre 2008), non ravvisabile alcuna nullità rappresentando lo stesso un’esposizione debitoria conforme a quella effettiva’ .
Si censura la decisione impugnata, nella parte in cui la stessa ha escluso la nullità del piano di riorganizzazione del debito, in considerazione dell’assenza di profili di nullità delle pattuizioni originarie.
Argomenta la ricorrente ‘quanto sul punto deciso dalla Corte d’Appello, deve ritenersi non condivisibile posto che, così come eccepito, dall’odierna ricorrente in atti di causa (…), almeno per i primi due contratti, sottoscritti tra le parti, la Corte Territoriale avrebbe dovuto dichiararne la relativa nullità, con tutte le conseguenze di legge, tenuto debito conto anche dell’usurarietà degli interessi corrispettivi e moratori convenuti, come sopra esposto, con rilevanti riflessi sulle poste di dare ed avere tra le parti, al momento della sottoscrizione dell’ultimo contratto (…), avente per oggetto la riprogrammazione del contratto di finanziamento intervenuto, sul falso presupposto della debenza di somme comunque non dovute per la violazione delle norme inderogabili dettate dalla legge in materia di usura, con conseguente nullità dello stesso per assenza di causa (concreta), ai sensi e per gli effetti dell’art. 1322 c.c. (…)’ .
Il ricorso è, nel suo complesso, inammissibile.
2.1. Quanto al primo motivo, è ben vero che lo stesso ricalca -nei suoi richiami normativi – la formulazione di uno dei mezzi che hanno condotto al precedente di questa Corte (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 22380 del 06/09/2019), invocato sempre dalla ricorrente, senza che
tuttavia il mero richiamo a tale precedente sia in grado di condurre all’accoglimento del mezzo, nel momento in cui lo stesso non riesca a superare il vaglio di ammissibilità ex art. 366 c.p.c.
Tale vaglio, tuttavia, non può ritenersi superato.
Giova premettere che questa Corte ha chiarito (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13166 del 2023) che le Istruzioni della Banca d’Italia di cui il giudice di merito ha nella specie inteso fare applicazione -e che in via generale trovano fondamento nell’articolo 4 TUB -costituiscono elemento integrativo dei decreti ministeriali di cui all’art. 2, secondo comma, L. n. 108/1996, in quanto sono proprio tali Istruzioni ad individuare i criteri distintivi tra le diverse tipologie di rapporti, con riferimento ai quali i decreti ministeriali vengono ad indicare i tassi globali medi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari e, conseguentemente, i tassi-soglia riferibili -appunto – alle distinte categorie di rapporti.
Questa Corte ha, pertanto concluso, che ‘Il decreto, come la serie di quelli che lo hanno preceduto, non individua ex se i criteri distintivi tra le diverse tipologie di rapporti, criteri contenuti invece nelle Istruzioni della Banca d’Italia: e dunque recepisce inequivocabilmente, attribuendogli il rilievo di parametri normativamente fissati per l’interpretazione del contenuto di essi, tali criteri appunto dettati dalle menzionate Istruzioni. In altri termini, il secondo comma dell’articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, laddove prevede la «classificazione delle operazioni per categorie omogenee … con decreto del Ministro del tesoro», conferisce rango normativo, quali parametri interpretativi da impiegarsi per la distinzione tra le diverse tipologie di operazioni, ai criteri contenuti nelle Istruzioni della Banca d’Italia e recepiti nei decreti ministeriali di volta in volta rilasciati. Il che val quanto dire che, nel discernere se un determinato rapporto debba essere sussunto entro
l’una o l’altra categoria elencata dal decreto ministeriale applicabile, il giudice deve attenersi ai criteri interpretativi contenuti nelle Istruzioni di cui si è detto ‘ .
Da tale affermazione, poi, questa Corte ha derivato la conclusione per cui il procedimento con il quale il giudice di merito venga ad individuare la categoria entro la quale deve farsi rientrare lo specifico rapporto sottoposto alla sua verifica non può essere censurato in sede di legittimità per violazione degli artt. 1362 c.c. in quanto il giudice di merito è tenuto a conformarsi alle Istruzioni della Banca d’Italia ed a farne applicazione quali elemento normativamente vincolante.
È proprio sulla scorta di tale premessa, a questo punto, che si deve pervenire alla declaratoria di inammissibilità del motivo di ricorso, risultando lo stesso inidoneo a censurare adeguatamente la decisione adottata sul punto dalla Corte sassarese, nel momento in cui la stessa ha correttamente proceduto a fare applicazione delle Istruzioni della Banca d’Italia, come era tenuta a fare .
Inadeguato, infatti, è il percorso illustrativo del mezzo, in quanto lo stesso si sostanzia in una generica doglianza circa l’operazione di qualificazione dell’operazione concreta , richiamando il già menzionato precedente di Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 22380 del 06/09/2019, senza tuttavia procedere -come questa Corte ha chiarito reiteratamente in relazione alla formulazione del motivo di ricorso ex art. 360, n. 3), c.p.c. (Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016) -ad un’analisi specifica delle Istruzioni, evidenziandone il contenuto del precetto desumibile da queste ultime e raffrontandolo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, in modo da dimostrare che queste ultime sono venute a contrastare col precetto medesimo.
In sintesi, l ‘assenza di specifiche indicazioni sia in ordine al quadro normativo applicabile -richiamato solo per sommi capi -sia in ordine al contenuto delle clausole contrattuali denunciate di nullità -anch’esse esposte in modo sommario -sia in ordine alle argomentazioni spese dal giudice di merito per operare la sussunzione dell’operazione concreta entro una delle categorie di cui alle Istruzioni -non ultima la circostanza della espressa (e significativa) qualificazione del contratto concluso tra le parti come ‘ finanziamento ‘ -valgono ad evidenziare l’inadeguato ossequio del motivo di ricorso al canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., determinandone, conseguentemente, l’inammissibilità.
2.2. Il secondo motivo deve essere dichiarato inammissibile per la diversa ragione che lo stesso -al di là del formale richiamo all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c. non viene concretamente a dedurre alcun inadeguato governo, da parte della Corte territoriale, delle previsioni di legge richiamate nel motivo medesimo, ma si limita a censurare l’affermazione, compiuta dalla medesima Corte territoriale, per cui il secondo accordo concluso tra le parti, in quanto da riferire ad un rapporto unitario, non aveva determinato modificazione del tasso di interessi e quindi non aveva determinato alcun superamento del tasso soglia di legge.
Orbene, al di là della duplice considerazione per cui il motivo postulerebbe -sul piano logico-giuridico -l’accoglimento del primo motivo, dichiarato invece inammissibile, e che, anche nel caso ora in esame, il motivo presenta le medesime carenze nel rispetto dell’art. 366 c.p.c. già riscontrare in sede di esame del primo motivo, si deve ulteriormente rilevare che il mezzo si sostanzia in una censura indirizzata all’interpretazione degli atti negoziali compiuta dalla Co rte territoriale senza tuttavia venire a dedurre -come invece sarebbe stato
imprescindibile -un vizio nel procedimento interpretativo seguito dal giudice di merito, laddove è solo impugnando ammissibilmente tale processo interpretativo che si sarebbe potuto dedurre ulteriormente che tale erroneo approdo ermeneutico si veniva a tradurre di riflesso in un inadeguato governo delle previsioni di legge in materia di nullità per violazione della disciplina imperativa sulla determinazione del tasso di interessi.
2.3. L’inammissibilità del terzo motivo discende dalla sostanziale assenza di autonomia che lo caratterizza.
Il motivo -come risulta con evidenza anche dalla mera sintesi formulata dalla ricorrente -non viene nel concreto a dedurre alcuna autonoma ipotesi di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ma si sostanzia nel formulare un giudizio ipotetico alternativo, deducendo che, ove la Corte territoriale avesse correttamente qualificato l’operazione contrattuale per cui è causa, sarebbe giunta alla conclusione per cui si era venuto ad integrare un superamento del tasso soglia di legge.
Al di là, allora, della constatazione del fatto che, sul piano sostanziale, una volta disatteso il primo motivo – concernente, appunto, il profilo della qualificazione dell’operazione negoziale ai fini della individuazione del tasso soglia applicabile l’accoglimento del motivo in esame risulterebbe automaticamente precluso, è inevitabile concludere, sul preliminare piano formale della stessa ammissibilità, che il motivo, proprio per la concreta carenza di un autonomo contenuto, risulta inammissibile.
2.4. Il quarto motivo risulta invece inammissibile in quanto, dietro la prospettazione dell’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c., viene invece a sindacare la valutazione delle prove operata dalla Corte territoriale, la quale, ben lungi dall’operare una inversione degli oneri
probatori, ha fatto corretto governo dei principi costantemente dettati da questa Corte in materia (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 37800 del 27/12/2022; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 22290 del 25/07/2023; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 1763 del 17/01/2024; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 11735 del 02/05/2024).
Occorre chiarire, infatti, che i principi che questa Corte ha individuato in ordine alle modalità con le quali, nei rapporti di conto corrente bancario, colui che agisce per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca può assolvere l’onere probatorio da cui è gravato postulano in ogni caso la verifica, da parte del giudice di merito, della possibilità di superare le lacune presenti nella documentazione in modo da pervenire ad un esito non meramente ipotetico in ordine alla ricostruzione co mplessiva dell’andamento del rapporto , essendo, ad esempio, necessario valutare se l’entità e l’estensione temporale delle lacune riscontrate nella documentazione complessivamente disponibile non vengano ad impedire nel concreto l’operazione di ricostruzione contabile, essendo evidente che, q uanto maggiore è il numero delle lacune e quanto maggiore è l’arco temporale nel quale la documentazione viene ad essere carente, tanto più ardua risulta una ricostruzione attendibile anche seguendo i criteri dettati da questa Corte.
Si deve, quindi, ribadire che sia la possibilità di procedere ad una attendibile integrazione della prova documentale carente in ordine all’andamento del rapporto con la banca sia la concreta applicabilità dei criteri dettati da questa Corte per operare la ricostruzione di tale andamento e financo la valutazione dell’attendibilità dello stesso tentativo di ricostruzione operato dal consulente nominato dal giudice di merito risultano rimessi alla insindacabile -purché motivata valutazione del giudice stesso (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 31187 del
03/12/2018; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 10293 del 18/04/2023), potendo il giudice di merito pervenire, nel singolo caso concreto, sia alla conclusione per cui, pur facendo ricorso ai criteri dettati da questa Corte, risulta preclusa, a causa delle carenze probatorie, un’affidabile ricostruzione, sia all’opposta con clusione per cui la documentazione disponibile consente, anche mediante il ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio, di giungere ad una ricostruzione caratterizzata da adeguata attendibilità.
Nel caso in esame, la Corte territoriale, sulla scorta peraltro delle considerazioni svolte dal C.T.U., è giunta alla conclusione per cui, nel caso degli interessi di mora, la incompletezza della documentazione non consentiva di pervenire ad una verifica di fondatezza della domanda dell’odierna ricorrente ed è proprio tale valutazione -e non una insussistente violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. – che il motivo di ricorso ora in esame viene inammissibilmente a censurare con un non pertinente richi amo all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c.
2.5. L’inammissibilità del quinto ed ultimo motivo deriva dal fatto che lo stesso -come nel già esaminato caso del terzo motivo -risulta privo di autonomia: anche in questo caso non viene dedotta alcuna autonoma ipotesi di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ma si reitera un giudizio ipotetico ancorato all’asserita fondatezza del primo motivo al punto che in ogni caso l’accoglimento di quest’ultimo -da escludersi per le ragioni già evidenziata -avrebbe in realtà determinato l’assorbimen to di questo mezzo.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
4. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 8.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima