Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26144 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26144 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3414/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME (CF: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME (CF: CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica come in atti
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME NOME COGNOME (CF: CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica come in atti
-Controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di CATANZARO n. 1953/2019 depositata il 22/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’1 /03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso dinanzi al Tribunale di Cosenza – sezione specializzata agraria- NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, convenne in giudizio l ‘ RAGIONE_SOCIALE, di un fine di sentir dichiarare che il rapporto intercorrente con quest ‘ ultima, stipulato in data 20/06/2011, fosse riconducibile ad un contratto di affitto di fondo rustico con durata quindicennale e canone annuo della misura di euro 2.388,00.
A fondamento della domanda il COGNOME pose una articolata interpretazione dell ‘ oggetto dell ‘ accordo, denominato ‘ protocollo di intesa per il collaudato di specie orticole ed altre specie vegetali innovative nell ‘ altopiano silano ‘ , relativo ad un fondo rustico di proprietà dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, sito in Spezzano della Sila località Molarotta; rappresentò che con il contratto in esame ‘ erano stati disciplinati la durata del rapporto, la possibilità di rinnovo annuale dello stesso protocollo, (previa istanza dell ‘ interessato), la possibilità dell ‘ RAGIONE_SOCIALE di ottenere la restituzione anticipata per ‘ sopravvenuto, urgente ed imprevisto, bisogno, dandone preavviso di sei mesi a mezzo raccomandata ‘ , nonché la corresponsione del 10% del prodotto ottenuto, successivamente trasformato, di comune accordo, nell ‘ equivalente importo in denaro ‘ .
Il COGNOME contestò quindi la richiesta dell ‘ RAGIONE_SOCIALE di rilascio del fondo, alla data di scadenza del contratto, sostenendo che al rapporto fosse in realtà applicabile la normativa della l.n. 203/1982, sulla base del contenuto delle clausole contrattuali e del disposto dell ‘ art. 27 della richiamata legge.
Si costituì l ‘ RAGIONE_SOCIALE, eccependo preliminarmente la carenza di interesse ad agire del ricorrente, responsabile di aver preso dichiaratamente atto della scadenza del rapporto alla data del 20/06/2016 e di aver solo chiesto ‘ di posticipare la data di scadenza del protocollo di intesa al 30/08/2016, al fine di poter effettuare le operazioni di raccolta di prodotti della campagna attuale ‘ . L ‘ RAGIONE_SOCIALE
dedusse altresì che, in occasione dell ‘ espletamento del tentativo di conciliazione ex art. 46 L. n. 203/1982, esperito dall ‘ allora denominata RAGIONE_SOCIALE a seguito dell ‘ inadempimento contrattuale del ricorrente, nel verbale del 15/11/2016 il ricorrente si era impegnato a provvedere al pagamento dei canoni scaduti e non corrisposti, mentre le successive proroghe temporanee erano state concesse dall ‘ RAGIONE_SOCIALE solo al fine di consentire di completare la raccolta delle derrate riferite a quell ‘ annata. L ‘ RAGIONE_SOCIALE allegò poi una articolata congerie di circostanze volte a dimostrare, in tesi, la piena consapevolezza della controparte circa la natura del rapporto intercorso – non riconducibile ab imis a rapporto di affitto agrario – e la sua consapevolmente accettata cessazione.
Con sentenza n. 1070/2019 il Tribunale di Cosenza rigettò la domanda proposta dal COGNOME.
Avverso tale pronuncia il COGNOME, in proprio e nella dedotta qualità, interpose gravame dinnanzi alla Corte d ‘ appello di Catanzaro, denunciando la violazione da parte del giudice di prime cure degli artt. 1322, 1362, 1363 e 1369 cod. civ. e adducendo che il Tribunale avrebbe reso una motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria, applicando erroneamente l ‘ art. 27 della l. n. 203/1982.
Costituendosi in giudizio l ‘ RAGIONE_SOCIALE, eccepì l ‘ inammissibilità dell ‘ appello perché redatto in violazione del dettato dell ‘ art. 342 ( recte , 434 c.p.c.) e per essere stato notificato, a seguito di emissione di decreto di fissazione di udienza, presso il domicilio dell ‘ Ente e non già presso i procuratori costituiti; nel merito ha resistito alle argomentazioni svolte ex adverso , invocandone il rigetto.
Con sentenza n. 1953/2019, depositata in data 22/10/2019, oggetto di ricorso, la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l ‘ appello, confermando la sentenza impugnata.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME propone ricorso affidato a due motivi, cui NOME resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis 1 c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c., ‘ Vizio di motivazione in ordine ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362, 1363 e 1369 c.c. in relazione all ‘ art. 360 , 5, c.p.c ‘ , in relazione all ‘ applicazione dei canoni ermeneutici fissati dalla legge e dalla giurisprudenza per individuare la volontà dei contraenti, sostenendo che la Corte territoriale, nel disattendere la tesi che le parti avevano inteso stipulare un contratto di affitto (anziché quello denominato protocollo di intesa), si è discostata dall ‘ insegnamento giurisprudenziale secondo cui la volontà dei contraenti va desunta dall ‘ esame di tutte le clausole, interpretate le une per mezzo delle altre, tenendo anche conto del comportamento tenuto dalle parti successivamente alla conclusione del contratto.
A detta del ricorrente, la Corte d ‘ appello avrebbe preso in considerazione solo tre delle quattordici clausole con le quali le parti avevano disciplinato il rapporto, trascurando in particolare quelle dalle quali emergeva che l ‘ RAGIONE_SOCIALE aveva conferito un terreno che il COGNOME doveva utilizzare esclusivamente a fini coltivatori dietro pagamento di un corrispettivo, dovendosi desumere dall ‘ esame delle predette pattuizioni che le parti avevano inteso stipulare un contratto di affitto; inoktre la Corte territoriale avrebbe omesso di prendere in esame il comportamento delle parti dopo la conclusione del contratto.
Con riferimento al primo motivo, va anzitutto osservato che, in violazione del requisito prescritto a pena di inammissibilità dall ‘ art. 366, 1° co., n. 6, c.p.c., il ricorrente omette di riportare nel ricorso il contenuto degli atti e dei documenti del giudizio di merito invocati a sostegno delle mosse censure.
2.1 In secondo luogo, facendo il motivo in esame riferimento, sia nella intestazione, sia nel contenuto oggettivo, al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., va osservato che la sentenza gravata ha confermato integralmente la sentenza del Tribunale, motivando sulle medesime ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado. Essendo stato il gravame esperito dal ricorrente contro sentenza resa in prime cure in data 22/05/2019 (come si ricava dalla sentenza gravata), l ‘ atto di appello risulta, all’evidenza , proposto con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione posteriormente all ‘ 11/9/2012. Siffatta circostanza determina l ‘ applicazione ‘ ratione temporis ‘ dell ‘ art. 348ter , ultimo comma, c.p.c. (cfr. Cass., Sez. V, sent. 18/9/2014, n. 26860; Cass., Sez. 6-Lav., ord. 9/12/2015, n. 24909; Cass., Sez. 6-5, ord. 11/5/2018, n. 11439), norma che preclude, in un caso -qual è quello presente -di cd. ‘ doppia conforme di merito ‘ , la proposizione di motivi di ricorso per cassazione formulati ai sensi dell ‘ art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., salvo che la parte ricorrente non soddisfi l ‘ onere ‘ di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell ‘ appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ‘ (Cass., Sez. I, sent. 22/12/2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., sent. 6/8/2019, n. 20994). Nella specie il ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce, il che integra un ‘ ulteriore ragione di inammissibilità dell ‘ intero ricorso.
2.2 In terzo luogo, com ‘ è noto, nel giudizio di cassazione, le censure relative all ‘ interpretazione del contratto offerta dal giudice di merito possono essere prospettate solo in relazione al profilo della mancata osservanza dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o della radicale inadeguatezza della motivazione, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, mentre la mera contrapposizione fra l ‘ interpretazione proposta dal ricorrente e quella accolta dai giudici di merito non riveste alcuna utilità ai fini dell ‘ annullamento
della sentenza impugnata (di recente, Cass., Sez. I, ord. 20/01/2021, n. 995).
La Suprema Corte ha pure ripetutamente chiarito che, ‘ per sottrarsi al sindacato di legittimità, l ‘ interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l ‘ unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l ‘ interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l ‘ altra, Cass. sez. I, sent. 17.3.2014, n. 6125, Cass. sez. III, sent. 20.11.2009, n. 24539 ‘ (così Cass., sez. II, 14/05/2017, n. 27136).
L ‘ accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del contratto si traduce, in effetti, in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito è censurabile in sede di legittimità solo nell ‘ ipotesi di violazione dei canoni legali d ‘ interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c.
Sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, l’elemento letterale va pertanto considerato non già isolatamente ma in correlazione con gli altri criteri ermeneutici, e primariamente quello funzionale, in coerenza cioè con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare (causa concreta) mediante la stipulazione (Cass., 12/11/2019, n. 11092; Cass., 6/7/2018, n. 17718; Cass., 19/3/2018, n. 6675; Cass., 22/11/2016, n. 23701), con la quale convenzionalmente determinano la disciplina accettata come vincolante (art. 1372 c.c. ) del loro rapporto contrattuale (cfr. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882, cit.; Cass., 6/7/2018, n. 17718, cit.).
A tale stregua, ‘ l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c. non consente, quale criterio d’interpretazione del contratto, di dare ingresso ad interpretazioni deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta
dell’accordo negoziale ‘ (nuovamente Cass., Sez. III, ord. 8/03/2019, n. 34426, che si segnala per la considerazione della ‘causa concreta’ quale elemento cardine ai fini interpretativi del contratto). A quanto precede va aggiunto che questa Corte ha pure precisato che l’art. 1362 c.c., allorché nel primo comma prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la comune volontà delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l’elemento letterale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora al lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile (Cass., ord., 26/04/2023, n. 10967)
2.3 Va peraltro al riguardo osservato, per completezza, che la motivazione della sentenza gravata risulta articolata e congrua. Ad esito di una approfondita disamina di tutti gli elementi istruttori, e in particolare del contratto denominato ‘ protocollo di intesa ‘ , la sentenza perviene alla seguente conclusione: « Il tenore letterale dell ‘ accordo, in altri termini, unitamente alla esplicitazione delle specifiche finalità perseguite e al suo integrale contenuto, induce a ritenere che tutto le parti abbiano avuto fuorché la stipulazione di un contratto di affitto agrario. Predominante appare la volontà di comporre convergenti interessi atti alla sperimentazione di colture nelle condizioni sopra ampiamente esposte e delle quali il contratto sottoscritto dalle parti dava ampiamente conto. In questo contesto, allora, la previsione di un corrispettivo da versare da parte della società cessionaria non vale certamente a determinare la sussumibilità del ‘ protocollo ‘ all ‘ interno del novero dei contratti agrari. Del resto, tanto è ben rappresentato dalla sua intestazione in termini assolutamente diversi: ‘ protocollo di interesse per il collaudo di specie orticole e delle specie vegetali innovative sull ‘ altopiano silano ‘ . Quanto precede disegna in definitiva un quadro complessivo
che conduce a ritenere che il Tribunale di Cosenza abbia correttamente evidenziato come predominanti fossero i profili legati all ‘ innovazione e alla sperimentazione, interesse di entrambe le parti, a fronte della concessione in uso di un terreno strutturalmente destinato alla verifica di colture innovative. Ergo, escluso che la mera previsione della concessione in disponibilità di un terreno valga di per sé a determinare la sussunzione della fattispecie contrattuale nella previsione di cui all ‘ articolo 27 – posto che diversamente opinando si verrebbe a realizzare una indebita compressione della volontà negoziale (…) non supportata da alcuna giustificazione a fronte della dichiarata persecuzione di obiettivi diversi da quelli tipici della fattispecie che regola l ‘ affitto – non può non concludersi circa l ‘ individuazione della causa concreta del rapporto in esame quale quella funzionale ad attivare un processo di sperimentazione controllata di inserimento di colture ecocompatibili » (così a p. 10 della sentenza).
Pertanto, deve ritenersi che la Corte di merito, che ha pure esaminato il comportamento delle parti e in particolare della parte concessionaria (v. p. 10 della sentenza impugnata), abbia, in ogni caso, fatta corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte anche di recente in tema di ermeneutica contrattuale (v. Cass., ord., 12/12/2023, n. 34687 e Cass., 17/11/2021, n. 34795).
Il primo motivo, alla luce di quanto precede, va complessivamente rigettato.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione degli arrt. 1 e 27 della L. 203/82. Erronea applicazione dell ‘ art. 1322 c.c. violazione dell ‘ art. 1343 c.c. Il tutto in relazione all ‘ art. 360, n. 3 c.p.c. ‘ , sostenendo che la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare la normativa di cui all ‘ art. 27 della l. n. 203/1982, sussistendone tutti i presupposti, in quanto dal protocollo risultava che vi era stato conferimento di terreno a fini coltivatori, dietro corrispettivo, e non potendosi disconoscere che
detta normativa era perfettamente sovrapponibile a tutte le clausole contrattuali e alla funzione economico-sociale del contratto, in quanto, anche se inteso come finalizzato alla coltivazione agricoli e vegetali, si trattava di conferimento di terreno a fini coltivatori.
Con riguardo al motivo in scrutinio, si evidenzia che lo stesso ripropone sostanzialmente le medesime censure all’interpretazione del contratto in questione operata dalla Corte di merito formulate con il primo motivo per sostenere, conseguentemente, l’applicabilità della normativa di cui all ‘art. 27 della l. 203/82. L’esito dello scrutinio del primo motivo determina il rigetto del mezzo all’esame (v. Cass. 8/05/2014, n. 9978, pure richiamata nella sentenza impugnata, e Cass.3/12/2009, n. 25404).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso è infondato, stante l ‘ infondatezza di entrambi i motivi su cui si fonda.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore di parte controricorrente, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, d eve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.600,00, oltre agli esborsi, liquidati in euro 200,00, oltre al rimborso spese generali 15% e accessori di legge, in favore di parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 1°/03/2024.