Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12536 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12536 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11500/2023 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in PEC DEL DIFENSORE DOMICILIO COGNOME, avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CONSIGLIO NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 4146/2022 depositata il 11/11/2022, RG 2504 del 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Napoli ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e per l’effetto ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Napoli tra le parti.
Il ricorrente ha agito in giudizio per l’accertamento del diritto a vedersi riconoscere le differenze stipendiali tra quanto effettivamente corrisposto per il livello professionale ricercatore e quello di dirigente di ricerca, aumento imponibile TFR, e omessi oneri previdenziali e contributivi in relazione all’accertato rapporto di lavoro.
Il giudice di appello ha affermato che la prospettazione del ricorrente della coincidenza della qualifica di Responsabile scientifico (qualifica allegata dal ricorrente e mai contestata dal C.N.R.) con quella di Dirigente di Ricerca, non trova alcun riscontro normativo. Invero, siffatta qualifica è espressamente prevista dal Regolamento di organizzazione e funzionamento del C.N.R. il quale all’art. 24 espressamente prevede che ‘1. In attuazione degli strumenti di programmazione il direttore di istituto, anche sulla base di proposte dei ricercatori tecnologi, sentito il consiglio di istituto, concorda con il direttore del dipartimento le più efficaci modalità per lo svolgimento delle attività la cui realizzazione è svolta dall’istituto stesso.
Le attività sono articolate in progetti per ciascuno dei quali il direttore di istituto individua obiettivi, risorse e tempi di realizzazione ivi inclusa l’indicazione, ove necessario, del responsabile di progetto. I progetti possono riguardare più istituti e più programmi in questi casi il responsabile di progetto viene individuato dai direttori di istituto coinvolti.
Nel caso in cui il progetto sia stato avviato a seguito della partecipazione dell’istituto a bandi o selezioni l’autorizzazione alla presentazione e/o l’indicazione nel progetto presentato dall’istituto di un responsabile scientifico costituiscono titolo per la nomina a responsabile di progetto. La revoca dell’incarico può avvenire solo in conseguenza di accertate irregolarità nella conduzione delle attività progettuali’.
Dunque, ha affermato il giudice di appello, è il Direttore di istituto e/o di dipartimento che ha la facoltà di individuare il Responsabile del Progetto; e lo stesso appellante non nega che tale qualifica gli sia stata di volta in volta attribuita.
Pertanto, statuisce la Corte d’Appello, risulta evidente che l’attività svolta dal COGNOME altro non era che quella ‘attività di ricerca spontanea a tema libero’ o comunque quella partecipazione ‘nel rispetto dell’autonomia scientifica garantita dall’articolo 13 del decreto legislativo 29 settembre 1999, n.381, a progetti cui contribuisce l’istituto di appartenenza, sia di sviluppo competenze, sia di ricerca sviluppo e dimostrazione su tematiche a carattere strategico, in coerenza con il Programma nazional e della ricerca’ previste dall’art. 23 del Regolamento citato.
È chiaro, di conseguenza, che la sola qualifica di Responsabile del Progetto non implica quella autonomia gestionale propria del Dirigente di Ricerca essendosi sempre l’odierno appellante limitato a svolgere attività di ricerca per conto dell’ente pubblico , con la strumentazione e le risorse da questo assegnate, nell’ambito dei
progetti stabiliti dall’Ente mediante risorse finanziarie che, in sede di approvazione del Bilancio di Previsione ed a valle del processo di programmazione scientifica, vengono affidate dalle strutture centrali agli Istituti periferici.
Né vi erano, da parte del ricorrente, allegazioni specifiche in merito ad una particolare autonomia di gestione o ad una capacità acquisita, comprovata da elementi oggettivi nel determinare autonomamente avanzamenti di particolare originalità, significato e valore internazionale nel settore prevalente di ricerca (elementi caratterizzanti la figura del Direttore di ricerca).
La Corte d’Appello ha confermato le decisioni del Tribunale sia di non procedere a CTU, atteso che se anche i vari progetti si fossero rivelati di particolare originalità, essi sarebbero stati pur sempre definiti ed individuati nelle loro finalità non dall’appellante, ma pur sempre dal Direttore di Istituto e dal Direttore di dipartimento sia di non ammettere la prova testimoniale, posto che i capitoli di prova erano sempre relativi alle mansioni tipiche e proprie del Responsabile scientifico.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre NOME COGNOME prospettando due motivi di ricorso.
Resiste il CNR con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Primo motivo. violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del d.lgs. 165/2001, nonché dell’allegato I al d.P.R. 171/1991, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3,c.p.c.
La sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del d.lgs. 165/2001, nonché dell’allegato I al d.P.R. 171/1991, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c
Ad a vviso del ricorrente nell’assetto normativo che regola la fattispecie, il responsabile del progetto rappresenta una figura del tutto trasversale rispetto ai tre livelli di ricercatori nel senso che, da
regolamento, il direttore del dipartimento/istituto ha anche potuto individuare nominativamente il responsabile scientifico ma, tuttavia, ciò che rileva ai fini della qualificazione del Dirigente di ricerca è il diverso dato per il quale quest’ultimo, in autonomia, ha ideato e, soprattutto, deciso il settore di ricerca per poi vederselo approvare con la nomina a responsabile scientifico da parte dell’apparato amministrativo che, quindi, in tal modo ha meramente ratificato l’ideazione del Direttore di ricerc a.
Ancora -e in contrapposizione alla ricostruzione espressa nella sentenza impugnata -si evidenzia il dato normativo per il quale nella disciplina del ’91, che non sarebbe stata adeguatamente valutata nella sentenza stessa , in alcun punto si legge l’affermazione di incompatibilità tra la posizione del Dirigente di ricerca con quella del nominato responsabile del progetto.
Di talché andavano riconosciute le differenze retributive relativamente all’esercizio della mansione lavorativa effettivamente svolta e, segnatamente, quella di Dirigente di ricerca rispetto a quella, giuridicamente inquadrata, di mero ricercatore.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla SRAGIONE_SOCIALE. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (cfr., Cass. n. 20870 del 2024). In altri termini, non è il punto d’arrivo della
decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle.
Nella specie, con la doglianza (punto D ‘motivi di ricorso’ del ricorso per cassazione), lungi dal far emergere una erronea qualificazione giuridica della fattispecie concreta così come accertata nella sentenza -che peraltro si incentra sull’art. 24 e sull’art. 23 del Regolamento di organizzazione del CNR trascritto ed interpretato dal giudice di appello, di cui il ricorrente si limita ad escludere il rilievo -il ricorrente, dopo aver richiamato nella rubrica l’art. 52 TUPI e l’allegato I dPR 171/1991, si limita a prospettare in modo generico e non normativamente circostanziato una propria qualificazione delle figure di responsabile del progetto, responsabile scientifico e direttore di ricerca, che contrappone alla statuizione della Corte d’Appello. Lo stesso all. I del dPR 171 del 1991 è richiamato in modo generico, senza specifico riferimento alle disposizioni contenute nello stesso che secondo il ricorrente assumerebbero rilievo nella specie.
Secondo motivo. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio di merito, oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
Con il secondo motivo di ricorso è fatto valere l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio di merito, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., laddove non sarebbe stata valutata la documentazione offerta in giudizio in riferimento al requisito qualificatorio della figura del direttore di ricerca, attraverso il richiamo e la produzione di studi, ricerche e brevetti di respiro internazionale rispetto ai quali è stato, comunque, provato la particolare autonomia di gestione e/o la capacità
acquisita, comprovata da elementi oggettivi nel determinare autonomamente avanzamenti di particolare originalità, significato e valore internazionale nel settore prevalente di ricerca.
2.1. Il motivo è inammissibile, muovendosi al di fuori del paradigma dettato dalla citata norma, come modificata dall’art. 54, comma 1, lett. b), d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.
Nel nuovo regime, infatti, dà luogo a vizio della motivazione sindacabile in cassazione l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); tale fatto storico deve essere indicato dalla parte -nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366, comma primo, n. 6, e all’art. 369, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ. insieme con il dato, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendosi anche evidenziare la decisività del fatto stesso (Cass. Sez. U. 7/04/2014, n. 8053; Cass. 22/09/2014, n. 19881).
Nella specie, lungi dall’evidenziare il «fatto storico», testuale o extratestuale, decisivo e oggetto di discussione tra le parti, il ricorrente sollecita una mera radicale rivalutazione del materiale istruttorio e della quaestio facti in termini del tutto estranei al paradigma censorio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ.
Il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo uni ficato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro