Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34587 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34587 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11092-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1080/2021 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 21/10/2021 R.G.N. 1058/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 11092/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 08/11/2024
CC
FATTI DI CAUSA
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Palermo, pronunciando in sede di rinvio, ha dichiarato che NOME COGNOME, ex dipendente del Banco di Sicilia (istituto in seguito ‘confluito’ in Unicredit s.p.a.), formalmente inquadrato come Vice Direttore, aveva svolto mansioni riconducibili alla qualifica di Direttore e maturato il diritto al riconoscimento di tale qualifica a decorrere dall”11 dicembre 1991; ha condannato per l’effetto Unicredit s.p.a. a corrispondere all’originario ricorrente le differenze tra la retribuzione percepita e quella prevista per la superiore qualifica di Direttore, dal 1 gennaio 1989 al 10 dicembre 1991 limitatamente ai periodi di svolgimento della mansione superiore come in motivazione indicati e dall’11 dicembre 1991 al pensionamento, oltre accessori; ha condannato Unicredit s.p.a. alle differenze sul trattamento pensionistico derivante dalla maggiore contribuzione correlata alle sopra liquidate differenze retributive. In particolare, la Corte di rinvio, nell’adempiere al dictum della sentenza rescindente (Cass. n. 16254/2020) che sul rilievo del carattere assorbente delle carenze e contraddizioni nell’interpretazione del Regolamento del personale del Banco di Sicilia della sentenza impugnata aveva demandato al giudice di rinvio di procedere alla <>, all’esito di articolato percorso ermeneutico ha ritenuto che in base al Regolamento del personale, dovessero ritenersi riconducibili alla qualifica di
Direttore (anche) le ispezioni e le verifiche di natura non contabile, eseguite presso Uffici non centrali; sulla scorta di tale parametro ha ritenuto che secondo quanto emergente dalla documentazione in atti l’attività svolta dal COGNOME nei periodi dedotti era in via prevalente e pressoché esclusiva sussumibile nella qualifica di Direttore essendo la stessa consistita in attività di ispezione dell’intera gestione delle filiali ispezionate, anche di particolare importanza (per maggior volume di attività, per maggiore complessità organizzativa o per accertamenti particolarmente complessi).
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Unicredit s.pa. sulla base di cinque motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo parte ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione degli artt. 1362 e sgg. c.c. ed erronea interpretazione degli artt. 9 e 10 Regolamento del Banco di Sicilia e violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, censurando la interpretazione delle previsioni del Regolamento del personale del Banco di Sicilia che assume frutto di violazione delle regole legali di ermeneutica; sostiene che sulla base del l’ elemento testuale doveva ritenersi rientrare tra i compiti di Vice D irettore anche l’attività ispettiva ‘ordinaria’ e ‘normale’ che non rientrava nella esclusiva competenza del Direttore; invoca a conferma il comportamento delle parti quale desumibile dalla prova orale ed in questa prospettiva denunzia il mancato ricorso al criterio ermeneutico
rappresentato dalla condotta, anche successiva, tenuta dalle parti.
Con il secondo motivo deduce ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione degli artt. 2, 4, 5, 6 e 7 del d. lgs. n. 357/1990 e dell’art. 102 c.p.c. e , ex art. 360, comma 1 n.4, c.p.c., degli artt. 102 e 354 comma 1, c.p.c.; censura la sentenza impugnata nella parte in cui, sulla base della errata interpretazione della disciplina dettata dal d. lgs. n. 357/1990 e sulla base del mancato riscontro del difetto di allegazione e prova degli elementi costitutivi della domanda, aveva condannato Unicredit s.p.a. a versare al dipendente le differenze sul trattamento pensionistico derivanti dalla maggiore contribuzione correlata alle riconosciute differenze retributive. Rammenta che alla data del 31 dicembre 1990 gli iscritti e pensionati del Banco di Sicilia, in base al d. lgs. n. 357/1990, erano transitati presso l’ INPS in apposita gestione riservata ai dipendenti ex creditizi per i quali era stato fatto salvo il trattamento di miglior favore previsto dalle forme di assicurazione o bbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti esclusive o esonerative d all’iscrizione nella gestione ordinaria; ribadisce la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’INPS e in relazione a tale profilo denunzia nullità della sentenza.
Con il terzo motivo parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione dell’art. 2697 c.c ., degli artt. 442, 414 e 345 c.p.c. censurando la statuizione di condanna alle differenze sul trattamento pensionistico per non avere il giudice del rinvio rilevato il difetto di specifica allegazione e prova sul punto della domanda spiegata dal Guastalla.
Con il quarto motivo deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 7 del d. lgs. n. 357/1990, del decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze 12.12.1990, dell’art. 2697 c.c. nonché degli artt. 442, 414 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere affermato la esclusiva legittimazione passiva di Unicredit s.p.a., fondata sulla considerazione delle delega all’istituto da parte dell’INPS, ai se nsi dell’ art. 6 d. lgs. cit., alla corresponsione dell’intero trattamento; ciò pur avendo la medesima sentenza riconosciuto che a carico della parte datoriale residuava solo la quota corrispondente alla previdenza integrativa. Secondo parte ricorrente la corretta interpretazione dell’art. 6 d. lgs . n. 357/1990 conduceva ad affermare che il legislatore aveva previsto la possibilità del pagamento unitario della prestazione pensionistica previa stipula di convenzione in tal senso, peraltro sino alla data del 1.1.2011, ex art. 7 comma 1 d. lgs. cit.; la Corte di merito aveva confuso la titolarità dell’obbligo con la corresponsione materiale dell’erogazione per cui era errato dire che unico soggetto legittimato era Unicredit.
Con il quinto motivo di ricorso deduce , ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 420 c.p .c. e degli artt. 1362, 1363, 2033 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere attribuito natura di eccezione in senso stretto alla eccezione della società concernente l’accordo di capitalizzazione sottoscritto dal RAGIONE_SOCIALE per la capitalizzazione del trattamento integrativo e averne quindi rilevato la tardività in quanto proposta solo nel corso del giudizio di rinvio ; si duole quindi della mancata ammissione dei mezzi istruttori ex art. 420 c.p.c.
e denunzia che la omessa considerazione dell’accordo in
questione non aveva consentito di rilevare che con esso il COGNOME aveva rinunziato ad ogni pretesa connessa al trattamento integrativo.
6. Il primo motivo di ricorso è infondato.
6.1. La interpretazione della Corte di merito è da condividere in quanto frutto di approfondita disamina delle disposizioni regolamentari dell’ allora Banco di Sicilia, del significato delle quali offre una ricostruzione del tutto plausibile, senza che possa configurarsi violazione delle regole ermeneutiche; la sentenza affronta tutti i singoli profili di censura reiterati in questa sede , anche con riferimento all’art. 11 del Regolamento del personale ed alla valutazione, a fini ermeneutici della condotta delle parti, rectius della datrice di lavoro, venendo in rilievo un atto unilaterale (v. pag. 12 sentenza).
6.2. Il giudice di appello si sofferma sulle disposizioni di diretta rilevanza rappresentate: a) dall’art. 9, comma 4, del Regolamento per personale il quale così recita ‘ I Direttori di sede ed i Direttori addetti al Servizio Ispettorato Generale compiono, seguendo le istruzioni loro impartite, ispezioni, verifiche ed inchieste, tanto presso le Filiali che presso gli uffici centrali’ ; b) dall’ art. 10 , comma 7, il quale statuisce che ‘ I Vice Direttori possono svolgere ispezioni e verifiche di natura contabile presso le sedi, le succursali e le agenzie e coadiuvare i Direttori di sede ed i Direttori nelle inchieste, ispezioni e verifiche di maggiore importanza’ ; c) dall’art. 11, comma 3, che stabilisce’ I capi di ufficio possono essere incaricati di compiere ispezioni, verifiche ed inchieste presso le agenzie che non siano rette da funzionari ed eventualmente anche presso le sedi e le succursali per ispezioni e verifiche di natura contabile ‘. Sulla
base della relativa interpretazione sistematica, che tiene conto anche della legge bancaria del 1936, in vigore all’epoca di adozione del Regolamento, la Corte di merito ha ritenuto che l’espressione filiale fosse stata utilizzata nel Regolamento per indicare tutte le sedi secondarie o periferiche (salvo poi distinguere nell’ambito delle filiali le sedi e succursali secondo un ordine decrescente di importanza) e quindi escluso che ai fini della verifica delle superiori mansioni di Direttore potesse rilev are il dato rappresentato dall’unità organizzativa oggetto di ispezione; ha quindi osservato sulla base di persuasiva ricognizione del dato lessicale che ai Vicedirettori competevano per previsione regolamentare le ispezioni e verifiche ove connotate dalla natura contabile del relativo oggetto mentre nel caso in cui le stesse avevano un oggetto più ampio, non limitato al solo profilo contabile, si era in presenza di attività propria del Direttore. Tale ricostruzione deve essere confermata posto che, a differenza di quanto opina parte ricorrente, la opzione ermeneutica del giudice di merito in particolare con riferimento all’ art. 10 comma 7 cit. del Regolamento, in tema di ispezioni e verifiche pertinenti al ruolo di Vice Direttore, non risulta preclusa dal dato testuale ed è avallata dalla lettura coordinata delle altre disposizioni del Regolamento in punto di compiti facenti capo alle diverse qualifiche
6.3. Deve quindi escludersi la dedotta violazione dei canoni ermeneutici, dovendo ulteriormente osservarsi che ai fini del sindacato di legittimità non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’ interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di
legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra ( Cass. n. 19044/2010, Cass. n. 15604/2007, in motivazione, Cass. n. 4178/2007); per consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta dalla parte ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata non rileva ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. n. 14318/2013, Cass. n. 23635/2010).
Il secondo motivo presenta un profilo di inammissibilità derivante dalla violazione dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c. stante la mancata trascrizione o esposizione per riassunto del contenuto degli atti alla base delle censure ed in particolare della parte espositiva del ricorso di primo grado, come viceversa indispensabile onde consentire al giudice di legittimità la verifica sulla base della sola lettura dell’atto di impugnazione della censura che denunzia la originaria genericità di allegazione e d eduzione. Tanto assorbe l’ulteriore rilievo che tiene conto che la rideterminazione del trattamento pensionistico si configura quale inevitabile conseguenza dell’incremento della retribuzione dovuta al COGNOME nella parte conclusiva della sua carriera, essendo incontestata l’applicazione del metodo retributivo nel periodo alle dipendenze dell’istituto 1961/1998; era quindi da escludere rispetto alla relativa domanda la necessità di autonomo e puntuale compendio allegatorio.
7.1. In relazione alle ulteriori censure formulate con il secondo motivo si osserva quanto segue: la deduzione concernente il difetto di contraddittorio con l’INPS è preclusa dalla considerazione che il giudizio di rinvio è un giudizio chiuso, per cui in esso non può essere eccepita o rilevata di ufficio la non integrità del contraddittorio a causa di un’esigenza
originaria di litisconsorzio (art. 102 cod. proc. civ.) quando tale questione non sia stata dedotta con il ricorso per cassazione e rilevata dal giudice di legittimità, dovendosi presumere che il contraddittorio sia stato ritenuto integro in quella sede, con la conseguenza che, nel giudizio di rinvio e nel successivo giudizio di legittimità possono e devono partecipare, in veste di litisconsorti necessari, soltanto coloro che furono parti nel primo giudizio davanti alla Corte di cassazione (Cass. n. 5061/2007 Cass. n. 21096/2017).
7.2. Peraltro, l’assunto in ordine alla necessità di integrazione del contraddittorio con l’INPS risulta privo di pregio nel merito avendo la Corte distrettuale fondato la esclusiva legittimazione passiva di Unicredit s.p.a. sul disposto dell’art. 6 d. lgs. n. 357/1990 , in ragione della delega conferita dall’INPS a Unicredit s.p.a. per la corresponsione dell’intero trattamento previdenziale sulla base di specifica convenzione in relazione alla quale nel giudizio non era stata mai sollevata contestazione (sentenza, pag. 6). Il richiamo in sentenza alla previsione dell’art. 6 chiarisce quindi che Unicredit s.p.a. è stata evocata in giudizio quale delegato al pagamento dell’intero trattamento pensionistico, ma tanto non incide sui rapporti fra l’istituto di cr edito e l’ente previdenziale che quindi dovranno essere regolati secondo legge ma in una sede diversa.
8. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
8.1. La Corte di appello ha affermato che la liquidazione delle differenze sul trattamento pensionistico si poneva come conseguenziale al riconoscimento della maggiore retribuzione derivante dal diritto alla superiore qualifica di Direttore; tale affermazione non è scalfita dalla deduzione di violazione degli
artt. 442 e 414 c.p.c. la quale esprime un mero dissenso valutativo rispetto alle conclusioni attinte dalla Corte di merito a riguardo, dovendo evidenziarsi quale concorrente profilo di inammissibilità il difetto di specificità della censura per violazione dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c. stante la mancata trascrizione o esposizione per riassunto degli atti di riferimento nelle parti di pertinenza, come necessario al fine di consentire al giudice di legittimità la verifica di fondatezza delle censure articolate sulla base del solo esame del ricorso per cassazione Cass. n. 29093/2018, n. 195/2016, n. 16900/2015, n. 26174/ 2014, n. 22607/2014, Sez. Un, n. 7161/2010). Alla luce di quanto ora osservato non si configura la denunziata violazione dell’art. 2697 c.c. la quale ricorre soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018); nella sentenza impugnata non è in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell’onere probatorio, ri sultando la condanna alle differenze sul trattamento pensionistico connessa all’accertamento del diritto alle maggiori retribuzioni frutto di concreto accertamento tratto dalle emergenze probatorie in atti.
Il quarto motivo è anch’esso infondato.
9.1. La sentenza impugnata ha rilevato che ex art. 6 d. lgs. n. 357/1990 Unicredit s.p.a., quale successore del Banco di Sicilia, era stato delegato dall’INPS ad erogare l’intero trattamento pensionistico anche per la quota a carico della gestione speciale INPS sulla base di convenzione stipulata a tal
fine; tanto rende privo di concreto rilievo la circostanza della ripartizione con l’Istituto previdenziale delle quote di trattamento pensionistico dovuto in quanto tale ripartizione, come già sopra osservato, riguarda i rapporti interni fra detti soggetti. Infine la questione relativa alla circostanza che a decorrere da una certa data il pagamento del trattamento sarebbe a carico dell’INPS costituisce un novum, proposto per la prima volta in questa sede ( v. ricorso pag. 34) e quindi inammissibile.
10. Il quinto motivo di ricorso è infondato.
10.1. La circostanza della intervenuta stipula dell’Accordo di capitalizzazione, con rinunzia del Guastalla a far valere ogni qualsivoglia pretesa nei confronti del Banco di Sicilia e di Unicredit s.p.a., risulta tardivamente dedotta solo in sede di giudizio di rinvio laddove la stessa parte ricorrente riconosce che l’accordo in oggetto risaliva all’anno 2006 per cui ben avrebbe potuto essere fatto valere nel corso del giudizio di appello cronologicamente successivo. Invero, la natura di ‘giudizio chiuso’ d el giudizio di rinvio preclude la allegazione e prova dei fatti che le parti avrebbero potuto allegare e chiedere di provare nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata e che esse in quel procedimento non allegarono ne chiesero di provare (Cass. n. 11408/2918, Cass. n. 16294/2003, Cass. n. 2751/1985).
Al rigetto del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’ art.13 d. P.R. n. 115/2002 .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in euro 7.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, 8 novembre 2024