Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21628 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21628 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23029-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDICOGNOME presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6518/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/02/2019 R.G.N. 3543/2016;
Oggetto
QUALIFICA SUPERIORE
R.G.N. 23029/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 19/06/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, in sede di giudizio di rinvio (a seguito della sentenza n. 16341/2016 di questa Corte), ha accolto la domanda di NOME COGNOME proposta nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE di inquadramento, con decorrenza 1.1.2001, nel superiore livello di Specialista amministrativo, parametro 193, condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive.
La Corte territoriale -premesso il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte in materia di riconoscibilità dell’errore ha rilevato: che la tabella allegata all’accordo sindacale 27.11.2000 prevedeva, alla voce ‘parametro 193’ la qualifica d i Specialista tecnico/amministrativo; che risultavano documentate le richieste a suo tempo avanzate dal lavoratore circa l’inquadramento nel livello superiore; che i testimoni avevano concordato sullo svolgimento, da parte del RAGIONE_SOCIALE, del compito di annotazione delle presenze del personale come risultanti dai cartellini marcatempo e della valutazione, da parte di alcuni superiori, dell’attribuzione al COGNOME stesso della qualifica superiore; ha, dunque, rilevato che tali elementi di fatto consenti vano di escludere che l’inquadramento, disposto dall’RAGIONE_SOCIALE a decorrere dall’1.1.2001, potesse essere definito quale ‘errore riconoscibile’ ai sensi dell’art. 1431 cod.civ., con conseguente illegittimità della revoca aziendale intervenuta nel novembre 200 1 e condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle differenze retributive.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto, avverso tale sentenza, ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria. Il lavoratore resiste con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2099, 2103, 1218 cod.civ. (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, in sede di rinvio, ‘rigettato l’appello’ e trascurando che in tal modo viene confermata la sentenza di primo grado che ha illegittimamente riconosciuto al lavoratore le differenze retributive (di cui al superiore parametro 193) sin dal marzo 1994, nonostante detta qualifica e parametro non esisteva ancora nell’anno 1994 (in quanto introdotte solamente con il CCNL del 2000). Inoltre, la sentenza di primo grado aveva, da una parte riconosciuto al lavoratore l’appartenenza al III livello di cui al CCNL 1980 (corrispondente al parametro 205, ‘Capo ufficio, di cui alla domanda principale del RAGIONE_SOCIALE) ma, dall’altra, contraddittoriamente, aveva rilevato che non risultava provato lo svolgimento di attività di coordinamento e di controllo dell’unità organizzativa.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2099, 2103, 1218 cod.civ. nonché omesso esame di fatti decisivi (ex art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, effettuato erroneamente la disamina affidata dalla Corte di Cassazione, che era quella di accertare la riconoscibilità dell’errore (in ordine alla comunicazione, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, dell’inquadramento superiore), mentre ha fatto la ricognizione di elementi di fatto ( la tabella allegata all’Accordo collettivo con riguardo al
parametro 193, le richieste avanzate a suo tempo dal lavoratore per l’inquadramento nella qualifica superiore, le deposizioni dei testimoni) che non suffragano i requisiti di cui all’art. 1431 cod.civ.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Nel giudizio di rinvio, il quale è un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum , mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità (Cass. n. 24357 del 2023)
4.1. Ebbene, la sentenza del Tribunale (n. 16062/2006) ha respinto la domanda principale proposta dal RAGIONE_SOCIALE concernente il riconoscimento della qualifica superiore di cui al III livello del CCNL di settore, parametro 205 ed ha accolto le domande del lavoratore concernenti il pagamento di differenze retributive per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori (corrispondenti al parametro 193, Specialista amministrativo) dal marzo 1994 all’1.1.2001, il riconoscimento della suddetta qualifica a decorrere dal gennaio 2001 nonché le differenze retributive dovute alla prestazione di lavoro straordinario; la sentenza (n. 4142/2010) della Corte di appello emessa, tra le parti, il 5.7.2010 ha confermato l’accoglimento delle domande del lavoratore concernenti il pagamento delle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori,
corrispondenti al V livello (parametro 193), da marzo 1994 all’1.1.2001, nonché per lo svolgimento di lavoro straordinario, respingendo tutte le altre domande (attinenti al riconoscimento della qualifica superiore di III livello, parametro 205, Capoufficio nonché quella del riconoscimento del V livello, parametro 193 a decorrere dal gennaio 2001); questa Corte, nel giudizio rescindente, ha accolto esclusivamente i motivi di impugnazione proposti dal lavoratore che attenevano alla domanda (proposta, con ricorso introduttivo del giudizio, in via gradata) di riconoscimento della superiore qualifica corrispondente al parametro 193, Specialista amministrativo, a decorrere dal gennaio 2001, respingendo gli altri motivi, del lavoratore e dell’RAGIONE_SOCIALE, rinviando al giudice di merito per la valutazione dell’errore riconoscibile concernente la revoca, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, del provvedimento di inquadramento superiore riconosciuto dal gennaio 2001. La sentenza impugnata, come si evince chiaramente dall’ampia motivazio ne, ha accolto la domanda del lavoratore, ritenendo insussistenti i requisiti richiesti dall’art. 1431 cod.civ. per la riconoscibilità dell’errore, con ciò accogliendo la domanda di riconoscimento della qualifica superiore, parametro 193, sin dall’1.1.2001. Per effetto del rigetto del ricorso per cassazione di tutti gli altri motivi proposti dal lavoratore e dall’A zienda, deve ritenersi definitivamente accertato il diritto (riconosciuto in primo grado e confermato in grado di appello) al pagamento delle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori, corrispondenti al parametro 193, da marzo 1994 all’1.1.2001, non potendo procedersi a un nuovo accertamento della sussistenza del diritto al pagamento delle differenze retributive per il periodo 1994-2001, posto la natura di giudizio chiuso del giudizio di rinvio.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
5.1. La censura formulata come violazione o falsa applicazione di legge o come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio mira in realtà alla rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio operata dal giudice di merito non consentita in sede di legittimità.
In conclusione, il ricorso è inammissibile e le spese del presente giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 giugno