Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14908 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14908 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 825-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 904/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 22/12/2017 R.G.N. 17/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
R.G.N. 825/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
Nella gravata sentenza si legge che il Tribunale di Potenza, dopo avere -con precedente pronuncia- dichiarato la nullità della disposizione contrattuale dell’art. 2 del CCNL del 2000 per i dirigenti dipendenti delle aziende di credito, finanziarie e strumentali, ha accolto la domanda, per quanto di ragione, proposta da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, disponendo che l’originario ricorrente aveva diritto al riconoscimento della qualifica superiore di dirigente dal 25.9.1991 e condannando la predetta società (nella sua qualità di successore a titolo universale) a pagare la somma di euro 203.747,37, oltre accessori, a titolo di spettanze economiche, nonché alle spese di lite.
La Corte di appello di Potenza, adita in sede di reclamo dalla RAGIONE_SOCIALE, in riforma della impugnata pronuncia ha rigettato la domanda dello COGNOME, ritenendo invece che le mansioni da questi svolte, nonostante il carattere qualificato, non avessero natura dirigenziale.
Con la sentenza n. 20805/2016 la Suprema Corte di cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dal lavoratore, ha ritenuto non condivisibile sia la nozione restrittiva della qualifica di dirigente fatta propria dalla Corte territoriale, perché non aderente alla contrattazione collettiva di categoria, sia non corretta la valutazione delle prove che era stata carente in ordine all’esame delle risultanze documentali e testimoniali e ha individuato la Corte di appello di Salerno quale giudice del rinvio per procedere ad un nuovo esame della fattispecie avendo riguardo agli affermati principi di diritto.
Riassunto il giudizio da NOME COGNOME, la menzionata Corte di appello ha respinto l’originario gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE spa, compensando interamente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
La Corte distrettuale, premesso il principio che le parti conservavano nel giudizio di rinvio la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata, ha ritenuto che: a) correttamente il primo giudice aveva valutato la sussistenza di tutti gli elementi caratterizzanti la qualifica dirigenziale secondo la declaratoria contrattuale; b) il ruolo svolto dallo COGNOME era
caratterizzato da un elevato grado di professionalità, di autonomia e di potere decisionale, con esplicitazione di funzione di promozione, di coordinamento e di gestione generale al fine di realizzare gli obiettivi dell’azienda; c) l’importanza di tale ruo lo emergeva dalle prove documentali e testimoniali acquisite; d) sulla questione della prescrizione si era formato un giudicato interno.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE spa affidato a tre motivi cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
Le parti hanno depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 112, 156, 392, 394 cpc, dell’art. 125 disp. att. trans. cpc nonché la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 n. 4 cpc, per avere la Corte di merito erroneamente interpretato le conclusioni, in sede di riassunzione del processo, di essa società dirette ad ottenere il rigetto del ricorso, appunto in riassunzione, dello COGNOME e non il suo accoglimento.
Con il secondo motivo si censura la violazione degli artt. 112, 115, 392 e 394 cpc, nonché la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per avere la Corte di merito, una volta accertata la mancata acquisizione del fascicolo di ufficio del primo grado di giudizio, deciso la causa sulla base degli atti disponibili anziché autorizzare la ricostruzione del fascicolo mancante.
Con il terzo motivo si obietta la violazione degli artt. 1361 e ss. c.c., in relazione all’art. 4 CCNL del credito del 22.6.1995 e dell’art. 2103 c.c. nonché la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazio nali di lavoro, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale errato nel rilevare che lo COGNOME, nello svolgimento elle sue funzioni, aveva avuto anche
compiti di coordinamento di una pluralità di risorse tali da giustificare il riconoscimento delle funzioni di dirigente.
Il primo motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Invero, se anche la Corte territoriale avesse male interpretato le richieste di RAGIONE_SOCIALE in sede di riassunzione del giudizio, la questione è irrilevante sia perché, comunque, i giudici del rinvio hanno valutato il merito dell’originario appello aven do riguardo alle richieste delle parti ivi prospettate, sia perché si sono attenuti, nell’esame della controversia, correttamente a quanto statuito in sede di rinvio da questa Corte, applicando i principi stabiliti ex art. 394 cpc.
Anche il secondo motivo è inammissibile in quanto la Corte territoriale, dopo avere dato atto che non era pervenuto il fascicolo di primo grado, ha autorizzato la ricostruzione degli atti mancanti (pag. 4 punto 8 della gravata sentenza) per poi decidere la causa allo stato degli atti e delle risultanze istruttorie riportate nelle precedenti pronunce.
La società non ha precisato, con il motivo di ricorso, di avere presentato una particolare istanza (di chiarimenti o di precisazioni) per ottemperare a quanto statuito nell’ordinanza emessa dal Presidente del Collegio in data 3 maggio 2017 -con cui appunto si autorizzavano le parti a produrre copia degli atti rilevanti in loro possesso ovvero a depositare copia dei verbali del giudizio di primo grado- oppure di avere chiesto un rinvio a tali fini.
Il procedimento seguito dalla Corte distrettuale è, pertanto, conforme a quanto più volte ribadito in sede di legittimità (per tutte Cass. 19142/2005) secondo cui, in mancanza di reperimento del fascicolo di ufficio del primo grado il giudice d’appello – salvo il caso che i fatti processuali del giudizio di primo grado siano pacifici deve concedere un termine per la sua ricostruzione e solo l’omissione di un tale provvedimento può tradursi in un vizio della sentenza deducibile in sede di impugnazione per cassazione in quanto comportante la menomazione del diritto di difesa e il difetto di motivazione.
Alcun error in procedendo , come invece denunciato dalla odierna ricorrente, è quindi ravvisabile.
Il terzo motivo è, infine, anche esso inammissibile.
Esso si limita a criticare, al di là delle denunziate violazioni di legge e delle disposizioni contrattuali collettive, unicamente la valutazione di circostanze di fatto (riguardante il coordinamento di una pluralità di risorse) la cui rivisitazione non è ammissibile in sede di legittimità a fronte di un esame complessivo ed esaustivo operato dai giudici di rinvio i quali, adeguandosi ai principi di diritto statuiti in sede rescindente in ordine alla definizione di dirigente, hanno evidenziato che l’operato dello COGNOME era caratterizzato da un elevato grado di professionalità, di autonomia e di potere decisionale sia nella gestione di una consistente parte del personale, sia nella cura di settori nevralgici e fondamentali dell’azienda, con anche un importa nte ruolo nella redazione di bilancio (in sostanza puntualmente ratificato dal Consiglio di Amministrazione) e nella individuazione degli obiettivi aziendali e delle relative risorse, confutando ogni aspetto della tesi difensiva di RAGIONE_SOCIALE e specificando l’importanza del ruolo dello COGNOME nel reggere e coordinare, a livello apicale, gangli vitali dell’azienda con gestione diretta di oltre cento dipendenti.
Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore dei Difensori del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di
legge, con distrazione in favore dei Difensori del controricorrente. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 26 marzo 2024