Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26457 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26457 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/09/2025
Oggetto:
intermediazione finanziaria
AC – 29/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 04288/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e NOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrenti –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 1198/2020, pubblicata il 3 dicembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 settembre 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME (in prosieguo, breviter : ‘i clienti’) hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, avverso la sentenza in epigrafe con cui la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del locale Tribunale che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano a conoscere della domanda da essi proposta contro la RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo, breviter : ‘la società ‘) , società di diritto inglese, avente a oggetto la declaratoria di inesistenza, di nullità e di inefficacia – e in subordine di annullabilità e di risoluzione -del contratto quadro di negoziazione e dei successivi ordini di acquisto di titoli sottoscritti inter partes , con condanna alla restituzione della somma di euro 4.533.766,98 (pari alle perdite subite) e in subordine di euro 3.678.869,99 (pari alle somme investite), con accessori di legge, oltre al risarcimento del danno.
La società ha resistito con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che la clausola di proroga della competenza giurisdizionale in favore della legge del Regno Unito era valida ed efficace, siccome sottoscritta per iscritto dai clienti al momento della stipula dell’accordo quadro di negoziazione, laddove del tutto indimostrato era rimasto l’assunto secondo cui questi ultimi avevano firmato solo l’ultima pagina dell’accordo di proroga senza conoscere il contenuto delle altre pagine, posto che la forma telematica del contratto escludeva tecnicamente la possibilità di scaricare un solo
foglio dell’ intero documento; b) che irrilevante, ai fini della pretesa invalidità della clausola, era la circostanza che la copia sottoscritta dai clienti non fosse stata inviata in originale alla società, atteso che tale previsione era a tutela della sola società e non poteva essere qualificata come forma pattizia della modalità di conclusione del contratto; c) che la forma scritta della clausola di proroga, obbligatoria ai sensi del Regolamento UE n. 1215/2012, era nel caso di specie stata rispettata ; d) che ai clienti, atteso l’elevatissimo importo del capitale investito (oltre tre milioni e mezzo di euro) e del numero di transazioni, anche in via analogica ai sensi della direttiva Mifid n. 2004/39/CE, non poteva essere riconosciuta la qualità di consumatori, dovendo essi al contrario essere qualificati come investitori professionali, come del resto emergeva anche dai questionari di profilatura e dalle prove orali versate in atti, che dimostravano un ‘ assoluta padronanza degli strumenti e delle regole oggetto di negoziazione.
4. La società ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
a) Primo motivo: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 del Reg. (UE) n. 1215/2012, artt. 17 e 18», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha escluso che ai clienti potesse essere riconosciuta la qualifica di consumatori, che andava invece riconosciuta alla luce dell’interpretazione dell’art. 17 del Reg. UE n. 1215/2012 data dalla Corte di Giustizia in causa C-208/2018, laddove l’importo degli investimenti e la frequenza delle transazioni non erano state ritenute sufficienti a riconoscere la natura di investitore professionale alla persona fisica cliente dell’intermediario .
Il motivo è fondato avendo le Sezioni Unite di questa Corte, con ordinanza n. 25954 del 3 ottobre 2024 affermato il principio secondo cui la nozione di consumatore, secondo il diritto dell’Unione Europea, presuppone che il soggetto, al momento della conclusione del contratto, persegua una finalità estranea alla propria sfera professionale e rivolta alla soddisfazione delle proprie esigenze di consumo privato, restando irrilevante l’eventuale possesso di specifiche competenze e conoscenze nel settore di riferimento. A tanto la citata ordinanza è pervenuta evidenziando come le norme sulla competenza di cui alla sezione 4 del capo II del regolamento CE n. 44/2001 e del regolamento CE n. 1215/2012 costituiscono una deroga tanto alla regola generale di competenza fissata, rispettivamente, all’articolo 2 ed all’articolo 4, paragrafo 1, di tali regolamenti, che attribuisce la competenza ai giudici dello Stato membro nel cui territorio il convenuto è domiciliato, quanto alla regola di competenza speciale in materia di contratti, secondo cui il giudice competente è quello del luogo in cui è stata o deve essere eseguita l’obbligazione dedotta in giudizio (CGUE, sentenza del 25 gennaio 2018, Schrems, C.-498/16, punto 43 e giurisprudenza citata). Di conseguenza, la nozione di «consumatore», ai sensi di tali disposizioni, deve essere interpretata facendo riferimento alla posizione di tale persona in un contratto determinato, in relazione alla natura e alla finalità di quest’ultimo, e non alla situazione soggettiva di tale persona. Sono, quindi, i contratti conclusi al di fuori e indipendentemente da qualsiasi attività o finalità di natura professionale, con l’unico scopo di soddisfare le proprie necessità di consumo privato da parte di un individuo, e dunque per un uso non professionale del bene o del servizio di
cui trattasi, quelli che rientrano nel particolare regime previsto dai citati regolamenti in materia di protezione del consumatore in quanto parte ritenuta debole, protezione che non è invece giustificata in caso di contratto avente come finalità un’attività professionale.
L’arresto in esame, pronunciato in una situazione analoga a quella per cui è causa, in cui l’abilità e la dedizione al trading on line era stata valorizzata dal giudice al fine di escludere la qualifica di consumatore in capo al cliente, ha sul punto evidenziato, in senso contrario, che ai fini di tale qualificazione, da un lato, fattori quali il valore delle operazioni effettuate in forza di contratti …, l’entità dei rischi di perdite finanziarie associati alla conclusione di tali contratti, le eventuali conoscenze o competenze di detta persona nel settore degli strumenti finanziari o il suo comportamento attivo nel contesto di tali operazioni, sono, in quanto tali, in linea di principio, privi di pertinenza, giacché ciò che conta è la verifica esclusiva della natura professionale, o meno, dell’attività esercitata dal cliente attraverso la conclusione del contratto (cfr., sul punto, Cass. Sez. 3, n. 26292/24), accertamento che sarà oggetto del giudizio di rinvio.
b) II° motivo: «violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 dell’art. 115 c.p.c. », deducendo l’erroneità della sentenza impugnata nel ragionamento valutativo delle prove, sia in tema di accertamento della sottoscrizione che di completezza del testo contrattuale.
Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
III° motivo: «violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 della Direttiva europea 2004/39 nonché del Regolamento Consob 16190/2007 in tema di qualificazione del cliente professionale».
Il motivo è inammissibile, dovendo rilevarsi come la Corte territoriale, dopo aver pronunciato in rito, si è spogliata della potestas iudicandi sul merito della controversia (cfr. S.U. n. 3840 del 2007), sicché il giudizio sulla qualificazione di professionalità del cliente andrà completamente rieditato nel prosieguo del presente giudizio.
IV° motivo: «violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 del codice di amministrazione digitale», deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha affermato l’ equipollenza alla sottoscrizione cartacea della sottoscrizione del documento informatico ottenuto per scansione di quello cartaceo.
V° motivo: «violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 del Regolamento (UE) 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, in particolare art. 25» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata nell’ interpretazione delle condizioni di applicabilità alla fattispecie della clausola di proroga della competenza a conoscere della lite.
VI° motivo: «Omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5 sulla qualifica di investitore professionale» deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver omesso di valutare il fatto storico, mai contestato, che i clienti avessero agito sempre in proprio e, pertanto, non potessero essere qualificati investitori professionali.
I motivi dal quarto al sesto restano assorbiti dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, rinviandosi la causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e pertanto dichiara la giurisdizione del giudice italiano dinanzi al quale è stata promossa la causa; dichiara inammissibile, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo, il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME