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Purgazione ipoteche: no nel preliminare del fallito

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha stabilito che l’ordine di purgazione ipoteche non è applicabile quando il curatore fallimentare si limita a dare esecuzione a un contratto preliminare di vendita immobiliare già stipulato dalla società poi fallita. Il trasferimento della proprietà, in questo caso, non rientra nelle procedure di liquidazione coattiva che giustificano la cancellazione dei gravami, ma costituisce un mero adempimento contrattuale. La Corte ha chiarito che il potere purgativo del giudice delegato è strettamente legato alle vendite competitive dell’attivo fallimentare e non può essere esteso a vendite di natura privatistica.

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Purgazione Ipoteche: No alla Cancellazione se il Curatore Adempie un Preliminare

Quando un’impresa costruttrice fallisce, cosa succede al promissario acquirente che ha firmato un contratto preliminare per l’acquisto di un immobile? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un nodo cruciale: la possibilità di ottenere la purgazione ipoteche se il curatore fallimentare decide di procedere con la vendita. La Corte ha stabilito un principio netto, distinguendo tra l’adempimento di un contratto privato e una vera e propria vendita fallimentare.

I Fatti del Caso

Un cittadino aveva stipulato un contratto preliminare per l’acquisto di un’unità immobiliare da una società costruttrice, versando una cospicua parte del prezzo. Sull’immobile gravava un’ipoteca iscritta a favore di una banca finanziatrice. Successivamente, la società costruttrice veniva dichiarata fallita.

Il curatore fallimentare, autorizzato dal giudice delegato, decideva di subentrare nel contratto preliminare. L’acquirente versava il saldo del prezzo e il curatore procedeva al trasferimento della proprietà, ottenendo dal giudice un decreto che ordinava anche la cancellazione dell’ipoteca, come se si trattasse di una vendita liquidatoria.

La società cessionaria del credito bancario, tuttavia, si opponeva a tale cancellazione, sostenendo che la vendita non avesse i caratteri di una procedura competitiva fallimentare e che, pertanto, il potere di purgazione non potesse essere esercitato. La questione è così giunta fino alla Corte di Cassazione.

La Distinzione Chiave: Vendita Contrattuale vs. Liquidazione Fallimentare e la Purgazione Ipoteche

Il cuore della controversia risiede nella natura dell’atto compiuto dal curatore. Il Tribunale, in prima istanza, aveva ritenuto che il subentro del curatore nel contratto trasformasse la vendita in un atto di natura coattiva, rendendo applicabile l’articolo 108 della Legge Fallimentare, che prevede appunto il potere del giudice di ordinare la cancellazione dei gravami.

La tesi della società creditrice era opposta: il curatore, subentrando nel contratto ai sensi dell’art. 72 della Legge Fallimentare, agisce come un semplice sostituto del fallito, adempiendo a un’obbligazione di natura privatistica. Non si tratterebbe, quindi, di una vendita nell’ambito della liquidazione dell’attivo, che richiede procedure competitive e trasparenti (come previsto dall’art. 107 L. Fall.). Di conseguenza, mancherebbe il presupposto fondamentale per esercitare il potere di purgazione ipoteche.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società creditrice, basando la sua decisione su un recente e fondamentale intervento delle Sezioni Unite (sent. n. 7337/2024). I giudici hanno chiarito che il potere purgativo previsto dall’art. 108, comma 2, della Legge Fallimentare è un’eccezione con una finalità precisa: agevolare la liquidazione dell’attivo fallimentare rendendo i beni più appetibili sul mercato.

Questo potere è indissolubilmente legato alle procedure di vendita competitive disciplinate dall’art. 107 L. Fall. (aste, procedure competitive, ecc.). Quando, invece, il curatore sceglie di subentrare in un contratto preliminare pendente, non sta liquidando un bene nell’interesse della massa dei creditori, ma sta semplicemente eseguendo un’obbligazione già assunta dal fallito. In questo scenario, il curatore agisce come un normale contraente privato e la vendita che ne consegue è una vendita negoziale, non una vendita esecutiva concorsuale.

L’atto con cui si trasferisce la proprietà è solo l’adempimento di un obbligo preesistente. Pertanto, non può beneficiare degli effetti straordinari, come la purgazione, previsti per le vendite coattive. Il curatore, subentrando, assume la stessa identica posizione del fallito, compreso l’obbligo, se previsto nel preliminare, di consegnare l’immobile libero da ipoteche. Tuttavia, per farlo, dovrà utilizzare gli strumenti ordinari (come trattare con la banca creditrice), senza poter ricorrere alla scorciatoia del decreto di cancellazione del giudice.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza stabilisce un principio di diritto di grande importanza pratica. Chi acquista un immobile tramite un preliminare da una società che poi fallisce non può più contare sul fatto che il subentro del curatore porti automaticamente alla cancellazione delle ipoteche.

Il promissario acquirente è tutelato, poiché il curatore è obbligato a rispettare il contratto, ma l’eliminazione dei gravami non è un effetto automatico della procedura. Il curatore dovrà adempiere all’obbligo di trasferire il bene libero da pesi, ma attraverso canali ordinari, il che potrebbe complicare e allungare i tempi della definizione dell’acquisto. Questa decisione rafforza la distinzione tra la gestione privatistica di un contratto e la funzione pubblicistica della liquidazione fallimentare, limitando l’applicazione di poteri eccezionali solo a quest’ultima ipotesi.

Se il curatore fallimentare subentra in un contratto preliminare di vendita, il giudice può ordinare la cancellazione dell’ipoteca sull’immobile?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che in questo caso la vendita è l’adempimento di un’obbligazione contrattuale privata e non una vendita liquidatoria. Pertanto, il giudice delegato non ha il potere di ordinare la purgazione delle ipoteche, che è riservato alle vendite competitive nell’ambito della liquidazione dell’attivo fallimentare.

Qual è la differenza tra l’esecuzione di un preliminare da parte del curatore e una vendita fallimentare?
L’esecuzione di un preliminare (ex art. 72 L. Fall.) vede il curatore agire come un sostituto del fallito per adempiere a un contratto già esistente. Una vendita fallimentare (ex art. 107 L. Fall.) è una procedura pubblica e competitiva finalizzata a vendere i beni al miglior prezzo per soddisfare la massa dei creditori. Solo quest’ultima gode di effetti speciali come la purgazione delle ipoteche.

Cosa deve fare il curatore per liberare l’immobile dall’ipoteca in caso di subentro nel preliminare?
Il curatore, essendo subentrato negli obblighi del venditore fallito, è tenuto a trasferire l’immobile libero da ipoteche, se così previsto nel contratto. Tuttavia, deve raggiungere questo risultato con mezzi ordinari, come negoziare e pagare il creditore ipotecario per ottenere il suo consenso alla cancellazione, non potendo avvalersi del potere purgativo del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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