Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12044 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12044 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31717-2020 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 118/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 03/06/2020 R.G.N. 671/2019;
Oggetto
Selezione interna per copertura posti ministero giustizia
R.G.N.31717/2020
COGNOME
Rep.
Ud.09/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Livorno ha accolto il ricorso del signor NOME COGNOME che, premesso di avere partecipato alla procedura di selezione interna per la copertura di 38 posti nell’area funzionale III fascia retributiva F2, profilo professionale di ‘Fu nzionario dell’Organizzazione e delle Relazioni’ indetta dal Ministero della Giustizia, aveva lamentato la non corretta valutazione dei suoi titoli, avendo egli diritto all’attribuzione di ulteriori 10 punti in quanto in possesso non solo di uno, ma di due titoli di studio coerenti con il proprio profilo professionale, nonché dell’abilitazione all’esercizio della professione di promotore finanziario.
Il giudice di prime cure ha affermato il diritto dell’odierno ricorrente ad ulteriori 10 punti per un totale di 37, con conseguente collocazione del medesimo in posizione utile per il riconoscimento dell’inquadramento nella fascia retributiva superiore con decorrenza dal 1° Dicembre 2010, con conseguente condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive maturate a far data dal 1° Dicembre 2010, oltre accessori di legge. In particolare, il Tribunale ha ritenuto valutabili tra i titoli di cui alla lettera a) del comma 4 dell’articolo 4 del bando di concorso entrambi i diplomi di laurea posseduti dall’originario ricorrente (laurea vecchio ordinamento in giurisprudenza e laurea triennale in scienze politiche).
La Corte di appello di Firenze ha riformato la sentenza di primo grado respingendo le domande proposte dal COGNOME, alla luce del tenore testuale della disposizione di
cui alla lettera a) del comma 4 dell’articolo 4 del bando di concorso.
Ad avviso della Corte la norma citata prevede l’attribuzione di 8 punti per la laurea triennale, laurea magistrale o diploma di laurea vecchio ordinamento in giurisprudenza in economia e commercio, scienze politiche o equipollenti per legge; essa, pertanto, menziona diversi titoli tra loro ritenuti equivalenti e dispone per l’attribuzione ad essi di un unico punteggio diversamente da quanto la medesima norma prevede alle lettere e, f, g ed h: ivi, infatti, si menzionano pure diverse tipologie di titoli, ma in tal caso specificando che ad ogni singolo titolo debba essere attribuito un distinto punteggio.
La lettura della previsione fa ritenere pertanto che quando l’amministrazione ha inteso prevedere la distinta valutazione di ciascun titolo culturale appartenente ad una determinata categoria lo ha fatto con una disposizione espressa, per cui l’assenza di una simile disposizione, come appunto nella lettera a) del comma 4, implica la determinazione di attribuire un punteggio unico a titoli culturali indipendentemente dal loro numero.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il signor NOME COGNOME sulla base di due motivi di ricorso ai quale ha resistito l’amministrazione con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in riferimento al bando di concorso e precisamente dell’art. 4, comma 4, lett. a) , nonché agli artt. 1362 e 1375 c.c., art. 2 (principio di affidamento) e
3 (principio di ragionevolezza) e 97 (principi di buon andamento, efficienza e favor partecipationis) Costituzione.
Ad avviso del ricorrente l’unica soluzione interpretativa possibile del bando, in applicazione del criterio letterale, sarebbe quella che ammette il relativo punteggio per ogni titolo di indirizzo in possesso del candidato; ed invero se fosse stata intenzione dell’amministrazione di non consentire al candidato di ottenere più di 8 punti per il possesso di titoli di indirizzo indipendentemente dal numero dei titoli in possesso, la clausola di cui alla lettera a) in esame si sarebbe conclusa con la locuzione ‘ fino al massimo di 8 punti ‘ o altre di significato analogo. Inoltre, la diversità della clausola di cui alla lettera a) rispetto alle clausole presenti nelle successive lettere e) ed f) sarebbe giustificata dalla circostanza che nel primo caso il punteggio si riferisce al possesso di titoli alternativi tra loro a differenza dei titoli indicati nelle lettere e) ed f) il cui possesso di un titolo non esclude il possesso di un altro, per cui in questo secondo caso si sarebbe reso necessario aggiungere la locuzione ‘ per ciascun titolo/concorso ‘.
Inoltre, la interpretazione offerta dalla ricorrente sarebbe preferibile in quanto permetterebbe di premiare i candidati in possesso di più titoli di indirizzo e quindi maggiormente idonei a ricoprire il ruolo, con migliore allocazione delle risorse pubbliche. Infine, la interpretazione restrittiva adottata dalla Corte di appello violerebbe il legittimo affidamento del COGNOME che in una distinta selezione si è visto attribuire in relazione ad identica clausola il doppio punteggio.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in riferimento agli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 111, comma 6, Cost. per contraddittorietà e illogicità della motivazione, nonché omesso esame di un fatto decisivo.
La motivazione della sentenza assai scarna è contraddittoria, illogica ed irragionevole.
Una completa lettura del comma 4 del bando avrebbe condotto a conclusioni diverse nella misura in cui l’amministrazione ha inteso favorire il candidato specializzato nelle materie di indirizzo che costituiscono il necessario presupposto per ottenere i titoli di cui alle successive lettere b) e c).
I due motivi possono essere trattati congiuntamente trattandosi di profili costituenti frammenti di una unica complessiva censura.
Il ricorso è infondato.
Occorre premettere che l’art. 1324 cod.civ., nell’estendere agli atti unilaterali l’applicazione delle norme che regolano í contratti, pone il limite della compatibilità e, pertanto, quanto all’interpretazione, la disciplina dettata dagli artt. 1362 e seguenti cod. civ. trova applicazione solo limitatamente a quelle regole che siano coerenti con la particolare natura del negozio e con la funzione assegnata alla dichiarazione unilaterale di volontà.
6.1 Ciò posto questa Corte da tempo ha affermato che, ferma restando la necessità dell’interpretazione complessiva delle clausole ex art. 1363 cod. civ., il canone ermeneutico di cui al primo comma dell’art. 1362 cod. civ. impone di accertare esclusivamente l’intento proprio del
soggetto che ha posto in essere l’atto, con la conseguenza che non è applicabile la regola fissata dal secondo comma della disposizione richiamata, perché la stessa fa riferimento alla comune intenzione dei contraenti ed al comportamento complessivo «delle parti» (Cass. n. 7973/2002; Cass. n. 13970/2005; Cass. n. 1387/2009; Cass. n. 2399/2009; Cass. n. 14864/2009; Cass. n. 9127/2015).
6.2 Pertanto nell’interpretazione dell’atto unilaterale assume una particolare valenza il senso letterale delle parole attraverso le quali il dichiarante ha manifestato la sua volontà, valenza che si accresce allorquando l’attività ermeneutica riguardi atti della Pubblica Amministrazione, siano essi amministrativi o anche di gestione di rapporti di diritto privato, in relazione ai quali vengono in rilievo esigenze di certezza, di trasparenza e di imparzialità ( Cass. n. 17367/2010).
6.3 Si è quindi affermato, ed al principio deve essere data continuità perché condiviso dal Collegio, che nell’interpretazione del bando di indizione della procedura concorsuale o selettiva, ossia della lex specialis della procedura stessa, la necessità di valorizzare il criterio letterale discende dalla funzione che il bando realizza, che è quella di fissare regole certe e chiare alle quali devono attenersi sia l’Amministrazione che i candidati, sicché dette esigenze di certezza impongono di arrestarsi al contenuto letterale delle parole, ove questo sia privo di equivocità ( Cass. n. 18854/2016).
6.4 Dai richiamati principi non si è discostata la Corte territoriale la quale nella motivazione ha valorizzato il significato letterale dell’espressione contenuta nella
lettera a) del comma 4 dell’art. 4 del bando di concorso che prevede l’attribuzione di 8 punti per ‘la laurea triennale, laurea magistrale o diploma di laurea (vecchio ordinamento) in giurisprudenza, economia e commercio, scienze politiche o equipollenti per legge’, menzionando i titoli stessi ritenendoli equivalenti tra loro, con conseguente attribuzione di un unico punteggio. A differenza di quanto la norma prevede alle lettere e), f) g) ed h) in cui pur menzionando diverse tipologie di titoli specifica che ad ogni singolo titolo debba essere attribuito un distinto punteggio. Trattasi di un’interpretazione plausibile del contenuto del bando, che si sottrae alle censure mosse dal ricorrente, innanzitutto perché coerente con il tenore letterale dell’espressione utilizzata – «per ciascun concorso contenuta nelle lettere e) f) g) ed h) » – in contrapposizione alla clausola della lettera a) che non contiene tale specificazione con conseguente plausibilità della interpretazione restrittiva adottata dalla Corte distrettuale.
6.5 Si aggiunga che detta interpretazione, lungi dall’essere incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dell’autore dell’atto (sulla possibilità di svalutare in tal caso il tenore letterale cfr. Cass. n. 16181/2017), si armonizza con i principi costituzionali di buon andamento, ragionevolezza nella misura in cui si è voluto privilegiare con il bando la eterogeneità delle competenze piuttosto che l’omogeneità delle medesime.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese di lite vanno compensate in considerazione della particolarità della fattispecie per cui non esistono precedenti giurisprudenziali specifici.
P.Q.M.
L a C o r t e r i g e t t a i l r i c o r s o . C o m p e n s a l e s p e s e di l i t e . Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione