LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pubblicità sanitaria: limiti e decoro professionale

Un odontoiatra è stato sospeso per quattro mesi a causa di una pubblicità sanitaria ritenuta non trasparente, ingannevole e lesiva del decoro professionale. La Corte di Cassazione ha confermato la sanzione, respingendo il ricorso del professionista. La Corte ha stabilito che la condotta, reiterata dopo una precedente sanzione, costituiva un nuovo illecito, escludendo la prescrizione e il principio del ‘ne bis in idem’. È stato ribadito che, nonostante la liberalizzazione, la pubblicità sanitaria deve sempre rispettare i principi di veridicità, correttezza e dignità professionale, evitando messaggi puramente commerciali e suggestivi.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Pubblicità Sanitaria: la Cassazione Fissa i Paletti su Decoro e Trasparenza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il delicato tema della pubblicità sanitaria, definendo con chiarezza i confini tra informazione lecita e comunicazione ingannevole che lede il decoro professionale. La decisione conferma la sanzione della sospensione per un odontoiatra, la cui campagna promozionale è stata giudicata contraria ai principi deontologici, nonostante le liberalizzazioni introdotte dal cosiddetto “decreto Bersani”.

I Fatti del Caso: La Pubblicità Sanitaria Sotto Accusa

Un odontoiatra veniva sanzionato dall’Ordine provinciale dei medici con la sospensione dall’esercizio professionale per quattro mesi. La contestazione riguardava una campagna pubblicitaria diffusa tramite volantini, cartelloni stradali e mezzi pubblici. Secondo l’Ordine, la comunicazione era:

* Non trasparente e priva di veridicità: Utilizzava il nome di una società inattiva ma riconducibile al professionista.
* Irrispettosa del decoro professionale: Enfatizzava l’aspetto economico con termini come “servizio low cost” e “gratis”, mirando ad attrarre la clientela con la promessa di costi bassi in modo suggestivo ed equivoco.
* Lesiva della dignità della professione: Tentava di “accaparrare” clienti con un mezzo illecito e un’immagine che ridicolizzava la professione sanitaria.

Il medico aveva già ricevuto una sanzione di censura nel 2012 per una condotta simile. Nonostante ciò, aveva perseverato nella sua strategia comunicativa, portando all’avvio del nuovo procedimento disciplinare nel 2013.

La Decisione della Corte di Cassazione

Il professionista ha impugnato la decisione fino in Cassazione, sollevando diverse eccezioni, tra cui la prescrizione dell’azione disciplinare e la violazione del principio del ne bis in idem (il divieto di essere giudicati due volte per lo stesso fatto). La Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la legittimità della sanzione disciplinare.

Le Motivazioni: Pubblicità Sanitaria tra Liberalizzazione e Deontologia

La Corte ha smontato punto per punto le difese del ricorrente, offrendo importanti chiarimenti sui limiti della pubblicità sanitaria.

Nessuna Prescrizione e Nessun “Ne Bis in Idem”

I giudici hanno chiarito che la condotta del medico non era un illecito permanente e unico. La prima sanzione del 2012 aveva concluso il primo episodio di condotta illecita. La successiva campagna pubblicitaria del 2013, pur simile nei contenuti, costituiva una nuova e autonoma violazione dei doveri deontologici. Pertanto, non vi era né prescrizione né violazione del principio del ne bis in idem, in quanto si trattava di una condotta reiterata e non della stessa condotta già sanzionata.

I Limiti della Liberalizzazione Pubblicitaria

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione delle norme sulla liberalizzazione. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’abrogazione del divieto assoluto di pubblicità per le professioni sanitarie non ha cancellato il potere-dovere degli Ordini professionali di vigilare sulla correttezza dei messaggi. La pubblicità sanitaria deve essere “funzionale all’oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l’obbligo di segreto professionale e non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria”.
Nel caso specifico, la comunicazione era basata prevalentemente su aspetti commerciali, prospettando sconti non specificati e non parametrati a un prezzo di base, modalità che disattende la ratio della normativa, ovvero tutelare il consumatore e consentirgli una scelta libera e consapevole.

Conclusioni: Le Implicazioni per i Professionisti Sanitari

L’ordinanza della Cassazione rappresenta un monito per tutti i professionisti sanitari. La possibilità di promuovere la propria attività non è una licenza per utilizzare qualsiasi tecnica di marketing. La comunicazione deve rimanere ancorata a criteri di trasparenza, correttezza e dignità. Messaggi che puntano esclusivamente sulla leva del prezzo, utilizzando termini suggestivi e non verificabili, sono considerati lesivi del decoro professionale e passibili di severe sanzioni disciplinari. La tutela della salute del paziente e la fiducia nel rapporto medico-paziente rimangono valori preminenti che non possono essere subordinati a logiche puramente commerciali.

Un medico può essere sanzionato due volte per una condotta pubblicitaria scorretta?
Sì, se la condotta viene ripetuta dopo la prima sanzione. La Corte ha stabilito che la perseveranza in una campagna pubblicitaria illecita, dopo che la prima è stata sanzionata, costituisce un nuovo e autonomo illecito disciplinare, non coperto dal principio del ‘ne bis in idem’.

La liberalizzazione della pubblicità sanitaria (Decreto Bersani) permette l’uso di messaggi come ‘low cost’ o ‘gratis’?
No, se tali messaggi sono utilizzati in modo improprio, equivoco e suggestivo. La Corte ha chiarito che, anche dopo la liberalizzazione, la pubblicità deve rispettare la dignità e il decoro professionale. L’uso di termini puramente commerciali, non trasparenti e finalizzati solo ad attrarre clienti con la leva del prezzo basso, viola i principi deontologici.

Quali sono i criteri principali che una pubblicità sanitaria deve rispettare per essere considerata lecita?
Secondo la Corte, la pubblicità sanitaria deve essere funzionale all’oggetto, veritiera, corretta, trasparente e non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria. Deve permettere al cittadino una scelta consapevole e non può essere basata su aspetti commerciali che ledono la dignità della professione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati