Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9394 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9394 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 14558/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE c.f. 00437060775, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME Laterza ricorrente
contro
NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME controricorrente
avverso la sentenza n. 1232/2020 della Corte d’ appello di Bari, depositata il 30-6-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25-32025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Bari con sentenza n. 1232/2020 pubblicata il 30-62020 ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 4473/2017 con la quale il Tribunale di Bari aveva rigettato la sua domanda volta a ottenere da NOME COGNOME il pagamento dell’importo di Euro 39.450,00 oltre iva a titolo di
OGGETTO:
mediazione
RG. 14558/2021
C.C. 25-3-2025
provvigione per l’attività di mediazione che aveva favorito la compravendita a tale NOME COGNOME di immobile per il prezzo di Euro 1.315.000,00.
La sentenza ha considerato che nell’atto di citazione RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto di avere svolto l’attività su incarico del convenuto quale alienante e nella comparsa di risposta NOME COGNOME aveva contestato il diritto alla provvigione deducendo che alla data del preliminare di vendita dell’11 -4-2003 il legale rappresentante della società NOME COGNOME non era iscritta nel ruolo dei mediatori; ha dichiarato che solo con la memoria contenente le richieste istruttorie ex art. 184 cod. proc. civ., dopo avere lasciato decorrere invano i termini per la precisazione o modificazione della domanda, la società attrice aveva articolato mezzi istruttori volti a dimostrare che dal settembre 2002 l’attività era stata svolta da NOME COGNOME legale rappresentante della società, nonché da NOME COGNOME e che da settembre a dicembre 2002 NOME COGNOME era stato amministratore della società, entrambi erano iscritti nel ruolo dei mediatori ed entrambi avevano svolto l’attività di mediazione fino alla data d el preliminare di vendita.
A fronte di questi dati, la sentenza ha dichiarato che era fatto costitutivo del diritto al compenso non solo che la società fosse iscritta all’albo dei mediatori, ma che fossero iscritti il legale rappresentante o i soggetti preposti all’attività di mediazione e ha dichiarato che perciò era necessario che l’attrice indicasse tempestivamente chi aveva esercitato l’attività di mediazione, una volta escluso che il legale rappresentante della società fosse in possesso dei requisiti. Ha aggiunto che le successive allegazioni con la memoria istruttoria ex art. 184 cod. proc. civ. erano servite a contrastare la linea difensiva del convenuto, introducendo elementi di modificazione o precisazione dei fatti costitutivi della pretesa che avrebbero dovuti essere allegati entro
i termini assegnati per la precisazione o modificazione delle domande; quindi ha dichiarato che esattamente la sentenza di primo grado aveva ritenuto tardive le allegazioni di fatto contenute nella memoria istruttoria dell’attrice e perciò non aveva ammesso i mezzi di prova diretti a dimostrare circostanze di fatto che non avevano costituito oggetto di tempestiva allegazione; ha aggiunto che le istanze istruttorie erano inammissibili anche perché non erano state reiterate in modo specifico al momento della precisazione delle conclusioni, perché l’attrice all’udienza di precisazione delle conclusioni davanti il Tribunale si era riportata a tutte le richieste sia istruttorie che di merito rassegnate in atti e verbali di causa senza alcuna specificazione.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 25-3-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 6 della legge 03/02/1989 n. 39 (ratione temporis applicabile alla fattispecie) in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3, laddove ha ritenuto necessaria, per la maturazione del diritto alla provvigione, per l’ attività di mediazione svolta dalla RAGIONE_SOCIALE, per contro del sig. COGNOME nella stipulazione del preliminare di compravendita dell’11/04/2003, l’iscrizione nell’albo dei mediatori del legale rappresentante della società o dei preposti a tale r amo d’attività e non sufficiente l’iscrizione nel predetto Albo della società RAGIONE_SOCIALE; violazione dell’art. 360 comma 1 cpc n. 5, per aver il Giudice di Appello omesso di
esaminare un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovverosia che l’attività di mediazione per cui è causa fa capo in via diretta alla società e non alle persone fisiche’. La ricorrente evidenzia che RAGIONE_SOCIALE è iscritta nell’albo di mediazione dal 1993; richiama, a sostegno della sua tesi in ordine alla sufficienza, ai fini del diritto alla provvigione, dell’iscrizione della società che svolge attività di mediazione, Cass. 10350/2020 e Cass. 26781/2013, evidenziando come la domanda riguardi attività mediatoria facente capo in via diretta alla società ricorrente, avendo con l’atto di citazione RAGIONE_SOCIALE fatto valere il diritto alla provvigione con riferimento all’attività di mediazione svolta dalla società e non dalle persone fisiche.
1.1.Il motivo è infondato.
Si rammenta, con riferimento alla disciplina da applicare ratione temporis alla fattispecie, che in tema di società di mediazione ammesse all’esercizio della relativa attività in virtù delle disposizioni di cui agli artt. 3 co. 5 e 5 co. 3 lett. a) della legge 3-2-1989 n. 39- il medesimo quinto comma dell’art. 3 stabilisce che t utti coloro che esercitano l’attività per conto di imprese organizzate, anche in forma societaria, devono essere iscritti nell’apposito ruolo professionale. Inoltre, l’art. 11 del D.M. 21 dicembre 1990 n. 452, regolamento di attuazione della legge 39/1989, prevede che, quando l’attività di mediazione sia esercitata da una società, « i requisiti per l’iscrizione nel ruolo devono essere posseduti dai legali o dal legale rappresentante della società stessa ovvero da colui che è preposto dalla società a tale ramo di attività». Quindi, non basta che sia iscritta nel ruolo la società di mediazione, ma devono essere iscritti anche i suoi legali rappresentanti o coloro che sono preposti al ramo di attività di mediazione, i quali tutti devono possedere i requisiti per l’iscrizione, nonché gli ausiliari che svolgono l’attività mediatoria per conto della
società. Secondo la conforme interpretazione della giurisprudenza di legittimità, gli ausiliari della società di mediazione devono essere iscritti nel ruolo solo quando, per conto della società, risultano, formalmente o di fatto, assegnati all’attività mediatizia in senso proprio, di cui procedono a compiere gli atti di rilevanza esterna nei confronti dei soggetti intermediati e impegnativi della sfera giuridica dell’ente da cui dipendono; l’iscrizione all’albo invece non è richiesta per i soggetti dipendenti della società che esplicano attività puramente accessoria e strumentale a quella di vera e propria mediazione, in funzione di ausilio agli altri soggetti preposti a tale ramo di attività (Cass. Sez. 3 17-62002 n. 8697 Rv. 555099-01, Cass. Sez. 3 9-4-2009 n. 8708 Rv. 607843-01, Cass. Sez. 6-2 25-9-2015 n. 19115, Cass. Sez. 2 3-8-2022 n. 19229, non massimate). Nessun principio di segno diverso è stato enunciato da Cass. 26781/2013 richiamata dalla ricorrente, che ha deciso in caso nel quale la pretesa attività mediatoria era svolta da società non iscritta nell’apposito ruolo, mentre il legale rappresentante era iscritto solo in proprio; per tale caso, la pronuncia ha enunciato il principio secondo il quale l’iscrizione nel ruolo dei mediatori del legale rappresentante a titolo personale (come persona fisica) non è sufficiente a far sorgere in capo alla società il diritto alla provvigione. Ugualmente, nessun principio di segno diverso è ricavabile neppure da Cass. 10350/2020, che ha confermato che l’iscrizione nel ruolo dei mediatori del legale rappresentante a titolo personale, cioè come persona fisica, non è sufficiente a fare sorgere in capo alla società il diritto alla provvigione; tale pronuncia in motivazione (pag. 5) richiama, senza volersene discostare, Cass. 18889/2008, quale precedente che ha riaffermato principi consolidati in tema di attività di mediazione svolta in forma societaria, in ordine all’obbligo di iscrizione nell’apposito ruolo gravante sulla società in quanto tale e anche sui
suoi legali rappresentanti o sul preposto a tale ramo di attività e sugli ausiliari che svolgono l’attività mediatoria per conto della società.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 6 della legge 03/02/1989 n. 39 (ratione temporis applicabile alla fattispecie) e dell’art. 11 del regolamento di attuazione, emanato con D.M. 21/12/1990 n. 452, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3, per avere il Giudice di appello ritenuto tardiva l’allegazione dei nomi delle persone fisiche (NOME NOME e NOME NOME) agenti della società ricorrente e della relativa loro iscrizione nell’albo dei mediatori, nonostante trattavasi di un elemento costitutivo della domanda che è oggetto di verifica da parte del giudice a prescindere dall’allegazione’. La società ricorrente, ribadendo che l’attività di mediazione è stata svolta dalla società regolarmente iscritta nell’albo nel momento in cui ha espletato l’attività di mediazione per la quale ha chiesto la provvigione, evidenzia di avere dimostrato con i certificati di iscrizione nell’albo dei mediatori allegato alla prima memoria istruttoria che Guido COGNOME era iscritto come mediatore di RAGIONE_SOCIALE dal 27-9-1993 e NOME COGNOME era a sua volta iscritto dal 22-10-1990; aggiunge che con la visura camerale della società aveva dimostrato che NOME COGNOME era socio di RAGIONE_SOCIALE dalla sua costituzione e che NOME COGNOME era stato amministratore della società dal 1990 al 7-1-2003. Rilevato che l’iscrizione nei ruoli costitu isce condizione dell’azione proposta dal mediatore e quindi deve essere provata da chi agisce in giudizio per il pagamento della provvigione, la ricorrente nega che potesse configurarsi la tardiva allegazione della circostanza relativa alla persona fisica che aveva svolto per conto della società l’attività di mediazione, come ritenuta dalla sentenza impugnata.
3.Con il terzo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., 183 c.p.c., 184 c.p.c. (ratione
temporis applicabile) e della L. n. 39 del 1989, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n.3 e 4, laddove ha ritenuto tardiva l’allegazione delle circostanze relative all’iscrizione nell’albo dei mediatori del sig. NOME Tommaso e NOME Guido e all’agire degli stessi per conto de lla società ricorrente’; evidenzia che con l’atto di citazione la società aveva allegato di avere svolto, per incarico dell’alienante NOME COGNOME, attività di mediazione che aveva favorito la stipula del contratto preliminare, che con la memoria istruttoria aveva prodotto documenti volti a dimostrare l’iscrizione nel ruolo dei mediatori degli agenti che avevano agito per la società NOME e NOME COGNOME e aveva formulato i capitoli di prova per interrogatorio formale e per testi, che trascrive nel ricorso ; rileva che lo svolgimento dell’attività di mediazione da parte di NOME e NOME COGNOME era fatto costitutivo che non richiedeva allegazione, in quanto lo svolgimento di tale attività da parte della società era il fatto principale; evidenzia come la specificazione dei nomi degli agenti preposti della società e dell’attività da essi svolta per conto della società non implicava alcuna modifica delle domande o eccezioni e perciò non poteva essere definita come allegazione di fatti nuovi soggetta alla preclusione di cui all’art. 183 cod. proc. civ.
4.Con il quarto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., 1754 e 1755 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3, per avere il Giudice di appello disatteso, nel ritenere legittima la sentenza di primo grado, nella parte in cui non ha ammesso i mezzi di prova richiesti dall’attrice, il principio secondo cui l’onere del soggetto che agisce per la remunerazione dell’attività mediatoria consiste nel dimostrare, quali elementi costitutivi del diritto al compenso, il con ferimento dell’incarico e l’avvalersi dell’atti vità della stessa da parte del beneficiario’; la ricorrente ulteriormente evidenzia che nella prima memoria istruttoria aveva formulato i capitoli di prova,
già trascritti in ricorso, al fine di dimostrare il conferimento dell’incarico alla società da parte del convenuto e volti a dimostrare che il convenuto aveva consapevolmente utilizzato l’attività di mediazione; quindi ulteriormente deduce di avere prodotto anche i documenti volti a dimostrare la qualità e l’iscrizione all’albo dei soggetti che avevano agito e ulteriormente lamenta che siano state ritenute tardive le allegazioni di fatto contenute nella memoria istruttoria.
5.Con il quinto motivo la ricorrente deduce ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 1755 c.c., art. 183 c.p.c., 184 c.p.c., 115 c.p.c., 116 c.p.c. e dell’art. 6 della legge n. 39/1989, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 4, per aver il Giudice di appello ritenuta tardiva l’allegazione della c ircostanza temporale di cui alla memoria istruttoria e insufficiente l’unico riferimento cronologico indicato nell’atto di citazione, consistente nella data del preliminare di compravendita, ai fini della prova d el conferimento dell’incarico e della dimostrazione che il convenuto avesse consapevolmente utilizzato l’attività di mediazione’; la ricorrente ulteriormente lamenta che la sentenza impugnata, dichiarando che la sentenza di primo grado esattamente non aveva ammesso i mezzi di prova diretti a dimostrare circostanze di fatto che non avevano costituito oggetto di tempestiva allegazione, anche in riferimento alla data di conclusione del preliminare indicata nell’atto di citazione, non abbia considerato che il diritto del mediatore alla provvigione sorge allorché il mediatore abbia messo in contatto le parti, senza che l’intervallo di tempo tra la conclusione del contratto e le prime trattative siano in sé idonei a escludere il nesso di causa tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare.
6.Il secondo, terzo, quarto e quinto motivo, esaminati unitariamente in quanto tutti volti a censurare la sentenza impugnata per non avere ammesso le istanze istruttorie di RAGIONE_SOCIALE
sono fondati per le ragioni di seguito esposte, assorbenti rispetto a ogni altro profilo non esaminato.
La sentenza impugnata, nell’affermare che la società attrice aveva allegato tardivamente, soltanto nella prima memoria istruttoria, quali erano i soggetti iscritti all’albo dei mediatori che avevano agito in nome e per conto della società è incorsa nelle violazioni, correttamente lamentate dalla ricorrente, degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ. da applicare ratione temporis , confondendo le disposizioni valevoli per il thema decidendum con quelle valevoli per il thema probandum.
E’ vero che nella vigenza del regime giuridico delle preclusioni introdotto dalla legge 353/1990 il thema decidendum è modificabile soltanto nei limiti e nei termini a tal fine previsti e che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ( petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa con la vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processu ali (Cass. Sez. U 15-6-2015 n. 12310 Rv. 635536-01, Cass. Sez. 6-2 10-5-2018 n. 11282 Rv. 649212-01, Cass. Sez. 3 8-5-2024 n. 12633 Rv. 67091301). Però nella fattispecie non vi è stata alcuna modifica della domanda, perché la società attrice, iscritta all’albo dei mediatori, ha agito per ottenere il pagamento della provvigione con riferimento all’attività svolta dalla società medesima a favore del convenuto e tale domanda ha sempre tenuto ferma nel corso del giudizio, non proponendo in corso di causa pretese né aggiuntive né diverse. Sostenendo di avere acquisito il diritto alla provvigione, ha presupposto, e comunque ha anche espressamente allegato già nell’atto di citazione -trascritto in ricorso- il fatto costitutivo della sua domanda, individuato nel l’attività di mediazione a favore del convenuto
svolta dalla società; la circostanza che la società attrice non abbia allegato, prima della scadenza del termine per le preclusioni assertive, anche attraverso quali persone fisiche, a loro volta iscritte all’albo, la società aveva svolto l’attività di mediazione per la quale chiedeva il pagamento non comporta l’inammissibilità delle relative istanze istruttorie, perché quelle circostanze non integravano il fatto costitutivo dell’azione , ma erano dati di fatto da provare al fine di ottenere l’accoglimento della domanda. Quindi, es sendo state le circostanze oggetto delle istanze istruttorie formulate entro il termine per la proposizione della prova diretta, tali istanze istruttorie non avrebbero potuto essere dichiarate tardivamente svolte.
7.Con il sesto motivo la ricorrente deduce ‘violazione dell’art. 360 comma 1 c.p.c., n. 3 e 4, per violazione degli artt. 112, 88, 115, 116, 167 c.p.c., 184 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. e artt. 24 e 111 Cost., per aver ritenuto che il convenuto non aveva l’onere di contestare specificamente le circostanze di fatto indicate con la memoria istruttoria della società attrice ex articolo 184 c.p.c., nonostante lo stesso avesse l’onere di contestare il fatto ex adverso allegato, nella prima difese utile e per non a ver ritenuto tali fatti ‘pacifici’ e l’odierna ricorrente non più gravata dal relativo onere probatorio, senza che rilevasse la natura di tale fatto’; evidenzia che con l’atto di appello aveva dedotto la mancata contestazione ad opera della controparte della sua memoria ex art. 184 cod. proc. civ., per cui si doveva considerare pacifica la circostanza dell’iscrizione della società e dei preposti nell’albo dei mediatori e anche lo svolgimento dell’attività di mediazione; lamenta che la Corte d’appello abbia omesso di considerare che gli elementi di fatto allegati nella memoria e i documenti non erano stati oggetto di tempestiva e specifica contestazione della controparte e abbia omesso di considerare che la controparte aveva chiesto il rigetto delle istanze istruttorie sulla base
della sola considerazione che le circostanze fossero provate con documenti, così facendole rientrare implicitamente nel thema decidendum.
8.Con il settimo motivo la ricorrente deduce ‘ violazione ex art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione agli artt. 115, 116, 177, 184, 187, 188, 189, 244, 245 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., per aver ritenuto il Giudice di secondo grado abbandonate le istanze istruttorie, per essere stato eff ettuato, all’udienza di precisazione delle conclusioni, un generico richiamo ai precedenti atti difensivi, nonostante il reiteramento specifico delle stesse, in tale sede, attraverso la formula ‘precisa le conc lusioni riportandosi a tutte quelle sia istruttorie che di merito formulate in atti e verbali di causa”; lamenta che la sentenza impugnata, dichiarando che le istanze istruttorie dovevano ritenersi abbandonate, abbia disatteso lo stesso principio che ha enunciato, in quanto la società aveva precisato le conclusioni anche con riguardo alle istanze istruttorie.
9.Il settimo motivo è evidentemente fondato, perché la stessa sentenza impugnata ha dichiarato che l’attrice in primo grado aveva precisato le conclusioni riportandosi anche quelle istruttorie; in questo modo l’attrice aveva reiterato le sue istanze istruttorie in termini sufficientemente specifici, non potendo legittimamente sostenersi che sia stata la mancanza dell’indicazione del fatto che le istanze istruttorie erano state formulate nella memoria istruttoria a fare presumere che le istanze istruttorie fossero state abbandonate. Infatti, il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità è nel senso che la parte che sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie istanze istruttorie ha l’onere di reiterarle al moment o della precisazione delle conclusioni perché, diversamente, le stesse debbono intendersi rinunciate e non possono essere riproposte in appello (Cass. Sez. 3 48-2016 n. 16290 Rv. 642097-01, Cass. Sez. 3 14-10-2008 n. 25157
Rv. 605482-01, Cass. Sez. 2 14-4-2004 n. 7055 Rv. 572040, per tutte). La circostanza che il precedente di Cass. Sez. 2 27-2-2019 n. 5741 Rv. 652770-02 richiamato dalla sentenza impugnata, così come quello di Cass. Sez. 3 3-8-2017 n. 19352 Rv. 645492-01, abbiano altresì enunciato che non sia sufficiente, al fine di riproporre le istanze istruttorie al momento della precisazione delle conclusioni, un richiamo generico al contenuto dei precedenti atti difensivi evidentemente non consente di ritenere che il richiamo sia generico quando contenga il riferimento alle istanze istruttorie. In altri termini, certamente la precisazione delle conclusioni eseguita con il richiamo a tutti gli atti di causa senza altre specificazioni non è tale da ritenere riproposte le istanze istruttorie; diversamente, la precisazione delle conclusioni avvenuta richiamando anche le istanze istruttorie, pur senza ulteriore specificazione, come avvenuto nella fattispecie, è sufficiente a escludere che le istanze istruttorie siano state abbandonare e a ritenere che siano state riproposte.
10.Il sesto motivo è assorbito, in quanto il giudice del rinvio, dovendo procedere a esaminare nel merito le istanze istruttorie formulate dalla società attrice erroneamente ritenute inammissibili dalla sentenza impugnata , valuterà l’ammissibilità e rilevanza de i singoli capitoli di prova anche con riferimento al l’esistenza d ella contestazione dei fatti che ne renda necessaria la prova.
11. In conclusione, l’accoglimento del secondo, terzo, quarto, quinto e settimo motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Bari in diversa statuizione, che deciderà facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra esposto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, il terzo, il quarto, quinto e settimo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, assorbito il sesto;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione