Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 403 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 403 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 709-2020 proposto da:
COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2805/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/04/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Lette le memorie dei ricorrenti;
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata -sezione distaccata di Sorrento, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, affinché fossero condannati, in solido, al pagamento della somma di € 30.000,00, asseritamente dovuta quale provvigione per l’attività di mediazione prestata dall’attrice per la vendita in favore della COGNOME dell’appartamento di proprietà degli altri convenuti sito in Sorrento alla INDIRIZZO
Evidenziava che i coniugi COGNOME e COGNOME le avevano conferito l’incarico nel 2005 di procacciare la vendita del loro immobile e che in adempimento di tale incarico aveva fatto visionare l’appartamento alla Crialese, interessata all’acquisto di una proprietà in Sorrento.
La stessa nel luglio del 2005 aveva anche sottoscritto una proposta di acquisto che però non era stata accettata dai venditori, che intendevano subordinare la vendita al reperimento di un’altra unità abitativa.
Successivamente i rapporti con i convenuti si erano deteriorati, in quanto gli stessi, pur avendo trovato altra soluzione abitativa, avevano cercato di contattare il venditore, scavalcando la mediatrice.
A distanza di qualche mese la COGNOME aveva poi riferito di avere acquistato l’immobile degli altri convenuti, tramite l’intermediazione di altra agenzia di mediazione, e che aveva corrisposto anche la provvigione.
Assumeva quindi la COGNOME che la vendita intervenuta tra i convenuti era eziologicamente riconducibile alla propria attività di intermediazione, e che quindi aveva diritto al pagamento della provvigione concordata in misura pari al 3% del prezzo di vendita.
Nella resistenza dei convenuti, il Tribunale adito, con la sentenza n. 317 del 12 settembre 2013, rigettava la domanda.
Avverso tale pronuncia proponeva appello l’attrice e, sempre nella resistenza degli appellati, la Corte d’Appello di Napoli con la sentenza n. 2805 del 23 maggio 2019 ha accolto il gravame, con la condanna degli appellati al pagamento della somma di € 10.000,00, oltre iva ed interessi legali.
La sentenza, dopo avere ritenuto incontestabile la circostanza che la Casanova fosse stata incaricata di procacciare la vendita del bene da parte dei coniugi COGNOMECOGNOME e che il primo contatto tra questi e la
COGNOME fosse scaturito da un intervento della prima, reputava che la soluzione del giudice di primo grado non fosse condivisibile.
Infatti, non poteva recidere il nesso di causalità tra la condotta dell’appellante e la conclusione dell’affare la differenza tra il prezzo offerto dalla Crialese a seguito della prima visita, in quanto, una volta dimostrata l’esistenza del nesso eziologico tra l’attività del mediatore e la successiva conclusione dell’affare, non incidono sul diritto alla provvigione né l’intervento di un altro mediatore né la differenza tra le condizioni finali dell’affare e quelle con le quali la trattativa venne inizialmente portata avanti.
Avevano poi portata neutra il decorso del tempo tra la visita della Crialese e la data della stipula della vendita, così come il fatto che la compratrice aveva rapporti di conoscenza con la nuova società di mediazione.
Quanto alla parte tenuta al pagamento della provvigione, la sentenza riteneva che entrambi i contraenti fossero obbligati, non essendo necessario che vi fosse un preventivo incarico, ma rilevando unicamente la nascita in fatto del rapporto di mediazione, con l’accettazione anche in via solo materiale dell’intermediazione prestata.
In relazione al quantum la Corte d’Appello rilevava che la vendita era stata favorita anche dall’attività del nuovo mediatore, ed ad un prezzo superiore rispetto a quello che era stato oggetto della primigenia trattiva, il che imponeva
di dover applicare la previsione di cui all’art. 1758 c.c., dovendosi quindi riconoscere all’attrice la provvigione richiesta nella misura dei due terzi, da applicare su di un compenso unico, e senza quindi potersi duplicare il diritto di credito in ragione della duplicità delle parti contraenti la vendita.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME articolando quattro motivi di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
I ricorrenti hanno anche depositato memorie in prossimità dell’udienza.
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., degli articoli 1754, 1755 e 1758 c.c., in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c.
Si lamenta che la Corte d’Appello abbia riscontrato il nesso di causalità tra la conclusione della vendita e l’attività prestata in precedenza dall’agenzia di mediazione, senza che possa ritenersi assolto il relativo onere della prova da parte dell’attrice.
L’art. 1755 c.c. presuppone che il diritto alla provvigione maturi solo se risulti provato il nesso di casualità tra la
conclusione dell’affare e l’attività del mediatore, consistente nella messa in relazione delle parti.
Ne deriva che la sola messa in relazione non è sufficiente per l’insorgenza del diritto alla provvigione.
La sentenza impugnata non ha tenuto conto delle ragioni per le quali in origine l’affare non si era concluso con l’intervento del primo mediatore, tra le quali spicca l’intervento di un nuovo mediatore e soprattutto la differenza delle condizioni di vendita, maggiormente favorevoli ai venditori, rispetto alla originaria offerta della RAGIONE_SOCIALE.
Secondo parte ricorrente i giudici di merito non hanno quindi dato concreta e corretta applicazione alle norme di cui agli artt. 1754 e 1755 c.c., in quanto non è sufficiente il richiamo alla messa in relazione ovvero alla lieve differenza tra il prezzo offerto e quello poi pattuito per riconoscere l’apporto causale del mediatore, ma occorreva valutare anche come il primo prezzo fosse stato ritenuto del tutto non satisfattivo dai venditori, i quai avevano opposto un rifiuto definitivo alla proposta, troncando la trattativa, tanto che la vendita era poi avvenuta a distanza di circa un anno. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1754 e 1755 c.c., in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., quanto all’affermazione della responsabilità circa il pagamento della provvigione sulla base della sola materiale attività di intermediazione, anche
solo accettata da una delle parti, ma senza però verificare l’effettiva efficienza causale dell’attività circa l’intervenuta conclusione della compravendita.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, e per i quali si palesano prive di fondamento le contestazioni in punto di ammissibilità della loro formulazione, sono fondati.
Ritiene il Collegio di dover assicurare continuità a quanto di recente affermato da Cass. n. 3165/2023, a mente della quale, per il riconoscimento del diritto alla provvigione ex art. 1755, comma 1, c.c., è necessario che la conclusione dell’affare sia effetto causato adeguatamente dall’intervento del mediatore (c.d. causalità adeguata), senza che l’aver messo le parti in relazione tra loro sia di per sé sufficiente a conferire all’intervento il carattere dell’adeguatezza e senza che l’intervento di un secondo mediatore sia in sé idoneo a privare “ex post” di tale qualità l’operato del primo. Pertanto, poiché la norma in esame descrive soltanto in negativo l’effetto adeguato ed essendo la stessa destinata, in ragione della sua elasticità, ad essere progressivamente precisata dalla Corte di Cassazione nell’estrinsecarsi della funzione nomofilattica fino alla formazione del diritto vivente, l’operazione valutativa compiuta dal giudice di merito non sfugge alla verifica in sede di legittimità.
Con tale pronuncia è stato infatti ribadito l’orientamento del tutto prevalente nella più recente giurisprudenza di
legittimità a mente del quale il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, che sussiste quando il mediatore abbia messo in relazione le parti, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, indipendentemente dal suo intervento nelle varie fasi delle trattative sino alla stipulazione del contratto, sempre che questo possa ritenersi conseguenza prossima o remota dell’opera dell’intermediario tale che, senza di essa, secondo il principio della causalità adeguata, il contratto stesso non si sarebbe concluso (Cass. n. 11443 del 08/04/2022).
E’ stato altresì precisato che la nozione di affare, cui è correlato il diritto alla provvigione va intesa come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti, di modo che la condizione perché il predetto diritto sorga è l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale, e la conclusione dell’affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le
parti originarie, che sono tenute al pagamento della provvigione (Cass. n. 11127 del 06/04/2022).
Affinché, quindi, si recida il nesso di causalità tra l’attività del mediatore e la successiva conclusione dell’affare è necessario che dopo una prima fase delle trattative avviate con l’intervento del mediatore e che non abbia dato esito positivo, la finalizzazione dell’affare sia indipendente dall’intervento del mediatore che le aveva poste originariamente in contatto (Cass. n. 22426 del 16/10/2020), non potendosi però escludere a priori la sussistenza del nesso causale sol perché alla iniziale fase delle trattative ne sia seguita un’altra con l’intervento di un secondo mediatore (Cass. n. 869 del 16/01/2018).
E’ sempre necessario che sia verificata la permanenza, anche a seguito dell’ingerenza del nuovo mediatore, dell’efficacia causale dell’attività posta in essere dal primo mediatore, efficacia da valutare secondo le regole della causalità adeguata (cfr. Cass. n. 1120/2015, che ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto efficacia causale all’attività di un primo mediatore consistita nell’aver occasionalmente accompagnato presso l’abitazione della venditrice una potenziale acquirente, senza valutare se la ripresa delle trattative tra le parti fosse intervenuta per effetto di iniziative nuove assolutamente non ricollegabili alle precedenti e da queste condizionate, tali da escludere la rilevanza dell’intervento dell’originario mediatore).
Come efficacemente chiarito da Cass. n. 3165/2023, al fine di reputare che la conclusione dell’affare sia l’effetto dell’intervento del mediatore, non è sufficiente che questi abbia messo in relazione le parti, ma si impone la verifica del carattere adeguato dell’apporto causale di quest’ultimo rispetto alla conclusione dell’affare.
A tale esito si perviene tramite la lettura combinata dell’art. 1754 c.c., per il quale è la messa «in relazione di due o più parti per la conclusione di un affare» (art. 1754 c.c.) che contraddistingue l’attività del mediatore, norma che però non può prescindere dal successivo art. 1755 c.c., che individua le condizioni per il riconoscimento della provvigione, e precisamente impone che vi sia un nesso di derivazione causale tra la messa in relazione e l’affare, ma secondo le regole della causalità adeguata (cfr., fra le più recenti, Cass. 11443/2022, 3134/2022, 7029/2021, 5495/2021, 4644/2021, 3055/2020).
Non è quindi possibile attribuire il diritto alla provvigione sulla base di un nesso puramente condizionalistico (o della condicio sine qua non ), e che si esaurisca nel solo riscontro della messa in relazione delle parti, ma è necessario che la ricostruzione in positivo dell’efficienza causale adeguata dell’opera del mediatore sia valutata in maniera tale da rinvenire nella conclusione dell’affare un effetto adeguato della condotta del mediatore, il tutto secondo un giudizio che non può essere affidato in esclusiva al sindacato del
giudice di merito, ma che, come tutte le norme elastiche, consente la verifica in sede di giudizio di legittimità, come previsto per tutte le norme cd. elastiche.
Ritiene il Collegio che, proprio alla luce dei principi sinora esposti, la sentenza impugnata sia pervenuta all’accoglimento della domanda della società di mediazione senza però che sia effettivamente evincibile il riscontro della ricorrenza del nesso di causalità adeguata come sopra chiarito.
L’affermazione del diritto alla provvigione prende le mosse dal rilievo pacifico che la società venne inizialmente officiata dell’incarico di trovare un acquirente per il loro appartamento dai coniugi COGNOME e COGNOME, e che in adempimento di tale incarico l’immobile venne proposto in visita alla Crialese, la quale formulò un’offerta che non trovò accoglimento da parte dei venditori, sia perché economicamente non satisfattiva delle richieste, sia perché non si era ancora verificata la condizione cui la vendita era subordinata (il reperimento di altro immobile da parte dei venditori).
Da tali antefatti ha, quindi, tratto la conclusione che la successiva vendita tra i convenuti, a distanza di tempo dalla prima visita, ed allorché era intervenuto un secondo mediatore, comprovasse la ricorrenza del nesso causale tra la condotta della attrice e l’affare, ma trattasi di soluzione
che, per come argomentata, appare ancorata ad un nesso di causalità inteso in senso puramente condizionalistico.
E’ pur vero che in sentenza si richiama la giurisprudenza di questa Corte, che evidenzia come il subentro di un nuovo mediatore o le differenti condizioni di vendita non elidano in maniera aprioristica il nesso di casualità, ma è altrettanto vero che ciò non esime dal dover comunque indicare le ragioni per le quali, pur in presenza di tali fattori in potenza idonei a recidere o attenuare il nesso causale, sia stata conservata l’efficienza causale dell’attività del mediatore rispetto alla conclusione dell’affare.
Appare al Collegio che l’applicazione della norma di cui all’art. 1755 c.c., quanto all’attribuzione del diritto alla provvigione quale conseguenza dell’attività del mediatore, sia frutto di affermazioni quasi apodittiche del giudice di appello che ha nella sostanza ritenuto esistente il nesso di casualità in applicazione della regola ‘ post hoc, ergo propter hoc ‘, ma esimendosi dal riscontrare il necessario nesso di casualità adeguata, ed in particolare dal verificare come, nonostante i fattori evidenziati dai ricorrenti (decorso del tempo, differenza delle condizioni economiche, intervento di un nuovo mediatore), fosse stata conservata l’incidenza eziologica dell’originaria messa in relazione rispetto alla stipula della vendita.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, con rinvio per
nuovo esame, alla luce dei principi su esposti, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.
Il terzo motivo di ricorso, che denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1758 in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., quanto alla condanna in solido degli appellanti al pagamento della provvigione, senza tenere conto dell’apporto autonomo del nuovo mediatore, ed il quarto motivo che denuncia, in via derivata rispetto all’ipotetico accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, l’erronea applicazione del principio di soccombenza, restano assorbiti per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso.
Il giudice del rinvio, come sopra individuato, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P. Q. M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso nei limiti di cui in motivazione ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio del 20 aprile 2023