Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26061 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 26061 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13553/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura ara margine del ricorso,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
(CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.1056/2019 depositata il 13.2.2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22.2.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 13.10.2007 COGNOME NOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma l’RAGIONE_SOCIALE NOME per ottenere la restituzione dell’importo di € 5.000,00, che aveva corrisposto tramite un assegno lasciato in deposito a garanzia della serietà dell’impegno assunto presso l’RAGIONE_SOCIALE, insieme alla formulata proposta irrevocabile, in vista dell’acquisto dell’immobile di Roma, INDIRIZZO con box e cantina, di proprietà di COGNOME NOME e COGNOME NOME, al prezzo di € 530.000,00, in quanto l’affare non si era poi concluso. Si costituiva in primo grado oltre alla COGNOME, la cui posizione non più rileva, la RAGIONE_SOCIALE, che oltre a rilevare che l’assegno di € 5.000,00 era stato incassato dall’intestataria COGNOME NOME a seguito della comunicazione al COGNOME da parte dell’RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dell’avvenuta accettazione della proposta irrevocabile di acquisto, determinante il perfezionamento tra le parti intermediate di un contratto preliminare di vendita dell’immobile, chiedeva in via riconvenzionale di accertare la conseguente maturazione in suo favore nei confronti di entrambe le parti del diritto al pagamento della provvigione di € 19.080,00.
Il Tribunale di Roma con la sentenza n. 9848/2011 riteneva che la proposta di acquisto irrevocabile del De COGNOME, che era stata accompagnata dal deposito dell’assegno di € 5.000,00, accettata da COGNOME NOME e NOME, costituisse una mera puntuazione, e non un contratto preliminare, in quanto dopo l’accettazione la RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato alle parti la fissazione di una successiva data (12.2.2007) per la conclusione del contratto preliminare, posto che secondo la giurisprudenza prevalente all’epoca della Suprema Corte il preliminare di preliminare era ritenuto nullo per mancanza di causa, e considerato che le trattative tra le parti intermediate non erano sfociate nella conclusione dell’affare, condannava la sola COGNOME NOME, che aveva incassato l’assegno, alla restituzione di € 5.000,00 in favore del COGNOME.
Nel contempo la sentenza di primo grado, poiché nell’atto di riconoscimento provvigionale il COGNOME si era impegnato a corrispondere alla RAGIONE_SOCIALE la provvigione pattuita, che sarebbe maturata a seguito della comunicazione di accettazione della proposta irrevocabile anche nel caso in cui poi l’affare non si fosse concluso per causa imputabile al proponente e sarebbe stata esigibile al momento della conclusione del contratto preliminare, pur non ritenendo applicabile l’art. 1755 cod. civ. (che subordina la maturazione della provvigione del mediatore alla conclusione dell’affare), condannava il COGNOME al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE della provvigione pattuita di €19.080,00 oltre interessi, considerando derogabile l’art. 1755 cod. civ., condannava la COGNOME al pagamento delle spese di lite per € 2.200,00 in favore del COGNOME, e quest’ultimo al pagamento delle spese di lite per €4.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Essendo intervenuto un accordo transattivo tra il COGNOME e la COGNOME, la sentenza di primo grado veniva appellata dal solo COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, lamentando che il primo
giudice, dopo avere ritenuto che le trattative si erano interrotte prima che l’affare fosse concluso e che quindi nessun diritto alla provvigione fosse sorto a favore della RAGIONE_SOCIALE ex art. 1755 cod. civ., avesse comunque condannato il COGNOME al pagamento della provvigione sulla base della pattuizione contenuta nel riconoscimento provvigionale, che faceva maturare il diritto alla provvigione già alla comunicazione dell’accettazione della proposta anche senza successiva conclusione dell’affare, pattuizione che violava la norma di ordine pubblico economico inderogabile dell’art. 1755 cod. civ., nonché gli articoli 1341 e 1342 cod. civ. e l’art. 33 lett. f) del D. Lgs. n. 206/2005.
L’appellante sosteneva poi che la provvigione non era dovuta, in quanto la RAGIONE_SOCIALE, violando gli obblighi informativi a suo carico, aveva omesso di avvertire il COGNOME, che per l’acquisto dell’immobile doveva contrarre un mutuo bancario (con determinati tempi tecnici), del fatto che la COGNOME aveva urgenza di incassare nel mese di febbraio 2007 parte del prezzo perché aveva già una data prossima fissata per l’acquisto di una nuova abitazione, necessaria per la separazione dal marito, pur essendo l’RAGIONE_SOCIALE a conoscenza di tale circostanza.
L’appellante sosteneva, infine, che la provvigione della RAGIONE_SOCIALE andava comunque ridotta rispetto a quanto pattuito, per tener conto dell’attività effettivamente svolta e della mancata conclusione dell’affare, e lamentava l’eccessività della condanna alle spese subita a favore della RAGIONE_SOCIALE, rispetto alla condanna alle spese pronunciata in suo favore ed a carico della COGNOME, di importo molto inferiore.
In secondo grado la RAGIONE_SOCIALE si limitava a chiedere il rigetto dell’appello del COGNOME, senza rimettere in discussione la sentenza di primo grado nella parte in cui, accogliendo la domanda del COGNOME di condanna della COGNOME alla restituzione dell’importo dell’assegno di € 5.000,00 dato in deposito, ed
escludendo il diritto della RAGIONE_SOCIALE alla provvigione ex art. 1755 cod. civ., aveva accertato che le trattative contrattuali fra le parti intermediate si erano interrotte prima che si addivenisse alla conclusione dell’affare (nella specie prima della firma del contratto preliminare), negando alla proposta di acquisto irrevocabile accettata la qualificazione giuridica di contratto preliminare.
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 1056/2019 del 13.2.2019, rigettava l’appello del COGNOME, che condannava al pagamento delle spese processuali di secondo grado, modificando la motivazione della sentenza di primo grado.
In particolare l’impugnata sentenza riteneva che l’opera svolta dalla RAGIONE_SOCIALE (raccolta della proposta di acquisto irrevocabile del COGNOME del 4.1.2007 con assegno in deposito di € 5.000,00, accettazione della stessa da parte di COGNOME NOME e COGNOME NOME il 5.1.2007, comunicazione dell’accettazione al proponente con telegramma dell’8.1.2007) fosse stata l’antecedente necessario per la conclusione dell’affare, che la proposta accettata, contenendone tutti gli elementi essenziali, dovesse essere qualificata come vero e proprio contratto preliminare di vendita, che doveva solo essere formalizzato in un successivo atto il 12.2.2007, e che pertanto quale affare concluso avesse determinato l’insorgenza del diritto della RAGIONE_SOCIALE alla provvigione in base al disposto dell’art. 1755 cod. civ..
La decisione impugnata respingeva poi l’eccezione di vessatorietà della clausola contenuta nel riconoscimento di provvigione, in quanto non alterava l’equilibrio tra le parti, limitandosi ad escludere che il mediatore potesse perdere il diritto alla provvigione in caso di ripensamento del proponente, respingeva l’eccezione di inadempimento dell’obbligo informativo del mediatore, in quanto il termine di stipulazione dell’atto di compravendita davanti al AVV_NOTAIO (30.4.2007) era stato liberamente accettato dal COGNOME con la sottoscrizione della proposta di acquisto il 4.1.2007, respingeva la
richiesta di riduzione della provvigione per la mancata specificazione delle ragioni giustificative della richiesta medesima, confermando quindi l’importo dovuto all’RAGIONE_SOCIALE secondo il riconoscimento provvigionale, respingeva per genericità la doglianza relativa alla condanna alle spese emessa a carico del COGNOME in primo grado, per mancata contestazione di specifiche voci, e respingeva per irrilevanza le istanze istruttorie riproposte dall’appellante.
Avverso tale sentenza, notificata l’11.3.2019, ha proposto ricorso alla Suprema Corte, notificato alla RAGIONE_SOCIALE Il 19.4.2019, COGNOME NOME, affidandosi a sei motivi, ed ha resistito la RAGIONE_SOCIALE con controricorso notificato il 29.5.2019.
Depositata memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. dal solo COGNOME, e fissata la causa per l’udienza camerale del 16.1.2023, con ordinanza interlocutoria del 16.2/23.7.2023 la causa veniva rinviata a nuovo ruolo, per la fissazione in pubblica udienza, sulle questioni di diritto di particolare rilevanza poste dai primi due motivi di ricorso, rappresentate dalla definizione del rapporto fra giudicato e qualificazione giuridica data dal giudice all’azione, e dalla determinazione del concetto di conclusione dell’affare e di buona fede contrattuale nella sfera delle previsioni pattizie circa la provvigione, con connessa problematica dell’individuazione dei limiti dell’autonomia contrattuale nei rapporti di RAGIONE_SOCIALE.
La Procura Generale ha concluso per l’accoglimento dei primi due motivi del ricorso, con assorbimento degli altri quattro.
COGNOME NOME ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. La causa, previa assegnazione ad un nuovo relatore, é stata discussa e trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 22.2.2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n.4) c.p.c., la nullità della sentenza impugnata perché si é pronunciata su un capo della sentenza di primo grado che non era stato fatto oggetto di specifica impugnazione.
Si duole il ricorrente che la Corte d’Appello di Roma, benché nessuna delle parti avesse investito tramite specifico motivo di appello principale, o incidentale, la questione della qualificazione giuridica da parte del Tribunale di Roma della proposta irrevocabile di acquisto del De COGNOME del 4.1.2007 accettata dai proprietari dell’immobile, COGNOME NOME e NOME NOME, il 5.1.2007, come mera puntuazione, collocata nell’ambito delle trattative precontrattuali fra tali soggetti per la vendita dell’immobile di INDIRIZZO INDIRIZZO con box e cantina, abbia ritenuto che la suddetta proposta accettata fosse da qualificare come vero e proprio contratto preliminare, e quindi come affare concluso, abilitante l’esercizio dell’azione ex art. 2932 cod. civ., peraltro continuando comunque a fondare il diritto della RAGIONE_SOCIALE al pagamento della provvigione sulla previsione convenzionale del riconoscimento provvigionale e non sull’art. 1755 cod. civ..
Per verificare la fondatezza del primo motivo occorre prendere le mosse da alcuni consolidati principi fissati dalla Suprema Corte, di seguito riportati, in tema di limiti alla riqualificazione giuridica della fattispecie da parte del giudice di appello, di determinazione dell’estensione del giudicato anche alla qualificazione giuridica della fattispecie, quando la stessa sia stata fatta oggetto di discussione tra le parti, sia stata decisa e non impugnata e di individuazione dei limiti oggettivi del giudicato.
Anzitutto il giudice d’appello può dare al rapporto in contestazione una qualificazione giuridica diversa da quella data dal giudice di primo grado o prospettata dalle parti, avendo egli il potere dovere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che
formano oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica impugnazione e indipendentemente dalle argomentazioni delle parti, purchè nell’ambito delle questioni riproposte col gravame e col limite di lasciare inalterati il ” petitum ” e la ” causa petendi ” e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto (Cass. 15.5.2019 n. 12875; Cass. 26.6.2012 n. 10617; Cass. 23.2.2006 n. 4008), e tale potere di qualificazione giuridica spetta, del resto, anche al giudice di legittimità – il quale, salva l’ipotesi in cui la qualificazione della domanda od eccezione accolta dal primo giudice non debba intendersi coperta dal giudicato interno, non incorre nel vizio di extrapetizione.
Occorre poi ricordare che il giudicato non si forma (anche) sugli aspetti del rapporto che non abbiano costituito oggetto di accertamento effettivo, specifico e concreto (Cass. 10.10.2007 n.21266), mentre l’efficacia preclusiva dell’accertamento si forma anche sulla qualificazione giuridica data all’azione dal giudice, quando essa abbia condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito e la parte interessata abbia omesso di impugnarla (Cass. 28.12.2023 n. 36272; Cass. ord. 19.3.2018 n.6716; Cass. 7.11.2005 n. 21490; Cass. 17.12.1993 n. 12499), per cui la parte che sia rimasta soccombente su di una questione preliminare qual è la qualificazione giuridica di un contratto, o di un accordo preliminare, rispetto all’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo di adempiere, quando tale qualificazione abbia condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito ha l’onere di proporre appello incidentale condizionato, pena il formarsi sulla questione preliminare del giudicato (cosiddetto giudicato implicito), che concerne anche gli accertamenti che costituiscono il presupposto logico – giuridico della decisione (Cass. ord. 19.3.2018 n. 6716; Cass. 23.9.2004 n. 19126).
Il giudicato si forma, infatti, anche sulla qualificazione giuridica data all’azione dal giudice, quando tale qualificazione abbia
condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito e la parte interessata abbia omesso di impugnarla in appello (Cass. 12.6.2023 n. 16603; Cass. 7.8.1996 n. 7260; Cass. 17.12.1993 n.12499; Cass. n. 11022/1991).
E’ poi opportuno rammentare, che nell’interpretazione della portata del giudicato, non si deve soltanto tenere conto della formula conclusiva in cui si riassume il contenuto precettivo della sentenza passata in giudicato, ma si deve individuare l’essenza e l’effettiva portata della decisione, ricavandola anche dalla motivazione e, quindi, altresì dal contenuto attribuito dalla sentenza alla domanda giudiziale (Cass. n. 21490/2005; Cass. 17.2.2000 n.1773; Cass. sez. un. 17.3.1998 n. 2874; Cass. 27.4.1996 n. 3916).
Il ragionamento non può però limitarsi a considerare la possibilità in astratto che il giudicato si formi anche sulla qualificazione giuridica nei termini sopra riportati, perché in tema di limiti oggettivi del giudicato questa Corte ha ripetutamente affermato che il giudicato “interno” non si determina sul fatto, o sulla sua qualificazione giuridica, o sul suo effetto, ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicché l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (Cass. 7.3.2022 n. 7358; Cass. ord. 17.4.2019, n.10760; Cass. sez. lav. ord. 8.10.2018, n. 24783; Cass. sez. lav. 4.2.2016, n.2217; Cass. 19.3.2014, n.6304, secondo cui la pronuncia, esplicita o implicita, sulla natura di un credito (nella specie, ritenuto di valore) non è idonea a determinare la formazione del giudicato interno sul punto, in quanto esso si
forma solo su capi autonomi della sentenza, che risolvano questioni aventi una propria individualità e autonomia, tali da integrare una decisione del tutto indipendente).
Tenendo conto di questi principi, occorre considerare che la sentenza di primo grado:
) ha escluso espressamente la qualificazione della proposta irrevocabile di acquisto del De COGNOME del 4.1.2007, accettata dai proprietari dell’immobile, COGNOME NOME e COGNOME NOME il 5.1.2007, come contratto preliminare, perché valorizzando il telegramma della RAGIONE_SOCIALE dell’8.1.2007, successivo alla comunicazione dell’accettazione, col quale era stata fissata una data successiva per la stipulazione del contratto preliminare, e considerando invalido il preliminare di preliminare, ha ritenuto che vi fosse stata solo una puntuazione e che le trattative per l’acquisto dell’immobile non si fossero concluse;
) ha ritenuto coerentemente ed espressamente che l’affare non fosse stato concluso e che non fosse maturato il diritto alla provvigione della RAGIONE_SOCIALE in base all’art. 1755 cod. civ.;
) ha ritenuto coerentemente ed espressamente fondata la domanda del COGNOME di condanna della RAGIONE_SOCIALE alla restituzione della somma di €5.000,00, data in deposito all’RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE mediante un assegno, da consegnare alla COGNOME, che l’ha poi incassato, in vista dell’acquisto, in ragione della mancata conclusione dell’affare, con un capo di sentenza che non é stato impugnato per la sopravvenuta transazione tra il COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, ma che é comunque dipendente dalla mancata conclusione, o conclusione dell’affare tra tali soggetti, quest’ultima costituente il presupposto della maturazione del diritto alla provvigione della RAGIONE_SOCIALE contestato con l’appello del COGNOME;
) ha riconosciuto il diritto della RAGIONE_SOCIALE a percepire la provvigione di € 19.080,00 oltre interessi dal COGNOME per l’attività d’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE svolta, sulla base della pattuizione contenuta nel riconoscimento provvigionale firmato dal COGNOME, che prevedeva che il diritto maturasse a favore dell’RAGIONE_SOCIALE a seguito della comunicazione al proponente dell’accettazione della proposta irrevocabile di acquisto, e fosse poi esigibile al momento della conclusione del contratto preliminare, anche nel caso di successivo ripensamento del proponente e quindi di mancata conclusione dell’affare.
Va però considerato che il COGNOME ha proposto appello per vedere negato il diritto alla provvigione della RAGIONE_SOCIALE che era stato riconosciuto sulla base della pattuizione del riconoscimento provvigionale, sia in quanto l’affare non era stato concluso per essere pervenute le trattative secondo la sentenza di primo grado solo ad una puntuazione e non ad un contratto preliminare, sia in quanto quella pattuizione era contraria alla norma inderogabile dell’art. 1755 cod. civ. che faceva sorgere il diritto alla provvigione solo in caso di conclusione dell’affare tra le parti intermediate, nonché contraria agli articoli 1341 e 1342 cod. civ. ed all’art. 33 lett. f) del D.Lgs. n. 206/2005, sia in quanto la RAGIONE_SOCIALE era risultata inadempiente all’obbligo di informare il COGNOME del fatto che la RAGIONE_SOCIALE aveva urgenza di acquistare entro febbraio 2007 una cospicua parte del prezzo perché doveva procedere all’acquisto di un’altra abitazione a seguito della separazione dal marito, chiedendo in subordine la riduzione della provvigione riconosciuta per tener conto dell’attività effettivamente svolta dall’RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE, mentre la RAGIONE_SOCIALE si é limitata a chiedere il rigetto dell’appello del COGNOME, senza proporre appello incidentale condizionato per vedersi riconosciuto il diritto alla provvigione ex art. 1755 cod. civ..
Ne deriva che, non potendosi scindere il fatto rappresentato dalla proposta di acquisto irrevocabile del COGNOME accettata dai proprietari, qualificata giuridicamente in primo grado come puntuazione indicativa della mancata conclusione di un affare, e dal riconoscimento provvigionale sottoscritto dal COGNOME a favore dell’RAGIONE_SOCIALE, rispetto all’effetto giuridico dell’insorgenza quale effetto dell’attività d’RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE del diritto della stessa nei confronti del De COGNOME alla provvigione nella misura convenzionalmente pattuita nel riconoscimento provvigionale determinata in €19.080,00, della quale il COGNOME con l’appello ha contestato la debenza, e risultando dipendente sempre dalla questione della conclusione, o meno dell’affare rimessa in discussione, anche il capo della sentenza di primo grado relativo alla restituzione al COGNOME da parte della COGNOME dell’importo di €5.000,00, dato con assegno in deposito dal COGNOME all’RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE all’atto della sottoscrizione della proposta irrevocabile di acquisto, e destinato a trasformarsi in caso di accettazione in caparra confirmatoria con conseguente consegna dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, che ha poi incassato l’assegno, non può ritenersi intervenuto il giudicato interno sulla qualificazione giuridica della proposta irrevocabile di acquisto del De COGNOME accettata dalla RAGIONE_SOCIALE come mera puntuazione, con conseguente mancata conclusione dell’affare intermediato, ostativa alla riqualificazione giuridica in secondo grado come vero e proprio contratto preliminare che doveva solo essere formalmente riprodotto, e con conseguente esclusione del diritto del mediatore RAGIONE_SOCIALE al pagamento della provvigione. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1755 cod. civ. per non avere la Corte d’Appello considerato la natura inderogabile di quella norma di ordine pubblico economico, che faceva sorgere il diritto alla provvigione solo nei casi di
conclusione dell’affare, individuati dalla giurisprudenza nelle ipotesi in cui si realizzi il trasferimento del bene, o in cui le parti in virtù dell’accordo raggiunto dispongano comunque di uno strumento (tipicamente l’azione ex art. 2932 cod. civ.) per ottenere coattivamente il trasferimento medesimo, e la vessatorietà ex artt. 1341 e 1342 cod. civ. ed ex art. 33 lettera f) del D. Lgs. n.206/2005 della pattuizione contenuta nel riconoscimento provvigionale, che invece prevedeva la maturazione del diritto alla provvigione già per effetto della comunicazione dell’accettazione della proposta irrevocabile pur in ipotesi di mancata conclusione dell’affare per ripensamento sopravvenuto del sottoscrittore della proposta irrevocabile, anche se indicandolo come esigibile al momento della sottoscrizione del preliminare.
L’impugnata sentenza, pur avendo ritenuto intervenuta tra le parti con l’accettazione della proposta di acquisto irrevocabile del De COGNOME da parte della RAGIONE_SOCIALE un vero e proprio contratto preliminare, che successivamente si sarebbe dovuto riprodurre in un unico atto, e non una semplice puntuazione, ha comunque confermato la spettanza all’RAGIONE_SOCIALE della provvigione nella misura stabilita nel riconoscimento provvigionale firmato dal COGNOME, che agganciava l’insorgenza del diritto alla provvigione alla comunicazione effettuata dall’RAGIONE_SOCIALE al COGNOME dell’accettazione della sua proposta di acquisto da parte dei proprietari dell’immobile pur indicando tale credito come esigibile solo alla conclusione del contratto preliminare, ed ha comunque escluso la vessatorietà della pattuizione sopra richiamata del riconoscimento provvigionale, in quanto ha ritenuto che la stessa non avesse provocato un netto squilibrio dei diritti e degli obblighi tra le parti, non avendo introdotto una limitazione della libertà del COGNOME nella stipulazione del contratto, ma avendo inteso solo evitare che un ripensamento del proponente l’acquisto (come quello avvenuto da
parte del COGNOME il 19.2.2007 allorché aveva dichiarato di non poter più procedere all’acquisto) potesse esporre la mediatrice al rischio del mancato conseguimento del compenso pur avendo adempiuto all’incarico ricevuto.
Il secondo motivo é fondato, in quanto nel contratto di RAGIONE_SOCIALE, il pagamento della provvigione ai sensi dell’art. 1755 cod. civ. è strettamente connesso alla conclusione dell’affare. La rilevanza causale della conclusione dell’affare, quale fondamento delle pretese di carattere patrimoniale del mediatore, del resto, emerge indirettamente anche dall’art. 1756 cod. civ., ai sensi del quale, salvo patti o usi contrari, il mediatore avrà diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite, anche se l’affare non è stato concluso (Cass. 24.11.2020 n. 26682). Dall’art. 1755 cod. civ. deriva, allora, che i soggetti intermediati, aderendo al contratto di RAGIONE_SOCIALE, non assumono alcun obbligo di pagare la provvigione quale diretto corrispettivo dell’attività posta in essere dal mediatore a loro vantaggio, se non al momento della conclusione dell’affare (vedi ex plurimis Cass. 11.4.2023 n. 9612; Cass. 5.10.2022 n. 28879; Cass. 19.11.2019 n.30083).
Nella più recente giurisprudenza di questa Corte, partendo dalle affermazioni fatte da Cass. sez. un. n. 4628/2015, è stato affermato che al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 cod. civ., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va, invece, escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un “affare” in senso economicogiuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare
le successive articolazioni del procedimento formativo dello stesso, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. “preliminare di preliminare”, costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., in caso di inadempimento. Tale ultimo negozio, pur essendo di per sé stesso valido ed efficace, ove sia configurabile un interesse delle parti meritevole di tutela alla formazione progressiva del contratto fondata sulla differenziazione dei contenuti negoziali delle varie fasi in cui si articola il procedimento formativo, non legittima, tuttavia, la parte non inadempiente ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l’oggetto finale del progetto negoziale abortito, ma soltanto ad invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell’autonomo danno derivante dalla violazione, contraria a buona fede, della specifica obbligazione endoprocedimentale contenuta nell’accordo interlocutorio (Cass. 5.10.2022 n.28879; Cass. n. 7781/2020 non massimata; Cass. 19.11.2019 n. 30083).
Essendo stato mantenuto l’importo della provvigione anche nella sentenza di secondo grado, nonostante la riqualificazione della proposta accettata come contratto preliminare solo da riprodurre formalmente in un unico atto, nella misura convenzionale stabilita nel riconoscimento provvigionale, che faceva scattare il diritto alla provvigione alla comunicazione dell’accettazione della proposta di acquisto irrevocabile dei proprietari al proponente da parte dell’RAGIONE_SOCIALE prima ancora della conclusione del contratto preliminare, anche in ragione della mancata proposizione di appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE volto ad ottenere la provvigione ex art. 1755 cod. civ., la clausola contenuta nel riconoscimento provvigionale doveva essere considerata nulla (e quindi non apposta, per nullità parziale di protezione ex art. 36, comma 1,
Codice del consumo), in quanto determinante un significativo “squilibrio normativo” (ex art. 33, comma 1, Codice del consumo), laddove prevedeva la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione dell’affare (nell’interpretazione della giurisprudenza consolidata sopra richiamata), così stravolgendo il fondamento causale dell’operazione economico-giuridica posta in essere dalle parti. E’ stato già stabilito da questa Corte che la clausola che attribuisca al mediatore il diritto alla provvigione anche nel caso di mancata conclusione dell’affare per fatto imputabile al venditore può presumersi vessatoria, e quindi inefficace a norma dell’art. 1469bis cod. civ. (norma applicabile ratione temporis al caso ivi esaminato), se le parti non abbiano espressamente pattuito un meccanismo di adeguamento di tale importo all’attività sino a quel momento concretamente espletata dal mediatore (Cass. 3.11.2010 n. 22357 del 3.11.2010). Tale pronuncia ha introdotto un “principio di gradualità”, la cui ratio va ravvisata nell’esigenza di garantire, nei contratti a prestazioni corrispettive come il contratto di RAGIONE_SOCIALE “atipica” in esame, il rispetto del sinallagma contrattuale, dovendo trovare la prestazione di una parte il proprio fondamento nella controprestazione dell’altra parte, al fine di evitare il ricorrere di situazioni di indebito arricchimento ai danni del contraente debole del negozio perfezionato. Come argomentato nella citata sentenza, il compenso del mediatore, in caso di mancata conclusione dell’affare, trova giustificazione nello svolgimento di una concreta attività di ricerca di terzi interessati, attraverso la predisposizione dei propri mezzi e della propria organizzazione (Cass. 8.9.2020 n. 19656). L’accertamento relativo all’abusività della clausola va svolto anche nell’ipotesi in cui sia prevista l’anticipazione della maturazione del diritto alla provvigione, al fine di evitare che il diritto al compenso possa essere fissato in misura indipendente dal tempo e dall’attività
svolta dal mediatore. Ciò in conformità con quanto stabilito dalla Corte di Giustizia Europea secondo la quale l’art. 3, par. 1, della direttiva 93/13/CEE (corrispondente al nostro art. 33, comma 1, Codice del consumo) dev’essere interpretato nel senso che la nozione di ” significativo squilibrio ” a danno del consumatore deve essere valutata mediante un’analisi delle disposizioni nazionali applicabili in mancanza di un accordo tra le parti, onde appurare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale (Corte di Giustizia Europea, C – 415/11, NOME COGNOME). Nel nostro caso, soccorre l’art. 1755 cod. civ., laddove fa coincidere la maturazione del diritto alla provvigione con la “conclusione dell’affare”, da interpretarsi nei termini e limiti sopra precisati. D’altra parte, aggiunge la Corte di Giustizia, per accertare se lo squilibrio sia creato ” malgrado il requisito della buona fede “, occorre verificare d’ufficio se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo avrebbe aderito alla clausola in oggetto in seguito a negoziato individuale. La Corte d’Appello avrebbe quindi dovuto anche valutare se nell’ipotesi in cui la RAGIONE_SOCIALE avesse reso edotto il COGNOME della circostanza nota della necessità della RAGIONE_SOCIALE di incassare una parte cospicua del prezzo entro il mese di febbraio 2007 per la sua esigenza di acquistare a breve un’altra abitazione a seguito della separazione dal marito, così riducendo il tempo disponibile per il COGNOME per ottenere il mutuo bancario necessario all’acquisto dell’immobile, quest’ultimo avrebbe aderito alla clausola in questione, anziché basarsi su un preteso ripensamento del proponente successivo alla conclusione dell’affare.
L’accoglimento del secondo motivo, che comporta la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in
diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità, determina l’assorbimento dei seguenti altri quattro motivi fatti valere:
in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., per avere la Corte d’Appello di Roma rigettato, con motivazione meramente apparente, l’eccezione di violazione dell’obbligo di corretta informazione previsto dall’art. 1759 cod. civ. da parte della RAGIONE_SOCIALE, per avere taciuto al COGNOME la circostanza, ad essa perfettamente nota, dell’estrema urgenza dei proprietari di concludere la compravendita dell’immobile a causa della trattativa già in corso per l’acquisto di un altro immobile, argomentando che il termine fissato per la stipulazione dell’atto di compravendita davanti al AVV_NOTAIO (30.4.2007) era stato liberamente accettato dal proponente l’acquisto con la sottoscrizione del relativo modulo il 4.1.2007;
in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 91 e 88 c.p.c. quanto alla regolamentazione delle spese processuali di primo grado;
in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1756 cod. civ. per avere la Corte d’Appello di Roma escluso la rideterminazione del compenso del mediatore in relazione all’attività svolta;
in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c., la violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c. e la conseguente violazione del diritto di difesa del COGNOME per non avere la Corte d’Appello ammesso i mezzi istruttori non ammessi in primo grado e dallo stesso riproposti con l’atto di appello.
La Corte di Cassazione, accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, assorbiti gli altri motivi, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 22.2.2024